• Non ci sono risultati.

Capitolo V Il rapporto tra la normativa dell'Unione europea e la disciplina

2.6. L'azione di restituzione nel Codice Urbani

L'azione di restituzione è disciplinata dall'art. 77 del Codice, che ne attribuisce la giurisdizione all'autorità giudiziaria ordinaria e la competenza territoriale al Tribunale del luogo in cui il bene richiesto si trova.

L'articolo 5 della direttiva 93/7, infatti, si limita ad indicare il Paese cui spetta la giurisdizione, lasciando ad ogni Stato membro l'onere di determinare quale giudice specifico sarà competente e, come risulta dal supra citato art. 77 del Codice, la scelta del legislatore italiano è stata, in primis, quella di attribuire la competenza al giudice ordinario e non a quello amministrativo266.

265Cfr. PASQUALI, Articolo 76, in FAMIGLIETTI – PIGNATELLI, op. cit., p.473.

266Si ricorderà che, descrivendo la direttiva, si era segnalato il dibattito dottrinale sull'opportunità di attribuire la giurisdizione sulla domanda di restituzione al giudice amministrativo piuttosto che a quello ordinario. Il legislatore italiano ha optato per il giudice ordinario e, la scelta, pare condivisibile. In effetti, nel nostro ordinamento, la

In secondo luogo, sotto il profilo della competenza territoriale, è stato adottato il criterio del

forum rei sitae: vale la pena evidenziare come quest'ultimo potrebbe non essere conforme a

quello generale previsto dall'art. 18 c.p.c. per le persone fisiche e dall'art. 19 c.p.c. per le persone giuridiche, potendo essere il luogo in cui si trova materialmente il bene culturale, in concreto, diverso da quello di residenza, domicilio o dimora del possessore o detentore persona fisica, e da quello sede del possessore o detentore persona giuridica.

La direttiva si è limitata a fornire indicazioni minime, stabilendo qual'è lo Stato membro la cui autorità è competente, determinando prescrizioni processuali minime e concedendo, in tal modo, allo Stato membro la piena libertà nello stabilire, sulla base dei principi del proprio ordinamento interno (ivi comprese le sue norme di diritto internazionale privato e processuale), quale sia effettivamente il diritto applicabile all'azione di restituzione, in particolare dal punto di vista procedurale.

Come si evince dall'art. 77, comma 1, gli unici soggetti legittimati ad instaurare l'azione sono gli Stati membri dell'Unione europea che ritengano di trovarsi in presenza di un bene culturale uscito illecitamente dal loro territorio. L'esclusività della legittimazione in capo agli Stati membri, indipendentemente dal fatto che essi vantino o meno un diritto reale sui beni culturali in questione, si deve all'obiettivo perseguito dalla direttiva che consiste, come più volte sottolineato nel corso della trattazione, sottendendo la normativa europea a finalità prettamente pubblicistiche, nella ricostituzione del patrimonio culturale degli Stati membri sul proprio territorio.

Infatti, il fondamento giuridico della legittimazione attiva (ed esclusiva) in capo agli Stati membri è individuato dalla dottrina maggioritaria nell'attribuzione agli stessi, ad opera della direttiva 93/7/CEE, di un diritto sostanziale alla tutela ed alla conservazione dei propri patrimoni nazionali.

Il soggetto contro cui può essere proposta l'azione di restituzione, ossia il convenuto, è in primo luogo il possessore del bene e, solo in mancanza di questo, il detentore dello stesso, come risulta dall'art. 77, comma 4, che indica questi ultimi come i soggetti cui deve essere notificato l'atto introduttivo del giudizio: può trattarsi di persone fisiche, persone giuridiche, altri soggetti pubblici o Stati diversi da quello richiedente.

Il legislatore italiano ha previsto che l'azione di restituzione debba essere introdotta con un atto di citazione, indicando, come requisiti necessari, quelli previsti per l'atto di citazione ordinaria dall'art. 163 c.p.c., ai sensi del quale, “L'atto di citazione deve contenere”:

a) l'indicazione del tribunale davanti al quale è proposta la domanda;

b) il nome, il cognome, la residenza ed il codice fiscale dell'attore, il nome, il cognome, il

codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Nel caso in cui l'attore (o il convenuto) sia una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o dell'ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;

c) la determinazione della cosa oggetto della domanda;

giurisdizione del giudice amministrativo si fonda sulla lesione di interessi legittimi ad opera di atti amministrativi ed è, quindi, essenzialmente, giurisdizione di impugnazione relativamente a tali atti. Nel caso di restituzione, non sussiste alcun atto da impugnare, trattandosi soltanto di accertare, sulla base della documentazione prodotta, l'illecita uscita di un bene culturale e disporne la restituzione; cfr. MAGRI, op. cit., p.98.

d) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda,

accompagnati dalle relative conclusioni;

e) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende avvalersi e, in

particolare, dei documenti che offre in comunicazione;

f) il nome ed il cognome del procuratore e l'indicazione della procura, qualora questa sia già

stata rilasciata;

g) l'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; l'invito al convenuto di costituirsi

nel termine di venti giorni prima dell'udienza, indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, ed a comparire, nell'udienza ivi indicata, davanti al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., dovendo inoltre esser sottoscritto ex art. 125 c.p.c.

Sono altresì previsti all'art. 77, comma 3, altri due requisiti specifici, in ossequio al dettato della direttiva, dovendo contenere, l'atto di citazione, anche:

a) un documento descrittivo del bene richiesto che ne certifichi la qualità di bene culturale; b) la dichiarazione delle autorità competenti dello Stato richiedente relativa all'uscita illecita

del bene dal territorio nazionale.

Tuttavia, vale la pena di porre in evidenza una discrepanza tra il testo della direttiva e quello dell'art. 77: mentre la prima specifica che, i suddetti elementi, debbano necessariamente essere contenuti nell'atto di citazione ai fini della sua ammissibilità, il secondo nulla dice sul punto. La dottrina italiana ha fornito diverse interpretazioni concernenti al fatto che, nella norma interna, manchi tale espresso riferimento alla condizione di ammissibilità, contenuta invece nella direttiva.

Alcuni hanno sostenuto che tale omissione sia rappresentativa della volontà del legislatore italiano di non prevedere, per l'azione di restituzione, una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista dal codice di rito per i vizi attinenti l'edictio actionis, per cui l'eventuale mancata allegazione dei documenti di cui all'art. 77, comma 3, potrebbe causare la nullità della citazione, a seguito della quale il giudice fisserà, ai sensi dell'art. 165, comma 5 c.p.c., un termine per il rinnovo o l'integrazione della stessa.

Altri hanno sostenuto che, nel silenzio della norma, si debba far ricorso al testo della direttiva, alla luce del principio di primazia dell'ordinamento europeo su quello nazionale e, soprattutto, in base al principio secondo il quale il diritto interno degli Stati membri dev'essere interpretato in modo conforme al testo ed allo scopo della direttiva267.

La scelta effettuata dal legislatore italiano, con il rinvio espresso all'art. 163 c.p.c., pare sottendere la volontà di instaurare una procedura che avrà luogo secondo il rito civile ordinario, in cui, l'attività del giudice, sarà principalmente finalizzata all'accertamento che la

res in questione sia effettivamente un bene culturale come definito dalla disciplina in esame,

che tale bene sia uscito illecitamente dal territorio dello Stato membro richiedente in data successiva al 1° gennaio 1993 ed, infine, che l'azione di restituzione non sia incorsa né in decadenza, né in prescrizione.

Il rinvio che l'art. 77 effettua all'art. 163 c.p.c., implicando la possibilità per il convenuto di

costituirsi nei termini di legge presentando la propria comparsa di costituzione e risposta, rende poco convincente la tesi sostenuta da parte della dottrina268 secondo la quale, stante la

natura documentale del procedimento e l'assenza di discrezionalità, il giudice sarebbe titolare di poteri circoscritti ed a natura vincolata, essendo egli tenuto ad accertare esclusivamente la regolarità dei documenti depositati dallo Stato richiedente, ai sensi dell'art. 77, comma 3, e che il bene rientri fra quelli elencati nell'allegato A del Codice, ovvero che faccia parte di collezioni pubbliche od appartenga ad istituzioni ecclesiastiche. Qualora sussistano tutte le condizioni appena evidenziate, il giudice non potrebbe far altro che ordinare la restituzione del bene, con un atto che taluni definiscono, addirittura, “dovuto”, potendo, al limite, verificare solamente se la qualificazione di bene culturale offerta dalla legislazione italiana sia conforme a quanto prescritto dall'art. 36 TFUE269.

Se così fosse, l'attività istruttoria del giudice ne uscirebbe decisamente mortificata, in quanto le attività di accertamento verrebbero in gran parte effettuate dall'autorità amministrativa dello Stato membro richiedente.

In realtà, le attività concesse al convenuto, alla luce del rinvio dell'art. 77 all'art. 163 c.p.c., fanno prediligere la tesi di chi sostiene che il giudice sia tenuto a decidere, valutando a norma di legge e secondo il proprio prudente apprezzamento, nel contraddittorio delle parti, la fondatezza delle pretese dello Stato membro richiedente, nonché le difese ed eccezioni avanzate dal convenuto (possessore o detentore del bene), garantendo maggiormente il diritto di difesa, pur comportando, inevitabilmente, un allungamento dei tempi della procedura di restituzione.

Spetterà pertanto all'attore (lo Stato richiedente) l'onere di provare la culturalità del bene e la sua uscita illecita dal proprio territorio nazionale, in virtù dei principi generali in materia di prova esistenti nell'ordinamento italiano, ai sensi dell'art. 2697, comma 1, c.c.

Al quarto comma dell'art. 77, si determina un ulteriore obbligo in capo all'attore, che oltre alla notifica dell'atto introduttivo della procedura al convenuto, deve necessariamente provvedere alla notifica dello stesso anche all'autorità centrale dello Stato richiesto (ossia, nella fattispecie, il Ministero italiano), affinché quest'ultima, ai sensi dell'art. 6 della direttiva 93/7, possa procedere ad informare “senza indugio” le autorità centrali degli altri Stati membri in ordine all'azione avviata per la restituzione del bene in questione.

L'art 77, comma 4, infine, prevede un onere ulteriore rispetto a quanto disposto dalla normativa europea, obbligando il Ministero ad istituire uno speciale registro in cui trascrivere le domande giudiziali di restituzione. La notifica al Ministero e la trascrizione nel suddetto registro, sono certamente fattori essenziali affinché esso possa svolgere le proprie funzioni di vigilanza, conservazione e conciliazione, ai sensi dell'art. 76 del Codice.