• Non ci sono risultati.

Capitolo I La tutela dei beni culturali nel diritto dell'Unione europea: dal

8.4. La Roadmap

Successivamente alla conclusione dei lavori del predetto Gruppo, istituito in seno al Comitato per l'esportazione e la restituzione dei beni culturali, e dopo aver aperto una consultazione pubblica, conclusasi il 5 marzo 2012112, venne stilata una Roadmap relativa

alle lacune che caratterizzavano la direttiva 93/7, inerenti al suo ambito di applicazione ed alle condizioni di procedura.

Come abbiamo già avuto modo di rilevare, l'ambito di applicazione della direttiva riguardava i beni culturali aventi, per gli Stati membri, valore storico, artistico e archeologico ed appartenenti alle categorie dell'allegato, classificate su parametri quali il valore e l'epoca. Tra i beni non facenti parte delle categorie del suddetto allegato, rientravano nell'ambito di applicazione della direttiva esclusivamente quelli appartenenti a collezioni pubbliche ed a inventari di istituzioni ecclesiastiche.

In proposito, la maggior parte dei membri del Gruppo di lavoro, reputavano necessaria l'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva, per facilitare il rientro di qualsiasi bene illecitamente esportato che lo Stato richiedente avesse ritenuto portatore di valore culturale in base alla propria legislazione nazionale.

In relazione alle condizioni concernenti la procedura, i componenti del Gruppo concordavano sulla eccessiva brevità del termine annuale per esercitare l'azione di restituzione e auspicavano la modifica di alcune disposizioni della direttiva come, ad esempio, l'estensione a cinque mesi del termine previsto per la verifica del carattere culturale del bene, la fissazione di criteri uniformi per l'individuazione della due diligence del possessore, nonché di far luce sull'onere della prova della diligenza stessa.

Per migliorare l'efficacia della normativa, la Roadmap determinava alcune possibili opzioni:

a) rafforzare l'attuazione della direttiva mediante linee guida addizionali per il

miglioramento della cooperazione amministrativa e lo scambio di informazioni tra autorità nazionali: ciò avrebbe certamente rappresentato il primo strumento di garanzia per il rientro dei beni culturali nei Paesi d'origine;

b) semplificare il dettato normativo della direttiva;

c) invitare gli Stati membri a ratificare la Convenzione UNESCO del 1970 e la Convenzione

UNIDROIT del 1995, al fine di fornire maggiori garanzie di restituzione dei beni culturali illecitamente esportati, valutando anche la possibilità di ratificare le sopra citate Convenzioni da parte dell'Unione europea. In tal modo sarebbe risultata notevolmente incrementata l'efficacia della normativa internazionale sul rientro dei beni culturali.

Le indicazioni del Gruppo di lavoro vennero sostanzialmente recepite dalla nuova proposta di direttiva del 30 maggio 2013113, ponendosi come obiettivo una maggior estensione

dell'applicazione dell'azione contemplata dalla direttiva ed un sostanziale aumento dei casi di restituzione.

Dalla valutazione di impatto dei servizi della Commissione114 e dalla proposta di direttiva,

emergevano alcune modifiche particolarmente significative: venivano accolte le richieste relative alla necessità di un rafforzamento della cooperazione amministrativa tra le autorità competenti, nonché l'esigenza di una revisione della direttiva, al fine di ovviare alle problematiche emerse in sede di applicazione della stessa.

Dal primo punto di vista, la proposta prevedeva l'utilizzo di uno strumento elettronico a disposizione delle autorità centrali (IMI- Sistema d'Informazione del Mercato Interno) per facilitare l'assolvimento dei compiti amministrativi e lo scambio di informazioni tra le autorità preposte; venivano inoltre estesi i termini di verificazione della natura del bene culturale ritrovato in un altro Stato membro.

Dal secondo punto di vista, si prevedeva un'estensione del campo di applicazione della direttiva a tutti i beni classificati come appartenenti al patrimonio nazionale, si ampliavano i termini previsti per l'esercizio dell'azione di restituzione e si provvedeva ad armonizzare le condizioni di indennizzo del possessore in buona fede, in caso di restituzione.

Particolarmente rilevante risultava, nella proposta, l'eliminazione dell'allegato nel quale venivano precedentemente elencate le categorie di beni culturali per i quali poteva essere

113COM(2013) 311 final del 30 maggio 2013.

avanzata la richiesta di restituzione, che aveva rappresentato uno dei principali vulnus in sede di applicazione della direttiva 93/7; la determinazione di tali categorie di beni culturali sarebbe stata affidata, alla luce dalla nuova direttiva, alla legislazione nazionale dello Stato richiedente.

In ordine alle altre lacune sottolineate dai lavori preparatori, la proposta attuava una revisione della direttiva 93/7, adeguandone le disposizioni alle richieste prospettate dagli Stati membri ed intervenendo, in particolare, sull'eccessiva brevità del termine previsto per l'esercizio dell'azione, sulla scarsa chiarezza in relazione alla determinazione del requisito della diligenza del possessore del bene, sulla mancata previsione dell'onere della prova concernente tale requisito, sui criteri di accertamento inerenti alla sussistenza della diligenza al fine della determinazione dell'equo indennizzo.

Il documento, pertanto, estendeva a tre anni il termine per proporre l'azione di restituzione, facendolo decorrere dalla data di conoscenza degli elementi dell'illecita sottrazione da parte dell'autorità centrale dello Stato membro.

Per quanto concerne l'indennizzo del possessore, in virtù di un ordine di restituzione del competente tribunale, il soggetto, per ottenere un ristoro economico, avrebbe dovuto dimostrare di aver prestato la dovuta diligenza e attenzione al momento dell'acquisto per assicurarsi della lecita provenienza del bene; la buona fede del possessore sarebbe stata considerata solo ai fini dell'indennizzo previsto e non per negare la restituzione del bene culturale. Da notare come il documento elimini, altresì, ogni riferimento al convincimento del giudice al fine della fissazione dell'equo indennizzo, da determinare esclusivamente sulla base delle circostanze del caso concreto.

Una siffatta revisione, che come vedremo è stata sostanzialmente confermata nel testo della direttiva 2014/60/UE, rappresenta indubbiamente un punto di svolta per l'efficacia applicativa della disciplina relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro.