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dell’industria

Nel documento Bisenzio. Un fiume nella storia (pagine 165-168)

he il Bisenzio fosse una vera e propria forza della natura, era noto anche ai primi abitatori di questo territorio, ma è solo con la messa a punto della ruota idraulica che si verificò, lungo le sue sponde, una vera e propria rivoluzione sia produttiva che, di conseguenza, insediativa.

Ovviamente questo lavoro pur prescindendo dalla storia della ruota idraulica, per la quale si rimanda a specifici testi, vuole focalizzare l’attenzione sull’applicazione della stessa dal momento della sua comparsa sul nostro territorio dal medioevo in poi. Il suo primo impiego, avvenne all’interno dei numerosissimi mulini idraulici, che sorsero in prossimità del Bisenzio e dei suoi affluenti, sia nella parte valliva, che in pianura, oltre a quelli attestati sul sistema delle gore pratesi. Per quanto concerne questo territorio, si ha un sostanziale uso della ruota orizzontale, detta a ritrecine, che pur apparentemente più complessa della ruota verticale, presentava il fondamentale vantaggio della trasmissione diretta, senza dover far ricorso a complicati, quanto poco realizzabili, meccanismi di trasmissione del moto.

Figura 39 foto ritrecine (Guanci) L’impiego della ruota orizzontale fu però circo- scritto solo a quelle macchine che necessitavano di un movimento circolare parallelo al pavi- mento, come, appunto, il mulino ed il frantoio; mentre lungo il corso del Bisenzio numerosi furono anche altri tipi di lavorazioni, come cartiere, ferriere, ramiere, gualchiere, segherie ecc., che invece avevano bisogno di un moto rettilineo alternato, necessario all’azionamento di ma- gli e pestelli che dovevano battere in vasche o pille, ove erano collocate le materie da trattare.

C

GIUSEPPE

A tale fine ed in connessione con l’impiego della ruota idraulica verticale, si rivelò di estrema importanza un’altra fondamentale invenzione: l’albero a cammes, o come veniva chiamato al tempo, albero a palmole,1 il cui concetto è ancora oggi sfruttato all’interno dei motori delle no-

stre automobili. Questo era costituito da un albero intimamente connesso alla ruota verticale, che riceveva il moto dalla caduta dell’acqua, su cui erano infisse, appunto, le palmole, ovvero dei corti pezzi di legno, secondo una logica che variava da lavorazione a lavorazione, e che nella rotazione determinavano il sollevamento parziale ed il successivo rilascio delle stanghe di legno, a cui a sua volta erano connessi i vari mazzi, pestelli e magli. Anche in questo caso, per il momento, non vi sono veri e propri dispositivi di trasmissione essendo di fatto, l’albero

delle palmole, anche l’asse della ruota. Questa importante innovazione tecnologica era già co-

nosciuta nel I sec. d.C., ma probabilmente venne impiegata massicciamente solo più tardi, in primo luogo al meccanismo della gualchiera.2 Tuttavia, nel corso dell’Ottocento, con l’avvio

di un vero e proprio processo di industrializzazione inteso in senso moderno, e la necessità di trasportare la forza motrice anche lontano dalla ruota stessa, si assiste all’introduzione di ruo- te idrauliche sempre più performanti. La ricerca in campo tecnologico, infatti, dopo alcuni preludi teorici da parte di scienziati e matematici settecenteschi, nel 1823,

portò il francese Jean-Victor Poncelet ad ideare una nuova ruota con palette curve, che riusciva ad aumentare notevolmente il rendimento della stessa. Con l’adozione di queste innovazioni nasce la fabbrica modernamente in- tesa, ove numerosi macchinari e maestranze si concentrano in unico luogo, e per quanto riguarda il bacino del Bisenzio, si afferma con decisione l’industria tessile nel pratese, per il momento ancora tributaria dell’energia del Bisenzio, e l’industria della paglia nell’area Signa-Campi, che tuttavia prescinde dalla forza motrice del Bisenzio. Da questo momento in poi l’energia idraulica, fino ad allora utilizzata per le sole gualchiere, viene applicata anche ai telai meccanici ed alle filande. Ma la tecnologia in quegli anni fa passi da gigante, e mentre si impiegano e si affinano le più efficienti ruote a pale curve, queste vengono rapidamente superate ed accantonate da una nuova ed importantissima in- venzione: la turbina idraulica. Questo apparecchio era in grado di raggiungere elevate velocità di rotazione, convogliando e costringendo il flusso dell’acqua, ad assumere un moto rotatorio attorno ad un asse verticale, al quale era solidale un ordine di palette. Nel territorio pratese la turbina fa la sua prima apparizione nel 18603, quando Giovan Battista

Mazzoni ne costruisce ed installa una nello stabilimento del figlio. Dopo appena quattro anni sul corso del Bisenzio se ne conteranno ben quindici.

Figura 40 - foto turbina (Guanci) La successiva specializzazione, di tutta l’area pra- tese, nella lavorazione delle lane riciclate, portò allo sviluppo ed automazione - con motori ad energia idraulica - delle sfilacciatrici e dei carbonizzi4, oltre ai folloni che nel frattempo

avevano sostituito le gualchiere. Fino a questo momento tuttavia le macchine, ancora di pic- cola dimensione, riuscivano ad azionarsi con l’energia idraulica, ma sul finire dell’Ottocento, quando appaiono i primi complessi industriali, questa diviene insufficiente. Non è quindi un caso se l’avvio del processo di industrializzazione, nel 1886, coincise con l’introduzione di una nuova e più potente fonte di energia: il vapore5. L’avvento dell’energia elettrica, agli inizi

del Novecento, determina l’introduzione di moderni macchinari azionati anche a corrente, e quindi nasce la progressiva esigenza di sostituire le vecchie ruote idrauliche, o proto-turbine, con moderne turbine in grado appunto di generare in maniera efficiente tale tipo di energia. Ovviamente pur avendo trovato un sistema di approvvigionamento energetico più moderno, tali impianti resteranno comunque legati alla stagionalità della portata del Bisenzio, per cui in tempi di magra si fu comunque costretti ad acquistare energia dalle emergenti società di

distribuzione, come la “Società Mineraria Valdarno”6, o ad utilizzare impianti ausiliari come

quelli a vapore. In seguito alla nazionalizzazione del settore elettrico, avvenuta nel 1962, pur essendo prevista la sussistenza degli auto produttori, divenne sempre meno conveniente man- tenere tali piccoli impianti, e quindi progressivamente furono tutti dismessi. Recentemente, in seguito alla riscoperta dell’importanza delle fonti rinnovabili, tutto questo patrimonio sta per essere recuperato ai fini della produzione energetica.7

Nel documento Bisenzio. Un fiume nella storia (pagine 165-168)