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L’iter legislativo del Patient Protection and Affordable Care Act.

CAPITOLO 3: LA RIFORMA SANITARIA DI BARACK H OBAMA.

3.2 L’iter legislativo del Patient Protection and Affordable Care Act.

Con il discorso di Obama citato poc’anzi, era iniziato il dibattito in aula, con quattro proposte all’attivo. Il 16 settembre Max Baucus, presidente della Commissione finanze del Senato, aveva presentato una quinta proposta di riforma sanitaria, che era condivisa dall’esecutivo e parzialmente dagli oppositori. Una proposta che proprio per questi motivi sembrava poter rappresentare la base del futuro testo normativo257. Il 22 settembre successivo la Commissione finanze del Senato aveva preso visione dei 564 emendamenti presentati da parte di ambo gli schieramenti. Quando il senatore democratico Jay Rockefeller propose un emendamento per introdurre un “piano pubblico”, insistendo sulla sua “volontarietà” e come aiuto a coloro che erano più vulnerabili, la maggioranza democratica della Commissione si divise e un terzo votò con i repubblicani, facendo bocciare l’emendamento258.

Il 7 ottobre, nel corso dei lavori al Senato, la proposta di riforma aveva ricevuto una favorevole opinione dal Congressional Budget Office, per il quale l’applicazione di queste misure avrebbe prodotto una riduzione del deficit di ottantuno miliardi nel prossimo decennio259. Un tale parere non

255 “Discorso del Presidente Obama sulla riforma della sanità tenuto davanti al Congresso degli Stati Uniti”-9

settembre 2009, in www.federalismi.it

256 A. Lettieri, Op., Cit. p.25 257 E. Jorio, Op., Cit. p. 15 258 A. Lettieri, Op., Cit., p. 26 259 C. Bologna, Op., Cit. p. 11

poteva non essere preso in considerazione dalla Commissione finanze del Senato, chiamata al voto il successivo 13 ottobre e che votò favorevolmente, con 14 favorevoli e 9 contrari. Per dovere di cronaca si ritiene interessante segnalare la posizione assunta dalla senatrice repubblicana Olympia J. Snowe, dello Stato del Maine che, da molti osservatori era considerata la più malleabile, era arrivata addirittura a proporre degli emendamenti per accelerare il processo riformatore260. Una senatrice più “socialista” di altri democratici moderati. Vale la pena riportare una sua dichiarazione al momento del voto: “la legge non è ideale, ma quando la storia chiama, bisogna rispondere all’appello”261.

Intanto, nel ringraziare la comunità scientifica per l’assegnazione del premio Nobel per la pace, “nella giornata del 10 ottobre 2009 (…) il Presidente Obama aveva difeso energicamente il suo progetto di riforma sanitaria, assicurando l’opinione pubblica mondiale in merito al suo crescente consenso interno, registrato anche tra i governatori (A. Schwarzenegger), gli ex parlamentari avversari (B. Dole, B. First e L. Sullivan, quest’ultimo ex ministro della sanità del governo Bush), i senatori repubblicani di significativo peso politico (O. Snowe) e importanti sindaci (M. Bloomberg, N.Y) oltre che tra gli operatori sanitari in senso stretto”262.

Sempre in ottobre Barack Obama aveva denunciato pubblicamente le compagnie assicurative private di fare attività di lobbying in modo scorretto e di provocare un infondato allarme nel mercato e nella popolazione263.

Si potrebbe dire che, con la discussione da parte della Commissione finanze del Senato era iniziato il percorso che portò all’approvazione della riforma sanitaria negli Stati Uniti. Dopo l’approvazione del testo da parte della Commissione stessa, il leader della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid, inserì una sensibile modifica al testo, prima del confronto nell’aula parlamentare, volta a reinserire una più blanda public option, rispetto a quella che Obama aveva previsto. Una tale previsione aveva creato non pochi problemi tra i democratici, specialmente tra le fila più moderate dei blue dogs264. Il 7 novembre le paure in Senato, dovute a una tale iniziativa, si attenuarono poiché la Camera dei Rappresentanti votò favorevolmente il testo di legge di riforma sanitaria “Affordable Health Care for American Act”. Il testo aveva contenuti più progressisti rispetto a quello in discussione al Senato, prevedendo la quasi integrale reintroduzione della public option. Sul piano politico si registrò il voto a favore di un parlamentare repubblicano. Per l’approvazione del testo si deve riconoscere un certo merito alle associazioni professionali (medici e infermieri) e dei

260 Idem

261 E. Jorio, Op., Cit. p.20 262 Ibidem, p. 19

263 P. Valentino, Sanità, l’affondo di Obama “assicurazioni disoneste”, il Corriere della Sera, 18 ottobre 2009 264 C. Bologna, Op., Cit., p. 11

consumatori, che avevano dimostrato una certa capacità di influenza, sia per quanto riguarda l’opinione pubblica, sia per quanto concerne le rappresentanze politiche265.

Al Senato, la necessità di ottenere sessanta voti per non incorrere nel filibustering portò a delle negoziazioni serrate266. Chiaramente al centro del dibattito era posta sempre la public option che, doveva essere condivisa dai democratici più conservatori, ma anche da coloro che vedevano delle difficoltà nella propria elezione alle vicine tornate di mid-term.

Questo disegno di legge presentava delle differenze rispetto a quello approvato il 7 novembre alla Camera Alta e prevedeva un impegno economico-finanziario di 849 miliardi di dollari. Conti, questi, che secondo i repubblicani sarebbero stati maggiori, ammontando a 1500 miliardi di dollari. In questo testo, un’altra differenza rispetto al disegno della Camera dei Rappresentanti, stava nel concetto di public option, infatti, quello che qua si prevedeva, era un impegno più incisivo e importante rispetto a quello della Camera, caratterizzato da una partecipazione pubblica più blanda, che avrebbe consentito, qualora fosse stata approvata definitivamente, agli Stati della federazione di limitare o addirittura annullare la concorrenza del Governo federale, qualora avessero voluto Da ultimo, non per importanza, esisteva un ulteriore contrasto tra i due disegni di legge anche in tema di immigrazione illegale; infatti “nell’ipotesi legislativa votata dalla Camera dei Rappresentanti era esplicitamente offerta agli extra americani clandestini (circa sette milioni) la possibilità di acquistare, senza poter usufruire di alcun contributo pubblico, le polizze assicurative a costo moderato. Opzione non menzionata al Senato”267 Di fronte a questa situazione il gruppo dei democratici, cercò di far in

modo di andare al voto il più rapidamente possibile, consapevole delle difficoltà provenienti dallo scrutinio successivo268 e definitivo di Camera e Senato.

Harry Reid, il capogruppo democratico al Senato, era riuscito a togliersi una bella gatta da pelare, quando nella notte del 21 novembre sembrava iniziare a prendere forma il sogno di Ted Kennedy e il programma di Barack Obama, con il fatidico raggiungimento dei 60 voti favorevoli.

Il 9 dicembre al Senato era intervenuto un accordo bipartisan sulla riforma, perché tre senatori la influenzarono in modo radicale. Il primo, l’indipendente senatore del Connecticut Joe Lieberman, che sembrava aver cambiato idea in soli due giorni, in quanto dapprima aveva dato il suo parere favorevole alla public option, per poi revocarlo qualche giorno dopo. Il secondo e il terzo,

265 E. Jorio, Op. Cit., p. 25 266 C. Bologna, Op., Cit., p 11 267 E. Jorio, Op., Cit., p. 31

268 Dopo che entrambe le camere hanno approvato il proprio disegno di legge, questi testi dovranno essere fusi in un

rappresentanti di Louisiana e Nebraska, ottennero finanziamenti straordinari in favore dei sistemi di welfare dei loro stati di provenienza269.

Tali richieste vennero accolte e ciò fece capire sin da subito che l’approvazione del testo al Senato era imminente, anche se preceduta naturalmente dalle altre due votazioni procedurali, anche queste sostenute dalla maggioranza di 60 voti a favore270. Finalmente nella giornata del 24 dicembre, si tenne la votazione finale, che vide 60 voti favorevoli e 39 contrari, dalla quale venne licenziato il disegno di legge denominato Patient and Affordable Care Act.

Si aprì dunque l’ultima fase, forse la più complicata, quella di conciliazione dei testi approvati dai due rami del Congresso. Il testo unico sarà licenziato da una commissione paritetica composta da membri del Senato e della Camera dei Rappresentanti, che verrà poi sottoposto separatamente ai voti conclusivi delle due assemblee271. Oltre alle prevedibili difficoltà dovute alle discrepanze tra i due

testi, lo svolgersi del procedimento ricordato appariva molto accidentato; il clima politico già ostile, all’interno del partito democratico, si era ulteriormente guastato272. Erano due i principali fattori di

questo deterioramento. Il primo era dovuto alla durissima presa di posizione ideologica e totalmente disfattista dei repubblicani e allo spettacolo, a volte rissoso, a volte ambiguo, che i democratici avevano tenuto durante la discussione in aula. Atteggiamenti che fecero da focolaio per la nascita di un movimento politico di base estremista e conservatore, attivo a livello locale e nazionale, denominato Tea Parties273. Lo slogan dei Tea Parties era molto semplice: il sistema sanitario americano era il migliore del mondo, il piano Obama, le esperienze sanitarie europee e quella del vicino Canada erano socialiste e dunque antiamericane274.

Il secondo riguardava un fattore più specifico, in particolare l’elezione suppletiva, che si tenne il 19 gennaio 2010 per assegnare un seggio, nello stato del Massachusetts, divenuto vacante a causa della prematura scomparsa di Ted Kennedy, capofila dell’ala liberal del Senato e da tempo un grande simpatizzante della riforma sanitaria. Secondo gli addetti ai lavori queste elezioni non avrebbero dovuto rappresentare un grave problema, in quanto il Massachusetts era da anni un fortino democratico, ma contro ogni previsione, a prevalere fu il repubblicano Scott Brown275. Ormai i media

269 G. Freddi, Op., cit., p. 145 270 E. Jorio, Op., Cit. p. 30 271 G. Freddi, Op., Cit., p, 146 272 C. Bologna, Op., Cit., p. 11

273 I Tea Parties traggono il loro nome dal movimento di ribellione esploso a Boston nel 1773, che protestava contro la

sovrattassa sul tè, imposta dal governo di Londra. Sono famose le immagini degli appartenenti al movimento, che buttano a mare il carico di tè di una nave mercantile ormeggiata nel porto.

274 G. Freddi, Op., Cit., p. 147 275 C. Bologna, Op., Cit., p. 12

e i commentatori politici davano la riforma per spacciata; circolava l’idea che si sarebbe ripartiti da zero, con una proposta per ingraziarsi i repubblicani.

Vista l’impossibilità di unire i due disegni di legge che erano già stati votati dalle due camere, impossibilità derivante dalla perdita dei numeri anti-filibustering, i democratici optarono allora per una strada ardita: la Camera dei Rappresentanti avrebbe dovuto votare lo stesso testo approvato al Senato, senza presentare emendamenti; lo stesso giorno la Camera bassa avrebbe votato alcune modifiche al provvedimento inserendole in un reconciliation bill, un tipo particolare di atto legislativo immune da pratiche ostruzionistiche. Si trattava infatti di un atto di natura finanziaria destinato a contenere misure (nuove imposte o riduzioni di spese) necessarie a rispettare i parametri precedentemente fissati nel budget reconciliation, procedura che si poteva applicare solo ai provvedimenti di bilancio e la discussione, in questi casi, deve essere limitata entro le venti ore276. La strategia, che fu ampliamente contestata dai repubblicani poiché il testo non conteneva solo disposizioni di natura finanziaria, incontrò un ultimo ostacolo: la riforma approvata al Senato non includeva limitazioni all’uso dei fondi federali per l’interruzione volontaria di gravidanza e gli antiabortisti alla Camera dei Rappresentanti minacciarono di non votare i provvedimenti. L’ultima impasse venne superata dalla Presidenza che si impegnava a firmare, il medesimo giorno in cui la votazione avrebbe avuto luogo nella Camera bassa, un executive order avente lo stesso contenuto dell’emendamento Stupak277. Tutto si svolse come programmato: la Camera votò il progetto

approvato dal Senato e il reconciliation bill, mentre il Presidente adottava l’executive order n. 13535278. Nella Camera alta bastarono i voti di cinquantasei279 senatori per concludere finalmente l’iter280.

Il 23 marzo 2010, subito dopo la votazione, il Patient Protection and Affordable Care Act venne firmato dal presidente Obama, con grande gioia e celebrazione da parte del popolo democratico che non aveva smesso di credere in questo risultato. Mentre i democratici esultavano, i repubblicani, che descrivevano la misura come un esempio di grande governo in fuga, sostennero che non fosse un giorno da festeggiare.

276HOW THE CONGRESSIONAL RECONCILIATION PROCESS WORKS” in www.ncsl.org 277 Emendamento col quale si impediva che il denaro dei contribuenti finanziasse pratiche abortive.

278 Executive order 13535, Patient Protection and Affordable Care Act's Consistency with Longstanding Restrictions on

the Use of Federal Funds for Abortion (March 24, 2010). Il provvedimento è stato annunciato dalla Presidenza il 21 marzo e adottato, ovviamente, dopo la firma della legge cui si riferisce, il 24 marzo (i testi degli executive orders presidenziali sono disponibili nel sito della Casa Bianca, nella sezione briefing room: www.whitehouse.gov/briefing- room). C. Bologna, Op., Cit., p. 12

279 Trattandosi di un provvedimento finanziario è sufficiente la maggioranza semplice. 280 Ibidem

"This is a sad day for the American people ", disse John A. Boehner, il leader repubblicano della Camera. "By signing this bill, President Obama is abandoning our founding principle that government governs best when it governs closest to the people "281.