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CAPITOLO 2 ASPETTI DEL BILINGUISMO

2.2 Psicologici

- Il bilinguismo causa ritardi nello sviluppo cognitivo del bambino: in passato si riteneva che avendo due repertori linguistici diversi il cervello del bambino fosse più lento a recepire e ad assimilare le informazioni. Ciò nonostante alcune ricerche recenti hanno dimostrato il contrario: in certi compiti i bambini bilingui raggiungono risultati migliori a livello cognitivo rispetto ai monolingui coetanei. Questo falso mito è stato smentito anche da Jacques Mehler, il quale si occupa della plasticità del cervello. In uno studio condotto nel 2009, Mehler in collaborazione con Agnes Melinda Kovàcs, ha osservato dodici bambini (sei

bilingue e sei monolingue) mentre erano impegnati in un compito che richiedeva il controllo delle funzioni esecutive. Sottoposti a stimoli sonori sottoforma di parole differenti e con strutture diverse, i soggetti dovevano comprendere in quale lato dello schermo del computer sarebbe comparsa la figura di un pupazzo: a certe parole il pupazzo sarebbe apparso a destra, ad altre a sinistra. I bilingui hanno fin dall’inizio dimostrato di aver capito il trucco rispondendo rapidamente e in modo corretto, mentre i monolingui hanno avuto più difficoltà nell’associare la differenza tra le parole e il lato in cui sarebbe apparso il pupazzo. Questo risultato è dovuto al fatto che, ancora prima di parlare, il bambino esposto a due lingue fin dalla nascita è in grado di distinguerle e apprendere regolarità linguistiche più in fretta rispetto ad un bambino monolingue. Mehler ha poi confrontato i risultati dei due gruppi, notando che il cervello di un bambino bilingue è più duttile perché allenato a distinguere gli stimoli verbali dei due codici linguistici senza che questi interferiscano tra loro. Il vantaggio dei bilingui può essere ricondotto alle abilità di selezionare e monitorare gli stimoli che li rende capaci di prendere in considerazione solo ciò che ha importanza in un certo contesto. Mehler (in Kovács et al. 2009, 611-612), ha quindi spiegato che

Il cervello umano ha, entro certi limiti, un’enorme plasticità e non si confonde di fronte a stimoli diversi. Dai 7 ai 12 mesi, c’è un progresso e il bambino bilingue impara a gestire con successo, compiti più complessi, ad acquisire e distinguere strutture linguistiche diverse e monitorarle simultaneamente in modo più efficace rispetto ad un coetaneo monolingue.

- Il bilinguismo danneggia il cervello: in passato si sospettava che l’acquisizione di più lingue potesse compromettere vari aspetti dello sviluppo e causare l’abbassamento del quoziente intellettivo. A sfatare questo pregiudizio, varie ricerche hanno dimostrato che parlare più lingue aumenta la capacità di apprendimento e la velocità di comprensione; favorisce il sistema nervoso e quindi l’attività del cervello; affina l’udito e l’attenzione; e può arrivare a ritardare, se non a scongiurare, malattie come il morbo di Alzheimer e la demenza senile. In un recente studio di Bialystok, Craik e Freedman (in Bonifacci, Cappello, Bellocchi, 2012, 12) è emerso che alle persone bilingui è stata

diagnostico l’Alzheimer 4,3 anni dopo rispetto ai monolingui e che l’inizio dei sintomi si è verificato 5,1 anni più tardi. Numerose ricerche hanno provato che lo sviluppo di più lingue comporti un importante vantaggio al cervello mediante l’aumento della densità del tessuto cerebrale nelle aree riservate al linguaggio, alla memoria e all’attenzione. Nei bambini che acquisiscono più codici linguistici è stata osservata una maggiore attività neuronale nelle aree del cervello associate all’elaborazione del linguaggio. Questo aumento nell’attività cerebrale e nella densità neuronale possono comportare vantaggi a lungo termine a certi tipi di abilità cognitive, come ad esempio, sapere come una lingua sia strutturata e come questa venga utilizzata.

- Esiste uno “spazio limitato” nel cervello per il linguaggio: il mito dello spazio neurologico, che si era formato nella prima metà del secolo scorso, si riferisce all’idea che esista uno spazio limitato nel cervello dedicato al linguaggio. Si pensava che la presenza di una lingua nel cervello del bambino costituisse un ostacolo neurologico allo sviluppo di un’altra lingua. Tuttavia, studi più recenti hanno dimostrato come tale nozione sia infondata: Albert e Obler, e successivamente anche Danesi (in Balboni 1996, 8), hanno provato che la presenza nel cervello di due codici verbali porti ad un arricchimento cerebrale. I due codici del bilingue sono complementari e cooperativi nel processare l’input verbale. Questo significa che molte regioni cerebrali vengono attivate nel processare l’input verbale e che, anziché restringere lo spazio neurologico, la presenza di più lingue nel cervello ne arricchisce le sue capacità neuro funzionali.

- Per facilitare l’apprendimento di una ulteriore lingua bisogna esporre il bambino in modo intenso a quella lingua: la ricerca ha dimostrato che lo sviluppo di una lingua arrechi vantaggi a tutte le lingue che il soggetto acquisisce, ovvero ogni lingua arricchisce l’altra. Il bambino è portato a riflettere consciamente sul linguaggio come strumento astratto per il pensiero e per la comunicazione, diventando, quindi, in grado di paragonare entrambe le lingue estrapolandone gli aspetti opportuni per utilizzarli in compiti linguistici qualsiasi sia la lingua che essi richiedono. Tale risultato evidenziato una certa

“interdipendenza” che opera a livello metalinguistico, consentendo l’acquisizione di più codici linguistici con maggiore facilità. A questo proposito, Jim Cummins ha proposto la teoria dell’interdipendenza linguistica, che egli ha meglio rappresentato attraverso la metafora dell’iceberg con due vette. Queste ultime rappresentano le due lingue (parole, grammatiche, fonologie) apparentemente separate e non connesse l’una con l’altra che il soggetto possiede. Sotto la superficie le due punte si fondono a dimostrazione che i due distinti sistemi linguistici non funzionano separatamente, ma operano attraverso lo stesso sistema centrale. La parte sommersa equivale alla competenza linguistica ed extralinguistica. Indipendentemente dalla lingua utilizzata per parlare, leggere, scrivere e ascoltare i pensieri che accompagnano questa attività linguistica sono tratti da una base unica costituita dalla parte immersa. Nel bambino bilingue lo sviluppo di una lingua comporta un potenziamento simultaneo e inconscio dell’altra lingua, perciò le nozioni grammaticali, semantiche e comunicative acquisite in una lingua sono automaticamente trasferite nell’altra.

FIGURA 9. Teoria dell’interdipendenza linguistica di Cummins.

È bene ricordare che l’esposizione a qualsiasi lingua non deve essere inferiore ad una certa quantità di input e che la qualità di quest’ultimi assume un ruolo molto importante. Affinché l’acquisizione possa definirsi piena, è necessario che i bambini abbiano un’esposizione adeguata, cioè, per quanto possibile, precoce, regolare e di alta qualità.