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Le idee di Barack H Obama e il dibattito prima della riforma.

CAPITOLO 3: LA RIFORMA SANITARIA DI BARACK H OBAMA.

3.1 Le idee di Barack H Obama e il dibattito prima della riforma.

La lunga campagna elettorale che portò all’elezione del presidente Barack Obama, prima nelle agguerrite primarie del partito democratico, poi nella competizione testa a testa per la presidenza, aveva posto tra i primi temi il dibattito sul problema della sanità. Sarebbe risultato quasi sicuramente il problema centrale, se non fosse stato in parte offuscato, da altri due gravi problemi, quali la guerra in Afghanistan e Iraq e la crisi economica221.

Il primo decennio del nuovo secolo non era nato sotto quella che verrebbe definita una buona stella. Si assistette infatti allo scoppio della bolla tecnologica, che ebbe conseguenze prolungate, poi nel 2008 alla bolla immobiliare-finanziaria. In due anni, tra il 2007 e il 2009 il numero dei disoccupati era raddoppiato, superando il 10%. Erano 7 i milioni di nuovi disoccupati che avevano problemi assicurativi. Di fronte a tutto ciò Obama stanziò un sussidio pari al 65% del costo medio dell’assicurazione. Era però un provvedimento a tempo, della durata di nove mesi, al termine dei quali il disoccupato e la sua famiglia sarebbero rimasti senza assistenza.

La galoppante inflazione dei costi sanitari, non mandò sul lastrico soltanto numerose famiglie, ma aveva danneggiato anche parte delle grandi imprese. Un esempio lampante era l’industria automobilistica di Detroit. La General Motors, la Ford, la Chrystler avevano stipulato dei contratti con i sindacati, con dei livelli assicurativi molto elevati, sia per gli impiegati attivi, sia per gli ormai ex dipendenti. È stato calcolato che il costo dell’assicurazione sanitaria incidesse in media 1000 dollari sul costo di produzione di un’auto. Considerando che la GM produceva 10 milioni di auto all’anno, voleva dire un aggravio di costi di circa 10 miliardi di dollari222.

221 G. Freddi Op., cit. p. 123

222 A. Lettieri, “Obama nel labirinto della riforma sanitaria Una metafora del capitalismo americano”, p. 17, in

Sotto tutti i profili quindi, non solo quello sanitario è il più costoso al mondo, ma anche il più inefficiente per le imprese. Questo era il bizzarro quadro che Obama doveva spiegare ai suoi interlocutori di qualsiasi altro paese capitalistico223.

Ebbene, Obama aveva deciso di sfidare il sistema politico del proprio Paese accollando una gran parte dei costi dell’universalità dell’assistenza, da estendere a 46/47 milioni di americani, in capo ai cittadini che avevano un reddito annuo maggiore di 350 mila dollari. Quindi, dal versante delle prestazioni globali da garantire, un processo simile a quello che aveva prodotto in Italia la riforma del 1978 con la legge n. 833. Quella riforma che aveva introdotto il SSN e che aveva sancito l’assistenza a chiunque e ovunque, liquidando il vecchio sistema mutualistico. Tutto questo risale certamente alla sottovalutazione giuridica di fondo di tale genere di diritti e quindi, era da considerarsi come conseguenza della non costituzionalizzazione dei diritti sociali negli Usa, che aveva permesso, che quello alla salute fosse subordinato, sul piano dei principi, ad uno stato sociale non assistito dal riconoscimento e dalla tutela costituzionale di tale tipologia di diritti224.

La nuova amministrazione pronta ad entrare in carica nel 2009, aveva l’opportunità senza precedenti, di riconoscere i diritti delle persone e assumersi la responsabilità di trasformare l’assistenza sanitaria in un bene pubblico, affinché venissero perseguiti risultati migliori per la salute dei singoli individui e della società nel suo complesso225.

Obama si insediò formalmente alla presidenza il 20 gennaio 2009 e fin da subito la riforma sanitaria venne messa al centro del suo programma politico, esercitando quel potere che la stessa costituzione gli riconosce226. Nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione, esposto dinnanzi alle camere unite il 24 febbraio 2009, il presidente rimarcò quanto fosse importante la riforma sanitaria, i cui obbiettivi dovevano essere l’aumento dell’accesso alle prestazioni e il controllo dei costi del sistema.

La proposta di riforma che aveva avanzato la nuova amministrazione democratica, poteva usufruire di una serie di esperimenti, che altre amministrazioni statali avevano compiuto per far fronte alle perplessità del sistema sanitario. Lo stato delle Hawaii per esempio, fin dal 1976 aveva promosso un sistema per cui le imprese dovevano fornire l’assicurazione sanitaria ai propri dipendenti e in questo modo, poiché il tasso di disoccupazione era molto basso, si era garantito un alto numero di assicurati.

223 A. Lettieri, Op., Cit., p. 13

224 A. Pierini., “Federalismo e welfare state nell’esperienza giuridica degli Stati Uniti”, Torino, 2003. 225 A. Rudiger, Op., Cit.

226 “Egli darà di tempo in tempo al Congresso una Informativa sullo stato dell'Unione, e raccomanderà alla

considerazione [delle Camere] le misure che giudicherà necessarie e convenienti; egli potrà, in occasioni straordinarie, convocare entrambe le Camere o una di esse, ed in caso di disaccordi tra di esse sulla data del loro aggiornamento egli le potrà aggiornare al momento che riterrà migliore; egli curerà che le leggi siano fedelmente eseguite e darà ordini a tutti i funzionari degli Stati Uniti.”: art. II, sez. III.

Ancora, il Californian universal health care bill si risolveva fondamentalmente in un fondo di pubblica assistenza, un vero e proprio sistema sanitario pubblico che includeva tutti i residenti dello Stato. Pur previsto nel 2006, la sua introduzione non è avvenuta a causa della crisi economico finanziaria che aveva coinvolto la California, che dovette purtroppo ridurre i piani di assistenza pubblica, nonostante le contrarie speranze. Il Minnesota e l′Oregon, avevano introdotto misure finalizzate a ridurre il numero dei non assicurati; altri interventi erano stati effettuati a livello locale, a San Diego come in alcune contee, ma si era pur sempre trattato di interventi limitati227L’esperienza più importante per l’amministrazione Obama era però quella dello stato del Massachusetts. Qui infatti, Mitt Romney, il governatore repubblicano, coadiuvato da un’assemblea legislativa per la maggioranza democratica, firmò nel 2006 l’Act Providing Access to Affordable, Quality, Accountable Health Care228. Punto nevralgico di questo sistema era l’individual mandate, ossia l’obbligo per ciascuno di fornirsi di un’assicurazione sanitaria, con il rischio, per chi infrangesse l’obbligo, pur potendo permetterselo, di una sanzione pecuniaria annuale, che cresceva fino al raggiungere il 50% del costo della polizza. Questo aveva lo scopo di creare una condivisione dei costi delle prestazioni sanitarie, evitando anche che i cittadini rimandassero la stipula dell’assicurazione al momento della malattia, sfruttando le leggi presenti anche in Massachusetts, che vietavano alle compagnie assicurative di negare la copertura sulla base delle condizioni di salute pregresse del richiedente229. Le classi meno abbienti potevano contare sui margini di discrezionalità che il Medicaid riconosceva agli Stati. Altro punto importante era l’employer mandate che si strutturava come “play or pay”, poiché le imprese che avevano più di un certo numero di dipendenti dovevano fornire agli stessi un employer sponsored program o alternativamente versare un contributo annuale per ciascuno di essi230. Queste esperienze, come si è sottolineato, avevano funzionato da veri e propri laboratori, e influenzarono la proposta di Obama, che nel suo primo discorso all’Associazione nazionale dei Governatori aveva rimarcato come ogni stato potesse e dovesse avere il ruolo di “laboratorio che sperimenta soluzioni innovative ai problemi economici del paese”231.

Differentemente dal Presidente Clinton, che affidò alla moglie Hilary il compito di guidare una commissione, che poi produsse il disegno di legge, Obama aveva individuato i principi alla quale la riforma doveva ispirarsi, per lasciare poi che fossero le camere ad elaborare un testo. Principi che si possono sintetizzare come segue: 1. Allargare l’accesso all’assicurazione sanitaria e ai servizi medici;

227 G. Barcellona, Quale sanità e quale America nel futuro prossimo venturo: progetti di riforma sanitaria ed identità

collettiva, Ragiusan, Roma, 2009

228 https://malegislature.gov/Laws/SessionLaws/Acts/2006/Chapter58

229 C. BOLOGNA, Dall’approvazione della riforma sanitaria alla decisione della Corte Suprema: la parabola (inconclusa) dell’Obamacare, in http://www.forumcostituzionale.it

230 idem

2. Regolamentare le compagnie assicurative col fine di contenerne le alte propensioni, percepite molto spesso come vere e proprie frodi ai danni del pubblico privo di difese; 3. Individuare fonti alternative di finanziamento pubblico e effettuare tagli negli esistenti programmi, al fine di consentire un accesso più ampio a un’assistenza migliorata; 4. Rallentare il tasso di inflazione, sia per quanto riguarda la parte pubblica che quella privata del settore sanitario232.

Il piano di Obama (Obama Plan), insomma, individuava come obiettivi principali, la copertura dei non assicurati e una più equa copertura per coloro che erano sottoassicurati. Si delineava anche una serie di obiettivi si sistema che erano volti a inserire dei cambiamenti radicali nella governance sanitaria. Per raggiungere questi ambiziosi risultati, erano due le strade da poter percorrere: la prima era quella del modello single payer, che per certi versi sarebbe stata risolutiva, ma né Hilary Clinton, né Barack Obama arriveranno realmente a proporlo durante la campagna democratica. La posta in gioco era troppo alta e lo schieramento dei contrari era talmente grande da poter mettere a rischio l’elezione stessa alla presidenza233. La Casa Bianca propose una coraggiosa e innovativa strada che

“va sotto il nome di public option (…) ossia un’offerta al pubblico in quanto, chiunque lo desiderasse, avrebbe potuto estinguere la propria polizza privata e passare sotto l’ombrello – a buon mercato – di una copertura federale simile a quella usufruita dai membri del Congresso o dai dipendenti della pubblica amministrazione.”234.

La public option, in contrapposizione al modello “Mediacare per tutti”, venne accolta in modo scettico da un’ala progressista del partito democratico; ma anche con un certo ottimismo dall’altra. I capi dei sindacati vi vedevano la prospettiva di una graduale universalizzazione del diritto alla salute. Obama e il suo staff avevano ottenuto un palese successo nella primavera del 2009, infatti l’AMA e l’industria farmaceutica dettero il loro benestare alla riforma sanitaria, ottenendo in cambio il non intervento politico sulla fissazione del prezzo dei farmaci e delle tariffe mediche. Le compagnie assicuratrici non si dichiararono contrarie a priori a una riforma che allargasse la platea degli assistiti, ma chiaramente pretendevano un impegno verso l’obbligatorietà dell’assicurazione. Fatto questo le compagnie si sarebbero impegnate a non discriminare nessuno sulla base delle malattie pregresse. Questo scambio appariva ovviamente favorevole alle compagnie assicuratrici, perché avrebbero visto allargare la platea dei richiedenti a circa 50 milioni di nuovi iscritti. Per quel che riguarda però il piano assicurativo pubblico, che era il nocciolo della riforma, venne lasciato da parte. Le compagnie assicurative non volevano assolutamente che un piano pubblico entrasse nel mercato.

232 G. Freddi, Op., Cit. p. 142 233 A. Lettieri, Op., Cit. 234 Ibidem, p. 127

Era un conflitto interessante e per certi versi illuminante. Si è detto più volte che l’ideologia del libero mercato è basata sulla teoria che l’intervento dello stato porti all’inefficienza. L’opposizione repubblicana in realtà era spinta da un motivo contrario: un piano assicurativo pubblico sarebbe dotato di una maggiore efficienza e capacità competitiva confronto all’oligopolio delle assicurazioni private. I salotti conservatori sostenevano la convinzione che l’amministrazione, utilizzando il “cavallo di Troia” della “public option”, puntassero all’ “europeizzazione” del sistema sanitario; e Barack Obama venne accusato, come già era avvenuto settanta prima a FDR, di essere un socialista mascherato. Dunque, a fronte di questa iniziativa ci furono forti resistenze della politica, soprattutto repubblicana, ma anche democratica235. Esse fondavano le loro ragioni su argomentazioni varie, poco plausibili, per la verità, dal punto di vista tecnico, come quella sopra citata. Le più preoccupanti sembravano essere quelle politiche, che cercavano di portare il confronto su un altro terreno di scontro, quello ideologico, basato sul binomio sanità pubblica-statalismo236. A nulla valsero le parole di Obama quando sostenne che chi avesse voluto, poteva mantenere la propria assicurazione privata.

Le reti televisive e i giornali conservatori illustravano con un certo orrore come un piano assicurativo pubblico avrebbe aiutato la liberalizzazione dell’aborto, favorito l’accesso alla sanità agli immigrati irregolari e sarebbe giunto a istituire collegi di medici, definiti Death Panel, che avrebbero potuto decidere l’eutanasia dei malati più anziani. Addirittura, Sara Palin, candidata alla vicepresidenza con McCain, spiegava in televisione, in diretta nazionale, come con la riforma, suo figlio down sarebbe morto perché non avrebbe avuto le cure necessarie. La propaganda talvolta assunse dei toni grotteschi. Obama venne accusato di essere un presidente incostituzionale, perché sarebbe nato in Kenya. In effetti la propaganda, basata sul richiamo ai principi, non importava quanto falsificati e distorti, aveva una incredibile capacità di distorcere gli orientamenti di una gran parte dell’opinione pubblica, anche quando entrava in contraddizione con quelli che sembrerebbero ovvie posizioni di buon senso. La potente macchina di distorsione ideologica generava effetti paradossali. Se si fosse interrogato un giovane disoccupato sul valore di un sistema pubblico, in grado di garantire un uguale assistenza a tutti, non avrebbe avuto dubbio alcuno nel rispondere che avrebbe preferito non essere assicurato, piuttosto che mettere la sua libertà di scelta nelle mani della pubblica amministrazione237. Altri, se interrogati sull’assurdità di un costo della polizza doppio per una persona di più di 50 anni, rispondevano che non sarebbe stato equo obbligare un giovane ad avere lo stesso costo assicurativo previsto per una persona anziana238. L’individualismo regnava sovrano e veniva innalzato a categoria

235 P. Krugman, “Le idee zombie sulla sanità”, La Repubblica, 25 agosto 2009 236 M. Teodori, “Il progetto Obama”, in federalismi.it, n4, 2009

237 A. Lettieri., Op., Cit., p. 20 238 Idem

suprema di organizzazione dei rapporti sociali. Questo rendeva completamente ciechi di fronte all’evidenza che l’invecchiamento, col suo maggiore bisogno di cure mediche, non è una scelta ma un evento naturale nel corso della vita. Così si vedevano persone normalissime, ragionare come le compagnie di assicurazione private che, secondo una logica innegabile di profitto, tendono a evitare le persone con più alto rischio239. Scriveva il New Republic: “The private insurance model is based on the sale of your product to the maximum possible number of healthy people (...) avoiding the groups at greatest risk”240. Venne messa su una immensa macchina di distorsione ideologica che risultò uno strumento utile ed efficace per trasformare gli interessi particolari del grande business assicurativo sanitario in interessi collettivi.

Sinceramente contraria alla riforma si era dichiarata sin dall’inizio la Chamber of Commerce, una sorta di Confindustria americana, cui facevano capo oltre tre milioni di imprese. A questa si era affiancata la Nfib (National Federation of Independent Business), che a sua volta era rappresentante di alcune centinaia di migliaia di piccole-medie imprese. Il testo della riforma era stato criticato dal mondo degli imprenditori per una pluralità di motivi: l’introduzione di nuovi obblighi e penalità a carico delle aziende; i tagli previsti al programma Medicare; gli incentivi, ritenuti troppo esigui e selettivi, a sostegno delle piccole imprese; l’inasprimento della pressione fiscale a carico dei datori di lavoro e dei redditi più elevati. Da parte del mondo imprenditoriale il giudizio sul pacchetto di riforma Obama era stato insomma nettamente negativo241.

Va anche detto, che la macchina della propaganda non poteva funzionare senza il sostegno, anche materiale, dei grandi gruppi di interessi. Le lobby svolgono una funzione essenziale affinché ideologia e interessi vadano a braccetto. A Washington operano oltre 30.000 lobbisti. Molti hanno in precedenza hanno lavorato nelle commissioni del Congresso. D’altro canto, le lobby, nelle loro elargizioni in favore delle campagne elettorali, non fanno distinzioni di partito politico. Alcuni membri del congresso, per la loro stessa importanza, risultavano particolarmente privilegiati. Fra questi vi era il senatore democratico Max Baucus che al Senato avrà un ruolo fondamentale nell’orientamento della riforma sanitaria. Baucus era uno dei quattro senatori che negli ultimi due decenni avevano ricevuto cospicui contributi dalle compagnie di assicurazione sanitaria. Si trattava, secondo il Center for Responsive Politics, di “donazioni” per un ammontare di circa quattro milioni di dollari. Agli inizi del 2009, quando si stava per discutere della riforma, 230 mila dollari furono versati nelle casse del senatore. Il caso non rappresentava un unicum. Il senatore repubblicano Charles Grassley, anche lui della Commissione finanze, che nello Iowa, il suo Stato, non aveva esitato a

239 Idem

240 E. Kilgor, Health Reform And The Specter Of 1994, 20.7.2009, in www.newrepublic.com 241 F. Toth, Op., Cit., p. 124

giustificare i timori per i “Death Panel”, aveva ricevuto 227 mila dollari, in vista della campagna elettorale del 2010. Formalmente, non si può parlare di corruzione, perché le donazioni e l’opera dei lobbisti rientrano nel gioco politico. Questa usanza, di inserirsi in ogni aspetto della democrazia, viene definita “super capitalismo” da Robert Reich. “Il dominio dei lobbisti, il danaro delle corporations, che sovrasta il sistema politico, rendono pressoché impossibile ai cittadini far sentire la loro voce”. Gli argomenti sventolati dai repubblicani erano confutabili, a volte del tutto inconsistenti. Insieme avevano però l’effetto di una valanga, destinata a colpire in una direzione o nell’altra. La grande stampa, dal Wall Street Journal al Weekly Standard, mobilitarono al servizio della causa gli intellettuali dell’ala neoconservatrice. La Fox News ebbe un ruolo rilevante nella battaglia diffamatoria, raccogliendo e alimentando senza scrupoli tutto il ventaglio dei tabù e delle distorsioni. La battaglia assunse le sembianze di una avanzata strategia di guerriglia, vennero infatti colpiti quei membri democratici del Congresso, che dovevano essere rieletti in collegi marginali, dove più alto era il rischio di essere sconfitti alle elezioni di Midterm242 dell’autunno del 2010243. Ma il problema

per Obama non era solo l’attacco senza esclusione di colpi dei repubblicani. Il partito democratico era diviso sempre più apertamente fra l’ala liberal e quella centrista.

Dalla parte della riforma si dichiararono, intanto, le due maggiori associazioni che rappresentano la professione medica, vale a dire l’Ama e l’American College of Physicians. Il Patient Protection and Affordable Care Act aveva al suo interno diverse cose che i medici apprezzavano, tra cui l’aumento delle tariffe dei medici di base, premi per chirurghi che lavoravano nelle zone maggiormente carenti e il potenziamento dei programmi di prevenzione.

Anche l’American Hospital Association, che rappresenta migliaia di strutture ospedaliere su tutto il territorio nazionale si era dichiarata favorevole alla riforma; così come la Catholic Healt Association, rappresentante di centinaia di strutture confessionali, che aveva anche contribuito alla campagna. Nonostante Obama avesse annunciato tagli alla spesa farmaceutica per i successivi dieci anni, anche la lobby dell’unione delle imprese farmaceutiche (Phrma) si era dichiarata favorevole. Secondo il Phrma le industrie del farmaco avrebbero tratto notevoli ricavi dalla riforma. Questa, durante la trattativa con la presidenza, era riuscita a ottenere diverse agevolazioni: il divieto di importare farmaci all’estero e l’estensione dei brevetti per farmaci biologici.

Oltre a queste, che comunque erano istituzioni del mondo sanitario, anche i sindacati generalisti manifestarono il loro consenso. Tra questi l’Aarp (American Association of Retired Persons,

242 Le elezioni di Midterm, lo dice la parola stessa della pragmatica lingua inglese, sono le elezioni che cadono alla metà

del mandato presidenziale. Servono, ogni quattro anni, ad eleggere la totalità dei membri della Camera e un terzo dei membri del Senato. Eleggono, inoltre, i governatori degli Stati dell’Unione e molte altre magistrature minori.

rappresentativa di oltre 40 milioni di pensionati) e l’Afl-Cio (la più grande federazione sindacale degli Stati Uniti, con più di 11 milioni di iscritti), seguiti dalle altre maggiori realtà sindacali del paese (Change to Win, Seiu ed altre sigle ancora)244.

Il 5 marzo l’esecutivo avviava un dibattito con un forum che si svolse alla Casa Bianca e strutturato in diverse sessioni. Al dibattito non partecipavano solo i membri del congresso, ma anche coloro che rappresentavano gli interessi coinvolti dalla riforma: associazioni mediche, compagnie assicurative, strutture ospedaliere, associazioni a tutela dei cittadini con particolari patologie, confessioni religiose245.

Le varie Commissioni del congresso, nel giro di pochi mesi, elaborarono quattro diversi disegni di