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Nel documento Bisenzio. Un fiume nella storia (pagine 125-128)

Della presenza di un castello prima del 1376, anno in cui il governo fiorentino ordi- nava la fortificazione del borgo di Campi per garantire la sicurezza degli abitanti del luogo in tempo di guerra, si hanno notizie a partire dalla fine dell’XI secolo; una tradizione consolida- ta vedeva risalire la prima cinta muraria addirittura all’804, secondo le disposizioni di Carlo Magno, con uno sviluppo tale da ricalcare l’andamento delle mura trecentesche.

In realtà l’individuazione del sito come baluardo difensivo si perde nei secoli quando, sulla griglia del sistema viario centuriale etrusco-romano, si insediava il presidio feudale che segnava il nuovo confine delle comunità fiorentine ad oriente e quelle pistoiesi prima e pratesi poi, ad occidente.

In ogni caso per le origini del maniero si può far riferimento alla presenza di un guar- dingo già nel XI secolo e, quando la famiglia dei Cadolingi si estinse, il feudo, nel 1113, passò alla famiglia Mazzinghi, longobardi di origine, che ne tenne il possesso fino al 1295, momento in cui l’avamposto venne acquistato da Rosso Strozzi per 1000 fiorini.

Già a partire dal 1092 si hanno testimonianze scritte di un fortilizio, nel momento in cui il conte Uguccione di Bulgaro dei Cadolingi in una lettera all’eremo di Badia a Settimo parla di un castellare a Campi, il quale venne distrutto nel 1260 dai ghibellini e ricostruito a partire dal 1266. Questa fortificazione anticipava di oltre un secolo la realizzazione del ca- stello trecentesco con una cinta muraria che vedeva la fortezza inserita nel contesto del nuovo sistema difensivo, divenendo così il cassero del castello di Campi. Di ciò esistono tracciati residuali che corrono parallelamente la via principale del paese, via Santo Stefano, mentre

l’antico bastione della fortificazione venne demolito nel 1919 in seguito alle lesioni riportate dal terremoto del 29 giugno di quell’anno; il maschio si affacciava sull’odierna piazza Lan- ciotto Ballerini. La tradizione, che riprende le vecchie cronache fiorentine, vuole che proprio qui fosse scoppiato il conflitto tra guelfi e ghibellini: causa scatenante di un’antica rivalità tra le fazioni fu un litigio tra i Buondelmonti e gli Arrighi in una sera del gennaio del 1215 durante il banchetto per l’investitura a cavaliere di Mazzingo Tegrimo dei Mazzinghi.

Mezzo secolo dopo, in seguito alla devastazione castello, fu realizzato un castellare che conteneva al suo interno abitazioni e circondato su tutti i lati da profondi fossati e, contempo- raneamente alla sua costruzione, fu innalzata una torre a protezione dell’attraversamento sul Bisenzio, bastione che anticipava di un secolo l’edificazione della rocca Strozzi.

Il complesso architettonico della rocca così come oggi noi lo possiamo vedere ha origine nella struttura edificata da Carlo Strozzi nel 1377, momento in cui la repubblica Fio- rentina imponeva la fortificazione della cinta muraria del castello di Campi; a quest’anno il proprietario così descriveva il suo possedimento: «un grande casamento con torri palagio più case e casolari tratto a fortezza con fosso dintorno».

Legata da questo momento alle sorti di questa ricca famiglia fiorentina, la rocca, sim- bolo della collettività campigiana, ha nei secoli unito gli apparati dell’architettura medievale alle diverse modificazioni gentilizie del periodo Secentesco e Settecentesco con adattamenti rurali più recenti. In procinto di essere interessato da un progetto di riabilitazione funzionale, il complesso architettonico si propone di diventare uno dei fulcri culturali dell’intera piana metropolitana, andando ad ospitare una mostra permanente dei reperti archeologici della vicina Gonfienti nella villa fattoria e un museo di storia locale nel bastione, con gli annessi rurali che si rigenerano in spazi polifunzionali a servizio delle funzioni principali.

Dalla piazza Gramsci, un tempo giardino prima ed orto poi del complesso architet- tonico, spicca l’elegante struttura della bastione a difesa della cinta muraria occidentale del fortilizio di Campi che delimita il corso del Bisenzio; già in origine, quando la struttura del castello era realizzata in mattoni crudi ed era circondato da fossati, la sua funzione era quella di controllare la via commerciale che univa le città di Firenze e Prato, sia che avvenisse per via terrestre che per via fluviale, oltreché di difendere l’insediamento campigiano.

Il governo del territorio subì modificazioni a partire dalla seconda metà del XIII quan- do il progressivo indebolimento del potere dei Mazzinghi favorì le famiglie degli Strozzi e Rucellai che si insediarono nel territorio sostituendo la stirpe feudale nel possesso dei consi- stenti beni fondiari.

Una descrizione dettagliata della ricostituita Rocca si ha per la prima volta nel te- stamento inter vivos di Carlo Strozzi nel 1378 il quale descrive il possedimento come “uno

casamento grande con torri palagio e più case e casolari tratto a fortezza con fosso dintorno con un pezzo di terra accostato a detti fossi (...)”.

L’erede Marcello, ai primi del ‘400, consolidò l’apparato militare della Rocca di Cam- pi avendo il comune fiorentino impostogli di mantenere e difendere la fortezza da possibili attacchi esterni. In una denuncia catastale si evince come il complesso fosse costituito da una palagio campestre con orto affiancato da una torre colombaria con una tenuta agricola annessa ed un mulino prospiciente la via maestra.

La cacciata della famiglia Medici da Firenze alla fine del XV secolo coincise con l’ar- rivo di eserciti nemici che invasero la regione e la cittadella di Campi, luogo strategico sulla via di comunicazione principale, fu sconvolta da successivi saccheggi; il culmine si raggiunse con la distruzione delle fortificazioni trecentesche del castello, l’incendio della Rocca e con l’arresto di un Marcello Strozzi in fuga dal suo baluardo. Dopo questi sconvolgimenti e con l’instaurazione del primo Granduca di Toscana, Cosimo, la funzione difensiva del complesso

perse di significato tanto da trasformarlo definitivamente a villa suburbana. Quando alla mor- te di Giovanni nel 1567 i possedimenti passarono agli eredi, la Rocca veniva così descritta: “un podere con casa da lavoratore nel popolo di San Lorenzo a Campi, con casa da signore

detta la Rocca e più pezzi di terra”.

La trasformazione della Rocca a villa portò ad una ristrutturazione completa del fab- bricato tanto che, intorno al 1620, risultavano pagate commesse a molte maestranze per lavori effettuati nel complesso. L’apertura di nuove finestre, il restauro del tetto, la realizza- zione di piani di calpestio a quote diverse da quelle originarie furono le principali opere di questa riduzione. Parte di queste trasformazioni è ben visibile ancor oggi sulla facciata interna del fabbricato, dove l’assenza d’intonaco mostra chiaramente i tamponamenti delle vecchie aperture. Le nuove esigenze abitative imposero anche opere di abbellimento decorativo con la realizzazione di pitture pesaggistiche nel salone al piano terra, incorniciate da stucchi dorati.

Queste modifiche, unitamente alla scala in pietra arenaria settecentesca, sono ancora ben visibili nella corpo di fabbrica principale che da questo momento non subirà più significative modificazioni; da notare che, a dispetto dell’aspetto imponente, gli ambienti interni della Rocca non sono numerosi, contenendo al suo interno soltanto tre locali principali che si ripe- tono per ognuno dei tre piani fuori terra. La villa fattoria, prospiciente al bastione, presentava uno sviluppo planimetrico compatibile con l’attività agricola che si articolava nel territorio circostante con la presenza, ancor oggi visibile, dei locali adibiti a deposito delle granaglie.

A testimonianza di una maggiore cura degli ambienti interni, alla morte di Piero Stroz- zi nel 1744 veniva stilato un inventario dove si indicava, tra l’altro, la presenza di tende e erano ricavati dei ricetti congrui alle camere. Prima della venuta dei Lorena i possedimenti strozziani ubicati nella piana andavano da Campi a Prato fino a monte Morello; tuttavia con l’ascesa al trono della nuova dinastia i privilegi cortigiani della famiglia si avviarono verso il declino, tanto da far apparire nella settecentesca cartografia lorenese l’ormai vecchia villa come un anonimo toponimo, castellare Strozzi, indicato nella pianta del popolo di S.Lorenzo a Campi. Alla fine del XVIII secolo il complesso architettonico conservava, nella parte ter- gale, ancora le torrette angolari con la fattoria adibita a casa del fattore con “uno stanzone che serviva ad uso di granaio”. Quando nel 1830 fu realizzato il nuovo ponte sul Bisenzio, in sostituzione di quello di origine medievale, fu demolita l’antica antiporta, i cui segni re- siduali sono ancora visibili sulla facciata del mulino prospiciente all’attuale via Roma; fu probabilmente in questo periodo che si ebbero le ultime trasformazioni dell’ala colonica, con la regolarizzazione della facciata sul giardino che inglobò i granai in muratura. Ad ingentilire l’aspetto estetico delle due facciate principali furono realizzati tromp l’oeil in sostituzione di finestre non presenti, ancor oggi visibili in forma residuale. Contemporanei a questi lavori fu certamente la demolizione delle torrette angolari regolarizzando la cortina muraria.

In addossato a quest’ultima fu realizzato, tra la fine dell’800 ed i primi del ‘900, uno stanzone agricolo utilizzato come tinaia. A tal proposito, nelle prime fasi di lavoro per il recupero di questa porzione di edificio sono stati rinvenuti i beccatelli dell’originaria cortina preservati integri all’interno di una fodera muraria; il progetto di rifunzionalizzazione di quello che diventerà uno spazio polifunzionale a servizio del polo museale campigiano pre- vedrà la modifica dell’inclinazione della falda del fabbricato originario in modo da riportare all’evidenza questi elementi architettonici accecati da più di un secolo.

Le mutate condizioni economiche del casato, in seguito alle guerre della prima metà del Novecento, coincisero con il declino progressivo del complesso architettonico che, prima si vide privare delle sue pertinenze circostanti, cedute al comune di Campi Bisenzio da Guen- dalina Stewuard, vedova dell’ultimo discendente della famiglia Strozzi, poi con l’estinzione della stirpe nel 1982 si avviò il processo di alienazione del complesso culminato con l’acqui- sizione da parte dell’amministrazione comunale campigiana alla fine del secolo scorso.

Nel documento Bisenzio. Un fiume nella storia (pagine 125-128)