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Le funzioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali nell'ambito della procedura

Capitolo V Il rapporto tra la normativa dell'Unione europea e la disciplina

2.5. Le funzioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali nell'ambito della procedura

L'articolo 76 del Codice (corrispondente all'art. 3 della legge 88 ed all'art. 74 del T.U.), nel trasporre nell'ordinamento interno quanto previsto all'art. 3 della direttiva 93/7, ha optato per designare il Ministero per i Beni e le Attività Culturali quale autorità centrale deputata a svolgere le funzioni ivi previste.

Le funzioni attribuite al Ministero sono essenziali nell'economia della procedura di restituzione; pertanto, il legislatore italiano ha cercato di garantirgli la massima operatività precisando, all'art. 76, comma 1, non solo che le sue competenze dovranno esser svolte anche attraverso i suoi organi periferici, ma soprattutto che potrà avvalersi della cooperazione sia degli altri Ministeri che degli enti pubblici territoriali, comprese le regioni. D'altronde, la possibilità offerta dalla direttiva 93/7 di designare molteplici autorità era stata pensata volgendo lo sguardo a realtà particolari, come quelle degli Stati federali.

Al Ministero, oltre che un generico obbligo di consultazione e cooperazione con le autorità

centrali designate dagli altri Stati membri (art. 76, comma 2, lett. a), vengono assegnati compiti specifici sia per quanto riguarda il ritrovamento dei beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro, sia per quanto concerne la loro restituzione.

Alla luce dell'art. 76, comma 2, fanno parte della prima categoria:

a) le attività volte all'individuazione del bene culturale e del suo possessore o detentore (art.

76.2, lett. b). Da notare come la dizione “fa eseguire[...] ricerche” implichi che il Ministero sia tenuto ad identificare quali soggetti istituzionali debbano concretamente assumere tale incombenza. La norma, esponendosi in tal modo a qualche critica, non precisa quali siano effettivamente i poteri istruttori esercitabili che, potendo ricomprendere attività di inchiesta e di tipo ispettivo, rischiano inevitabilmente di incidere, in maniera rilevante, nella sfera giuridica di terzi.

b) la notifica agli Stati membri interessati del ritrovamento, nel territorio italiano, di un bene

che si ritenga, alla luce di “indizi precisi e concordanti” (art. 76.2, lett. c, dizione con cui il legislatore italiano precisa le parole “validi motivi”, contenute all'art. 4 della direttiva 93/7), essere uscito illecitamente dal territorio di un altro Stato membro;

c) le attività finalizzate ad agevolare le operazioni di verifica, da parte delle autorità dello

Stato membro interessato, che si sia in presenza di un bene culturale rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 75 del Codice.

Si tratta, com'è evidente, di attività di tipo esclusivamente amministrativo263, svolte con i

mezzi e con le procedure predisposti, in materia, dalla normativa italiana. Come già rilevato, in linea generale, l'Italia (e gli altri Stati membri) non debbono adottare alcuna modifica nella loro legislazione interna al riguardo, purché i mezzi e le procedure nazionali siano effettivamente in grado di garantire l'efficienza di tale procedura, in virtù dell'obbligo di cooperazione assunto nei confronti degli altri Stati membri; in caso contrario, il legislatore sarà costretto ad intervenire sulla propria normativa nazionale per renderla conforme ai fini perseguiti dalla direttiva.

Affinché tali obblighi sorgano in capo al Ministero, tuttavia, lo Stato interessato deve a sua volta rispettare determinate prescrizioni. Nello specifico, per ottenere la cooperazione finalizzata all'individuazione del bene culturale, lo Stato interessato deve farne richiesta ufficiale, fornendo tutte le informazioni ed i documenti utili per agevolarne la ricerca, in particolare in relazione alla localizzazione del bene (art. 76, comma 2, lett. b)264.

Per ciò che invece concerne i compiti attinenti alla restituzione dei beni culturali, il Ministero deve primariamente e, ove necessario, svolgere le attività prodromiche di rimozione e custodia del bene ed adottare ogni misura opportuna per garantirne la conservazione ed impedire che esso venga sottratto alla procedura di restituzione (art. 76.2, lett. e).

263Analizzando l'esigua prassi, si può far riferimento alla comunicazione da parte del Ministero all'Autorità centrale della Grecia concernente il ritrovamento, nel 2008, di monete antiche greche, provenienti in prevalenza dalla Macedonia (v. Relazione del Ministro per i beni e le attività culturali, presentata alla Camera dei Deputati il 3 febbraio 2012, 6).

264Nella ridotta prassi applicativa di tale disposizione, può esser menzionata la richiesta di collaborazione inviata dall'Autorità centrale ceca al Ministero italiano con lettera 21 dicembre 2009 per il recupero di una statua del XVIII secolo, rubata nel 2003 nella regione di Opava, cui il Ministero ha risposto richiedendo, alle autorità ceche, la formalizzazione della richiesta di recupero del bene attraverso una rogatoria internazionale, essendo in corso un procedimento penale in Italia (v. Relazione del Ministro per i beni e le attività culturali, presentata alla Camera dei Deputati il 2 febbraio 2012, 7); cfr. PASQUALI, Articolo 76, in FAMIGLIETTI – PIGNATELLI, op. cit., p.473.

Confrontando il testo dell'articolo in esame con quanto disposto dall'art. 4 della direttiva 93/7, si nota immediatamente come il legislatore italiano non abbia pienamente rispettato il tenore letterale della disciplina comunitaria, omettendo di richiamare come le misure conservative debbano necessariamente esser poste in essere in cooperazione con lo Stato membro interessato, non essendo subordinate all'esclusiva discrezionalità del Ministero, ed attribuendogli pertanto un potere notevolmente più esteso di quanto non risultasse dalla direttiva. Scelta particolarmente discutibile poiché l'agire in collaborazione con lo Stato membro interessato è strettamente connesso all'interesse che il bene culturale riveste per quest'ultimo ed alla necessità di minimizzare i rischi di errore nei lavori di restaurazione e di conservazione265.

Come già evidenziato nei precedenti capitoli, le misure necessarie per garantire la conservazione del bene e per impedirne la sottrazione alla procedura di restituzione hanno una durata limitata nel tempo: esse, infatti, vengono meno nel caso in cui lo Stato membro interessato non esegua le verifiche necessarie al fine di accertare la sussistenza dei requisiti disciplinati all'art. 75, entro due mesi dalla notifica del ritrovamento del bene culturale, termine valido sia nel caso in cui il bene sia stato ritrovato a seguito di ricerche disposte su domanda dello Stato richiedente, sia nel caso di altre circostanze. Il termine in questione ha l'evidente finalità di sollecitare gli Stati membri interessati ad agire tempestivamente in quanto, una volta spirato, non sarà più possibile disporre il sequestro preventivo del bene, né adottare le misure necessarie per assicurarne la conservazione materiale o per evitare che esso sia sottratto alla procedura di restituzione.

Infine, al Mibac è affidato anche il compito di favorire l'amichevole composizione di ogni questione riguardante la restituzione del bene che possa insorgere tra possessore o detentore e Stato richiedente evitando, per quanto possibile, la fase contenziosa della procedura. Nel caso in cui non si possa addivenire ad una composizione bonaria della vicenda, in considerazione delle difficoltà e delle lungaggini che caratterizzano la giustizia civile italiana, il Ministero può proporre ai soggetti interessati la sottoposizione della questione ad un arbitrato, da svolgersi secondo la legislazione italiana, raccogliendo formalmente l'eventuale consenso all'attivazione della procedura da parte dei soggetti coinvolti (art. 76.2, lett. f).