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CAPITOLO 8 STUDIO DI CASO

8.2 Biografie linguistiche

Durante il periodo di osservazione ho esaminato i comportamenti linguistici e socio-linguistici di 6 bambini: 1 bilingue, 2 trilingue e 3 monolingue. Tutti e sei rientrano in una fascia d’età che va da 2 a 3 anni e hanno origini culturali diverse.

Tra i bilingui e trilingui ho osservato I., una bambina di 2.7 anni che parla inglese e italiano. È nata in Italia da madre e padre di origine nigeriana, i quali sono immigrati in questo paese circa 15 anni fa con la nascita dei loro figli. In casa, tra genitori e con i figli parlano in lingua inglese, mentre i figli tra loro interagiscono in italiano.

È una bambina un po’ permalosa e musona che inizialmente si è dimostrata solitaria e taciturna. Quando si è abituata alla mia presenza e ha capito che poteva interloquire con me in lingua inglese, si è avvicinata e ha cominciato a parlarmi senza problemi, prendendomi a volte come punto di riferimento durante il gioco libero.

Rispetto ai suoi coetanei ha mostrato di conoscere molti più vocaboli in entrambe le lingue e di saper raggiungere i suoi obbiettivi linguistici più facilmente anche grazie alla commutazione di codice. La sua pronuncia è quella di un parlante nativo sia quando utilizza l’inglese sia quando conversa in italiano e ha manifestato la sua abilità nel selezionare la lingua appropriata a seconda dell’interlocutore e la sua sensibilità nelle interazioni socio-linguistiche. Ha inoltre fatto emergere il suo atteggiamento tollerante verso altre lingue e culture.

La trilingue P. è una bambina di 3 anni che ha acquisito il francese, l’inglese e l’italiano. I suoi genitori sono di origine camerunense e sono immigrati in Italia prima della nascita della figlia. Nel contesto familiare, la madre utilizza indistintamente le tre lingue anche se preferisce rivolgersi a P. parlandole in francese in quanto questa è la sua lingua madre; il padre utilizza l’inglese, e nel contesto scolastico è esposta all’italiano e all’inglese.

A differenza di I., è una bambina molto vivace che cerca il contatto e il confronto con i suoi compagni, ai quali si dirige quasi solamente in italiano.

Utilizza la lingua inglese principalmente con le educatrici e il francese se viene incoraggiata a farlo.

Ha dimostrato di riconoscere la pluralità dei linguaggi e di utilizzare le tre lingue indistintamente senza problemi. Utilizza la commutazione soprattutto a livello fonetico in quanto mescola fonemi della lingua francese a quelli della lingua inglese, mentre a livello linguistico è in grado di inibire la lingua non in uso limitando l’interferenza tra le tre. Durante un esperimento svolto durante il laboratorio scientifico, ha fatto affiorare il suo pensiero divergente mostrando di saper trovare soluzioni originali e differenti dai monolingui di fronte al problema postole dall’educatrice. La sua pronuncia è decisamente come quella di un madrelingue in quanto è stata esposta alle tre lingue fin dalla nascita. Si è mostrata capace di selezionare la lingua appropriata a seconda dell’interlocutore e ha fatto vedere il suo atteggiamento tollerante verso altre lingue e culture.

La seconda trilingue è E.G., una bambina di 3 anni che fin dalla nascita ha acquisito il moldavo, l’inglese e l’italiano. È figlia di genitori nati e cresciuti in Moldavia, i quali sono immigrati in Italia circa 5 anni fa. Tra loro parlano in moldavo (la madre parla molto bene anche l’italiano) e si dirigono a E. in moldavo: la figlia comprende e risponde in questa lingua, anche se ogni tanto di ritorno dal nido, luogo in cui è stata esposta all’italiano e all’inglese, chiede alla madre di non parlarle in moldavo ma in italiano.

Può accadere che i bambini bilingui per un periodo rifiutino una delle lingue a cui sono stati esposti: “resistono” alla lingua, tendono verso la pigrizia e se si accorgono che il loro interlocutore comprende anche l’altra lingua acquisita o che una lingua è sufficiente per muoversi nel territorio in cui stanno crescendo non vogliono più apprenderne un’altra spontaneamente, ma sviluppano la lingua più diffusa e socialmente più forte. Solitamente è una fase passeggera, l’importante è che il genitore non si lasci scoraggiare e sia costante nel rivolgersi al figlio nella lingua che egli rifiuta. I figli più “resistenti” magari non vorranno impararla, ma una volta adulti non potranno non ricordare il proprio genitore parlare in quella lingua: questo sarà per loro una memoria indelebile e molto importante nella definizione dell’identità (Fabbro 2013, 70).

A livello caratteriale, E.G. è una bambina buona e generosa, a tratti un po’ capricciosa quando ripresa o quando non ottiene ciò che chiede. È molto sensibile e disponibile ad aiutare i suoi compagni e spesso assume il ruolo di rappacificatrice. Linguisticamente parlando, essendo che nessuno dei suoi coetanei si esprime in moldavo si rivolge a loro prettamente in italiano, ma durante le attività in lingua inglese ha dimostrato di non avere nessun problema a livello di comprensione, mentre la produzione è ancora poco sviluppata.

Tra le sue caratteristiche ho notato che è in grado di inibire la lingua non in uso limitando l’interferenza linguistica e che ha mostrato un atteggiamento tollerante verso altre lingue o culture. Anche lei come P., ha fatto emergere il pensiero divergente tipico dei bilingui trovando soluzioni alternative e originali durante l’esperimento proposto dall’educatrice.

Tra i monolingui ho osservato E., una bambina di 2.4 anni nata da genitori italiani, nonostante la madre sia insegnante di lingua inglese e la stia accostando pian piano a questa lingua. Malgrado ciò, la bambina non ha mostrato reazioni molto evidenti durante i momenti dedicati alla lingua inglese all’interno del nido (forse perché è stata inserita in questo contesto scolastico molto tardi rispetto ai suoi compagni, circa 2 mesi prima che iniziassi il periodo di osservazione), anche se ho notato che a livello di comprensione non ha evidenziato alcuna difficoltà.

Ha un carattere abbastanza chiuso ed è molto taciturna, tant’è che inizialmente preferiva osservare i compagni mentre giocavano e solamente dopo qualche mese ha iniziato ad avvicinarsi ai suoi coetanei per condividere momenti ludici liberi. Nel primo periodo dopo l’inserimento, ha manifestato un attaccamento molto forte verso una delle educatrici, probabilmente perché ha individuato in lei un punto di riferimento molto simile a quello materno.

A livello linguistico ha dimostrato la sua abilità nel riconoscere la pluralità dei linguaggi: se l’educatrice le si rivolgeva in inglese, la bambina comprendeva il messaggio ma rispondeva in italiano, oppure utilizzava abilità compensatorie come dei gesti per replicare all’input ricevuto. A livello espressivo utilizzava poche parole, se non il suo nome e gli avverbi di affermazione o negazione si e no. Questo è probabilmente dovuto al fatto che probabilmente non era a

conoscenza di molti termini, oppure non si sentiva ancora sicura o a proprio agio per poter utilizzare altri vocaboli.

Il secondo monolingue osservato è G., un bambino di 1.5 anni nato da genitori italiani, che lo hanno esposto solo alla loro lingua madre. È entrato in contatto con la lingua inglese all’interno dell’asilo nido quando aveva pochi mesi. È un bambino perspicace, giocherellone e socievole, si confronta spesso con i suoi compagni e ha assunto il ruolo di “capo gruppo”. Per questi motivi molti dei suoi amici all’interno del nido lo cercano e lo nominano spesso.

A livello linguistico ha dimostrato di saper riconoscere la pluralità dei linguaggi e di comprendere senza alcun problema la lingua inglese durante le attività o i momenti dedicati alle canzoni in lingua. Per quanto riguarda la produzione, egli sembra essere ancora nella fase di sperimentazione linguistica, tant’è che emette quelle che sono conosciute come protoparole (cfr. 5.2) e pronuncia pochissimi vocaboli in modo chiaro. Una sua particolarità sta nel fatto che G. usa spesso esclamazioni proprie della lingua inglese, come ad esempio oh no! pronunciata con la cadenza propria degli anglofoni.

La terza monolingue è G.G., una bambina di 3.2 anni figlia di genitori italiani, i quali le parlano esclusivamente in italiano. È una bambina molto intelligente, acquisisce in fretta ed è la più brava del suo gruppo quando si tratta di parlare o fare attività in lingua inglese: spesso ripete i vocaboli appena nominati dall’educatrice, mostra molto interesse nella lingua e più volte pronuncia in inglese nomi di oggetti raffigurati nei libri o nei cartelloni appesi al muro dimostrando di averli acquisiti.

Non l’ho mai sentita mescolare la lingua inglese a quella italiana, anzi tiene ben distinti i due codici e si mostra capace di selezionare la lingua appropriata a seconda dell’interlocutore: con i compagni e le educatrici utilizza principalmente l’italiano, eccetto nei momenti riservati all’inglese in cui si esprime utilizzando questa lingua senza problemi rispondendo alle domande, pronunciando molti termini legati al tema che stanno affrontando durante il laboratorio e cantando le canzoni nei momenti di routine o durante il gioco libero.