IL CENOBIO DI SAN GIOVANNI A PIRO
3.2. c Le attività degli altri abati Chi fu l’ultimo?
Il Di Luccia nel suo trattato riporta i nome degli altri abati che ottennero in commenda il cenobio sangiovannese. Il secondo “Abate Commendatore” pare che sia stato il vescovo teatino monsignor Alfonso d’Aragona, ma il Di Luccia non riporta la data della nomina per la mancanza di documenti che ne attestino con certezza l’anno in cui essa avvenne. Comunque, di certo il d’Aragona fu eletto dopo la morte del Bessarione o dopo il periodo in cui l’abbazia fu retta da Del Nero, perciò possiamo ipotizzare come data della nomina dell’abate o il 1473- 74 oppure gli anni immediatamente successivi al 1468.
Il terzo abate commendatario fu D. Antonio Terracina Napolitano, il quale amministrò l’ente dal 1503 mediante il suo Procuratore e Vicario D. Girolamo Sursaja. Tra i suoi incarichi, oltre quello di reggere l’amministrazione del cenobio basiliano di San Giovanni a Piro, il Sursaja fu Procuratore anche della Badia di S. Pietro a Licusati e di quella intitolata a san Nicola a Bosco, successivamente anch’essa passata alle dipendenze del Capitolo di S. Pietro.
Il quarto abate fu D. Antonio de Bacio, che governò l’abbadia mediante il suo Vicario Tomaso De Thomasijs a partire dall’anno 1520 circa.
Il cardinale Tommaso De Vio, nato a Gaeta nel 1469 e appartenente all’Ordine domenicano, fu il quinto “Abate Commendatario”. Egli ottenne l’ente in commenda verso il 1534, ma il suo governo fu brevissimo perché, come ci informa il Di Luccia, il cardinale si spense all’età di “anni 65 e giorni 29” il 9 novembre 153427. Il cardinale De Vio è stata una delle tante personalità di grande valore spirituale e culturale che venne a incrociare la sua storia con quella del cenobio sangiovannese. Egli, dopo essere stato nominato cardinale nel 1513 da papa Leone X, ottenne l’incarico di legato pontificio in Polonia, in Ungheria e in Germania. Qui, nella città di Francoforte, partecipò all’elezione dell’imperatore Carlo V nel 1519. Insegnò all’Università di Padova e scrisse circa cinquanta opere di carattere teologico, filosofico e morale. Il cardinale De Vio incontrò Martin Lutero in qualità di legato apostolico in Germania. Dopo la “presunta” affissione delle 95 tesi sul portone della chiesa del castello di Wittenberg28, Lutero venne chiamato a Roma per discolparsi davanti al papa; ma il monaco agostiniano riuscì a evitare il viaggio in Italia e a ottenere il permesso di presentarsi ad Augusta il 12 ottobre 1518 per incontrare il De Vio, il quale tentò vanamente di distogliere Lutero dal proposito di riforma.
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P. M. DI LUCCIA, L’abbadia di San Giovanni a Piro –trattato historico legale-, cit., p. 26.
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“Presunta” perché Martin Lutero non affisse nulla al portone della chiesa; l’episodio è soltanto un’invenzione propagandistica. Cfr. F. BENIGNO, L’età moderna. Dalla scoperta dell’America alla Restaurazione, Editori Laterza, Roma-Bari 2005.
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Il sesto abate fu Andrea De Vio, anch’egli di Gaeta e molto probabilmente nipote del cardinale Tommaso De Vio, il quale pare che ottenne la giurisdizione del cenobio “o per cessione, o traslatione” fattagli dallo zio. Anche Andrea De Vio ebbe come Vicario, a partire dal 1539, Tomaso De Tomasijs. Nel 1556 l’abate De Vio istituì il Sinodo di San Giovanni a Piro, col quale stabilì la gerarchia del clero, regolandone le varie funzioni, e disciplinò il lavoro nell’Università29. Il “Sinodo”, ad esempio, stabilì che si vietasse ai cittadini sangiovannesi di lavorare nei giorni festivi, in modo da attrarre un numero maggiore di fedeli alle cerimonie religiose.
Dalle notizie presenti nel trattato del Di Luccia e nelle opere di storici e scrittori che lo hanno seguito apprendiamo che il settimo e ultimo “Abate Commendatore” fu Girolamo De Vio, nipote dell’abate Andrea, il quale ottenne il controllo della badia nel 1561 con l’emanazione della bolla papale fatta da Pio IV. La bolla è un documento importante perché grazie a essa possiamo conoscere lo stato, non certo ottimale, per usare un eufemismo, in cui si trovava il cenobio basiliano nella seconda metà del XVI secolo. Essa ci informa che l’ente, “in quo unicus Monacus dicti Ordinis de praesenti reperitur”, in quel periodo era quasi del tutto abbandonato e avviato al completo declino30.
Questo è il momento in cui dobbiamo rispondere, o almeno tentare di farlo, alla domanda proposta poco fa: chi fu l’ultimo abate commendatario del cenobio di San Giovanni a Piro? Secondo alcune ricerche svolte dall’attento e appassionato studioso di storia locale Franco Cariello l’ultimo abate che resse l’ente sangiovannese non fu Girolamo De Vio, il quale, forse a causa delle sue precarie condizioni di salute, pare che abbia lasciato il governo dell’abbazia al vescovo di Gaeta – in un documento riportato dal Di Luccia, ma forse sfuggito all’attenzione dell’avvocato sangiovannese, si trova la dicitura di Episcopum Gaetanum – Pietro Lunello, morto nel 1587, quindi vissuto nel periodo in cui il cenobio faceva ancora parte della commenda basiliana. Questa intuizione dimostra come la storia del cenobio di San Giovanni a Piro non è ancora del tutto chiara in ognuno dei suoi aspetti e anzi si apre a invitanti prospettive future di studio, di ricerca e di analisi31. Per ricostruire la storia del monachesimo basiliano e dei suoi monasteri in Campania, in particolare nella parte meridionale del Principato Citra, durante l’età moderna bisogna ritornare ad analizzare le fonti documentarie, sia quelle più volte battute che quelle inspiegabilmente – come nel caso delle platee dei beni – ignorate e inedite. Questo lavoro si fonda proprio su questa metodologia, con l’intento di proiettare un po’ di luce su quel cono d’ombra in cui il fenomeno monachesimo basiliano è stato rilegato dalla storiografia.
29
F. PALAZZO, Il “cenobio” basiliano di San Giovanni a Piro, cit., p. 75.
30
P. M. DI LUCCIA, L’abbadia di San Giovanni a Piro –trattato historico legale-, cit., p. 29.
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