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CAPITOLO IV LA BADIA DI PATTANO

LE FONDAZIONI BASILIANE IN PIENA ETÀ MODERNA

6.2. c I beni del monastero di Montesano sulla Marcellana

Anche per quanto riguarda la proprietà fondiaria del monastero di Montesano sulla Marcellana possiamo proporre una suddivisione tra i beni che ricadevano all’interno del feudo montesanese e gli altri che erano al di fuori, indicati nella platea rispettivamente come «intra moenia» ed «extra moenia». I beni «intra moenia» si trovavano all’interno dei confini del feudo di San Pietro, mentre quelli «extra moenia» erano ubicati in quattro diversi feudi: nel feudo della Rossa a Buonabitacolo, in quello di Santa Maria di Sirippi a Sanza, di San Zaccaria a Sassano e di Santa Maria di Vito a Laurino (Figura 2).

Beni territoriali

A Montesano l’ente monastico basiliano possedeva 266 beni. La gran parte della proprietà fondiaria, 122 beni, risulta essere piantata a vigneti, per una percentuale che supera il 45 % del totale. La restante porzione era composta da terreni “misti” (116), da querceti (13), da beni “vari” (9), da orti (4), da noceti (1) e da prati (1).

27 Ivi, «Foglio per monsignor l’Abate».

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Per quanto riguarda i beni “vari” – questa particolare sezione all’interno della quale si è voluto classificare principalmente strutture edilizie come case, “casalini” o magazzini, ma anche terreni con difese e chiuse – dobbiamo segnalare la presenza di terreni «cum erectione muris, fabrice», di terreni su cui erano state costruite delle masserie (3) oppure che si trovavano nello stato di “chiuse” (1); inoltre, ad alcuni coloni dipendenti dal monastero montesanese erano stai affidate una botega e una casa. Il totale della rendita prodotta da questa tipologia di beni ammontava a 105,5 grana, ovvero 10,55 carlini. Vanno poi aggiunte due case affidate ad altrettanti religiosi montesanesi: queste due abitazioni fruttavano 20 grana e 5 tornesi al monastero di S. Pietro al Tumusso, che sommate con le 105,5 ricavate dal censo imposto su quelle concesse a laici formavano un totale di 127 grana e 11 cavalli.

Tra i beni territoriali del cenobio di Montesano appare subito evidente un carattere che li differenzia da quelli degli enti basiliani di San Giovanni a Piro e di Pattano: l’assenza totale di oliveti. Tale peculiarità è dettata dal fattore climatico, che ha determinato temperature molto più rigide nel Vallo di Diano rispetto all’area cilentana o a quella del Golfo di Policastro, più vicine al mare e quindi con inverni molto più miti.

Beni extraterritoriali

La località in cui all’inizio del XVIII secolo era concentrata la maggior parte dei beni extraterritoriali (o «extra moenia») era Sassano. Qui, oltre la metà dei 248 beni era costituita da vigneti (165); non mancavano terreni “misti” (61), orti (15), querceti (4) e prati (2). Di beni “vari” ne abbiamo registrato una sola presenza: si tratta di «mezza chiusa», grande un tomolo, situata in località S. Maria delle Grazie e affidata al colono Simone Recupeto dietro il pagamento di un censo annuo di 2 carlini. Tra Sassano e Montesano era concentrata la quasi totalità della ricchezza immobiliare del monastero di S. Pietro al Tumusso (Appendice

Documentaria C): il patrimonio dell’ente monastico valdianese, perciò, seguiva una certa

continuità, essendo compreso in un’area omogenea, fatta eccezione per i beni basiliani posseduti a Laurino, centro abitato cilentano ma comunque non eccessivamente distante dal Vallo di Diano.

A Laurino il monastero possedeva 10 beni: 2 terreni, 3 vigneti, 2 orti, 2 beni “vari” e un oliveto. Il 5 maggio 1710 il giudice Rocco Mileo prese visione delle testimonianze rilasciate poco prima dai possessori di beni situati all’interno del feudo di S. Maria di Vito. I due beni “vari” di Laurino corrispondevano a due abitazioni: una era assegnata a Fabrizio Monaco ed era ubicata in località S. Biase, «constituente in tre membri». Il Monaco per il godimento del bene pagava al monastero di Montesano un canone annuo di cinque grana. L’altra casa di

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Laurino – situata nella stessa località della precedente – era stata affittata al venticinquenne Rosario Maffia, anche stavolta dietro un corrispettivo di cinque grana28.

Due terreni si trovavano in terra buonabitacolese, mentre a Sanza sappiamo solo che l’ente monastico era proprietario dell’intero feudo di S. Maria di Sirippi, senza che venissero specificati i nomi dei coloni e il censo che annualmente erano tenuti a versare, oppure la qualità, l’estensione e la locazione del bene posseduto.

TABELLA 4: Analisi dei beni del monastero di S. Pietro al Tumusso

PAESI terreni

misti

vigneti oliveti querceti orti “vari” noceti prati n.

Montesano 116 122 - 13 4 9 1 1 266 Sassano 61 165 - 4 15 1 - 2 237 Laurino 2 3 1 - 2 2 - - 10 Buonabitacolo 2 - - - 2 Sanza 1 - - - 1 Totale 182 290 1 17 21 12 1 3 527

Fonte: elaborazione da ADV, Platea censuum introituum, reddituum, bonorum stabilium,

iurium, et actionum Grancie S. Petri dicti del Tamusso prope Montesanum Ordinis S. Basilii Magni pertinentium ad insigne monasterium Cryptae Ferratae confecta in anno 1710.

Il 20 maggio 1710 Matteo d’Alessio testimoniò che con altri uomini era stato chiamato a formare una commissione, chiamata a tracciare «i fini, e confini del feudo di S.ª Maria di Vio». Per questo motivo, sabato 10 maggio la squadra, composta da Matteo d’Alessio, Tomaso di Nese, Giuseppe Farro – «magistri del Governo di Fogna» –, Diego Polito di Fogna, dal sindaco Michel Angelo Cervo, dal curato di Fogna don Matteo Consalvo e altri sette cittadini si era riunita per rilevare i confini.

Patrimonio edilizio

Il patrimonio edilizio del monastero di Montesano – e di conseguenza le rendite che esso produceva – è di una consistenza molto bassa, anche se paragonato a quello non eccezionale ma decisamente più ricco del cenobio di San Giovanni a Piro. L’abbazia valdianese possedeva

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ADV, Platea censuum introituum, reddituum, bonorum stabilium, iurium, et actionum Grancie S. Petri dicti

del Tamusso prope Montesanum Ordinis S. Basilii Magni pertinentium ad insigne monasterium Cryptae Ferratae confecta in anno 1710, f. 131.

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una casa e una «Botega» a Montesano, rispettivamente in località «Vicinanza di S. Martino» e «La Pazzetta», mentre a Laurino l’ente monastico possedeva due abitazioni, entrambe in località S. Biase. Inoltre, appartenevano al monastero altre due case situate a Montesano sulla Marcellana: il canone su queste abitazioni – la prima composta da «cinque membri soprani, e sottani», mentre la seconda da altrettanti «membri soprani, mezzani, e sottani» – veniva però pagato da due ecclesiastici montesanesi, don Gioacchino Strefezza e Berardino Todesco29. La rendita ricavata dall’affitto del patrimonio immobiliare ammontava a 45 grana.

TABELLA 5: Rendite del patrimonio edilizio del monastero di Montesano

Casa a Montesano………5 grana

Casa a Montesano………2 grana e 6 cavalli Casa a Montesano………20 grana

Bottega a Montesano…………...30 grana Casa a Laurino……….5 grana Casa a Laurino……….5 grana

Totale………...67 grana e 6 cavalli