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Capitolo V Il rapporto tra la normativa dell'Unione europea e la disciplina

2.9. L'azione di restituzione a favore dell'Italia

A differenza della legge 88/98, che divideva il capo relativo alla restituzione in due sezioni (la prima dedicata all'azione di restituzione dei beni usciti illecitamente da un altro Stato membro e situati in Italia, e la seconda dedicata all'esercizio dell'azione di restituzione da parte dello Stato italiano), il T.U. ed il Codice Urbani, accogliendo le obiezioni sollevate dalla dottrina nei confronti di tale suddivisione278, hanno unificato, in un'unica sezione, il

Capo I, Sezioni I e II della legge 88/98, conferendo indubbiamente maggior sistematicità alla materia279. Le norme concernenti l'azione di restituzione esercitata dallo Stato italiano,

sono oggi contenute nella Sezione III del Codice, rubricata “Disciplina in materia di

restituzione, nell'ambito dell'Unione europea, di beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro”.

L'art. 82 del Codice, attribuisce la legittimazione attiva e, conseguentemente, la discrezionalità sull'opportunità di esercitare l'azione di restituzione, al Ministero dei Beni culturali, prevedendo che questi agisca d'intesa con il Ministero degli esteri e che si avvalga dell'assistenza dell'Avvocatura dello Stato.

La giurisdizione competente a conoscere l'azione è il giudice dello Stato membro in cui si

277Cfr. MARTINES, Articolo 81, in FAMIGLIETTI – PIGNATELLI, Codice dei beni culturali e del paesaggio, Roma, 2015, p.498.

278Le critiche si basavano sul fatto che tale suddivisione rendeva problematica la possibilità di integrare la scarna disciplina della sezione II con le norme appartenenti alla sezione I. Sul punto, GASPARINI – CASARI, in AA.VV.

La circolazione dei beni culturali. Commento alla legge 30 marzo 1998, n. 88, Milano, 1998, p.227.

trova il bene illecitamente sottratto, come disposto dall'art. 5 della direttiva 93/7, lasciando pertanto, ai singoli Stati membri, l'individuazione dello specifico tribunale competente. Essendo l'obiettivo della direttiva quello di ricostituire il patrimonio culturale statale, sottendendo un interesse strettamente pubblicistico, l'azione di restituzione ed il corrispondente diritto di restituzione sono riconosciuti in capo allo Stato e, pertanto, l'esercizio dell'azione di restituzione spetterà al Ministero dei Beni culturali. L'attuale disposizione riprende quanto disposto dal T.U. che aveva provveduto, opportunamente, a modificare l'art. 9 della legge 88/98, il quale conferiva la titolarità dell'azione in capo al Ministro: in effetti, la sostituzione del “Ministero” al “Ministro”, quale ente titolare dell'azione di restituzione, corrisponde ad una logica di maggior correttezza nella separazione tra attività di indirizzo politico e di gestione280.

La norma, pur riconoscendo soltanto al Mibac la possibilità di promuovere l'azione, subordina il suo esercizio all'assenso del Ministero degli esteri: l'azione deve infatti essere esercitata “d'intesa” con tale dicastero. Il coinvolgimento preventivo della Farnesina in merito alla decisione inerente l'esercizio dell'azione di restituzione (e non in relazione agli altri atti necessari ai fini del procedimento), è giustificato dal fatto che l'azione in esame si colloca nell'ambito dei rapporti internazionali, per i quali è necessario che sia chiamato ad esprimersi anche il Ministero deputato a gestire le relazioni internazionali dell'Italia. Nonostante l'intesa con il Ministero degli esteri sia espressamente prevista dal Codice solo per l'azione giurisdizionale, non sembrano sussistere dubbi sul fatto che, il suo consenso, debba sussistere anche in merito alla decisione di esperire l'azione di restituzione ricorrendo alla soluzione arbitrale, in quanto rientrante nell'ambito della sua competenza in materia, ed essendo questa una soluzione alternativa a quella giudiziale.

L'amministrazione competente deve procedere ad una valutazione della sussistenza del diritto dello Stato italiano alla restituzione, formando pertanto il convincimento che il bene appartenga alle categorie per le quali è prevista l'azione di restituzione e verificando l'illiceità dell'uscita dal territorio dello Stato, sempre che tale carattere non sia cessato: si ritiene, pertanto, che esso abbia piena discrezionalità in merito all'opportunità di promuovere l'azione, nonostante essa possa comunque essere sollecitata da parte del privato o di altro ente interessato. Qualora il Ministero degli esteri non concordi sull'opportunità di esercitare l'azione che il Mibac intende proporre, il contrasto dovrà necessariamente essere risolto in seno al Consiglio dei Ministri281. In ogni caso, l'atto con cui il Ministero dei Beni

culturali chiede la restituzione del bene deve obbligatoriamente menzionare l'assenso del Ministero degli Esteri.

Nel caso in cui l'Italia sia lo Stato richiedente, sarà necessario individuare il tribunale competente nello Stato ove materialmente si trova il bene culturale; la competenza territoriale sarà poi determinata secondo le regole interne dello Stato richiesto, in ottemperanza al più volte citato principio del forum rei sitae. La questione se sia competente il giudice ordinario od il giudice amministrativo, come abbiamo già evidenziato, stante la peculiarità dell'azione di restituzione, viene risolta dalla maggior parte degli Stati membri

280Il Regolamento organizzativo del Ministero dei beni culturali (D.P.R. 26 novembre 2007, n. 233 e D.P.R. 2 luglio 2009, n. 91) attribuisce la facoltà di adottare i provvedimenti di competenza dell'amministrazione centrale in materia di circolazione di cose e beni culturali in ambito internazionale ai Direttori generali della Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanea; sul punto cfr. MARTINES, Articolo 82, in FAMIGLIETTI – PIGNATELLI, op. cit., p.502.

con una preferenza generale per i tribunali ordinari, anche se non mancano le eccezioni (in

primis, la Germania); la scelta rientra comunque nella piena discrezionalità di ciascuno

Stato membro, pertanto l'individuazione del tribunale competente deve essere realizzata caso per caso, a seconda della legislazione dello Stato richiesto.

A norma dell'art. 82, comma 2, il Ministero si avvale, nell'esercizio dell'azione, dell'Avvocatura generale dello Stato, organo deputato a rappresentare e difendere in giudizio l'amministrazione statale, in merito ad interessi patrimoniali e non patrimoniali282.

L'Avvocatura, non ha soltanto il compito di patrocinare il Ministero, ma ad essa spetta anche il più generale ruolo di consulenza283 ed assistenza nell'eventuale fase stragiudiziale e,

nel caso in cui sia esperita, di patrocinio nella procedura arbitrale.

Nell'ambito di tali funzioni, pertanto, l'Avvocatura generale dello Stato potrebbe esser chiamata ad esprimersi sull'opportunità, in termini squisitamente tecnici, di esperire l'azione di restituzione, con particolare riguardo alle valutazioni relative ai presupposti processuali, alle condizioni di ammissibilità della domanda ed alle spese da sostenere.

Si è discusso in dottrina284 se l'assistenza ex art. 82 costituisca un vero e proprio obbligo in

capo al Ministero di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura o se questo potrebbe essere esercitato, in alternativa, da professionisti del libero foro.

Il tenore letterale della norma in esame non sembra dar adito ad alcun dubbio relativamente all'inammissibilità di tale sostituzione, almeno per quel che riguarda il patrocinio. Certamente il ricorso a professionisti privati può essere auspicabile laddove si richieda una conoscenza del diritto del Paese del foro, specialmente per ciò che attiene le norme processuali. Sotto questo profilo, dovendo la procedura, nella materia in esame, seguire la

lex fori, l'assistenza legale di un professionista del foro dello Stato richiesto potrebbe

rivelarsi particolarmente utile285.

Pertanto, se il patrocinio non può che spettare all'Avvocatura generale dello Stato, per quel che concerne l'attività di consulenza non può essere escluso, a priori, l'ausilio anche di altri professionisti privati: in effetti la prassi, seppur particolarmente scarna, ha dimostrato che il Ministero si è spesso avvalso dei suddetti professionisti.