dar conto alle novelle e ai racconti popolari, il Bisenzio è un fiume da leggersi da un punto di vista antropologico ed etnografico prima ancora che geografico in un continuum spazio temporale davvero speciale ed unico. In particolare, il suo corso segnerebbe fin dalle origini dell’insediamento umano una sorta di sottile linea di demarcazione, confinando gli abitanti sulle opposte sponde, quasi che queste rappresentassero un limite non oltrepassabile. Non solo il fiume però, perché l’articolato massiccio dei Monti della Calvana, che si sviluppa parallelo al corso d’acqua in sinistra idrografica, sembra a sua volta un contrafforte naturale di difesa, oltre che rappresentare un cuneo perfetto di penetrazione per il transito tra le valli interne appenniniche e la grande pianura solcata dall’Arno (21). Queste terre, in virtù di tali prerogative, hanno gradatamente assunto anche un ruolo primario nell’organizzazione antica di questi territori, marcando la via ideale dei collegamenti tra le coste adriatiche a quelle tirre- niche. Per tali ragioni il massiccio montuoso e il suo fiume, in quanto territori ambiti, rappre- sentavano fin dal neolitico precise frontiere di colonizzazione tra etnie diverse. Nel susseguirsi delle varie età dei Metalli, la scoperta delle risorse minerarie del territorio e, soprattutto, la copiosa presenza di acqua renderanno ancor più espliciti questi fattori attrattivi, esercitando
A
GIUSEPPE ALBERTO CENTAUROTrud tionseq uismolore modip exercil elisse- quipit venibh ea consequisis amet, venis estrud dolor se dolesto euis
progressivamente, facendo perno sull’asta fluviale, una sorta di bipolarità. (34) (35) Tra il VII e il V sec. a.C., gli Etruschi per primi sapranno governare unitariamente questi territori appenninici, sia in termini di sfruttamento delle risorse sia come speciali vie di comunica- zione dalla piana fino alla sella spartiacque di Montepiano. L’interesse per questo valico che può sfruttare il fondovalle bisentino come elemento principale di veicolazione appare quindi evidente, rendendo del tutto plausibile il ruolo strategico esercitato dal fiume stesso. In tal modo possono essere spiegate le ragioni delle occupazioni e delle contese che hanno marcato fino alla riunificazione etrusca la storia di questo territorio, anche nella contrapposizione di terre rese tra loro antagoniste: Umbròs e Pelasgòs, Tyrsenòi e Ligures fra i primi, dall’età del Bronzo a quella del Ferro. D’altronde la formazione dell’ethnòs etrusco può considerarsi il prodotto della commistione nel tempo di genti diverse derivanti dal sostrato italico con quello tirrenico1. Con i Tuscòs, a contendersi le opposte rive saranno dal IV sec. a.C.: Galli Senoni e
Romani; ed ancora, nei secoli a venire Goti e Bizantini, Longobardi e Carolingi; ed ulterior- mente, altre infinite dispute per i castelli di Vernio, Mangona e Montaguto in Val di Bisenzio che si trasferiranno, dopo il sec. XI, in ambito feudale con i potentati delle famiglie comitali dei Cadolingi e degli Alberti e, dal XIV sec., dei Bardi, interessando Contee e Vescovadi, ma anche, con riferimento alla formazione di comuni e comunelli ed ai possedimenti monastici, come quello della potente Abbazia di San Miniato al Monte fino all’avvento delle aristocrazie terriere. (26) (20)
Il Bisenzio ha mantenuto lungamente questo primato. Si ricorda per inciso come sulle rive campigiane, intorno alla Rocca e al borgo incastellato, presero corpo le lotte fratricide tra Guelfi e Ghibellini. Del resto nel segno del campanile e di mai sopiti orgogli territoriali tra riva destra e riva sinistra, non verrà meno l’atavica rivalità, semmai affievolita e più blan- damente consumata nel reciproco scherno, come avvenne tra Verniotti e Mugellani, tra Pratesi e Campigiani e così via dicendo. Da questo punto di vista le ragioni della storia sembrereb- bero far pendere il peso della bilancia dalla parte del significato acquisito dal Bisenzio come
terminus territoriale, parendo perfino l’idronimo, sotto il profilo squisitamente etimologico,
sinonimo esso stesso di separazione.
Alla luce degli studi archeologici e storico-antropologici più recenti molte cose sono state però chiarite, soprattutto rispetto alle distorte interpretazioni delle antiche scritture, in vero assai frammentarie, ereditate dagli storici greci e latini, per quanto più spesso filtrate dai loro tardi ed apocrifi commentari: da Erodoto a Dionisio di Alicarnasso, da pseudo Scilace di Carianda a Polibio, da Strabone a Tito Livio, da Servio a Plinio, da Catone a Cicerone. Anche le incerte provenienze degli antichi popoli che qui hanno trovato dimora più o meno durevole, sembrano potersi pian piano sciogliersi negli accertamenti archeologici per poter meglio dipanare i fili di un’intricata matassa cronologica, ab origine, con tribù venute dal nord (da non confondersi necessariamente con genti di stirpe celtica, poi subentrate alle prime in epoche diverse), con genti spicciolate venute dal mare Adriatico, fin dalla prima età del Bronzo, anch’esse non da scambiarsi con i Tirreni che si sovrapporranno a queste solo all’incipit dell’età del Ferro. Certamente emerge tra i dati archeologici più recenti l’assoluta rilevanza del ruolo svolto dagli Etruschi nel ricomporre anche territorialmente una geografia umana frammentaria fino a fare della regione bisentina una distinta e distinguibile matrice culturale, politica ed economica, stabilendo infine una nuova centralità per questo territorio. L’asse bisentino rappresenterebbe allora in questo inedito scenario non più una terra di con- fine, dominata in modo alterno da opposte fazioni, quanto piuttosto, almeno se retrodatiamo l’orologio della storia a mille anni prima dell’era Cristiana, un fulcro ed uno snodo fonda- mentale nello sviluppo di queste remote civiltà riunite nel segno dei Rasenna.
millenaria di un vasto territorio che geograficamente deve oggi osservarsi, rispetto alla genesi ed allo sviluppo delle prime colonizzazioni umane, ben oltre i confini del bacino idrografico di appartenenza.
L’ager bisentino si pone, infatti, al centro di un sistema di insediamenti molto comples- so nelle dinamiche storico evolutive e tra i più rilevanti dell’ Etruria antica, considerandone l’estensione cospicua nelle province settentrionali, interessando quindi sia le terre toscane tirreniche, a nord dell’Arno (come parti rilevanti dell’Etruria Settentrionale), sia, più specifica- tamente, per l’area appenninica cispadana (Etruria Superiore). Si tratta di un ampio territorio che comprende oltre il Valdarno inferiore, anche il Mugello, le Valli del Setta e del Reno. Con un salto temporale di oltre duemila anni possiamo dire che oggi, pur essendo venuta meno l’antica rilevanza geografica del corso d’acqua, per altro a lungo mantenuta nei secoli, quanto
meno dal tardo impero al medioevo quando segnò il confine dei domini bizantini, ed ancora, dall’epoca feudale a quella delle signorie fino all’età moderna, ritroviamo il fiume ancora te- stimone primario nell’ambito socio-economico locale, avendo costituito il principale motore dell’industria pratese pre e post industriale.