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I doveri di informazione del Ministero nei confronti del Parlamento nazionale e la

Capitolo V Il rapporto tra la normativa dell'Unione europea e la disciplina

2.11. I doveri di informazione del Ministero nei confronti del Parlamento nazionale e la

L'articolo 84 del Codice fissa una serie di obblighi a carico del Ministro dei Beni Culturali, concernenti la trasmissione di informazioni i cui destinatari sono la Commissione dell'Unione europea (e non più “delle Comunità europee” come indicato nel Codice, che non recepisce le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona per cui, alla luce dell'art. 1, l'Unione europea sostituisce e succede alla Comunità europea) ed il Parlamento italiano. Abbiamo già avuto modo di analizzare gli oneri di comunicazione posti in capo al Ministro nei confronti dell'Unione europea e, pertanto, si fa rinvio a quanto già detto nelle pagine precedenti, volgendo invece l'attenzione, nel presente paragrafo, al comma 2 dell'articolo 84, che prevede espressamente l'obbligo, per il Ministro dei Beni Culturali, di informare, con cadenza annuale, il Parlamento italiano in merito sia all'applicazione del Capo V del Codice (relativo alla circolazione dei beni culturali in ambito internazionale), sia all'attuazione della direttiva e del regolamento 116/09, in Italia e negli Stati membri.

Tali informazioni si collocano nella prospettiva di una revisione della normativa europea che, come abbiamo avuto modo di evidenziare, si è effettivamente realizzata con l'adozione della nuova direttiva 2014/60/UE. In effetti, l'informazione al Parlamento italiano è particolarmente rilevante in virtù dell'attuale assetto dei rapporti intercorrenti tra il legislatore dell'Unione ed il legislatore nazionale, essendo previsto un coinvolgimento di quest'ultimo anche nella c.d. fase ascendente e nell'esame del rispetto del principio di sussidiarietà.

La relazione che il Ministro deve inviare annualmente al Parlamento, deve essere trasmessa in allegato allo Stato di previsione della spesa del Ministero, nell'evidente intento di legare lo stanziamento del Ministero ai contenuti della suddetta relazione ed all'attività di esecuzione.

Il documento inviato dal Ministro al Parlamento italiano ricalca, nei contenuti, quello trasmesso alla Commissione dell'Unione europea, in merito all'applicazione della direttiva; più precisamente sono elencate nella relazione tutte le azioni di restituzione intraprese dall'Italia come Stato richiedente, le azioni in cui l'Italia risulta Stato richiesto, nonché le domande e le forme di collaborazione realizzate con le autorità centrali degli altri Stati membri.

Se, come abbiamo sottolineato, un'eventuale mancata comunicazione delle necessarie informazioni alla Commissione dell'U.E. andrebbe a disattendere un obbligo previsto dalla direttiva, configurando una violazione del diritto europeo e potendo dar adito a procedure di infrazione ad opera della Commissione stessa, per ciò che riguarda il mancato invio della relazione annuale di cui supra, collocandosi il Parlamento italiano nel quadro di una

funzione di controllo esercitata nei confronti del Governo, in tal caso verrebbe invece a configurarsi una responsabilità di ordine politico del Governo nei confronti del Parlamento. Come già evidenziato, un'ampia conoscenza dei beni culturali sottratti illecitamente ed un accesso immediato ad informazioni fotografiche e descrittive, possono rendere particolarmente più agevole le azioni finalizzate al reperimento dei beni in esame.

In tal senso, assume grande rilievo l'art. 85 del Codice, alla luce del quale si prevede l'istituzione di una Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, affidandone la concreta determinazione delle modalità di funzionamento ad un decreto ministeriale. Lo strumento tecnico qui in esame, è attivo in Italia dal 1980 e, la legge 1998 n. 88, nonché l'art. 83 del T.U. del 1999, non hanno fatto altro che fornirgli una copertura legislativa ed una più precisa veste giuridica.

La Banca dati fa espresso riferimento ai “beni culturali illecitamente sottratti”: nozione certamente più ampia rispetto a quella di bene uscito illecitamente dal territorio statale (contenuta nella direttiva), che finisce per ricomprendere anche i beni rubati, perduti o sottratti dai siti archeologici e, pertanto, anche beni culturali che, non necessariamente, sono usciti dai confini italiani. Vi sono catalogati beni culturali da ricercare, di provenienza italiana e non, nonché le informazioni relative ad eventi delittuosi ad essi collegati. I beni contenuti all'interno della Banca dati sono classificati come “culturali” indipendentemente dal fatto che essi rientrino o meno tra quelli per i quali risulta applicabile l'azione di restituzione prevista dalla direttiva.

La Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, è inquadrata nella Sezione Elaborazione dati del Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale289, che è responsabile

per la sua gestione e svolge la funzione di centro informativo per tutte le forze di polizia italiane. Il Comando Tutela Patrimonio Culturale è stato inserito funzionalmente nell'ambito del Ministero per i Beni e le Attività culturali dal 1975, mentre in precedenza era inquadrato all'interno del Ministero della Pubblica Istruzione.

Dal punto di vista strutturale, la Banca dati dei beni illecitamente sottratti è suddivisa in tre aree: eventi, persone ed oggetti. Vi sono contenuti oltre 5 milioni e 700 mila oggetti e più di 560 mila immagini e, le relative informazioni, vengono inserite nella Banca dati da altre forze di polizia, dalle soprintendenze, dagli uffici doganali, dai privati, dall'Interpol, nonché dai dati ottenuti dalle schede informative (c.d. “schede evento”) compilate da chi subisce un furto, con indicazioni inerenti la descrizione del reato (luogo, data, reato), il tipo di oggetto sottratto (materiale, misure, ecc.) ed il soggetto (descrizione, rappresentazione fotografica, ecc.).

La Banca dati in esame è interconnessa con l'Agenzia delle Dogane ed il SUE (Sistema Uffici Esportazione) del Ministero dei Beni culturali, ossia il sistema informativo utilizzato per la gestione dei procedimenti di circolazione, esportazione e importazione dei beni culturali, che permette le verifiche necessarie al fine del rilascio dell'autorizzazione all'esportazione.

289La titolarità della tutela del patrimonio culturale è attribuita infatti ad uno speciale comparto dell'arma dei carabinieri ai sensi del Decreto del Ministero dell'Interno del 12 febbraio 1992, e del Decreto del 28 aprile 2006 del

Ministero dell'interno, pur sussistendo funzioni specifiche di altri corpi di sicurezza, come il Corpo della Guardia di

finanza al quale, ex art. 2 del d.lgs. n. 68 del 2001, sono affidati compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni.

In merito alle competenze riservate, dal Codice, al Ministero dei Beni culturali, merita infine un cenno l'art. 86, il quale prevede che esso promuova la stipulazione di accordi con le corrispondenti autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea. Queste attività, non sono previste espressamente dalla direttiva 93/7, non essendo inquadrabili nell'ambito del suo art. 4, dedicato a diverse forme di cooperazione in materia di ricerca del bene culturale e di notifica di ritrovamenti di beni che si sospettino appartenere ad altri Stati membri.

Le attività di cui all'art. 86, rappresentano piuttosto la specifica espressione del generale obbligo di leale collaborazione vigente tra gli Stati membri, principio generale di diritto europeo applicabile nelle relazioni tra i Paesi dell'Unione.

Gli accordi presi in esame dall'art. 86 hanno la fondamentale utilità di favorire una maggior conoscenza del patrimonio culturale dell'altro Stato membro ma soprattutto della normativa dedicata alla tutela del patrimonio culturale nazionale, istituendo una collaborazione tra le autorità coinvolte nella difesa e nella valorizzazione dei beni culturali, favorendo l'applicazione della direttiva e creando le condizioni per una conoscenza più approfondita e per un'interazione tra le autorità preposte di più ampio respiro rispetto a quanto previsto dalla normativa europea.

Non è un caso che l'U.E. abbia provveduto ad elaborare un progetto pilota destinato a favorire gli scambi di informazioni inerenti alla protezione dei beni culturali tra le competenti amministrazioni statali290.

Lo scambio di informazioni relative alla legislazione posta a tutela del patrimonio culturale è un meccanismo particolarmente utile in quanto, favorendo lo scambio di buone pratiche, potrebbe concretamente contribuire alla realizzazione di uno spontaneo adeguamento a quelle che risultano le normative più efficaci in ambito di tutela dei beni culturali. E se è vero che l'art. 167 TFUE, base giuridica degli interventi dell'U.E. nel settore della cultura, esclude qualsiasi armonizzazione delle normative degli Stati membri, è tuttavia necessario sottolineare come, la suddetta norma, non escluda affatto uno spontaneo ravvicinamento delle stesse.

Gli accordi in esame si possono qualificare come strumenti di coordinamento settoriale e tecnico tra organi amministrativi degli Stati membri, che non comportano l'assunzione di alcun obbligo internazionale a carico dello Stato italiano. Non si tratterebbe pertanto di accordi internazionali in senso proprio: nell'ipotesi di accordi conclusi da branche dell'Amministrazione, la dottrina internazionalista italiana ritiene che la possibilità di ratificare intese di tipo settoriale e specifico in materie tecniche sia riconducibile all'Amministrazione qualora essa disponga di poteri normativi propri291. In una circolare del

Ministro degli Affari esteri, riferita alle intese interministeriali di tipo tecnico e settoriale, viene infatti specificato come esse facciano sorgere esclusivamente impegni di collaborazione tra le Amministrazioni che le hanno stipulate, escludendone la natura di accordi in forma semplificata.

Infatti, nel caso in cui le intese supra indicate fossero finalizzate all'assunzione di obblighi internazionali necessiterebbero, inevitabilmente, dell'autorizzazione del Ministero degli Affari esteri.

290Cfr. la Terza relazione sull'applicazione della direttiva 93/7/CEE del Consiglio relativa alla restituzione dei beni

culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro / COM/2009/0408, nota 14.

Ad oggi, il Ministero dei Beni culturali non ha mai stipulato accordi rientranti nella categoria appena esaminata ma, intese di tale specie, sono state concluse in altri Stati membri quali la Repubblica Ceca, la Polonia, l'Ungheria e la Romania, istituendo appositi gruppi di lavoro per lo scambio di informazioni e buone pratiche.

Evidentemente non rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 86 gli accordi di cooperazione culturale stipulati dall'Italia: essi sono veri e propri accordi internazionali che prevedono, nei rispettivi protocolli esecutivi, che le Parti contraenti procedano a scambi di informazioni anche (e soprattutto) in relazione alle rispettive legislazioni nazionali in tema di tutela del patrimonio culturale.

3. La disciplina dell'azione di restituzione nell'ordinamento tedesco: il “KultGüRückG”.

Il recepimento della direttiva 93/7 è avvenuto, in Germania, il 15 ottobre 1998 ad opera del “KultGüRückG”. La legge tedesca affrontava, con pregevole attenzione ed in modo particolarmente approfondito, alcune questioni lasciate aperte dalla direttiva e presentava scelte originali come quella di addossare allo Stato membro richiedente l'onus probandi della diligenza dell'acquirente al momento dell'acquisto.

Il KultGüRückG si divideva in due sezioni ed era composto da 13 articoli: nel primo

Abschnitt (art. 1-4) si occupava di individuare i beni oggetto di protezione e di dettare

disposizioni di coordinamento, di natura prettamente pubblicistica; nel secondo, invece, disciplinava dettagliatamente la restituzione dei beni culturali.

In particolare il KultGüRückG identificava come beni soggetti all'applicazione della legge, i beni culturali tedeschi che fossero oggetto di specifica protezione ad opera del Gesetz zum

Schutz deutschen Kulturgutes gegen Abwanderung, oppure che fossero registrati nel Verzeichnis national wertvoller Archive o per i quali fosse stato reso pubblico l'avvio del

processo di registrazione.

Tuttavia il 18 maggio 2007, in vista della ratifica della Convenzione UNESCO del 1970 da parte della Repubblica Federale tedesca, la normativa precedente è stata sostituita dal nuovo

KultGüRückG 2007.

Esso, in vigore dal 29 febbraio 2008, unifica nello stesso testo legislativo tutte le norme inerenti alla restituzione di beni culturali a Stati stranieri292, senza tuttavia modificare il

contenuto e l'impianto sistematico della disciplina antecedente.

La legge è divisa in cinque sezioni e si compone di 22 articoli: la prima sezione fornisce utili definizioni per determinare il campo di applicazione della normativa e la portata delle singole disposizioni; la seconda, indica le autorità preposte a richiedere la restituzione dei beni culturali tedeschi; la terza, disciplina le richieste di restituzione provenienti da altri Stati; la quarta, è dedicata alla protezione e conservazione dei beni culturali di proprietà di altri Stati; la quinta, contempla, infine, disposizioni in materia penale.