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CAPITOLO 8 STUDIO DI CASO

8.5 Analisi dei dati

8.5.1 Bilingui

Dopo aver calcolato quante volte si è verificata ognuna di queste voci durante il periodo di osservazione, ho creato un grafico che mettesse in risalto l’andamento delle caratteristiche linguistiche, metalinguistiche e culturali che ho riscontrato nei bilingui e catalogato in 15 griglie di osservazione (vedi Appendice: B).

Grafico 1.

Da questo grafico si può evincere che i bambini bilingui presi in esame hanno manifestato tutte quelle caratteristiche che ci si aspetta da un individuo che parla due o più lingue.

Durante il periodo di osservazione ci sono stati 7 episodi in cui i bilingui hanno mostrato di aver compreso la pluralità dei linguaggi. In questi casi, i campioni esaminati erano perfettamente coscienti del fatto che all’interno dell’asilo nido venissero utilizzate due lingue e che potevano usarle entrambe a seconda dell’attività.

Ci sono stati anche 7 casi di commutazione, non solo a livello lessicale ma anche morfosintattico e fonetico. Tra gli episodi di commutazione di codice ho riscontrato esempi come my scarpe, I want pappa e where is my baby’s ciuccio? in cui si vede un chiaro mescolamento tra termini della lingua inglese e italiana. Può essere interessante notare come questa bambina utilizzi principalmente l’italiano per nominare oggetti concreti, mentre fa uso della tipica struttura inglese nel porre una domanda, o per i pronomi personali e possessivi e per i verbi. A livello morfosintattico, la stessa bilingue ha pronunciato frasi come Non si correre oppure frasi imperative del tipo Io seduto, tu seduto!. Da questi

esempi si può notare che ha acquisito la regola della lingua inglese secondo la quale i verbi non vengono coniugati: nel primo caso è abbastanza evidente che ha prodotto una frase in italiano utilizzando la costruzione inglese Do not run!; nel secondo esempio dimostra di aver capito che i verbi in lingua inglese non hanno genere, mentre in italiano avrebbe dovuto utilizzare la forma verbale seduta, in quanto entrambi gli interlocutori erano di sesso femminile. Grazie a questi due casi possiamo concludere che I. sta pian piano immagazzinando i repertori grammaticali delle lingue da lei acquisite. A livello fonetico invece, la bambina trilingue che ha acquisito il francese e altre due lingue, a volte pronuncia suoni tipici di questo codice all’interno della lingua inglese. A questo proposito riporto l’esempio del termine orange, che un madrelingua inglese pronuncerebbe /ˈɒr.ɪndʒ/, mentre P. l’ha pronunciato /ɔʀɑ̃ʒ/. Si nota che ha sostituito il fonema inglese dell’affricata post-alveolare sonora [ʤ] con quello francese della fricativa post-alveolare sonora [ʒ].

Durante il laboratorio scientifico, una delle educatrici ha trattato il tema del fuoco; il suo intento era quello di spiegare ai suoi alunni come si potesse spegnere una fiammella utilizzando dell’acqua. L’obbiettivo dell’esperimento era quello di spegnere dei lumini galleggianti dentro ad una bacinella riempita con dell’acqua mediante l’utilizzo di bastoncini di legno. La tecnica consigliata dall’educatrice era quella di capovolgere il lumino nell’acqua mediante l’ausilio del bastoncino.

Tutti i monolingui del gruppo delle apples hanno imitato il metodo dell’educatrice, mentre le due trilingui P.N. e E.G. hanno fornito una soluzione totalmente diversa: hanno spento i lumini bagnando la punta del bastoncino con l’acqua e poi versando delle piccole gocce sulla fiammella. Questo episodio è una chiara dimostrazione di come queste due bambine abbiano sfruttato il pensiero divergente per trovare una soluzione diversa e originale che gli permettesse di ottenere lo stesso risultato dei monolingui.

Nonostante ci siano stati degli episodi di commutazione (soprattutto in I.), ho registrato anche dei casi in cui P. ed E. erano in grado di inibire la lingua non in uso limitando l’interferenza linguistica. Nei momenti dedicati alla lingua inglese entrambe la utilizzavano per esprimersi o per cantare senza inserire

un’altra lingua. Ho anche notato che E. non ha mai utilizzato la commutazione in nessuno dei tre livelli linguistici sopra citati. Possiamo quindi dedurre che all’età di 3 anni hanno entrambe raggiunto quello stadio in cui il bambino riconosce di potersi esprimere in più lingue e di conoscere un numero considerevole di vocaboli in tutte le lingue che permettendogli di non ricorrere ad un altro codice per adempiere a qualche lacuna lessicale.

L’aspetto della pronuncia di un nativo inglese l’ho riscontrata principalmente in I. e P., le quali sono state esposte fin dalla nascita a questa lingua. Entrambe hanno un accento molto più accurato dei monolingui che sono stati avvicinati a questa lingua solo nel contesto scolastico e non dai primi giorni di vita. Riporto l’esempio di I., la quale ha pronunciato il nome proprio Hello Kitty con la tipica occlusiva alveolare [t] della lingua inglese. Coloro che non sono stati esposti a questa lingua molto precocemente avranno difficoltà nel riprodurre questo fonema in quanto, ad esempio, nella lingua italiana non è presente; cosicché un monolingue italiano per sopperire a questa mancanza pronuncerebbe la medesima parola con una occlusiva dentale sorda.

Ho notato che le bilingui prese in esame hanno dimostrato di avere una maggiore sensibilità nelle interazioni socio-linguistiche con altri interlocutori e una notevole capacità nel selezionare la lingua appropriata a seconda dell’interlocutore. Ad esempio, I. ha compreso perfettamente che le educatrici parlano e capiscono sia l’italiano che l’inglese, per cui con loro utilizzava entrambe le lingue e tendeva a ricorrere alla commutazione nel momento del bisogno in quanto consapevole che sarebbe stata capita lo stesso. Ciò nonostante, la maggior parte delle conversazioni tenute da I. erano in lingua italiana; questa scelta di parlare prevalentemente in italiano con i compagni e le educatrici potrebbe dipendere dalla sua sensibilità verso gli interlocutori che dimostra adattandosi alle loro conoscenze ed esigenze linguistiche.

Per quanto riguarda me, inizialmente avevo deciso di rivolgermi a lei solamente in lingua inglese e di adottare l’italiano più avanti durante l’osservazione. Grazie a questo accorgimento ho notato che all’inizio I. mi parlava solamente in inglese in quanto credeva che io conoscessi solo questa lingua. Solo quando ho iniziato ad utilizzare anche l’italiano ha cominciato a rivolgersi a me

anche in questa lingua, mostrando forse un pizzico di pigrizia. Questa pigrizia potrebbe derivare dal fatto che I. senta la lingua inglese come lingua innaturale all’interno del contesto scolastico, in quanto la maggior parte dei bambini e le educatrici utilizzano l’italiano per esprimersi.

Nei momenti di difficoltà, una bambina bilingue ha mostrato una certa capacità nel ricorrere ad abilità compensatorie per adempiere alle lacune di comprensione del vocabolario utilizzato dai suoi interlocutori. La prima abilità compensatoria per eccellenza utilizzata da I. è quella della commutazione di codice. Infatti, nei momenti in cui ha riconosciuto di non conoscere una parola nella lingua che stava utilizzando, è ricorsa all’altra lingua per raggiungere il suo obbiettivo linguistico. Riferendomi ad un uovo di plastica, alla mia domanda “che cos’è quello?” non conoscendo il termine in italiano, I. mi ha risposto con il termine corrispondente in lingua inglese “it’s an egg”. In un episodio simile, I. ha utilizzato l’oggetto stesso per replicare alla medesima domanda posta sempre in italiano: oltre a rispondermi in lingua inglese ha infatti preso in mano un pesce di plastica cercando di soddisfare la mia curiosità.

Così come è descritto in letteratura (cfr. 4.3), i bilingui dovrebbero mostrare un atteggiamento più tollerante verso altre lingue e culture. Guardando i risultati si può notare che i bilingui presi in esame hanno dimostrato di non avere pregiudizi nei confronti delle altre lingue presenti nel nido, in quanto erano molti i compagni appartenenti a culture diverse dalla loro. A questo proposito ho notato che soprattutto i bilingui avevano un atteggiamento positivo e disponibile verso i monolingui. Erano spesso pronti ad aiutare i loro coetanei durante le attività in lingua e il gioco libero: assumevano frequentemente il ruolo di rappacificatori ed erano volenterosi nel condividere i giochi e gli spazi con altri bambini. Questa caratteristica potrebbe derivare, al di là dei tratti caratteriali, anche dalle abitudini culturali di ogni bilingue che potrebbero essere diverse da quelle dei monolingui, i quali si sono mostrati a momenti meno altruisti.

Come si può osservare dai dati raccolti, non ho registrato episodi di atteggiamenti di esclusione verso coloro che parlano più lingue e che appartengono quindi a più culture. Questa caratteristica non è solitamente presente

nei bilingui, i quali infatti si rivelano molto tolleranti e costruiscono la loro identità culturale apprezzando anche elementi di altre culture.

Per quanto riguarda l’ultima voce, invece, non ho registrato casi di bambini bilingui che stessero attraversando un periodo silenzioso. Tutti coloro che ho osservato parlavano molto, anche di più dei monolingui in svariati casi, e mostravano di esprimersi molto chiaramente e di conoscere svariati vocaboli in ambedue i codici, indipendentemente dal fatto che conoscessero anche solo un termine in una delle due lingue.