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97 La quartina aperta da questo verso appartiene ad una delle due sole ottave del poema a contenere due ende-

casillabi dattilici (l’altra è XV, 64): mi sembra particolarmente interessante perché i due versi dispari 5 e 7 sono entrambi appunto dattilici e sono giocati sul parallelismo che vede sotto ictus di 7a lo stesso avverbio, solo leg- germente variato, quasi con gusto madrigalistico (di medesimo segno si noti anche, nei versi pari, la presenza di due dittologie semanticamente affini e disposte rispettivamente ad inizio e a fine verso, con simmetrica struttura della frase): “Ahi crudo Amor, ch’ugualmente n’ancide / l’assenzio e ‘l mèl che tu fra noi dispensi, / e d’ogni tempo

volta in volta opportuno: tacendo ora degli effetti dilatanti degli scontri vocalici e delle sinalefi, il ritmo del verso 8 (dunque una posizione chiave) stride fortemente con il passo rigidamente giambico del verso precedente, provocando un effetto di languida rottura al culmine del pate- tico monologo di Armida. Degno di nota è poi il fatto che questo passo costituisce una sorta di pausa lirico-patetica all’interno della descrizione dell’ultima cruenta battaglia davanti alle mura di Gerusalemme, e davvero sembra che le istanze ritmiche vadano di pari passo con le oscillazioni tematiche e diegetiche. Per quel che concerne i discorsi diretti, invece, è tradizio- nale l’effetto di mimesi del parlato di questi versi, sì che davvero l’utilizzo tassiano non pare in alcun modo innovativo: in questo caso a risaltare è di nuovo la scarsità delle occorrenze, ma la cosa di certo non stupisce.

2.2.2. Endecasillabi di 3a-6a (gruppo “e”: 1a-3a-6a, 1a-3a-6a-8a, 3a-6a, 3a-6a-8a)

I moduli più rilevanti, per ciò che concerne il pattern di 3a-6a, sono senza dubbio quelli a quattro e cinque ictus, con l’accento sull’ottava sede come caratteristica determinante: que- sti, infatti, sono statisticamente i più ricorrenti. Accennavo in precedenza alla grande fre- quenza nella versificazione del poema della chiusa in 6a-8a-10a: l’attacco anapestico (o tro- caico) dei moduli ora in esame costituisce una notevole possibilità di variazione ritmica, an- che in virtù del fatto che tendenzialmente (cfr. tabelle 5 e 6) questi versi compaiono con maggior frequenza nelle posizioni dispari dell’ottava, ovvero dopo la marcata chiusura del di- stico precedente – chiusura che, val la pena ricordarlo, è caratterizzata in modo pressoché sistematico proprio dalla presenza dell’accento di 8a e dal solenne rallentamento di segno giambico che sovente accompagna la ricomposizione della campata sintattica98 – producen- do dunque un calibrato effetto di stacco ritmico, spesso in coincidenza di enjambement. Pro- pongo un primo esempio, che mi pare permetta di apprezzare la perizia tassiana nel piegare gli effetti ritmico-sintattici ad una precisa volontà espressiva:

XII, 5, 5-8

Fuor del vallo nemico accesi mira 1-3-6-8

i lumi; io là n’andrò con ferro e face 2-4-6-8 e la torre arderò: vogl’io che questo 3-6-8 effetto segua, il Ciel poi pensi al resto. 2-4-6-8

98 Rimando nuovamente a Soldani 1999, in part. pp. 61-63; cfr. comunque alcune considerazioni che propongo in

La quartina con la quale Clorinda annuncia ad Argante la fatale uscita da Gerusalemme mo- stra molto bene come la medesima replicata chiusa ritmica in 6a-8a assuma diverse fisiono- mie a seconda dell’attacco e a seconda della struttura sintattica del passo in cui compare. Le inarcature che legano internamente i due distici, sfasando la corrispondenza delle misure di verso e frase, attenuano la ricorsività del ritmo giambico nei due versi pari (merita di essere notato, in quest’ottica, l’effetto di dilatazione portato dalla sinalefe in coincidenza con la pun- teggiatura) e permettono di creare nuove pause forti interne ai distici, in un sottile gioco con- trappuntistico: i due versi finali sono particolarmente eloquenti, con l’enjambement che pro- duce la netta alternanza tra una cesura a maiore ed una a minore e che pone in forte rilievo, sintattico ritmico e semantico, l’attacco anapestico del v.7 (e la torre arderò), in contrasto con il marcato incedere giambico del passo.

Passando all’analisi delle principali declinazioni morfologiche dell’endecasillabo di 3a-6a, i moduli a quattro e cinque accenti con ictus di 8a ospitano sovente “strutture correlative molto complesse a cinque elementi, con una cesura, ovviamente, a maiore”99, in linea con la lezio- ne petrarchesca:

II 12, 1

Pur che 'l reo non si salvi, il giusto pèra 1-3-6-8 III 4, 4

provi l'onde fallaci e 'l vento infido, 1-3-6-8 IV 59, 4

guerra annunzia non pur, ma strazi e morti. 1-3-6-8 VII 98, 4

rotte vele ed antenne, eccelsa nave, 1-3-6-8 X 78, 5

Sorge intanto la notte, e 'l velo nero 1-3-6-8 XII 39, 7

mia sarà mal tuo grado, e tuo fia il duolo.– 1-3-6-8 XIV 1, 3

aure lievi portando e largo nembo 1-3-6-8

Indipendentemente dalla possibilità di individuare una cesura forte e rilevata, ad ogni mo- do, è indubbio che il fitto susseguirsi di accenti produca effetti di grande rallentamento100, sia in occasione di costrutti correlativi o di semplici coordinazioni, sia in presenza di compagini

99 Praloran 2003, p. 150.

100 Ancora con Praloran 2003, p. 151, sulla scorta della prima redazione di Dal Bianco 2007: “il modulo ritmico

sembra possedere una connotazione molto rallentata forse anche per una variazione della successione degli ac- centi: andamento trocaico fino alla sesta e giambico dalla sesta in poi”.

retoriche e sintattiche particolarmente mosse o marcate. Una figura ricorrente nella Liberata – e tipica dell’endecasillabo italiano101 – è quella che prevede due pause forti interne al ver- so, generalmente in coincidenza con gli accenti di 3a e di 6a: una prima variante trae origine da una particolare struttura retorico-sintattica, solitamente un’anastrofe ma sovente anche una combinazione di diverse inversioni (in questo caso non è sempre facile identificare le sedi delle pause, e i versi sono davvero piuttosto lenti):

I 73, 5

L'aria par di faville intorno avampi, 1-3-6-8 III 70, 8

Solverem trionfando al tempio i voti.– 3-6-8 VI 48, 2

e le forze il furor ministra e cresce. 3-6-8 XI 60, 4

contra lor da' nemici è colpo uscito 1-3-6-8 XX, 116, 3

Tisaferno di sangue il campo allaga, 3-6-8

Ancora, l’inserzione di incisi o di frasi brevi nella parte centrale del verso produce un effet- to simile a quanto visto sopra, poiché anche in questo caso nell’endecasillabo sono avvertibi- li due pause forti; si noti come in alcuni dei casi seguenti la prima pausa forte cada prima dell’ictus di 3a:

IV 26, 1

Prendi, s'esser potrà, Goffredo a l'esca 1-3-6-8 V 26, 2

pur, com'è suo destin, Rinaldo accusa, 1-3-6-8 VIII 76, 1

Egli, ch'ode l'accusa, i lumi al cielo 1-3-6-8 XI 75, 4

prendi l'arme; che tardi? e riedi in guerra. – 1-3-6-8 XVIII 65, 8

– State – dice – a cavallo in sella armati 1-3-6-8

101 Cfr. almeno le osservazioni di Praloran 1988, p. 47 e segg.; a quest’altezza faccio riferimento a moduli piutto-

sto complessi e ‘lenti’, con accento di 8a: più avanti proporrò esempi delle versioni più semplici di questa struttura, anch’essi perfettamente tradizionali ma forse meno caratteristici dello stile tassiano.

Un ruolo decisivo per la complessiva configurazione stilistica del poema giocano i versi coinvolti in enjambements, sia in posizione di innesco che di riporto, come in parte si è già potuto intuire dagli esempi finora proposti; a tal proposito, osservo qui (ma la notazione si può considerare valida in generale) come i versi implicati in inarcature con funzione di lancio, quindi per lo più nelle sedi dispari dell’ottava, tendano ad avere quasi sempre l’accento di 8a, con parole di estensione sillabica limitata (bisillabi o trisillabi in sinalefe). Il rilievo mi pare in- teressante poiché segnala la tendenza a saturare il verso nel momento della rottura provoca- ta dall’enjambement, marcando dunque l’asincronia metrico-sintattica. Intanto, segnalo come davvero molto frequenti siano nella Liberata gli endecasillabi di 3a-6a-8a implicati in inarcature di vario genere; molto interessanti e affatto peculiari dello stile tassiano sono i versi con l’ictus di 1a che cade sul termine in rejet, perché molto spesso danno forma ad un verso con cesura anticipata, o per lo meno con una pausa forte in attacco al verso, cosa piuttosto fre- quente nel sistema stilistico del poema102:

VII 71, 3-4

Ei di fresco vigor la fronte e ’l volto 1-3-6-8 riempie; [...]

IX 4, 7-8

fur sue terre espugnate, ed ei sconfitto 1-3-6-8 ben fu due fiate [...]

XIV 22, 7-8

Deh! consenti ch’ei rieda e che, in ammenda 1-3-6-8 del fallo, in pro comune il sangue spenda. 2-4-6-8 I 22, 7-8

ché proposto ci avremmo angusto e scarso 1-3-6-8 premio, e in danno de l'alme il sangue sparso. 1-3-6-8 II 55, 6

fèrsi, e più che 'l timor potè lo sdegno. 1-3-6-8 X 28, 2

sparve; e presono a piedi insieme il calle 1-3-6-8 XIII 11, 2

102 Cfr. Soldani 1999: “la sintassi, che con le sue macrostrutture (le frasi e i periodi) e con le figure retoriche scan-

disce regolarmente lo spazio testuale in distici, ha poi la massima libertà di disporsi a suo piacimento entro tali misure, senza alcun rispetto per la pausa tra un verso e l’altro; anzi, spesso tale discrasia è ulteriormente accen- tuata dal fatto che numerosi schemi simmetrici analoghi a [...] paralellismi, chiasmi, anafore ecc. [...] vengono ac- cavallati tra i due segmenti metrici del distico, producendo interessanti sfasature tra differenti regolarità: la misura del verso e la figura retorica”, pp. 332-33.

spirti, parte che 'n aria alberga ed erra, 1-3-6-8 XV 22, 4

fosse, ch'alta ruina in due distinse. 1-3-6-8 XVIII

tuona: e fulmina quello, e trema questa 1-3-6-8

A margine, devo notare come la tendenza nel poema a utilizzare versi con profilo di 3a-6a- 8a in posizione di innesco mi sembri confermata dagli interventi correttori del Tasso lirico, re- centemente studiati a fondo da Davide Colussi. La fase di “revisione delle rime contenute nel Chigiano” costituisce il momento in cui “Tasso guarda per la prima volta alla produzione lirica dall’approdo raggiunto del poema e la ridefinisce in opposizione a quello”103, ovvero il mo- mento in cui il poeta ritorna sulle liriche giovanili e ne adegua la veste stilistica sulla base del- le disposizioni teoriche appunto in relazione allo sforzo epico della Liberata: “il vastissimo fronte correttorio di versi inarcati aperto [nella revisione delle liriche del codice Chigiano] – certo la più ampia e impegnativa costante dell’intero processo di revisione – non appare altro che la coerente applicazione dei precetti impartiti già nel terzo libro dei Discorsi dell’arte poe- tica [e] l’intervento operato su molti degli enjambements delle rime, espulsivo o mitigante che sia, andrà dunque interpretato come un processo in atto di ‘remissione del sublime’”104. Tas- so, insomma, pare percepire le inarcature come più appropriate al genere epico e allo stile sublime, e interviene sistematicamente correggendo l’eccesso di spezzature contenute nella prima redazione delle rime del Chigiano; è significativo come molti degli enjambements espunti o modificati vedano, in posizione di innesco, endecasillabi di 3a-6a che non sempre, nella versione ultima, manterranno la fisionomia ritmica originale e spesso verranno corretti in endecasillabi tendenzialmente giambici.

Naturalmente, data la rigida distinzione tra stili retorici e stili di genere105 operata dal Tas- so, è bene cercare, almeno in via preliminare, di non mescolare osservazioni stilistiche lega- te a opere appartenenti a generi diversamente codificati sul piano normativo; in questo sen- so, la frequente espunzione nelle Rime di endecasillabi di 3a-6a in favore di versi con accenti esclusivamente su sedi pari106 rilevata ancora da Colussi e interpretata come “la punta

103 Colussi 2009, p. 303.

104 Ivi, pp. 303-04. Sarebbe interessante, attraverso uno studio sistematico, verificare l’atteggiamento tassiano nel

percorso di revisione del poema che porterà alla Conquistata; non mi risulta che sondaggi in tal senso siano mai stati effetuati.

105 Cfr. Grosser 1992, in part. pp. 189 e segg.

estrema, e se si vuole più originale, dell’iper-petrarchismo metrico tassiano”107, in assenza di dati percentuali, non costituirà spunto di rilievo per la mia analisi, incentrata esclusivamente sul lato epico della produzione tassiana. Si può però aggiungere una considerazione tassia- na tratta dalle Lettere poetiche che appare particolarmente coerente con quanto visto finora: nella preziosissima lettera XXIX allo Scalabrino, Tasso sta meditando sulla convenienza del- le parole lunghe nel poema e sull’opportunità di troncare o meno i termini sdruccioli quando siano seguiti da parole inizianti per consonante, e verso la conclusione accenna ad un suo intervento correttorio:

Oltra i nomi sdruccioli c’hanno la penultima breve, massimamente quelli c’han la l per ultima consonante; oltra questi, dico, sono alcuni verbi che non è sempre necessario accorciarli. Già io aveva fatto un verso, ch’è

nel terzo canto, così: “Non osan pur d’assicurar la vista”. Poi, schivando di posarmi su la quarta, in che son troppo frequente, volsi più tosto dir così: “Non ardiscono pur d’alzar la vista”. Né quello “ardiscono” ivi

m’offende; e ve n’è alcuno esempio ne’ Trionfi, ma non l’ho pronto.108

Già Carla Molinari, curatrice delle Lettere poetiche, avverte che entrambe le lezioni proposte in questo passo non entrano nella vulgata109, e la nota vicenda compositiva ed editoriale cer- to deve imporre non poche cautele. Quel che ora mi interessa, però, è notare come da un lato Tasso dichiari evidentemente di agire, in fase di revisione, in modo tale da evitare even- tuali cadenze troppo ripetitive; dall’altro, come un verso (peraltro in posizione di innesco...), caratterizzato dal profilo effettivamente molto ricorrente di 2a-4a-8a, venga corretto proprio in un endecasillabo di 3a-6a-8a.

La sorte degli endecasillabi con questa accentazione nella Liberata, ad ogni modo, per- mette di porre sotto la giusta luce la posizione del poema nella storia della versificazione ita- liana e nei rapporti tra tradizione lirica petrarchesca e tradizione narrativa. Studiando l’endecasillabo dell’Innamorato, Praloran notava come i moduli a maggiore densità accentua- le (in questo caso, quelli con ictus di 8a) siano presenti maggiormente nella tradizione lirica (Petrarca, Poliziano, il Boiardo lirico), mentre i moduli più rapidi, a tre o quattro accenti110, sono più tipici della tradizione narrativa in ottave: “la netta polarità che si stabilisce nello sfruttamento di tali moduli, simili come andamento ritmico (entrambi a maiore), ma a differen-

107 Colussi 2009, p. 327 e segg.; devo ammettere di non comprendere bene il senso di “iperpetrarchismo”, se è

vero che proprio l’endecasillabo con appoggio di 3a è un carattere altamente petrarchesco faticosamente assimi- lato dalla tradizione successiva.

108 LP, pp. 264-65; il corsivo è mio.

109 L’edizione Caretti, infatti, ha “Osano a pena d’inalzar la vista / vèr la città...”, III 5, 5, con schema di 1a-4a-8a. 110 Ma senza l’ictus di 8a.

te concentrazione accentuativa, chiarisce in modo esemplare l’attestarsi di due tendenze op- poste: da una parte il gusto [tipicamente lirico] per una fitta successione di tempi forti, dall’altra la tendenza ad una riduzione delle posizioni marcate in coincidenza con l’impiego di enunciati molto semplici, costituiti, soprattutto nella zona finale, da elementi lessicali di media o grande estensione sillabica”111. Le percentuali dei diversi profili ritmici degli endecasillabi di questo gruppo nelle opere di confronto proposte nella tabella 1 sono eloquenti, e mostrano con la fredda immediatezza dei numeri l’effettiva polarizzazione: in Petrarca e in Bembo, sul versante lirico, i tipi a maggior densità accentuale e con ictus di 8a sono più o meno il doppio di quelli con spazio atono tra 6a e 10a, mentre in Boiardo e in Ariosto, sul versante narrativo, le due tipologie più o meno si equivalgono. Dalle statistiche della Gerusalemme Liberata, in- vece, si possono notare due macrofenomeni: in primo luogo, la percentuale complessiva de- gli endecasillabi di 3a-6a è maggiore rispetto a tutte le altre opere; in secondo luogo, i tipi con accento in ottava sede sono circa il triplo di quelli, più veloci, che ne sono privi112. Se è vero, come ha scritto Remo Fasani, che il verso tassiano costituisce l’inizio di una “nuova epoca nella storia dell’endecasillabo”113, di certo questa proliferazione costituisce uno dei cardini della svolta tassiana ed un elemento di assoluta novità, almeno per ciò che concerne la poe- sia non strettamente lirica, e si può forse dire che il petrarchismo cinquecentesco trovi una estrema rappresentazione in questo dato. In un certo senso, Tasso è più petrarchista di Pe- trarca stesso, ovvero sapientemente individua in alcuni stilemi petrarcheschi i caratteri di maggiore gravità e nobiltà e li accentua, sfruttandone le potenzialità espressive e soprattutto ricontestualizzandoli all’interno di una tradizione narrativa esplicitamente identificata come bassa114: la sorte degli endecasillabi ‘anapestici’ di 3a-6a costituisce uno dei cardini, a mio pa- rere, di quella compromissione dello stile del nuovo poema epico italiano, di modello virgilia- no, agognato dal Tasso con i modi della tradizione più alta della lirica italiana, compromis-

111 Praloran 1988, p. 47

112 Il dato può illuminare il diverso ‘petrarchismo ritmico’ di Tasso e Ariosto: cfr. ad es. quanto scrive Dal Bianco

2003: “ci sono 5 punti percentuali di distacco a favore di Petrarca per quanto riguarda lo schema E [3a-6a]. Il pe- trarchismo ariostesco appare ancor meno pedissequo se si considera che il tipo prediletto all’interno dello sche- ma E nel Furioso è quello ‘puro’ a tre ictus (EA: 3a-6a-10a), più adatto al contesto narrativo, mentre Petrarca predi- lige il più liricamente trattenuto EB (3a-6a-8a-10a)”, p. 253 n. 8.

113 Fasani 1992, p. 98; cfr. comunque le statistiche offerte da Soldani 1999b, Facini 2013 e Pelosi 2009 relative

all’endecasillabo sciolto cinquecentesco e a quello sette-ottocentesco (Monti, Parini, Foscolo, Leopardi), in cui il

pattern di 3a-6a acquista sempre maggiore consistenza, diventando sovente il gruppo maggioritario.

114 Numerose sono le indicazioni tassiane in questo senso; si ricordi ad esempio di come lo stesso Ariosto, in-

dubbiamente e pienamente petrarchista, sia considerato con intento polemico da Tasso come esempio di stile ‘mediocre’: “benché sia più convenevolezza tra il lirico e l’epico, nondimeno troppo [l’Ariosto] inclinò a la mediocri- tà lirica in quelli: La verginella è simile alla rosa...”, DAP, p. 399. Cfr. comunque Colussi 2009, p. 304; e per il rap- porto tra Tasso e la tradizione dei romanzi, cfr. almeno il recente Russo 2010.

sione più volte rilevata dalla critica, almeno a partire da Raimondi115. La complessità dell’elaborazione retorica del poema tassiano, tutta tesa ad una severa solennità del dettato, trova naturale e necessario appoggio sui versi a maggiore densità accentuale: la novità por- tata dal poeta risiede appunto nella varietà di configurazione dei versi più “lenti”116, amplian- do in particolar modo lo spettro delle possibilità accentuative nella prima parte del verso (permettendosi di concentrare qui e nella parte centrale117 i termini a maggiore estensione sillabica, in modo tale da tutelare la gravità della chiusa con accento di 8a) e dimostrando una grandissima perizia nell’alternare velocità e lentezza anche all’interno del singolo verso, assecondando in tal modo i movimenti spesso tortuosi e articolati della sintassi.

Come accennato nel paragrafo precedente, la riduzione degli endecasillabi dattilici, con- forme al gusto cinquecentesco e petrarchista, non implica di per sé una riduzione delle pos- sibilità accentuative dell’endecasillabo tassiano; per questa ragione soprattutto gli endecasil- labi di 3a-6a privi di accento di 8a, dunque più rapidi, possono essere valutati come adem- pienti ad una sorta di effetto di compensazione ritmica nell’economia ritmica del poema, so- prattutto quando esplicitamente ‘narrativi’. La maggior varietà ritmica interna delle forme più semplici di questo pattern accentuativo rispetto all’endecasillabo di 4a-7a (giocato sulla ripeti- zione di almeno due piedi dattilici nella posizione chiave di fine verso) doveva senza dubbio apparire a Tasso opzione egualmente armonica ma “più numerosa”118 ed essere considerata uno strumento di variatio ritmico-prosodica rispetto alla prevalente accentazione sulle sedi pari. Alcuni esempi:

I 33, 8

per le lingue de gli uomini si spande. 3-6 II 50, 2

che i cristiani togliessero l’imago; 3-6

115 Raimondi 1980, poi cfr. Grosser 1992 e 2004, Scarpati 1995, Soldani 1999. A mio modo di vedere, nella me-

tricologia italiana applicata alla poesia quattro-cinquecentesca troppa poca attenzione è stata riservata all’endecasillabo di 3a-6a, generalmente considerato come semplice variante di quello, più ‘normale’ perché tutto giocato su sedi pari, di 2a-6a; credo che in tale prospettiva si debba dar qualche merito a Dal Bianco e alla prima redazione del suo studio sul Furioso (Dal Bianco 2007, la prima versione è del 1997) per aver proposto di separa- re i due archetipi ritmici, proposta poi accolta in tutti gli studi successivi, a partire dal fondamentale Praloran 2003.

116 Mi pare opportuno ricordare le parole con cui Praloran 2003 provava a giustificare la scelta petrarchesca di

usare questi endecasillabi con accenti di 3a-6a: “da una parte possiamo pensare che Petrarca sentisse come troppo ampio lo spazio dalla seconda alla sesta sillaba; dall’altra parte la partenza di terza già gli consentiva una variazione importante: prime e terza, costituendo così uno schema fitto e bilanciato che diventata una vera alter- nativa alla realizzazione giambica su cinque ictus”, p. 150.

117 Per cui cfr. il paragrafo successivo dedicato agli endecasillabi di 4a-8a.

118 Apologia, p. 484; la formula “son desideroso di versi più numerosi” è riferita a tre versi ariosteschi (XXXVIII 12,

IV 76, 5

O miracol d’Amor, che le faville 3-6