CAPITOLO 7 BILINGUISMO PRECOCE SIMULTANEO
7.1 Premessa sul bilinguismo precoce simultaneo
Il bilinguismo precoce simultaneo si verifica quando un bambino da 0 a 3 anni acquisisce contemporaneamente due lingue. Tra tutti, il bilinguismo precoce simultaneo è stato definito il più naturale dei bilinguismi (Abdelilah-Bauer 2008) perché avviene in modo spontaneo, senza sforzi e durante un periodo in cui il cervello del bambino è più duttile (cfr. 1). Sfruttando questa estrema plasticità e duttilità del cervello in età infantile, il bambino è in grado di acquisire qualunque lingua con grande facilità e naturalezza.
A questo proposito e in seguito ad alcuni suoi studi, il neurochirurgo Wilder Graves Penfield (in Fabbro 2004, 102) ha sviluppato delle riflessioni riguardo il bilinguismo precoce e il bilinguismo tardivo. Penfield aveva osservato che in alcune famiglie di immigrati i bambini piccoli acquisivano la seconda lingua in maniera completa e naturale, mentre i genitori avevano grandi difficoltà nonostante questi frequentassero corsi per imparare la lingua. A livello linguistico non riuscivano a competere con i propri figli. Egli spiegò questi scarsi risultati come conseguenze di alcuni fattori, tra i quali:
1. gli adulti hanno minori capacità imitative rispetto ai bambini; 2. hanno maggiori inibizioni;
3. hanno meno tempo libero;
4. sono consapevoli di apprendere una nuova lingua e vivono con l’ansia di commettere possibili errori;
27DALOISO, M. (2009a), La lingua straniera nella scuola dell’infanzia: Fondamenti di
5. agli adulti nella conversazione viene richiesta un’elevata efficacia comunicativa mentre con i bambini piccoli le aspettative sono molto più limitate;
6. gli errori commessi dagli adulti incontrano minore comprensione rispetto a quelli commessi dai bambini;
7. il cervello adulto ha una minore plasticità rispetto a quello infantile.
In seguito a queste motivazioni, c’è da sottolineare il fatto che per un adulto non è impossibile apprendere una seconda lingua, anzi, può parlarla in modo fluente e con una padronanza tale da far fronte a ogni situazione, può disporre di un vocabolario molto vasto ed esprimersi senza la minima timidezza; tuttavia il suo accento (cfr. 2.2.1) non sarà mai perfetto e raramente sarà capace di sentire d’istinto se una forma grammaticale, un termine, un’espressione o una struttura sintattica che incontra per la prima volta sono corretti. È ancora più raro che egli riesca a sentire appieno la densità emotiva, il potenziale evocativo e la profondità culturale delle parole, ovvero tutto ciò che il linguaggio veicola al di là del suo senso immediato.
In compenso, un bambino esposto a più lingue durante il periodo ideale per l’acquisizione del linguaggio acquisirà ognuna di queste lingue con l’accento e la competenza grammaticale del suo educatore e assorbirà il valore culturale ed extra-linguistico del linguaggio.
Tutti i bambini entro gli 8 anni circa che crescono a contatto con una seconda lingua, imparano a parlarla con un accento nativo non distinguendosi dalle persone che vivono nel paese della lingua acquisita. Con qualche eccezione, generalmente gli adulti non acquisiscono un accento nativo (nonostante la loro parlata lo sia sotto tutti gli altri aspetti). Scovel e Penfield (in McLaughlin 1984) sono d’accordo sul fatto che sia biologicamente impossibile per un adulto acquisire un accento non distinguibile da quello dei parlanti nativi perché hanno perso la plasticità cerebrale propria dei bambini.
Una serie di studi eseguiti negli Stati Uniti e in Olanda hanno dimostrato che soltanto i bambini immigrati in questi paesi prima degli 8 anni erano in grado di acquisire una pronuncia perfetta nella seconda lingua (Fabbro 2004, 84). La
capacità di acquisire una pronuncia perfetta era indipendente dal livello scolastico e dal numero di anni trascorsi nel paese di immigrazione, confermando che i bambini immersi nella seconda lingua prima degli 8 anni riescono dopo qualche anno di permanenza nel nuovo paese ad acquisire una pronuncia da nativo. Gli individui immigrati in età più avanzata non sono più in grado di acquisire una pronuncia perfetta, e a mano a mano che aumenta l’età di arrivo nel nuovo paese peggiora la pronuncia.
FIGURA 10. Nel grafico viene mostrata l’intensità dell’accento straniero in soggetti emigrati in Nord America (USA e Canada) a età differenti.
Dal grafico qui riportato si evince che gli individui emigrati dopo gli 8 anni presentano un progressivo deterioramento nella pronuncia della seconda lingua. È possibile, infatti, distinguere tre periodi nell’acquisizione della pronuncia di una seconda lingua:
1. prima degli 8 anni l’acquisizione della pronuncia è perfetta;
2. dagli 8 ai 22 anni la presenza di un accento straniero resta più o meno debole;
3. dopo i 22 anni la pronuncia della seconda lingua è caratterizzata da un forte accento straniero.
Le considerazioni fatte finora valgono a livello statistico, in quanto esistono forti differenze individuali nelle capacità di acquisire un buon accento nella seconda lingua. Ciò nonostante, un individuo che entra in contatto con una seconda lingua dopo i 22 anni ha sicuramente una maggiore probabilità di presentare un accento straniero rispetto ad un bambino che si avvicina a tale lingua prima dei 3 anni.
Una serie di studi ha inoltre dimostrato che già dopo il primo anno di vita inizia un lento decadimento della capacità di discriminare i suoni distintivi delle lingue (Fabbro 2004, 85). Nel primo anno un bambino riesce a discriminare i suoni di tutte le lingue. Con la produzione delle prime parole egli sembra limitare il repertorio dei suoni che è in grado di percepire ai fonemi della lingua materna. Questa “sordità” per i suoni delle lingue straniere sembra essere parzialmente reversibile fino agli 8 anni, dopodiché non riesce più a percepirli e quindi a produrre alla perfezione i suoni di una lingua straniera.
Un bambino impara più lingue per pura imitazione (cfr. 2.2.4). Anche l’adulto quando viene immerso in un ambiente linguistico nuovo tenta di imparare imitando, ma fa fatica perché ha difficoltà nel percepire i suoni correttamente. Non è possibile rieducare radicalmente l’udito di un adulto, poiché esso è ormai dipendente dalla lingua materna. La percezione, la comprensione e l’emissione dei suoni della lingua madre sono talmente radicati nel cervello che filtrano i suoni di ogni nuova lingua. I suoni che le due lingue hanno in comune sono ricevute correttamente, mentre quelli diversi giungono all’udito modificati poiché vengono “corretti” e percepiti come il fonema della lingua materna a cui assomigliano maggiormente.
Questa tendenza ad alterare e a deformare i suoni della lingua straniera per inserirli nel sistema fonologico della lingua materna si manifesta verso l’età di 6 anni e si rafforza progressivamente fino a diventare sistematica intorno ai 9 anni. Alcuni studiosi affermano che si tratterebbe di un sistema di difesa che rifiuta di sentire correttamente i suoni di un’alta lingua perché costituiscono una minaccia per la lingua materna (Deshays 2003, 38-39).
Per ciò che riguarda la competenza grammaticale è ormai assodato che, mentre un adulto passa ore e ore a imparare a memoria regole grammaticali ed eccezioni di una lingua, il bambino riesce ad assimilare e a riprodurre con facilità
e precisione ciò che sente. Non ripete solo le frasi che ha ascoltato, ma è in grado di comprenderle e di crearne di nuove. Partendo da un numero limitato di frasi, riesce a dedurre i principi di base della grammatica e ad applicarli intuitivamente a un numero infinito di nuove combinazioni. Grazie alla capacità innata del bambino di acquisire una lingua, egli è inconsapevolmente in grado di analizzare le regole implicite in un certo numero di frasi e di costruire a partire da queste l’intera grammatica, la quale all’inizio avrà delle lacune, ma poi attraverso l’esperienza personale verrà sviluppata e rivista.
Quando, ad esempio, un bambino inglese chiede alla madre in italiano di essere disavvicinato dal tavolo non lo fa perché qualcuno gli ha detto che il prefisso dis indica separazione o divisione, ma perché ha inconsciamente colto questa connotazione e la applica al verbo avvicinato. Allo stesso modo, quando un bambino di 3 anni esclama: Ho sbattuto un braccio contro il muro, coniugando perfettamente il verbo sbattere, non lo fa perché gli sono stati insegnati i verbi di seconda coniugazione, ma perché ha inconsciamente colto il meccanismo della coniugazione. Egli ha quindi la capacità universale e innata di acquisire la grammatica come parte integrante e inseparabile della lingua e la forgia praticando il linguaggio. Si può quindi concludere che Impara a parlare parlando, imita ciò che sente, sperimenta le parole e strutture ripetendo ciò che funziona e scartando ciò che non riceve conferma.
D’altra parte, l’adulto apprende le regole grammaticali prima di iniziare a parlare. Non possiede più la capacità innata del bambino di assimilare e ricreare tutto un sistema linguistico a partire da un numero limito di parole. Un adulto avrà molto raramente una padronanza spontanea del sistema grammaticale, in quanto tale padronanza si raggiunge di solito prima degli 8 anni e può essere estesa a più lingue (Deshays 2003, 41).
Numerose ricerche sono state condotte per precisare il periodo critico relativo all’acquisizione di una competenza grammaticale completa nella seconda lingua. Gruppi di immigrati negli Stati Uniti provenienti dalla Cina e dalla Corea sono stati sottoposti all’ascolto di frasi in inglese che presentavano una certa complessità grammaticale e dovevano giudicare se la frase ascoltata era grammaticalmente corretta. Questi esperimenti hanno dimostrato che
l’accuratezza nel giudizio di grammaticalità tende a diminuire negli individui arrivati negli Stati Uniti dopo gli 8 anni di età (Fabbro 2004, 86-87).
FIGURA 11. In questo grafico viene rappresentato il numero di risposte corrette in compiti di giudizio grammaticale nella seconda lingua in immigrati arrivati negli USA prima dei 15 anni (") o dopo i 15 anni di età (#).
Come si evince da questo grafico, gli individui giunti negli USA prima degli 8 anni hanno ottenuto risultati simili ai parlanti nativi, mentre gli immigrati giunti negli USA dai 9 ai 15 anni hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli individui arrivati dopo i 15 anni d’età.
L’esistenza di un periodo critico per l’apprendimento fonologico e morfosintattico emerge anche dalle autovalutazioni di soggetti immigrati in un paese straniero sulla conoscenza della seconda lingua. I soggetti di madrelingua cinese arrivati negli USA prima dei 10 anni di età ritengono di avere una conoscenza perfetta della lingua inglese (seconda lingua) e del cinese (prima lingua), mentre i soggetti giunti negli USA fra gli 11 e i 13 anni sostengono di comprendere, parlare e leggere abbastanza bene sia il cinese che l’inglese. Infine,
gli immigrati giunti dopo i 16 anni d’età ritengono di conoscere perfettamente il cinese, ma di avere una conoscenza media della lingua inglese.
Per ultima, la densità culturale di una lingua, ovvero il valore emotivo di cui le parole sono cariche, non sarà facilmente accessibile a colui che entra in contatto con una seconda lingua dopo la pubertà. Parole come home, il cui significato si colloca fra casa e da me, può anche designare la casa (come in torniamo a casa), termine più denso di significato del suo equivalente house, che è invece una parola molto neutra. Queste differenze fra due lingue sono espressione di profonde differenze culturali e del vissuto quotidiano che vanno al di là dei vocaboli stessi, differenze che il bambino assimila grazie alla plasticità del suo cervello nel contesto globale della lingua.
Se la lingua viene acquisita in un contesto reale, dove questa è il mezzo di comunicazione normale, il soggetto si identifica con la situazione linguistica e le parole acquisiscono una qualità ‘vissuta’. Risulta quindi inutile imparare una lista di parole essendo questo un metodo completamente astratto che elimina l’emozione, nega il vissuto e i rapporti con il senso e con il contesto non presentando nulla di concreto a cui la memoria possa fare riferimento. Tale metodo non è sterile solo per i bambini che sono fondamentalmente ancora incapaci di assimilare conoscenze astratte di qualsiasi tipo, ma anche per gli adulti le cui emozioni hanno un ruolo importante nel processo di apprendimento della lingua.
Il mondo dell’adulto è caratterizzato dal significato delle parole della lingua materna, perciò l’individuo non separa la realtà dalle parole che la descrivono. I vocaboli della seconda lingua che egli incontra hanno significato solo nella misura in cui “significano la stessa cosa” di quelle della sua prima lingua. L’adulto ha la tendenza a collegare qualsiasi termine sconosciuto al termine che gli somiglia di più nella lingua madre, sia a livello semantico, fonologico e a volte anche ortografico (Deshays 2003, 45-46).
Queste tre caratteristiche delineano quali siano le differenze tra l’acquisizione linguistica di un bambino e un adulto, sottolineando come il bilinguismo precoce simultaneo sia fonte di numerosi vantaggi rispetto al bilinguismo tardivo.