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Capitolo V Il rapporto tra la normativa dell'Unione europea e la disciplina

2.10. Il bene restituito

L'articolo 83 del Codice disciplina l'attribuzione della proprietà del bene culturale una volta restituito allo Stato italiano. Se la titolarità dell'azione è stabilita dalla direttiva in capo allo Stato (ed esclusivamente a quest'ultimo), una volta che il bene è stato restituito se ne deve determinare la destinazione. La direttiva, infatti, si occupa solo marginalmente di quanto avviene successivamente al rientro materiale del bene nello Stato d'origine, rinviando alla legislazione dello Stato membro nel cui patrimonio culturale il bene è stato reintegrato: sarà pertanto il diritto nazionale di ciascuno Stato a determinare il destino giuridico del bene, una volta rientrato nel territorio del Paese richiedente a seguito della restituzione, in ottemperanza al principio della lex originis.

282R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, articolo 1. 283R.d. 13 T.U. 30 ottobre 1933, n.1611. 284Cfr. MAGRI, op. cit., p.104.

L'art. 83, prende evidentemente in considerazione il caso in cui il bene restituito appartenga ad un soggetto privato. In tal caso il Ministero è tenuto, ai sensi dell'art. 83, comma 1, alla custodia del bene sino al momento della riconsegna all'avente diritto. La disposizione in esame, non specifica quali obblighi incombano sull'autorità amministrativa nelle more della consegna. E' pertanto necessaria un'integrazione della norma in questione con le pertinenti disposizioni del codice civile in materia di deposito e conservazione, da interpretarsi alla luce delle disposizioni che assegnano una specifica funzione allo Stato nella tutela, salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali, stante la peculiarità di tale categoria di

res286.

La riconsegna non può avvenire se non sono state rimborsate tutte le spese sostenute dallo Stato per il procedimento di restituzione e per la custodia del bene, nelle more della restituzione all'avente diritto, ai sensi dell'art. 83, comma 2.

Nella prima categoria di spese, ritenendo, secondo un'interpretazione più ampia, che lo Stato agisca come rappresentante del soggetto privato nell'azione di restituzione, potrebbero esser fatte rientrare le spese di conservazione, le spese di esecuzione della sentenza, nonché le spese di indennizzo al possessore in buona fede287.

Tuttavia, data la finalità della direttiva (ossia il reintegro del patrimonio culturale dello Stato membro e, solo accessoriamente, quello del patrimonio materiale del soggetto proprietario), tale interpretazione appare poco convincente.

Secondo un'interpretazione più restrittiva sarebbero pertanto da escludere, dalle spese rimborsabili, quelle concernenti l'indennizzo del possessore che abbia dato prova della diligenza richiesta, in quanto lo Stato corrisponderebbe tali somme al possessore in buona fede con lo scopo di riacquisire il bene al patrimonio culturale nazionale e non si vede perché dovrebbe rivalersi, successivamente, sul proprietario del bene. Se tale impostazione fosse corretta, dovrebbero essere escluse dal novero delle spese rimborsabili da parte del proprietario anche quelle che lo Stato ha corrisposto allo Stato membro richiesto per la ricerca e la conservazione del bene, rimanendo, pertanto, rimborsabili solamente quelle inerenti alla procedura di restituzione intesa come rientro materiale del bene (spese di trasporto, assicurative, di deposito e di conservazione).

La direttiva, come già sottolineato, non prende posizione sulla questione relativa al rapporto tra Stato richiedente e avente diritto ma fa salva la possibilità di rivalsa dello Stato richiedente verso il responsabile dell'uscita illecita del bene culturale.

L'art. 83, comma 3, prevede che, qualora non sia conosciuto il titolare del diritto alla consegna del bene, il Ministero dia notizia del provvedimento di restituzione mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale o con altra forma di pubblicità idonea a consentire all'avente diritto di essere edotto della restituzione e, quindi, della possibilità di chiedere la

286Ad esempio, si è ritenuto che, anche nella fase precedente quella dell'eventuale acquisizione al pubblico demanio, ossia nel periodo intercorrente tra rientro materiale del bene e consegna all'avente diritto, lo Stato possa svolgere attività finalizzate al pubblico godimento del bene; cfr. MARTINES, Articolo 83, in FAMIGLIETTI – PIGNATELLI, op. cit., p.512.

287Cfr. MAGRI, op. cit., p.104, secondo il quale la direttiva 93/7, prevedendo, al suo art. 12, che la proprietà del bene dopo la sua restituzione rimanga disciplinata dalla legge dello Stato richiedente, permette ai singoli Stati membri di inserire nei loro ordinamenti una norma che subordini la restituzione al versamento delle spese necessarie per il suo recupero. Ciò in quanto potrebbe essere disincentivante, per lo Stato, l'avvio di un'azione di restituzione nella consapevolezza che, in seguito, il bene tornerà nella disponibilità del privato, mentre le spese necessarie resteranno a carico del Ministero.

riconsegna del bene. La pubblicazione-notizia viene a creare una presunzione assoluta di conoscenza e costituisce il termine iniziale del periodo di cinque anni trascorso il quale, in assenza di rivendicazione, il bene è acquisito al pubblico demanio.

Può essere utile chiedersi, nell'ipotesi in cui l'avente diritto sia conosciuto, se la notizia dell'avvenuto recupero debba essere comunque pubblicizzata, ponendosi il problema di determinare, in caso di risposta negativa, il momento a quo da cui calcolare il periodo di tempo che, una volta trascorso, permetta l'entrata del bene fra quelli facenti parte del pubblico demanio. Potrebbe infatti accadere che l'avente diritto sia conosciuto, ma che non abbia alcuna intenzione di far valere il suo titolo. Il tenore letterale della norma in questione non pare generare alcun dubbio sull'obbligatorietà della suddetta pubblicazione e, l'avente diritto, deve sempre e comunque ricevere notizia dell'avvenuto recupero, facendo decorrere il suddetto termine quinquennale da tale momento.

Per quanto riguarda le “altre forme di pubblicità”, potrebbero essere utilizzati il sito internet del Ministero dei Beni culturali o quello del Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale.

Qualora, come già precisato supra, nessuno richieda la restituzione del bene entro cinque anni dall'avvenuta pubblicazione della notizia di recupero sulla Gazzetta ufficiale, ai sensi dell'art. 83, comma 4, il bene è acquisito al demanio dello Stato.

La disposizione in esame intende contemperare due interessi confliggenti: da una parte il pubblico interesse al godimento del bene, dall'altro quello dell'avente titolo a non vedersi privato del bene su cui vanta il proprio diritto.

L'acquisizione al demanio statale avviene automaticamente allo scadere dei cinque anni, di cui al comma 4, dalla pubblicazione dell'avviso del rientro del bene in territorio italiano, o allo scadere del suddetto periodo dalla notifica all'avente diritto, nel caso in cui esso sia conosciuto. Una volta incamerato nel patrimonio demaniale, il competente Ufficio centrale del Ministero, sentito il preposto comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali e le regioni interessate, dispone che il bene sia assegnato ad un museo, ad una biblioteca o ad un archivio statale o di ente pubblico, al fine di assicurarne la migliore tutela ed il pubblico godimento nel contesto culturale più opportuno. La norma sembra creare una nuova figura di usucapione abbreviata ma, nel caso descritto all'art. 83, comma 4, allo Stato è attribuita la detenzione del bene, non il possesso. Infatti, l'art. 83, comma 1, dispone che “Il Ministero provvede alla sua custodia fino alla consegna

all'avente diritto”: è evidente che il custode non possegga, ma detenga in nome altrui.

Pertanto, alla luce della norma in esame, più che di una peculiare ipotesi di usucapione in forza della quale, decorso il termine quinquennale, lo Stato, benché detentore, acquista la proprietà, si tratta di un'ipotesi di invenzione di una res derelicta, realizzata mediante una

fictio iuris per la quale, trascorsi cinque anni dal rientro del bene ed in assenza di una

richiesta di restituzione da parte dell'avente titolo, l'ordinamento presume, iuris et de iure, che esso sia stato abbandonato, con l'evidente finalità di attribuire un maggior stato di certezza sulla proprietà del bene culturale, consentendone l'utilizzo ed il pubblico godimento288.

Resta da chiarire, infine, cosa accada nel caso in cui l'avente diritto, entro il termine di cinque anni dalla pubblicazione dell'avviso nella Gazzetta Ufficiale, abbia mostrato

interesse a far valere il proprio titolo sul bene, senza tuttavia ottemperare all'obbligo inerente al rimborso delle relative spese. In tal caso, il mancato pagamento delle spese necessarie comporterebbe comunque l'acquisizione al pubblico demanio del bene culturale ma, tale acquisizione, potrà avvenire solamente dopo aver corrisposto un indennizzo al proprietario.

2.11. I doveri di informazione del Ministero nei confronti del Parlamento nazionale e la