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L’ultimo campo d’azione in cui si dimostra operoso e dinamico lo scultore bissonese è quello legato alle tratte commerciali, alle contrattazioni e alle responsabilità di gestione che soggiacciono al mercato del marmo di Carrara100.

Analizzando i documenti in cui compare Giovanni di Andrea da Bissone101, si è dimostrato

come il suo percorso sia continuamente costellato di transiti e soggiorni presso la città del marmo, rivelando un legame profondo, che rende comprensibile e giustificabile la scelta dell’artefice di trascorrere gli ultimi anni della propria vita alle pendici delle Apuane. La collaborazione dello scultore con i lapicidi del mercato carrarese si colloca in un momento propizio, in quanto alla seconda metà del secolo sarà il potentato dei Campofregoso a detenere le redini politiche del territorio inerente la città del marmo102. La modalità con cui Giovanni si

allontana da Genova nel 1448, insieme a Domenico e cum multis operariis, denota una conoscenza del mercato del marmo, e dei processi di escavazione e sbozzatura legate al commercio del materiale, che tiene conto delle necessità pratiche, come quella di avere una squadra di collaboratori per non dover pagare la manodopera locale: un’accortezza che denota grande confidenza con il contesto produttivo carrarese. Anche il soggiorno dello scultore, avvenuto negli anni Ottanta del secolo, è possibile proprio grazie alla conoscenza che Giovanni dimostra di possedere sulle abitudini locali, acquisite in decenni di collaborazioni con gli operatori del settore, che gli garantiscono un posto di primo piano in un mercato di cui aveva saputo intuire le potenzialità, e che si dimostra capace di comprendere e sfruttare prima che il malcontento dei lavoratori locali portasse alla progressiva chiusura ai forestieri delle cave, al fine di tutelare i propri diritti sulla gestione del commercio del materiale, in un processo che troverà l’apice nel 1519103.

La prima notizia di genovesi a Carrara pervenutaci, secondo il magistrale studio di Klapisch- Zuber, è da collocarsi al 1428, quando Simone di Lancia è incaricato dal mercante siciliano Giovanni da Reggio di eseguire un monumento in marmo per la sepoltura del francescano

100 Gli studi sul mercato del marmo carrarese e pietrasantino, dopo il magistrale studio di Christiane

Klapisch-Zuber, sono stati promossi in più occasioni dalle realtà locali attraverso pubblicazioni, mostre e convegni, per cui si fa riferimento ai contributi editi nei seguenti testi: Niveo de marmore 1992; Le vie del marmo 1992 (1994); Nelle terre del marmo 2013 (2018).

101 Cfr. paragrafo 2.1.

102 Per le vicende storiche della regione nel Quattrocento cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 124, 141, 149-

150 con bibliografia precedente.

103 Cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 153-166. Allo stesso modo si crede che l’esigenza da parte degli

sculptores genovesi di emanciparsi dagli antelami nello stesso periodo risieda in simili dinamiche economiche e sociali, per cui i primi volevano tentare di ritagliarsi libertà d’azione in un mercato plasmato dai secondi in un regime ormai monopolistico. Su questi aspetti cfr. paragrafi 1.1 e 1.2.

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Lodisio Gentile104, per cui riceverà il pagamento solo una volta rientrato con la materia prima

dalla città toscana. La scarsità di opere e documenti rilevata per la prima metà del secolo ci impone di prestare prudenza nel valutare la testimonianza del 1428. Lungi dall’essere l’unica o la prima testimonianza di magistri che si recavano a scegliere i marmi per le proprie opere, questa doveva piuttosto calarsi in un contesto di crescente attenzione verso il mercato carrarese, che troverà il culmine con l’avvento della dinastia dei Campofregoso e il loro dominio sulla Toscana occidentale.

A questo proposito l’autrice cita anche la presenza di altri lombardi provenienti da Genova ricordati dalla gabella del 1433, come un Pietro Lombardo, che è da lei identificato con un Piero di Alberto impelagato in una serie di proteste tra Genova e Lucca, oltre che collaboratore non meglio precisato di un altro Giovanni “del Biscione”105. Lombardi di provenienza sono anche i

Maffioli, sebbene, stabilmente impiantatisi a Carrara, già nel 1437 ometteranno di ricordare nei rogiti la propria origine forestiera, come dimostra la scelta dell’antenato di firmarsi Maffeolo de Carrara q. Johannis Antoninus106. La famosa famiglia di marmisti carraresi, tra le più importanti del

XV secolo, trova in questo personaggio un capostipite, cui si affiancano nel corso del secolo il fratello di Maffiolo, Pietro (con cui collabora nel 1433 e con cui si imparenta per via di un documento del 1474, che riguarda il figlio, Maffiolo q. Petri de Como)107 e i figli, Antonio (o

Antonino, che risulta attivo insieme al padre per commesse pisane nel 1428)108 e Giovanni Pietro

(morto nel 1475)109. Figlio di Giovanni Pietro è Alberto Maffioli, maestro del marmo di origini

carraresi e scultore attivo in diversi centri del Nord Italia110, mentre al fratello si riferiscono le

personalità di Lazzaro di Antonino, che si spingerà a operare nel napoletano111, e Jacopo di

Antonino di Maffiolo112, che allargherà le influenze della famiglia in area lombarda, venendo a

104 Così si esprime la studiosa nel testo, cfr. Ivi, p. 124 nota 46. La studiosa non specifica ulteriore

bibliografia per convalidare la certezza che il committente possa essere identificato in Lodisio Gentile, siciliano. 105 Cfr. Ivi, pp. 123-125. 106 Cfr. Ivi, p. 146 nota 120; e pp. 120, 149, 188. 107 Cfr. Ivi, p. 146 nota 121. 108 Cfr. Ivi, pp. 130; 146; 166; 287 nota 70; 296. 109Cfr. Ivi, pp. 169, 188.

110 Cfr. Ivi, pp. 169, 188, 292, 295 nota 99, 322, 324 nota 12. Sulla figura di questo artefice, documentato

dal 1486 fino al 1499, il cui percorso tra Carrara e la pianura padana tocca anche Genova e, da qui, la Spagna, cfr. da ultimo TALIGNANI 2012, pp. 63-86; TALIGNANI 2013, pp. 551-563; ZURLA 2015, pp. 127-128;

TALIGNANI 2018, 137-163.

111 Documentato dal 1489 al 1519, cfr. KLAPICSH-ZUBER 1973, pp. 197, 277 nota 32, 294.

112 Nella sua poderosa cernita di artefici carraresi Christiane Klapisch-Zuber è a volte imprecisa,

sovrapponendo spesso la personalità di Antonio (o Antonino) con quella di suo figlio Jacopo. Il maestro del marmo è documentato nella diatriba ereditaria per la cava dello zio (vedi infra) ma anche per la riscossione di canoni di affitto di altre cave da parte dei consoci (KLAPISCH-ZUBER 1973, p. 193 nota 45); in contratti di apprendistato lo vedono attivo nel 1482, nel 1490 e nel 1514 (ivi, p. 177 nota 89, 179 nota 95, 186); nella collaborazione con il cugino Alberto per carrate da far pervenire a Venezia nel 1491 (ivi, p. 295 nota 99).

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discussioni con il venerabile Priore della Certosa di Pavia nel 1476113. Jacopo diverrà uno dei

collaboratori principali di Giovanni da Bissone che, dapprima suo socio nella gestione di una cava e poi suo procuratore per la questione pavese114, si guadagnerà il diritto di amministrare per

un anno una cava di proprietà Maffioli, e più precisamente quella lasciata in eredità da Giovanni Pietro a figlio e nipoti, e gestita dal loro tutore e zio, Lorenzo Maffiolo (14 maggio 1478)115.

Interessante notare che la cava amministrata da Giovanni si trova a Torano, sul versante dove si ricava il marmo statuario dotato delle migliori qualità tecniche e cristalline per la lavorazione e produzione di statuaria116.

Proprio il rapporto economico tra i contesti genovese e carrarese permette di evidenziare le peculiarità del commercio di alcuni beni preziosi e il ruolo giocato in questo traffico dai maestri del marmo e dai magistri antelami nell’economia dei propri territori di attività117. Molteplici sono

infatti le testimonianze da cui si evince quanto il commercio del marmo fosse strettamente connesso a quello delle altre materie prime, soprattutto del grano118: le navi genovesi, che

partivano per raggiungere le coste del Meridione e tornare cariche di frumento, approfittavano del viaggio di andata, quando le stive erano vuote, per trasportare carichi di marmo da rivendere nei porti di approdo al miglior offerente. Il grano diventa vera e propria merce di scambio e moneta di credito per i marmorari, come dimostra il documento del 1482 secondo il quale Giovanni e Jacopo Garvo ordinano a Corsello da Carrara un certo numero di colonne lasciandogli in cambio una caparra di 50 lire in grano et pecunie119; o quello che coinvolge Jacopo

Maffioli in prima battuta nel commercio del frumento, dal momento che costringe i propri soci ad accettare il pagamento dei marmi consegnati in grano o altre merci120. E ancora Domenico

Gagini, residente a Palermo nel 1468, si approvvigiona di zucchero all’ingrosso, così come altri scultori siciliani si legano in società con mercanti di grano e formaggio, al fine di commerciare questi prodotti con il marmo di Carrara o altri beni presenti nella Riviera Ligure121. È in questo

contesto che si carica di valore la testimonianza del giugno 1462, in un periodo estremamente

113 Jacopo di Antonio Maffioli nomina Giovanni di Andrea da Bissone come suo procuratore per risolvere

una lite con i monaci della Certosa di Pavia, cfr. ASM, Notarile Carrara, busta 1, c. 98 (25 maggio 1476), citato in KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 168-169 nota 52; ZURLA 2015, pp. 39, nota 157; 346. Si vedano inoltre i paragrafi 2.1 e 2.5

114 Per la gestione della cava insieme al Maffioli e a Nicola Cirstiello, cfr. ASM, Notarile Carrara, busta 1, c.

48v. (27 gennaio 1476); citato in KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 196-197 nota 148; ZURLA 2015, pp. 46 nota 194; 346. Si vedano inoltre i paragrafi 2.1 e 2.5

115 Cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 188-189. Per queste vicende documentarie cfr. paragrafi 2.1 e 2.5. 116 Su questi aspetti cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 87-110.

117 Nello specifico, sugli aspetti economico-commerciali legati ai profitti del traffico di marmo rispetto alle

altre merci di scambio, cfr. HEERS 1984, pp. 332-340; KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 303-317. 118 Cfr. L. TAGLIAFERRO in La scultura a Genova e in Liguria 1987, I, p. 258.

119 Cfr. CERVETTO, p. 273-274, doc. LX (14 giugno 1482).

120 Cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 393-394, doc. 18 (9 febbraio 1489). 121 Cfr. DI MARZO 1880, I, p. 39.

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florido per i commerci, per cui Giovanni da Bissone vende diversi pezzi di marmo semilavorati in cambio di un pagamento non solo pecuniario, ma anche in ferro voltrese122.

Questa spiccata capacità commerciale dei marmorari non sorprende, dal momento che abbiamo visto come lo zelo imprenditoriale costituisca un tratto tipico dello stanziamento dei maestri lombardi, tanto che ci appare quanto mai suggestiva e calzante la domanda posta da Christiane Klapisch-Zuber a proposito dell’Ars Marmoris carrarese: «non è forse una creatura stessa del commercio?»123.

Mossa da dinamiche puramente commerciali ed economiche, la vicenda conclusiva della vita di Giovanni da Bissone si dimostra coerente con il percorso dello scultore bissonese, capace di interagire con più contesti produttivi e ambiti commerciali, dalla Lombardia a Genova, da Venezia a Carrara, e offrendo alla critica un interessante caso quattrocentesco di geografia artistica.

122 ASG, Notai Antichi, 591, n. 172 (10 giugno 1462). Cfr. paragrafi 2.1 e 2.5. Si veda la trascrizione in

fondo al presente capitolo.

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