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1.4 Appunti per un profilo della storia della scultura a Genova nel Quattrocento (1440-1520)

1.4.3 La bottega dei fratelli D’Aria e gli esordi di Girolamo Viscard

Al pari dei bissonesi i membri della famiglia lombarda dei D’Aria, Michele, Giovanni e Bonino, sapranno conquistarsi un ruolo di primo piano sulla scena artistica genovese dell’ultimo quarto del secolo, quando verrà affievolendosi l’egemonia tipologica e formale dei modelli elaborati dalla bottega di Giovanni da Bissone.

Tra i fratelli lombardi, merita una trattazione a parte la personalità di Michele d’Aria, alla quale non solo si può restituire un coerente e cospicuo catalogo di grande interesse per l’originalità e la raffinatezza dei suoi modi scultorei, compiendo un’azione che non si può ripetere per la maggior parte degli artefici del Quattrocento genovese, ma anche riconoscere un apprezzamento fuori dal comune da parte dei contemporanei, che gli ha permesso di ottenere committenze di grande prestigio nel corso della sua carriera390.

Michele appare per la prima volta documentato a Genova nel 1466, coinvolto in una commissione di grande rilevanza, ovvero la realizzazione della statua-ritratto di Francesco Vivaldi (FIGG. 137-140) per la sede del potente Banco di San Giorgio391. Si tratta della prima di una serie

di compiti che Michele riesce a farsi affidare dall’istituto bancario, che si mostra desideroso di immortalare i benefattori dell’istituzione, distintisi per i meriti acquisiti, in una apposita galleria di ritratti, piegando le valenze celebrative che soggiacevano solitamente alla raffigurazione degli ‘uomini illustri’, spesso eroi del mondo antico, a un pragmatico senso civico e contemporaneo392.

389 Per la bibliografia sul pezzo, non troppo riuscito nella resa delle figurine impacciate e stirate in primo

piano, sebbene disposte in uno spazio riferibile a moderni criteri rinascimentali, e per la possibile attribuzione all’Amadeo data da Piero Boccardo, cfr. BOCCARDO 1983, p. 46 nota 25; BOCCARDO 1989, p. 17; MÜLLER

PROFUMO 1992, pp. 121-126; VILLANI 2007, p. 37.

390 Per una bibliografia sullo scultore di vedano: VARNI 1870, pp. 34-35, 92-93; ALIZERI 1870-1880, IV,

1876, pp. 181-219; JUSTI 1892a, pp. 13-14; MERZARIO 1893, II, pp. 210-211, 244, 517; CERVETTO 1903, pp. 12-15, 45-50, 100, 252; KRUFT 1971a, pp. 274-278; KRUFT 1971b, pp. 20-21; MALANDRA 1974, pp. 135-139; VARALDO 1974; ALGERI 1977; TAGLIAFERRO 1986; PARMA ARMANI 1987, p. 269; TAGLIAFERRO 1987, pp.

227-230, 242-243, 246-248; ALGERI 1992; PARMA ARMANI 1993, pp. 148-149, 154-155; VILLANI 2006, pp.

95-96, 98; BARTOLETTI 2009, pp. 30-32; ZURLA 2015, pp. 53-76.

391 L’autore del ritratto, da eseguire in otto mesi per un compenso di 85 lire, è noto dal registro di

pagamenti del Banco (19 agosto 1466). Il marmo è terminato nel dicembre 1467, quando si assegna al pittore Francesco da Pavia l’incarico di dorare la cattedra. I pagamenti riportati da Alizeri illustrano che il 24 maggio 1468 il D’Aria ricevette un’altra somma a saldo del compenso, e informano circa la presenza di un certo Enrico da Carona, che aveva ricevuto l’incarico di porre in opera il ritratto (ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, p.

185 nota 1). Lo stesso maestro sarà ingaggiato per l’installazione della statua dello Spinola il 20 dicembre 1474 (ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, pp. 187-188 nota 1).

392 Per la serie di ritratti commissionati dal Banco di San Giorgio e le vicende sul restauro della sede

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È chiaro che una simile commessa non poteva essere assegnata a un acerbo scalpellino, appena affrancato dall’apprendistato: nel 1466 Michele era pertanto un artefice maturo, che doveva aver terminato la sua formazione già da qualche anno, forse ricevuta presso le terre d’origine o presso un grande cantiere del Ducato - come il Duomo di Milano o la Certosa di Pavia - e che si era evidentemente perfezionato sul linguaggio di Giovanni da Bissone una volta giunto nel capoluogo ligure. Una permanenza nella bottega di Giovanni del giovane D’Aria chiarirebbe, infatti, non solo la scelta da parte dei benemeriti di San Giorgio dello scultore cui affidare l’importante commissione, dal momento che avrebbe costituito un ottimo biglietto da visita presso la nobiltà genovese, ma anche alcune tangenze formali, riscontrabili nelle loro opere, quali gli occhi fortemente stondati sotto le profonde arcate sopraccigliari e la morbida conduzione plastica del modellato, capace di conferire effetti di eleganza e raffinatezza, che Michele sembra desumere proprio dal maestro originario di Bissone. Tale ipotesi, che verrà messa in luce di volta in volta durante la presente dissertazione biografica, trova una prima riprova con la commissione del citato Ritratto di Francesco Vivaldi (FIG. 136), che palesa indubbie tangenze con lo stile di Giovanni. L’effigie dell’aristocratico, nella sua posa assisa, non solo sembra memore del Martino V di Jacopino da Tradate (FIG. 141), ma anche delle Virtù del monumento del cardinale Giorgio Fieschi in Cattedrale (FIGG. 280-283), così come affini risultano essere le espressioni severe e composte del volto del benefattore e le soluzioni scelte per i Chierici dello stesso sepolcro, eseguito appunto dal Bissonese (FIG. 286); persino la stessa modulazione del panneggio delle figure giovannee, fatta di pesanti pieghe tubolari disposte ordinatamente, si ritrova nel peculiare trattamento delle stoffe riservato al marmo che ritrae il Vivaldi, compreso l’andamento sinuoso delle pieghe in eccesso che, toccando terra, formano caratteristiche curve a S o Ω393. Il volto, infine, con l’attenzione ai dettagli fisionomici, dalla resa

1992, pp. 81-96. Prima dei restauri le fonti (BANCHERO 1846, pp. 384, 404-405, 407-409; ALIZERI 1846-1847,

II.1, 1847, pp. 280-281) ricordano le quattro sculture di Michele D’Aria nell’atrio del primo piano, mentre oggi sono disposte lungo le pareti della Sala del Capitano del popolo ricostruita dal d’Andrade. La bibliografia generale su palazzo si può così riassumere: ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, pp. 183-189, 322-324; CERVETTO

1903, p. 13; GROSSO 1953, pp. 19-21; Palazzo San Giorgio 1977, p. 22; ALGERI 1982; TAGLIAFERRO 1987, pp.

227-230; ALGERI 1992, p. 64; PARMA ARMANI 1993, pp. 148-149, 154-155; I. FERRANDO CABONA, in Palazzo San Giorgio 1998, pp. 106-135.

393 La scultura, al pari di quelle che seguiranno, reca con sé un’iscrizione commemorativa, in cui sono

esplicitati i meriti del benefattore che gli hanno valso il perpetuo ricordo tramite l’effigie scultorea. Il fatto che compaia nell’iscrizione il 1467, è indicativo dell’anno di installazione della scultura: «QUESTA IMAGINE E MISSA COSSI PER MEMORIA DE LO PRESTANTE NOBILLE MESER FRANCESCO DE VIVALDO FIGLIO DE MESER LEONELLO QUA PER ZELLO DE LA PATRIA CONSIDERANDO LO GRANDE DEBITO IN LO QUA ERA QUESTO MAGNIFICO COMUN DE ZENOA COMPOXE IN LOANO DE MCCCLXXI CON LO REZIMENTO DELO DICTO COMUN DEVEI METTE IN LE COMPERE DE PAGE DE CAPITULO LOGHI LXXXX ADEVEI MULTIPLICA CON LO TEMPO PER QUEI LI LOGHI CON LO SUO MOLTIPLICO SE DEVESSE DESBITA TUTE QUELLE COMPERE E COMUN COMO PER LI PACTI PER LUI FACTI CON LO PREFATO REZIMENTO DELO COMUN SE CONTIEN E A LA SUA MORTE ERAN ZA TANTO CRESUI LI DICTI LOGHI CHE ASCENDEVANO ALA SUMMA DE LOGHI CCCCXXXXVIII DE PAXE E HORA IN LO ANNO DE MCCCCLXVII SE TROVAM ESSERE LOGHI OTTOMILLIA DE SAM ZORZO PER LIQUE LOGHI E SUO AUGUMENTO SEDE DESBITA LE COMPERE DE SAM ZORZO COMO SE

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delle rughe di espressione posate sul volto alle vene epidermiche delle mani, riprende le soluzioni espressive di Giovanni, privandole del loro tono fortemente idealizzato, forse anche per rispondere alle esigenze della committenza, che richiedeva il ritratto di un personaggio praticamente contemporaneo.

Soddisfatti dell’esito dell’effigie affidata allo scultore, i protettori del Banco non tardarono ad assegnare al D’Aria altre tre sculture, ritraenti Luciano Spinola, la cui esecuzione si colloca tra il 1473 e il 1474394 (FIG. 142), Domenico Pastine, realizzata tra il 1475 e il 1478395 (FIG. 143), e

Ambrogio di Negro (FIGG. 146-148), ritratto ancora vivente, approntato nel 1490, a distanza di qualche anno rispetto ai precedenti manufatti396. Attraverso questa serie di immagini l’intento

celebrativo del Banco e l’abilità con lo scalpello del D’Aria seppero dare vita a un ciclo inedito per portata civica e commemorativa, che non trova eguali per innovazione e originalità, vista la cifra umana e non retorica di queste pure solenni statue, capaci di ostentare una monumentalità

CONTIEN PER LI PACTI FACTI IN LO ANO DE MCCCCLIIII PER LO REZIMENTO DELO COMUN CON LO MAGNIFICO OFFICIO IN SAM ZORZO PER CHE PAR DEGNA COSSA DE TANTO EXCELENTE DICTO COMUN E DE QUESTA CITA E FA COSSI COMMEMORATIOM CHE DELI ALTRI VOGLIAM COSSI FA E CIASCHUN PER ANIMA DE QUELLO LO ALTISSIMO DEE PREGAR».

394 L’iscrizione riferita alle gesta del benemerito recita: «MCCCCLXXIII DIE XXII APRILIS. HEC EST IMAGO GENEROSI QUONDAM DOMINI LUCIANI SPINULE HIC POSITA AD ETERNAM LAUDEM ET COMMENDATIONEM EIUS ET AD EXCITANDOS ALIOS CIVES UT IN ADIUVANDA EXDEBITATIONE COMPERARUM ET ONERUM PUBLICORUM IMITENTUR LIBERALITATEM ET GENEROSITATEM ANIMI IPSIUS DOMINI LUCIANI UT PAREM GLORIAM IN PATRIA SUA CONSEQUI MEREANTUR EX PARTE ENIM DONATIONIS ALIAS FACTE PER IPSUM DOMINUM LUCIANUM EXDEBITATE ET ANNULLATE FUERUNT HOC ANNO QUINQUE CABELLE INFRASCRIPTE VIDELICET MEDII FLORENI SERVORUM FLORENI VENDICIONIS SERVORUM EQUITATURARUM INBOTATURARUM VINI ET PLATARUM ARENE RELIQUATUS LOCORUM MULTIPLICATORUM EX DICTA DONATIONE SINGULIS ANNIS ITERUM MULTIPLICABITUR DONEC AD GLORIAM EIUS DEO FAVENTE ALIE CABELLE EX EO POTERUNT EXDEBITARI ET ANNULLARI».

395 I pagamenti a Michele D’Aria sono datati al 28 giugno 1475 e al 16 dicembre 1478, mentre la messa in

opera dovette tardare, se è solo nel 1483 che vengono registrate le spese per il trasporto nella sala maggiore del palazzo, la cui responsabilità era affidata a Battista Carlone. Lo stesso giorno veniva pagato dal Banco, per la decorazione pittorica della scultura, anche Lorenzo da Como, pittore, cfr. ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, p. 188 nota 1. Il testo dell’iscrizione a corredo della scultura è: «HAEC EST IMAGO EGREGII QUONDAM DOMINI

DOMINICI DE PASTINO DE RAPALLO EX CUIUS LEGATO FACTO IN CIVITATE FAMAGUSTE IN QUA DECESSIT DEPUTATA FUERUNT ANNO MCCCCXI LOCA TREDECIM L. LXXVIII ET SOL. X COMPERARUM SANCTI

GEORGII EXDEBITATIONI IPSARUM COMPERARUM SCRIPTA IN CARTULARIO P. SUPER EUM, QUE ANNO

MCCCCLXX QUINTO TANTUM MULTIPLICATA FUERINT UT EX EIS ASSIGNATA FUERUNT LOCA DUOMILIA EXDEBITATIONI CABELLARUM INFRASCRIPTARUM VIDELICET SOLDI UNIUS PRO SINGULA MINA GRANI RAIBETARUM GOMBETE GRANI IANUE SOLIDORUM XV PRO CENTENARIO MINARUM GRANI INTROITUS MINE UNIUS GRANI QUARUM EXIGEBANT PATRES COMMUNIS A SINGULO NAVIGIO GRANUM AFFERENTE MESTRARUM CANABACIARUM PONTONI CEPI ET MELLIS: QUE OMNES CABELLE DICTO ANNO LXX QUINTO EX PREDICTIS LOCIS DUOBUS MILLIBUS ET ALIIS LOCIS QUINGENTIS COMPERARUM FUERUNT ANNULATE ET SIMUL CUM IPSIS LOCIS CASSATE AC DELETE AD LAUDEM IGITUR AC GLORIAM IPSIUS QUONDAM DOMINI

DOMINICI ET EXEMPLUM OMNIUM IPSA IMAGO HIC POSITA FUIT POST QUAM EXDEBITATIONEM ITERUM REMANSERUNT SCRIPTA SUPER IPSUM DOMINUM DOMINICUM IN CARTULARIO PL. LOCA CENTUM NONAGINTA QUINQUE QUE ANNUATIM IMPLICABUNTUR ET ASSIGNABUNTUR EXDEBITATIONI COMPERARUM».

396 Il pagamento è registrato da Alizeri l’8 maggio 1490, cfr. ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, p. 189 nota 1.

L’iscrizione apposta alla figura recita: «[…] ET PRECLARO CIVI AMBROSIO DE NIGRO CORSICE COMMISSAR(I)O TRES PROTECTOR(UM) SANCTI GEORGII MAGISTRATUS OB RES IN CORSICA BENE FORTITERQ(UE) GESTAS INTER ALIA LABORIS AC VIRTUTIS ILLI A SE PREMIA DECRETAMONUMENTUM QUOQUE ISTUD PORNENDU(M) CENSUERE ACURSIUS SCRIPSIT MCCCCLXXXX DIE V MARCII».

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tutta morale. I caratteri di indagine espressiva del Vivaldi si mitigano nei ritratti dello Spinola e del Pastine (FIGG. 142-145) che, differenziati dal primo per la posa stante, appaiono assai simili fra loro, avvolti nei lunghi abiti quattrocenteschi. Incredibilmente veritiero è invece l’atteggiamento che Michele conferisce ad Ambrogio di Negro (FIG. 146), che nella sua posa in piedi assume una postura tutta naturale, ponendo la mano alla cintola e spostando il peso del corpo su un’unica gamba, quasi fosse pronto a scendere dal suo piedistallo da un momento all’altro. Anche la resa del volto, tarchiato e per nulla aggraziato, incorniciato dai lunghi ricci, risponde a esiti di ricerca naturalistica che indagano sui dettagli ritrattistici, forse anche in risposta a precise esigenze di committenza dal momento che l’effigiato viene immortalato dalla scultura quando ancora in vita. Interessante appare poi la mensola su cui poggia la figura, in cui il piccolo putto reggistemma (FIG. 149) guarda a sinistra con uno scatto improvviso, mentre un alito di vento gli smuove il ciuffo sulla fronte, alzandolo in uno scompigliato ricciolo, che contribuisce a conferire alla figura una certa finezza e che, oltre a ricordare le soluzioni dei medesimi personaggi riconoscibili nel catalogo di Giovanni da Bissone, con cui condivide lo stesso trattamento delle ali, sembra sovrapponibile ad altri esemplari anonimi riscontrabili nel centro storico genovese, come quelli intagliati per le mensole del cortile di Branca Doria (FIG. 150), in pietra nera, o gli angeli del sovrapporta in via Canneto il Lungo 29r (FIG. 343), anonima realizzazione tra le più eleganti con l’effigie di San Giorgio, che si propone di assegnare allo scultore.

Interessante riguardo la commessa di queste statue, tutte documentate, è la prassi operativa con cui si mettono in opera le sculture: i pagamenti testimoniano infatti la presenza di artefici secondari che sono compensati per la messa in opera dei marmi scolpiti da Michele d’Aria, che in questa commissione sembra ricoprire un vero e proprio ruolo di sculptor piuttosto che di magister antelami. Per la statua del Vivaldi, al D’Aria pagata 85 lire, l’operaio Enrico da Carona, il quale si occupa della messa in opera, riceve 18 lire397, mentre al pittore Francesco da

Pavia, per dipingere la cattedra marmorea del benemerito, venivano assegnate 5 lire. Si è di fronte a un singolare e affascinante caso in cui sono testimoniati gran parte dei passaggi lavorativi che stanno dietro l’esecuzione di una scultura quattrocentesca, che nel complesso sappiamo venire a costare al Banco (se nel compenso del D’Aria era già incluso il costo della materia prima) circa 110 lire.

Un incarico più prosaico sarà affidato al magister Michele, sempre per volontà del Banco, nel 1491398, quando è documentata la fornitura di alcuni scalini marmorei e di un architrave in

397 Secondo il testo che riporta l’Alizeri: «Item die ea pro Enrico de Carona pro sua mercede trahendi et

reponendi et aptandi ipsam imaginem in loco in quo est: L. XVIII sold. VIII».

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pietra nera; questo elemento sarebbe stato scolpito dal D’Aria sul materiale procurato da Nicola de Violo da Lavagna. E d’altronde lo scultore sembra pienamente inserito nel sistema corporativo genovese, per cui nel 1475 partecipa con il fratello alla riunione dei magistri antelami in cui si affidò una importante procura a Giuliano da Bissone e a Giovanni da Carona399, mentre

negli anni a seguire, forse per assolvere a un numero sempre crescente di commesse, gestì con i fratelli diversi contratti di apprendistato400.

In qualità di sculptor Michele ottiene invece la commissione inerente la decorazione della cappella di San Vincenzo nella chiesa di San Domenico, da svolgersi in collaborazione con Giovanni di Beltrame da Campione401, e per cui il compenso fissato dal committente, Francesco

Spinola, sarà pari a 125 lire. Per l’arredo del sacello i due scultori devono prendere a modello - si prescrive - la cappella di Napoleone Lomellini in San Francesco (struttura della quale non si conosce l’aspetto) secondo le prassi d’imitazione di modelli in uso nelle botteghe genovesi402.

Nello stesso contratto è inoltre precisata la committenza di una pila marmorea, destinata con ogni probabilità al medesimo ambiente, realizzata su disegno di Michele, che conferma così le sue doti progettuali e inventive, e retribuita ben 75 lire, quasi quanto la statua di Francesco Vivaldi403.

Agli inizi degli anni Ottanta Michele e Giovanni D’Aria sono impegnati a Savona, per l’esecuzione della decorazione della cappella di Sisto IV, eretta nel chiostro della chiesa di San Francesco, dove il pontefice aveva dato avvio alla propria carriera ecclesiastica nel 1423404. Il

399 ASG, Notai antichi, 1023, s.n. (29 giugno 1475). Il documento è pubblicato in TAGLIAFERRO 1987, pp.

259-260; DECRI 1996, pp. 420-421. Anche il 18 dicembre 1499 il nome di Michele è presente in un elenco di magistri antelami convocati per eleggere i consoli dell’arte (ASG, Notai antichi, 1038, n. 580; trascritto in DECRI

1996, p. 421).

400 Il 2 ottobre 1475 Michele e Bonino D’Aria, a nome anche del fratello Giovanni, ammettono nella loro

bottega come apprendista Domenico di Battista Carlone, per un periodo di cinque anni (ASG, Notai antichi, 1023, n. 815; TAGLIAFERRO 1987, p. 257); il 14 dicembre 1479 i tre fratelli prendono come apprendista

Luciano di Leone de Berris di Claino per quattro anni e sei mesi (ASG, Notai antichi, 1026, n. 994; citato in TAGLIAFERRO 1987, p. 257); il 15 maggio 1484 Michele, che è detto intaliatore marmororum, prende a bottega Giovanni Donato di Giovanni de Malacrini da Dongo, che vi soggiornerà per sei anni (ASG, Notai antichi, 1028B, n. 985; ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, pp. 218-219 nota 1; citato in TAGLIAFERRO 1987, p. 257); il 21

marzo 1491 Pietro Aprile da Carona, figlio di Giovanni del fu Pietro, entra come apprendista nella bottega di Michele per cinque anni. (ASG, Notai antichi, 1032, n. 155; citato in ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, p. 219; citato in TAGLIAFERRO 1987, p. 257; citato in MIGLIACCIO 1991, p. 19); il 25 maggio 1495 Giorgio del fu Jacopo Solari da Carona affida il fratello Marco alla bottega dei D’Aria per 6 anni (ASG, Notai antichi, 1034, n. 274; citato in TAGLIAFERRO 1987, p. 257).

401 Lo scultore è probabilmente lo stesso artefice che fece da fideiussore a Michele, garantendo per la

qualità dei suoi lavori, al momento dell’allogazione del ritratto di Francesco Vivaldi. Cfr. nota 392.

402 Su questi aspetti cfr. paragrafo 1.2.

403 Un’altra acquasantiera è affidata a Michele con un contratto datato al 1477 da Francesco e Domenico

Spinola, sebbene non sia noto per quale complesso (ASG, Notai Antichi, 986, n. 36, citato in ALIZERI 1870- 1880, IV, 1876, p. 196; SANTAMARIA 2011, p. 340).

404 Completamente riammodernata nel Settecento per volontà di Francesco della Rovere, la cappella può

essere risarcita oggi di parte del suo aspetto originario grazie ad alcune fonti, che descrivono l’ambiente prima di quell’intervento, e al restauro condotto tra il 1964 e il 1993, che ha portato alla luce tutto ciò che era stato obliato sotto alle ridipinture. Sul complesso sistino savonese, che oltre al ruolo di cappella funeraria svolgeva

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contratto sottoscritto dai due fratelli il 29 dicembre del 1481405 li vede prendersi carico del

monumento funebre dei genitori del papa, Leonardo Della Rovere e Luchina Monleone (FIG. 151), dei due portali di accesso alla cappella, di due chiavi di volta con lo stemma della Rovere e di quattro finestre con due oculi406. Oltre che al sepolcro, pare pertanto che i due magistri

collaborassero alla realizzazione delle partiture architettoniche della Cappella Sistina, che venne appositamente fondata dal papa per celebrare la memoria dei due defunti e, di riflesso, se stesso quale illustre e generoso committente. L’intervento architettonico tuttavia è discusso407: vi è chi

vuole attribuire ai due artefici l’ideazione e la gestione della fabbrica e chi ammette l’intervento di altri maestri. La rilevanza del complesso in costruzione, d’altronde, che avrebbe accolto anche una perduta decorazione di Giovanni Mazone posta a ornamento dell’intera superficie delle pareti408, sta soprattutto nella peculiarità della altolocata committenza, per volontà della quale si

rileva l’adesione a formulazioni stilistiche non elaborate in area locale, ma nel contesto romano. La cappella presenta infatti una volta a padiglione sostenuta da lunette, analoga a quella della Cappella Sistina in Vaticano, che lascerebbe intendere l’intervento, almeno in fase progettuale, di un’altra mente direttiva rispetto a quella dei D’Aria, mentre la conformazione della tomba si ispira così inequivocabilmente a modelli romani da aver fatto supporre l’intervento del Bregno nella fornitura del disegno progettuale che il papa consegnò ai fratelli D’Aria409. A convalidare

questa teoria intervengono le coincidenze tra l’opera eseguita dai D’Aria e il sepolcro del

quello di sala capitolare, cfr. NOBERASCO 1917; La cappella Sistina 1985; ROSSINI 1989; ROSSINI 2000; ROSSINI

2002; ROTONDI TERMINIELLO 2002; ROSSINI 2009; ZURLA 2015, pp. 243-256: 243-249.

405 ASS, Notai antichi, bastardelli, Ansaldo Basso, 1481, s.n. (29 dicembre 1481), edito in MALANDRA 1974,

pp. 136-137, doc. A. Il documento è in: ASS, Notai antichi, bastardelli, Ansaldo Basso, 1481, s.n.

406 Nonostante le modifiche che interessarono la chiesa di San Francesco, eletta cattedrale dopo la

distruzione dell’antica chiesa abbattuta nel 1543 per far posto alla nuova fortezza del Priamar, la cappella non subì eccessive trasformazioni: si conserva ancora oggi il sepolcro e il portale d’accesso, rimurato lungo quello che un tempo era il portale laterale e che è oggi visibile, nella lunetta con lo stemma di Sisto IV, dalla piazza antistante la chiesa. All’interno, sebbene snaturate dal restauro settecentesco, vi sono ancora le chiavi di volta, mentre il restauro ha riportato in luce alcune delle finestre.

407 Nonostante permanga il dubbio sul ruolo dei due fratelli nell’impresa architettonica della cappella, il

documento di allogazione d’altronde riferisce che i due dovevano consegnare i marmi nel chiostro, lasciando ipotizzare un coinvolgimento discontinuo alla fabbrica, atteggiamento non pertinente a chi detiene il ruolo di capo mastro. L’assenza dei peducci, tuttora in loco, nel contratto stipulato dai D’Aria fa inoltre pensare che non si debba a questi la loro realizzazione. Giovanna Rotondi Terminiello (2002, pp. 158-159) ad esempio postula l’intervento dei D’Aria, facendo particolare riferimento a Giovanni, mentre per Giorgio Rossini questi interventi sono da riferire ad altre maestranze, probabilmente sempre lombarde, attive in un momento