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CAPITOLO 2: NASCITA ED EVOLUZIONE DEL WELFARE STATE E DELLA TUTELA DELLA SALUTE DA ROOSEVELT A

2.3 BILL CLINTON E L’HEALTHCARE PLAN

Nel 1978 Bill Clinton era già diventato governatore dell’Arkansas, uno stato conservatore, dove egli aveva imparato a destreggiarsi tra la pena di morte e i forti interessi economici locali181

Clinton era il leader di quelli che si definivano “nuovi democratici” (Dlc). Un gruppo formatosi attorno agli anni ottanta, che voleva sostituire l’immagine di perdenti eredi del New Deal e del big government, con quella di politici pragmatici e disinvolti182.

Quando decise di candidarsi alla Casa Bianca, il numero dei senzatetto nelle grandi città era raddoppiato; neri, asiatici e ispanici davano vita a schermaglie in quartieri inaccessibili; l’assicurazione sanitaria era legata al posto di lavoro e lo stato non interveniva finché non era sicuro che il malato fosse sul lastrico; aumentavano i malati di AIDS e l’istruzione, che era per la maggior parte privata, era costosissima183.

“Il suo scopo era quello di recuperare i voti degli evangelisti del Sud, dei cattolici del Nord (…) e delle classi medie in generale, che erano passate al partito repubblicano”184.

Clinton era però un uomo troppo ambivalente per calarsi in una sola politica e non aveva dimenticato di essere divenuto governatore dell’Arkansas, grazie al voto dei neri e delle donne. Anche se quindi era diventato presidente del Dlc, sin dall’inizio della campagna presidenziale aveva attaccato il partito repubblicano usando toni populisti185.

Nell’estate del 1992, alla convenzione di New York Clinton venne ufficialmente indicato come il candidato democratico alla presidenza. Approfittando del malessere che la recessione aveva lasciato in gran parte della popolazione, basò la sua campagna contro Bush sul tema dell’economia186.

Battersi su questo terreno non significava solamente promettere meno disoccupazione, ma il miglioramento delle condizioni di vita a coloro che un lavoro ce l’avevano ma non erano sicuri di mantenerlo. Questi erano coloro che il futuro presidente definiva dimenticati e che rappresentavano la maggioranza della popolazione americana.

Clinton dichiarava di volere diventare il presidente che si sarebbe occupato della forgotten middle class, alla quale prometteva dei cambiamenti: “una maggiore equità sociale, l’istituzione di un sistema

181 F. Fasce, “Da George Washington a Bill Clinton- Due secoli di presidenti USA”, Roma, Carocci, 2000, p. 155 182Ibidem

183 E. Carretto, M. G. Maglie, “Presidente Clinton”, Venezia, Marsilio Editori, 1992, p.8 e ss 184 R. Petrignani, Op., Cit., p. 388

185 Idem

sanitario nazionale, la riforma del welfare ed una riduzione di imposte rivolta specificatamente a suo favore. Senza dimenticare maggiori aiuti alla undercalss di poveri”187.

Era instancabile. Durante la campagna elettorale in giro per il paese, toccò diversi temi. A Billings, in Montana, parlò di scuola: “apriremo le porte dell’università a tutti” disse. Avrebbe pagato lo Stato e in cambio gli studenti avrebbero prestato servizio civile come insegnanti, infermieri o nella polizia188.

A Seattle, il candidato parlò di salute. Prevedeva una semplificazione della burocrazia sanitaria e l’investimento di quei risparmi nella ricerca sull’AIDS. Avrebbe anche obbligato i datori di lavoro a dotare di un’assicurazione i propri dipendenti e avrebbe istituito un programma per i poveri e i disoccupati189.

Si giunse così in novembre, al voto finale, che premiò Clinton con il 43% di voti popolari contro il 37.4% di Bush e il 19 Perot. A 46 anni era il presidente più giovane dai tempi di JFK190

Quando si insediò alla Casa Bianca nel gennaio del ’93, il 20% della popolazione, circa 37 milioni di abitanti, era priva di qualsiasi assistenza medica, privata o assicurativa. Nelle metropoli aumentavano i ghetti e i senza dimora erano 3 milioni191.

Come si è visto, i progetti del neopresidente erano molto ambiziosi192 e non era stato facile conciliare in un programma così articolato, il conservatorismo dei “vecchi” democratici con quello dei “nuovi”. Ma ancora più complicato doveva essere realizzare il programma una volta andato al potere, anche se con un Congresso a maggioranza democratica, ma non compatto sul programma e con i repubblicani decisi a contrastarlo con ogni mezzo.

Ad ogni modo, come promesso in campagna elettorale, Clinton fece approvare dal Congresso il Family Medical Leave Act, una legge federale che garantiva ad alcuni dipendenti, fino a dodici settimane lavorative di congedo non retribuito, senza alcuna minaccia di perdita del posto di lavoro. Il FMLA prevedeva anche che i datori di lavoro avessero continuato a mantenere le prestazioni sanitarie per i lavoratori idonei, come se lavorassero193.

187 Ibidem

188 E. Carretto, M. G. Maglie, Op., Cit., p 11 189 Idem

190 Ibidem

191 E. Carretto, M. G. Maglie, Op., Cit., p. 65 192 R. Petrignani, Op., Cit., p. 395

Subito dopo, la priorità ad altri due temi: l’istituzione di un sistema sanitario nazionale e la riforma del welfare.

Lo scopo del presidente era quello di riparare un sistema sanitario da lui definito come rotto. Sosteneva il costo del sistema fosse troppo alto e che troppa fosse la burocrazia. I principi sui quali si sarebbe dovuta ispirare la riforma dovevano essere sicurezza, risparmio, semplicità, scelta, qualità e responsabilità. Si doveva creare quello che da troppo tempo mancava in America: avere una combinazione di forze di mercato private e una buona politica pubblica in grado di sostenere quella concorrenza194.

Volendo evitare che il progetto sulla sanità potesse rimanere impantanato nei meandri del Congresso, Clinton decise, già nella prima settimana di presidenza, di nominare una speciale task force, presieduta dalla moglie Hilary, con l’incarico di studiare il terribilmente complesso della creazione di un servizio sanitario che avesse avuto carattere universale: che estendesse la copertura a tutti gli americani, non più soltanto ai poveri e agli anziani coperti da Medicaid e Medicare195.

I motivi alla base della proposta erano molteplici: ogni americano spendeva per la salute 2.230 dollari mentre la spesa sanitaria negli ultimi dieci anni era passata dal 9% al 14%, che del prodotto interno lordo, che equivaleva a 800 miliardi di dollari, ovvero un settimo dell’intera economia; in più, ogni mese, circa due milioni di cittadini perdevano l’assicurazione sanitaria e di conseguenza l’assistenza sanitaria per loro stessi e le proprie famiglie196.

Un sistema che dunque, che aveva grandi anomalie pur avendo altissimi livelli di prestazioni, di cure e di ricerca scientifica197.

Si comprendeva perciò l’importanza della riforma, che come disse Clinton avrebbe portato ad inaugurare la transizione verso una “sicurezza domestica”, che l’America non aveva mai conosciuto198.

Nella commissione si accostarono diverse opzioni diverse, tra le quali quella di un modello di sanità molto simile a quello canadese, ma in seguito venne scartato. Alla fine, la commissione, dopo mesi

194 Per l’intero discorso del presidente Clinton, si veda: “CLINTON'S HEALTH PLAN; Transcript of President's Address to Congress on Health Care” in www.nytimes.com

195 R. Petrignani, Op., Cit., p 403

196 G. P. Zanetta- E. Ruffino, “Sistemi sanitari a confronto. Europa e Usa: dopo il Welfare State, prospettive per una riforma della sanità”, Torino, B.L.U EDITORIALE, 1996., p. 173

197 Idem

di lavoro quasi segreto, portò di fronte al Congresso un progetto di ben 1300 pagine, di difficile attuazione199.

Il disegno di legge prevedeva di riorganizzare il sistema sanitario territorialmente, attraverso l’istituzione di organismi promossi dai singoli Stati, che dovevano garantire l’acquisizione da parte dei cittadini di un piano standard di assistenza sanitaria offerto dai soggetti erogatori di prestazioni e garantito dallo Stato200.

Tutti i cittadini americani avrebbero ricevuto una Health Security Card, una tessera che garantiva ad ogni persona un pacchetto contenente alcuni benefici e servizi, che in caso di necessità, si potevano utilizzare per le elementari forme di assistenza201 .

Altri aspetti riguardavano la parte puramente organizzativa. Si era pensato ad un’opera di semplificazione del sistema per renderlo più accessibile. Nella proposta si sottolineava l’importanza di far partecipare anche i cittadini alla spesa, seppur con piccole quote. Questo, secondo la commissione, serviva ad aumentare il grado di responsabilità del cittadino, che poteva mancare se si fosse persa una partecipazione diretta.202

Il costo per le famiglie non doveva superare il 3.9% del reddito e le imprese avrebbero concorso al finanziamento del sistema tramite il versamento di contributi, che servivano ad abbattere parte del costo delle polizze assicurative203.

Il sistema avrebbe offerto nuove possibilità e opportunità a tutti i cittadini, che grazie a degli incentivi, sarebbero stati chiamati a ad interessarsi della propria salute. Cardine del nuovo sistema era la citata Health Security Card, grazie alla quale nessun cittadino sarebbe rimasto “scoperto”. Era questo di fatto il timore più grande dell’americano medio, ovvero il rimanere senza copertura sanitaria perché si veniva licenziati o semplicemente perché si cambiava professione204.

Il progetto divenne però bersaglio di diversi attacchi. Secondo molti la riforma avrebbe finito per creare un forte coinvolgimento del governo federale nel funzionamento del sistema. Una delle critiche che i repubblicani mossero a Hilary, fu quella di voler fare dell’assistenza sanitaria “un nuovo strumento di potere con cui allargare la sfera del big government”205.

199 A. Lettieri, Op., Cit., p. 8

200 G. P. Zanetta- E. Ruffino, Op. Cit., p. 194 201 Idem

202 Ibidem 203 Ibidem 204 Ibidem

William Kristol, stratega repubblicano dichiarò che il percorso dei repubblicani dal quel momento era chiaro: si doveva uccidere il piano di assistenza sanitaria del presidente Clinton206.

Anche gli stessi democratici erano divisi al loro interno. Il bisogno di un sistema sanitario nazionale non era così sentito dalla maggioranza della popolazione, che, nonostante riconoscesse le lacune del sistema, lo trovava ancora accettabile207.

Secondo Paul Starr, storico della sanità americana e membro stesso della commissione presieduta dalla First Lady, quest’ultima non aveva alcuna competenza nel campo della politica sanitaria e la sua nomina somigliava al tentativo del presidente di accelerare la realizzazione del progetto sotto la guida della Casa Bianca208.

Diversi furono i peccati di cui il progetto venne accusato, da ogni possibile angolazione ideologica, “spesso in maniera contraddittoria: socialista, antiamericano, stravagantemente costoso, ispirato dal pensiero di economisti di simpatie destrorse, tale da privare i pazienti del diritto di scegliersi un medico di fiducia e così via”209.

Anche il complesso sanitario-industriale diede il suo parere negativo al progetto e quanto esagerato fosse stato il rifiuto da parte di queste organizzazioni lo si può intuire da queste decise citazioni: un portavoce dell’AMA aveva paragonato la riforma clintoniana di distribuire ai cittadini documenti di identità sanitaria “alla sempiterna sorveglianza poliziesca tipica del modello sovietico”210.

Steve Forbes, presidente della nota rivista economica Forbes, nonché partecipante alla corsa alla corsa per la candidatura presidenziale, da parte repubblicana, si pronunciò così: “abbiamo bisogno di una dichiarazione di indipendenza in campo sanitario. Nessuno americano può essere costretto, contro la propria volontà, a irreggimentarsi in programmi pubblici di assistenza sanitaria”211.

Non bastò dunque la maggioranza democratica, anche questa divisa, in entrambe le aule del Congresso, a far approvare la riforma, che crollò sotto i possenti colpi inferti dagli avversari, politici e non. Tutto questo con grande rammarico del presidente Clinton, che aveva riposto molte speranze nel progetto.

Di li a poco, nelle elezioni di metà mandato, i democratici persero non solo la maggioranza al Senato, ma per la prima volta dopo quarant’anni, anche quella alla Camera dei Rappresentanti212. Un

206 E. Klein, “The man who helped kill Clintoncare explains why Obamacare can’t be killed” in www.vox.com 207 Idem

208 A. Lettieri, Op., Cit., p. 8 209 G. Freddi, Op., Cit., p. 56 210 Idem

211 Idem

Congresso ideologicamente polarizzato, con maggioranze repubblicane coordinate da un leader duro come Newt Gingrich, che avrebbe bloccato ogni possibilità di riforma liberal per l’intero mandato dell’amministrazione Clinton213.

Dopo la sconfitta, Hilary Clinton dichiarò che i democratici erano stati ingenui, che erano stati fatti degli errori di calcolo e riconobbe che il piano da lei proposto non era stato confezionato e venduto bene214.

Nello stesso periodo fallì anche un altro grande progetto per riformare il welfare. Uno dei punti più importanti del progetto doveva essere quello della cessazione dei sussidi per disoccupazione dopo un periodo di tempo limitato, dal giorno della perdita del lavoro. Secondo Clinton, che comunque aveva accetto i consigli le critiche mosse contro il sistema del welfare dall’opinione pubblica, lo scopo del welfare doveva essere quello di dare un aiuto temporaneo ai disoccupati e non quello di sviluppare una pensione permanente, contraria allo spirito di responsabilità appartenente all’etica americana215.

Ma l’idea del limite di tempo era contrastata fortemente, all’interno degli stessi democratici, da tutta la sinistra liberal. Questo, unito all’opposizione repubblicana fece andare la discussione nelle aule per le lunghe e alla fine dovette essere abbandonato216.

Non ebbe maggior fortuna quella che era stata un’altra proposta della compagna elettorale, ovvero quella della cosiddetta “reinvenzione del governo”, secondo la quale rendendo più efficiente la struttura amministrativa si sarebbero potute ridurre le tasse o il deficit. A fine ’93 il vicepresidente Gore presentò un rapporto che prevedeva un taglio del 12% di tutto il personale federale. Ma incontrò più difficoltà del previsto e il progetto venne in gran parte messo da parte217.

L’unica legge in ambito sociale che Bill Clinton riuscì a far approvare fu riguardo la lotta alla criminalità, problema comunque molto sentito dalla maggioranza degli americani, soprattutto per quelli che vivevano nelle grandi città.

La legge in questione era il Violent Crime Control and Law Enforcement Act, un immenso pacchetto da 30 miliardi di dollari, che è stato il più grande disegno di legge contro la lotta al crimine della storia americana. La legge fu messa insieme in diverso tempo. Le sue disposizioni implementarono diverse cose, tra cui condanna a vita obbligatoria per alcuni tipi di criminali recidivi, fondi per

213 G. Freddi, Op., Cit., p. 56

214 R. Pear, “For Mrs. Clinton, Health Plan Left Lessons and Questions” in www.nytimes.com 215 R. Petrignani, Op., Cit., p. 404

216 Idem 217 Idem

l’assunzione di centomila poliziotti, circa dieci miliardi di finanziamenti per le carceri e l’espansione dei reati punibili con la pena di morte218.

La maggior parte dei fondi è comunque stata impiegata più alle misure considerate punitive piuttosto che a quelle riabilitative o preventive.

A parte la riduzione del deficit grazie all’aumento delle imposte, lo State Children’s Health Insurance Program, programma statale che diede assistenza sanitaria e buone cure mediche a milioni di bambini americani e all’approvazione del Nafta219, il bilancio del primo biennio clintoniano si era concluso con un virtuale fallimento. La middle class non aveva ottenuto quello che il presidente le aveva promesso220.

Di fronte alla ormai secolare storia della riforma sanitaria, segnata dal successo della riforma di Lyndon B. Johnson, ma anche da grandi fallimenti, come quello di Bill Clinton, non è difficile capire i modi timidi e prudenti, con i quali sarà trattato il tema della sanità nelle future primarie democratiche del 2007-08.

218 J. Lussenhop, “Clinton crime bill: Why is it so controversial?” in www.bbc.com

219 Accordo nordamericano di libero scambio fra USA, Canada e Messico entrato in vigore il 1° gennaio 1994. Ha

istituito la più vasta zona di libero scambio nel mondo, interessando, al momento della sua creazione, 370 milioni di persone.

CAPITOLO 3:LA RIFORMA SANITARIA DI BARACK H.