le luci io rivolgea di pianto asperse, 2-6-8 V 85, 6
s'era del lor partir Goffredo accorto, 1-4-6-8 VII 87, 5
Le labra il crudo per furor si morse,217 2-4-8 XIX 7, 3-4
né la sete ammorzar crede de l'ire 3-6-7 se n'esce stilla fuor per l'altrui mano; 2-4-6-9
“Dal punto di vista prosodico, per ovvie ragioni di distribuzione ritmica del materiale lessicale, si avranno di solito clausole di 6a-10a quando gli elementi coinvolti dall’iperbato sono tre, di 8a-10a quando sono quattro”218. Non dissimili sono quegli endecasillabi, fitti di accenti, che sono ‘semplicemente’ molto mossi, senza avere una struttura evidentemente a cornice; que- sti versi, caratterizzati da una relativa autonomia dei costituenti fonologici, sono sovente len- tissimi e ambigui, e in un certo senso il rallentamento provocato dalla complicazione delle gerarchie sintattiche fa sì che questi versi risultino a volte talmente segmentati da rendere molto difficile optare per una posizione certa di cesura, per lo meno su basi – appunto – sin- tattiche219.
V 14, 4
di scettri altezza invidiar degg'io; 2-4-8
217 È interessante notare come le inversioni ‘latineggianti’ con verbo in punta di verso, fossero considerate come
connotate stilisticamente. Lodovico Dolce, ad esempio, fautore di una poetica opposta a quella tassiana, del tutto orientata verso la piacevolezza e l’armonia e contraria al latinismo, ne condannava apertamente un uso troppo diffuso nel suo Modi affigurati e voci scelte et eleganti della volgar lingua, con un discorso sopra a mutamenti e
diversi ornamenti dell’Ariosto: “Non minore difficultà ci rimane in dire del verbo, essendo che alcuni di non piccola
autorità, seguitando il costume latino, l’hanno posto per lo più nel fine della clausula […] Non di meno se conside- riamo il diverso corso che naturalmente ha la volgar lingua dalla latina, essendo giudici le nostre orecchie, appa- risce assai chiaro che questo apporta più tosto durezza che ornamento […] Bisogna adunque in questo havere una somma avertenza: e ponendo i verbi, quando le orecchie lo ricercano, nel fine d’alcuna clausula, non esser troppo frequenti”, Venezia, appresso Gio. Battista e Marchio Sessa, cc. 3v-4r, ma cito da Afribo 2001, pp. 152-53. Il Tasso, per contro, già all’altezza dei primi Discorsi, scriveva che “il trasportare alcuna volta i verbi contro l'uso comune, benchè di rado, porta nobiltà all'orazione”, DAP, p. 399.
218 Soldani 1999, p. 261 n. 27.
219 Certamente in ciascuno dei versi proposti si può riscontrare una qualche pausa sintagmatica nella zona cen-
trale dell’endecasillabo, all’altezza delle sedi più usuali (4a e 6a); è però costantemente minata la possibilità di stabilire delle gerarchie tra le diverse pause indotte dal movimento tortuoso e irregolare della sintassi, per cui l’effetto di diffuso rallentamento finisce per appiattire il rilievo (comunque, ribadisco, non strutturale) della pausa centrale. È questo, credo, un ulteriore argomento a sostegno della non pertinenza del concetto di cesura “in sen-
V 64, 5-6
Rivolger le sue forze ove contrasto 2-6-7 men duro trovi al fin si riconsiglia, 2-4-6 IX 84, 5
Senso aver parve e fu de l'uom più umano 1-4-6-8 il ferro, …
XIII 1, 5-6
onde a i Franchi impedir ciò che dispensa 1-3-6-7 lor di materia il bosco egli procura, 1-4-6-7 XVII 33, 5-6
e mescolato il novo sdegno in guisa 4-6-8 co 'l natio dolce in quel bel volto s'era, 3-4-(6)-8 che vigor…
XVII 84, 3
con lei del suo signor vendetta faccia: 2-6-8
Talora – molto spesso, in verità – accade che l’ambiguità di versi così frammentati dipen- da anche dall’essere implicati in enjambements: in questi casi gli effetti di “tardità”, rallenta- mento e complicazione risultano ulteriormente amplificati, come facilmente prevedibile. La peculiarità di queste figure deriva appunto dal fatto che l’ordo artificialis è talmente esaspera- ta da appiattire e confondere i rapporti gerarchici tra i diversi costituenti, sì che l’impressione di lentezza è quasi costretta da tale ambiguità e dalla necessità di ricomposizione di una di- spositio lineare: qualora intervenga la pausa forte di fine verso, dilatando ulteriormente lo spazio su cui sono distribuiti gli elementi logici che costituiscono l’enunciato, quella ricompo- sizione si fa ancora più complessa e richiede maggiore attenzione220.
In conclusione, prima di approfondire con maggior cura gli effetti ritmici imposti dalle fre- quenti inarcature, mi pare significativo riportare alcune acute considerazioni di Praloran a proposito del verso petrarchesco; considerazioni che paiono del tutto applicabili anche al verso della Liberata:
sono tre i principali modi petrarcheschi per frenare la velocità del ver- so:
a) agendo sull’ordine delle parole e creando plurimi costituenti fonolo- gici dotati ognuno di forte autonomia,
220 Attenzione che, naturalmente, da Tasso è pretesa: cfr. le considerazioni di Afribo 2001: “si pensi [...] al deside-
rio tassiano di avere un lettore di stampo tucidideo [...] prosecuzione ideale di un medesimo arco che possiamo far cominciare dal Petrarca di una familare a Fracesco dei Santi Apostoli, quando pretende per la sua poesia un lettore che si concentri e si affatichi sul testo”, p. 176.
b) accrescendo mediamente il numero degli ictus per verso fino a su- perare frequentemente il numero di cinque che rappresentava, con qualche rarissima eccezione, il limite massimo della lirica precedente, c) aumentando, grazie alla sinalefe, il numero delle posizioni sillabiche e dunque delle parole contenute dal verso.221
Sostituendo al punto b) la “lirica precedente” con la “tradizione narrativa precedente”, questi tre punti risultano perfettamente sovrapponibili all’interpretazione del verso tassiano che sto cercando di proporre. Ancora una volta, dunque, bisogna tornare ad un punto chiave, a quel- lo che forse è il problema maggiore che il Tasso teorico dello stile deve affrontare, ovvero la necessità del compromesso con la più alta tradizione lirica, che sola gli può fornire gli stru- menti formali per realizzare l’ambizioso progetto della magnificenza stilistica; e certo appare inevitabile che sia la linea Petrarca-Bembo-Della Casa a offrirsi come utile modello, anche melodico, di costruzione del verso.
2.3.4. Enjambement e ricadute sul ritmo
Ho finora accennato in più luoghi al ruolo decisivo che l’enjambement svolge nell’economia stilistica della Liberata, anche solo muovendo da una specola prosodica: la grande varietà ritmica con cui Tasso adopera la sua tastiera melodica è anche frutto del si- stematico utilizzo delle inarcature, che intervengono a complicare pressoché ogni figura reto- rico-sintattica presente nel poema222, incrementando le pause intonazionali soprattutto nelle immediate vicinanze della fine del verso e amplificando gli effetti dinamici e contrappuntistici costitutivi di questo stile. Mi sono soffermato a lungo su questo aspetto anche nei paragrafi precedenti, adducendo talora esempi di coppie di versi e non di soli versi singoli, proprio per rendere già manifesta la potenza del fenomeno e l’incidenza determinante sul ritmo e sul passo dell’endecasillabo.
A dimostrazione dell’assoluta centralità dell’enjambement nel sistema stilistico tassiano valga il fatto che uno dei più importanti saggi novecenteschi dedicati specificamente al feno- meno è appunto imperniato su tale stilema nella Liberata; e nello stesso intervento Fubini addirittura attribuisce – significativamente, a mio parere – a Tasso il conio del termine italia- no “inarcatura”, per quanto la tesi non sia supportata da evidenze testuali e anzi abbia costi-
221 Praloran 2003, pp. 181-82
222 Cfr. ad es. il denso e più volte da me citato studio di Soldani, in cui costantemente le varie figure sono analiz-
tuito un piccolo ‘caso’ nella metricologia italiana del dopoguerra223. Ad ogni modo, tra tutti gli strumenti stilistici tassiani senza dubbio l’enjambement ha sempre goduto di una discreta for- tuna e di una certa potenza suggestiva presso la critica, che ne ha spesso sottolineato la funzione di “mezzo espressivo di rilievo”224; tale fortuna è certo giustificata anche dal fatto che l’inarcatura è facilmente – e non senza ragione – eleggibile a paradigma dell’intero stile tassiano: “uno dei maggiori strumenti di orchestrazione degli effetti è la fusione dell’endecasillabo nella strofe […] L’enjambement si fa massima manifestazione del fluire melodico ma anche metodo per la creazione di quinte successive di sonorità […] è simbolica di tutto l’atteggiamento poetico del Tasso, che esige la legge nell’atto medesimo in cui la ne- ga”225.
Anche in virtù di tale fortuna critica, prima di entrare nel dettaglio della mia analisi su al- cuni rilevanti effetti ritmici dell’inarcatura, mi pare opportuno cercare di delimitare un poco i confini del fenomeno e di provare a chiarire cosa effettivamente io intenda per enjambe- ment226. Come già avverte Menichetti, è pressoché impossibile affrontare l’inarcatura senza adottare criteri di distinzione che si basino sulla funzione grammaticale dei termini coinvolti a cavallo della pausa di fine verso227; e così, in effetti, fanno i due studi recenti che più da vici- no si occupano della questione, ovvero l’analisi del primo canto del poema offerta da Michele Bordin e l’ampio repertorio accuratamente stilato da Maurizio Vitale. Il primo saggio dichiara di muovere dalle classificazioni, di volta in volta leggermente variate, proposte da Pietro Bel- trami in differenti interventi228; in verità, poi, operativamente si limita a proporre queste tre ca- tegorie:
223 Cfr. Fubini 1957, Cremante 1967 p. 377, De Girolamo 1983, p. 53 n. 15, Menichetti 1993, pp. 481-83. 224 Chiappelli 1957, p. 114
225 Fortini 1999, p. 62.
226 Potrà sembrare una questione oziosa e di ovvia risoluzione, ma, a ben vedere, così non è; basti pensare al
fatto che il vuoto teorico relativo all’inarcatura denunciato, ad esempio, sia da Cremante 1967 che da De Girola- mo 1983 è di fatto rimasto incolmato; come di consueto in tale ambito, preziosa e accurata è la trattazione di Menichetti 1993, pp. 477-505, che comunque segnala come “purtroppo difetti una qualsiasi indagine complessiva su questo così frequente e significativo procedimento di tutta la nostra tradizione: un’indagine che […] vorremmo ricca di distinzioni e osservazioni formali e tale da non dar l’impressione di proiettare sull’inarcatura l’intuizione – o peggio – l’immagine preconfezionata della personalità stilistica dell’autore esaminato per poi trovarne conferma nel suo modo di maneggiare la figura: le due démarches dovrebbero integrarsi, sostenendosi e correggendosi mutuamente”, p. 504.
227 Menichetti 1993, p. 487.
228 Bordin 1993, p. 137; Beltrami propone una classificazione di tipo sintattico-grammaticale che prevede dieci
diverse tipologie operative, poi ridotte a otto nel suo manuale La metrica italiana; mi limito a riportare quest’ultima versione: “1. aggettivo / sostantivo [e viceversa]; 2. avverbio / termine cui si riferisce [e viceversa]; 3. locuzione avverbiale / termine cui si riferisce [e viceversa]; 4. predicativo / termine cui si riferisce [e viceversa]; 5. predicato nominale / copula [e viceversa]; 6. divisione di forme verbali perifrastiche; 7. preposizione, pronome relativo, con-
1. enjambement “tra nome e aggettivo (e viceversa)”
2. enjambement “con predicato ad inizio del verso successivo”
3. enjambement “con costrutto preposizionale di ad inizio del verso suc- cessivo”
Scorrendo gli esempi proposti nell’articolo, le tre tipologie risultano internamente disomoge- nee: la classificazione proposta, in ogni caso, sconta il fatto di essere testimonianza embrio- nale di un’analisi purtroppo arrestatasi ad una fase assai precoce.
Il regesto delle inarcature offerto da Vitale, ad ora il più ampio dedicato al fenomeno nella Liberata, è prova coerente e affidabile: propongo una piccola tabella riassuntiva delle varie tipologie, segnalando l’indicazione proposta dal critico in merito all’intensità e adducendo so- lo due esempi per categoria, tra i moltissimi proposti229:
1 aggettivo / sostantivo forte I 22, 1-2
già non lasciammo i dolci pegni e 'l nido nativo noi (se 'l creder mio non erra), VI 30, 5-6
Si scote allor Tancredi, e dal suo tardo pensier, quasi da un sonno, al fin si desta, 2 sostantivo / aggettivo meno forte di 1. I 73, 3-4
l'arme percote e ne trae fiamme e lampi tremuli e chiari, onde le viste offende. IX 74 7-8
già se 'n venia per emendar gli errori novi con novi merti e novi onori. 3 preposizione / elemento
retto
molto forte II 50, 3-4
ma discordo io da voi, né però senza alta ragion del mio parer m' appago. XVI 31, 7-8
Si chiuderebbe e sotto il mare e dentro il foco per celarsi, e giù nel centro. 4 aggettivo determinativo o
interrogativo / sostantivo
molto forte VI 15, 1-2
ch'un cavalier, che d'appiattarsi in questo forte cinto di muri a sdegno prende, XVIII 98, 7-8
Tagliate, amici, a le mie spalle or questo ponte, ché qui non facil preda i' resto.--
giunzione, articolo a cavallo del limite di verso; 8. Costrutto preposizionale a cavallo del limite di verso”, Beltrami 1991, pp. 56-57, ma cito da Bordin 1993, p. 137 n. 9. Comunque cfr. Beltrami 1981, p. 89.
5 a aggettivo possessivo / sostantivo
molto forte I 52, 5-6
Taccia Argo i Mini, e taccia Artù que' suoi erranti, che di sogni empion le carte; XVI 69, 7-8
né più il palagio appar, né pur le sue vestigia, né dir puossi: --Egli qui fue.-- b sostantivo / aggettivo
possessivo
molto meno forte di 5.a
I 9 5-6
e fondar Boemondo al novo regno suo d'Antiochia alti princìpi mira, XII 10, 7-8
e: -- Lodato sia tu, -- disse -- che a i servi tuoi volgi gli occhi e 'l regno anco mi servi. 6 aggettivo numerale / so-
stantivo
molto forte V 44, 7-8
Marte, e' rassembra te qualor dal quinto cielo di ferro scendi e d'orror cinto. XV 55, 7-8
e da una larga vena, e con ben mille zampilletti spruzzar l'erbe di stille. 7 a participio passato / ausi-
liare
forte VII 26, 3-4
ma de la donna sua, quand'ella vegna offesa pur, far la vendetta giura. XVII 46, 7-8
Ma qual sia la mia ingiuria, a lungo detta saravvi; or tanto basti: io vuo' vendetta. b ausiliare / participio pas-
sato
meno forte di 7.a I 11, 2
Ma poi ch'ebbe di questi e d'altri cori scòrti gl'intimi sensi il Re del mondo, XVI 46, 7-8
quelle ch'a mille antichi in premio sono negate, offrire a novo amante in dono! 8 a verbo servile / infinito ret-
to
forte VI 86, 7-8
perché per breve spazio non potrolle sostener, benché sia debile e molle? XV 27, 5-6
son esse atte al produr, né steril pote esser quella virtù che 'l sol n'infonde.-- b infinito retto / verbo servi-
le
meno forte di 8.a II 65, 1-2
E la sua mente è tal, che s'appagarti vorrai di quanto hai fatto in guerra tuo, V 63, 1-2
Né impedimento alcun torcer da l'orme pote, che Dio ne segna, i pensier santi. 9 a predicato / soggetto forte V 40, 1-2
Tancredi, e più fra lor non si ritenne, XIX 36, 1-2
In disparte giacea (qual che si fosse l'uso a cui si serbava) eccelsa trave, b soggetto / predicato meno forte di 9.a II 8, 3-4
non rivide l'imagine dov'ella
fu posta, e invan cerconne in altro lato. IX 40, 7-8
a Gilberto, a Filippo, Ariadeno toglie la vita, i quai nacquer su 'l Reno; 10 a complemento oggetto /
verbo reggente
media intensità IV 8, 5-6
Mentre ei parlava, Cerbero i latrati ripresse, e l'Idra si fe' muta al suono; VI 91, 3-4
Erminia intanto la pomposa vesta si spoglia, che le scende insino al piede, b verbo reggente / com-
plemento oggetto
media intensità II 48, 5-6
Sovr'a i nostri guerrieri a te concedo lo scettro, e legge sia quel che comandi. -- 11 a reggente (aggettivo, no-
me, verbo) / complemen- to “di + …”
di qualche intensità III 2, 5-6
o tardar Borea allor che scote il dorso de l'Apennino, e i legni in mare affonda. VI 1, 5-6
ed han munite d'arme e d'instrumenti di guerra verso l'Aquilon le mura, b complemento “di + …” /
reggente (aggettivo, no- me, verbo)
di qualche intensità III 63, 1-2
V’è Guelfo seco, e gli è d’opre leggiadre emulo, e d’alto sangue e d’alto stato; VII 28, 3-4
Segue Tancredi lui che del gran zio messaggio stima, e crede al parlar finto. 12 a complemento indiretto /
verbo
I 11, 7-8
giù i decreti del Ciel porta, ed al Cielo riporta de' mortali i preghi e 'l zelo. b avverbio / verbo V 25, 5-6
Loco è nel campo assai capace, dove s'aduna sempre un bel drapello eletto, c “andare” o “venire” / ge-
rundio
XII 34, 7-8
Mi gitto a nuoto, ed una man ne viene rompendo l'onda e te l'altra sostiene. d elementi di una locuzione X 48, 7-8
quando il mago gli disse: -- Or vuoi tu darli agio, signor, ch'in tal materia parli?
Anche un solo rapido sguardo ai numerosi esempi proposti a testo mostra come da un la- to Vitale tenda a considerare enjambements quasi esclusivamente le “inarcature infrasin- tagmatiche”230, ovvero la separazione attraverso la pausa metrica di due o più membri di un sintagma coesivo231 che nella stragrande maggioranza dei casi restano vicini, in posizione d’innesco e di riporto; dall’altro, non si può non notare come di tanto in tanto, con maggiore frequenza tra i casi che vedono verbi coinvolti, risultino inventariati anche esempi più com- plessi, in cui il termine in rejet è dislocato a destra nel secondo verso, in sequenze caratte- rizzate da un’ordo particolarmente artificialis e dunque ulteriormente ‘rallentate’. Altro rilievo indispensabile è che, quando si valuta l’intensità delle inarcature per categorie così ampie, non possono non intervenire per necessità una quota di soggettività ed una qualche appros- simazione, per esigenze tassonomiche: ad esempio, a me pare più intenso un caso come “per acquistar di breve suono un grido / vulgare e posseder barbara terra” (I 22, 5-6), con l’enjambement che incide un sintagma sostantivo / aggettivo, rispetto a “In van cerca inva- ghirlo e con mortali / dolcezze attrarlo a l’amorosa vita” (V 62, 1-2), appartenente ad una ca- tegoria che Vitale sente come più forte (aggettivo / sostantivo), poiché nel primo caso l’aggettivo, imprevisto (il verso sarebbe parso compiuto già così), ha una funzione spiazzan- te, alimentata dalla sdrucciola e dallo spazio atono che ne isola la posizione di rejet, mentre nel secondo l’intonazione sospensiva risulta in qualche modo più attesa, per completare una frase avviata. Ugualmente, anche esempi della stessa tipologia possono essere molto diffe- renti, nell’intensità e nell’effetto ritmico prodotto dall’inarcatura, poiché variabili pressoché in- finite intervengono di volta in volta232. Sul piano ritmico-prosodico, per esempio, i versi che seguono sono radicalmente differenti, per quanto l’inarcatura coinvolga termini di eguali classi grammaticali, e a concorrere alla diversità agiscono elementi di dispositio, la diversa posizione delle dittologie a cavallo dell’inarcatura, il diverso corpo sillabico dei termini in gio- co, la posizione delle pause sintagmatiche interne al verso...
IV 62, 1-2
230 Menichetti 1993, p. 479.
231 O, con Cremante 1967, di un “sirrema”, p. 378.
232 Cfr. Menichetti 1993, p. 487: “la lunghezza delle parole e/o dei sintagmi direttamente implicati, l’estensione
dell’innesco e del riporto (spesso non costituiti da quelle sole parole o sintagmi), l’intensità di eventuali pause contigue, la coincidenza o meno dell’innesco e del riporto con la cesura (nei versi in cui c’è), l’intreccio e la forza delle anastrofi e degli iperbati nella zona interessata, il grado di apparente compiutezza logico-sintattica del primo verso […], la dimensione dei versi […], il fatto di passar sopra al solo limite del verso oppure anche a una giuntu- ra interstrofica (per es. al congiungimento di una terzina con un’altra) o ad una partiziona interna alla strofe […], e così via”.
…i superbi e gli empi
calchi, per questa man che ’l dritto aita. 1-4-6-8 VIII 9, 1-2
…il qual con tanti
uomini armati ad assediarvi mosse, 1-4-8 I 34, 3-4
…e 'l militare
applauso, in volto placido e composto. 2-4-6
Per ciò che riguarda la valutazione stilistica del fenomeno, inoltre, e non la sola classifica- zione tipologica, bisogna tenere conto del contesto storico-letterario in cui è inserito un testo; Afribo ha debitamente dimostrato, con grande dovizia d’esempi dalla trattatistica coeva, co- me una concezione troppo restrittiva dell’inarcatura, considerata essenzialmente nella sua forma di rottura ‘infrasintagmatica’, se applicata al tardo Cinquecento rischi di “avere una pertinenza troppo ristretta, finendo così per escludere altre manifestazioni facenti parte anch’esse dell’asincronia tra metro e sintassi, parte fondamentale a sua volta del grande in- sieme della gravitas. […] inarcature forti e inarcature deboli – generalmente immeritevoli del nome di inarcatura – conseguenza, quest’ultime, di un ‘periodo lungo’ come lo chiama il Tas- so […] sono sentite, nell’orecchio e nella sensibilità di qualsiasi teorico e scrittore cinquecen- tesco favorevole o contrario a questa figura, vicine e correlate”233.
Tenendo conto di questo avvertimento, per le finalità della mia analisi io intendo rinunciare a una rigida applicazione di categorie grammaticali, cercando di guardare al fenomeno dell’inarcatura da una prospettiva essenzialmente ritmica; per far questo, adotterò due ma- cro-categorie proposte da Menichetti che mi paiono di grande utilità operativa e che permet- tono, a mio modo di vedere, una sufficiente elasticità interna, tale da consentire uno sguardo il più possibile fluido e dinamico su una materia che fluida e dinamica appare.
In primo luogo, mi sembra opportuno accennare in primis alle “inarcature sintattiche”234, di cui già diversi esempi ho proposto nel corso di queste pagine; con tale formula alludo alla di- sposizione su versi differenti di termini grammaticalmente collegati, ma non adiacenti in posi- zione di innesco / riporto, bensì separati dall’intersezione di incidentali di varia misura o da fenomeni di alterazione dell’ordo naturalis. Menichetti distingue tra tre diversi gradi di intensi-
233 Afribo 2001, p. 167; cfr. anche le pertinenti considerazioni di Cremante 1967, pp. 386: “all’interno di una parti-
tura orientata secondo i propositi della ‘gravità’ […] sarà davvero del tutto plausibile, allora, riscontrare che il ‘cir- conducimento’ della sentenza non rimane sempre circoscritto ai due membri sirrematici separati dalla pausa del