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La figura di Giovanni Gagini da Bissone, una delle personalità meno sfuggenti e più definite nel panorama scultoreo del Quattrocento genovese, è sempre stata, per questa sua virtù, una delle più apprezzate dalla critica, che nel corso degli anni non ha esitato nel ricondurre alla sua mano diversi pezzi adespoti, di qualità più o meno discutibile1. Sulla scia dei primi autorevoli

studi, importanti contributi irrobustiti da cospicue appendici documentarie, condotti da Federigo Alizeri e Luigi Augusto Cervetto2, si è ricorso spesso al nome di questo artefice e al

suo peculiare stile scultoreo nel tentativo di fare chiarezza tra la vasta e disordinata mole di opere prive di paternità presenti sul territorio genovese. Un’operazione più che lecita, favorita dalla possibilità di riscontrare traccia di questo nome in un nutrito gruppo di atti notarili, riconducibili a un preciso insieme di opere3, capaci di tradurre in forme visibili un’identità artistica pregevole,

e tanto più ragguardevole dal momento che non è possibile fare altrettanto per la maggior parte dei magistri che figurano attivi nel periodo storico preso in esame4.

1 Per una bibliografia di riferimento sullo scultore: ALIZERI 1870-1876, IV, 1876, pp. 121,135-136, 139-

159, 172-181; CERVETTO 1903, pp. 55-66; pp. 250-256, docc. X-XIX; VENTURI 1901-1940, VI, 1908, pp. 838-840; GAVAZZA 1959, pp. 173-184; LIGHTBOWN 1961, pp. 412-415; POPE-HENNESSY 1964, I, pp. 386-

392, 246-252; SEYMOUR 1966; ALGERI 1977, pp. 65-78; KRUFT 1978, pp. 31-35; MÜLLER-PROFUMO 1992,

pp. 61-62, 74, 94-104, 163-165; NEGRI ARNOLDI 1994, pp. 190-201; CERVINI 2005, pp. 152-177; TAGLIAFERRO 1987, pp. 218-263; SPIRITI 2008, 36-45; BOCCARDO 2009, pp. 459-463; DI FABIO 2011c, pp.

623-641; GALLI 2014, pp. 193-216; ZURLA 2015, 37-53; 345-346; GALLI 2017, pp. 10-23; GALLI 2018a, pp.

77-99; FALCONE 2018, pp. 97-98. Per i contributi specifici relativi alle singole opere analizzate si vedano i rispettivi paragrafi di approfondimento.

2 Vedi supra, nota 1.

3 Su questi aspetti, documentali e artistici, cfr. infra.

4 Tanti nominativi presenti nei rogiti, come si evince da un primo spoglio delle testimonianze edite, restano

dissociati da una produzione personale specifica, lasciando a queste personalità contorni sfumati e poco definibili. Per la ricchezza di nominativi e la presenza costante di omonimie cfr. Appendice documentaria.

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Un più attento riesame degli atti notarli a disposizione unitamente al recupero di nuovo materiale documentario, ha permesso tuttavia di fare maggiore chiarezza su questo artefice, storiograficamente ricostruito fino a fargli ricoprire un ruolo di protagonista assoluto per tutta la seconda metà del secolo, anche in virtù di proposte attributive eccessive nel numero e modeste nella qualità.

Alle recenti riconsiderazioni di Maria Falcone e Michela Zurla5 si unisce pertanto quella della

scrivente, con lo scopo (una necessità storiografica ormai inevitabile) di sciogliere il malinteso critico nato dalle prime interpretazioni documentali, e di conferire fisionomie più chiare alle due – e più – figure di scultori rimaste confuse (e a tratti intrappolate) nell’etichetta ‘Giovanni Gagini da Bissone’.

Con questo appellativo si è sempre identificato un personaggio appartenente alla schiatta dei Gagini: la stessa cui afferiva il brillante Domenico, con il quale un artefice di nome Giovanni, proveniente da Bissone, collaborava già nel 1448, quando compare per la prima volta sulla scena genovese. Il legame a questa specifica cerchia famigliare veniva ricavato già da Alizeri6, e ribadito

da Cervetto con riferimento a un documento datato al 15047, in cui si poteva individuare in lui

il figlio di un certo Beltrame e il fratello di Antonio e Pace Gagini, tutti originari di Bissone. A queste testimonianze si andavano ad unire poi, nel 1932, quelle riscontrate, da uno studioso locale, nel Ceresio, in area luganese, dove alcune notizie documentarie ed epigrafiche attestano la presenza di Giovanni e della sua famiglia sino al 15178.

Si delineava così un percorso biografico che avrebbe avuto successo per tutto il Novecento sino agli studi più recenti, e che tuttavia, già a partire dal riepilogo di questo quadro documentario edito, poteva rivelare, a chi lo avesse analizzato nel dettaglio, diverse incongruenze. Ipotizzando infatti per il Bissonese una data di nascita anteriore al 1428 (poiché il giovane scultore non poteva essere stato ingaggiato dai membri della confraternita del Battista per una delle imprese più importanti del secolo se non fosse stato già un artista affermato), l’arco cronologico che si viene a creare con gli estremi biografici a disposizione diventa decisamente lungo per la vita di un uomo del Quattrocento, anche se si tratterebbe di un caso di longevità inconsueta, ma non impossibile, considerando che lo stesso Domenico Gagini visse per un

5 La prima studiosa affronta la questione in un inedito studio, elaborato con la stesura della tesi dottorale

prodotta a Siena, sotto la supervisione del professor Roberto Bartalini, i cui esiti parziali sono stati resi noti tramite una recente pubblicazione (FALCONE 2018, pp. 83-115); la seconda rende note queste riflessioni nel capitolo della propria tesi dottorale dedicato allo scultore (ZURLA 2015, pp. 37-53), e promette una

pubblicazione tematica attualmente in corso di stampa.

6 Cfr. ALIZERI 1870-1876, IV, 1876, p. 140.

7 ASG, Notai Antichi, 1158, n. 215, edito parzialmente in CERVETTO pp. 255-256, doc. XVIII. 8 Cfr. GUIDI 1932, p. 143.

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considerevole arco di tempo, dagli anni venti fino al 14929. Problemi seri nascono invece

dall’atto rogato nel 1504, in cui si direbbe della sua parentela con Pace Gagini: questi risulta infatti attivo in città soltanto a partire dal 1493, e ciò fa dedurre tra i due fratelli un divario di età che si aggirerebbe sui cinquant’anni, rendendo decisamente critico il riconoscimento della parentela.

La questione sembra sciogliersi se si riconosce nella figura di Giovanni Gagini da Bissone creata da questi fraintendimenti almeno due personalità distinte, originarie della stessa vallata: da una parte Giovanni da Bissone, ricordato privo del cognome e del patronimico, in una serie di testimonianze che vanno dal 1448 al 146510; dall’altra Giovanni di Beltrame Gagini da Bissone,

il protagonista dell’atto del 1504, il vero fratello di Pace e Antonio, che comincia a fare comparsa nei documenti solo a partire dal 1475. Questi è sempre qualificato dal patronimico (come se i notai si preoccupassero con tale espediente di distinguerlo da possibili omonimie) e morirà effettivamente a Mendrisio nel 1517.

Che nominativi uguali nei documenti si attaglino a personalità differenti era peraltro già presente ad Alizeri, che, nel momento in cui si accinge ad illustrare la vita di Giovanni, ammonisce il lettore per la possibilità di confondere questo artefice, figlio di Beltrame, con un omonimo, figlio di Andrea, del quale però non fornisce maggiori informazioni11. La nota è

tuttavia di rilievo, poiché ulteriori testimonianze documentali, messe in luce dagli incartamenti pubblicati da Christiane Klapisch-Zuber12 nel suo volume sui lavoratori del marmo, permettono

di individuare un terzo nominativo, quello di un Giovanni di Andrea da Bissone, attivo tra il 1476 e il 148413. Viene spontaneo chiedersi se questa figura sia sovrapponibile a quel magister

9 Per gli estremi biografici della vita di Domenico e un riepilogo della sua opera cfr. COSENTINO 2005,

pp. 206-211.

10 Il riferimento è qui sulla base dei documenti in cui è menzionato Giovanni da Bissone. Per la coincidenza

con la personalità di Giovanni di Andrea da Bissone, il successivo dilatarsi degli estremi biografici vedi oltre nel testo.

11 Il riferimento a tal secondo Giovanni di Andrea è privo di riferimenti documentari, cfr. ALIZERI 1870-

1876, IV, 1876, pp. 139-140. L’erudito ci parla poi di un secondo Andrea, secondo lui originario di Campione e appartenente alla famiglia Brocchi, sebbene non vi siano documenti che leghino il nome dell’autore a questa famiglia, ibidem, p. 220.

12 KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 168-169 nota 52, 196 nota 148, 386 doc. 11, 389 doc. 14. Nel 1476 il

bissonese diviene procuratore di un Maffioli, Giovanni (o Giacomo) di Antonio, per il quale risolve alcune questioni nate con i certosini di Pavia (ASM, Notarile Carrara, 1475-77, busta 1, c. 98, 25 maggio 1476), citato in KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 168-169 nota 52) e con il quale si era consociato, insieme con altri maestri, nel

gennaio dello stesso anno per dividere gli oneri e i profitti intorno alla gravosa gestione delle cave apuane (ASM, Notarile Carrara, 1475-77, busta 1 c. 48 v, 27 gennaio 1476; citato in KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 196-

197 nota 148). Con alcuni, probabilmente congiunti, del Maffioli, Giovanni si accorda poi nel 1478 per la gestione di una cava a Sponda (KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 188-189, 386 doc. 11, 14 maggio 1478), mentre dal 1481 è residente a Carrara, dove prende a bottega un garzone (KLAPISCH-ZUBER 1973, p. 389 doc. 14), come conferma un secondo atto datato al 14 luglio 1484 e firmato a Genova (ASG, Notai Antichi, 1245, n. 350, citato in ZURLA 2015, p. 39 nota 157, 346). Un ultimo atto, inedito, relaziona Giovanni alla famiglia dei

Maffioli carraresi già nel febbraio 1455 (vedi nota 13). Per approfondimenti vedi. Infra.

13 KLAPISCH-ZUBER (1973, p. 169 nota 54) segnala come forbice temporale per la data di morte del

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Iohannes de Bissono di cui i documenti tacciono il patronimico, invece di far postulare l’esistenza di un terzo, omonimo, artefice. E la risposta pare affermativa, sia perché nulla osta alla sovrapposizione delle due figure, sia perché due documenti inediti, riemersi tra le carte dell’archivio notarile genovese, forniscono ulteriori prove circa i precoci contatti di Giovanni di Andrea da Bissone con un membro della famiglia carrarese dei Maffioli, già databili al 145514, e

circa lo stato sociale dello scultore, che già nel 1462 è indubbiamente habitator civitatis Janue15. Le

nuove evidenze permettono pertanto di fondere le due personalità di Giovanni da Bissone e Giovanni di Andrea da Bissone in un solo artefice, confermando quanto aveva già proposto Michela Zurla16, poiché comprova la presenza in città del figlio del defunto Andrea, finora

documentato solo a partire dall’intensificarsi dell’attività carrarese intorno agli anni Settanta del secolo, e si pongono come le più precoci testimonianze genovesi recanti un patronimico che non coincida con Beltrame17. Attesta inoltre una sua continuità di interesse verso il contesto

carrarese che si va a collocare tra l’attività di reperimento dei marmi per la cappella del Battista del 1448 e la successiva attestazione di contatti con Carrara, datata al 147618, facendo del

trasferimento in Toscana l’ultimo atto di un progetto a lungo coltivato.

L’identificazione con Giovanni di Andrea permette inoltre di confortare la congettura sull’età del Bissonese, per il quale si propone una data di nascita collocabile intorno agli anni Venti del Quattrocento. Ebbe insomma probabilmente un percorso formativo simile a quello di Domenico Gagini - come si illustrerà a breve - e documentato per certo sino al 1484, anno in cui promette una certa somma a Girolamo Lercadio in favore del figlio19.

L’assenza costante del cognome nelle carte che lo citano non permette di chiarire in maniera definitiva l’appartenenza o l’estraneità dello scultore al clan dei Gagini20. La parentela che spesso

lega gli artisti dei laghi provenienti da uno stesso luogo di origine, e la collaborazione con Domenico Gagini, spinsero la critica a riconoscere in Giovanni un membro della stessa cerchia

14 L’atto tratta di una procura di pagamento, per cui Giovanni da Bissone del fu Andrea, maestro

d'antelamo, dichiara a Matteo de Vivolo di dovergli la somma di 73 lire, 14 soldi di lire genovesi, residuo di un debito di 113 lire, 14 soldi vantato da detto Matteo contro Antonello de Maffiolo da Carrara, per il quale Giovanni si era offerto garante e fideiussore. Cfr. ASG, Notai antichi 724, doc. 56 (25 febbraio 1455). Un sentito ringraziamento va rivolto all’archivista e ricercatore indipendente Davide Gambino, senza la cui preziosa collaborazione non sarebbe stato possibile analizzare il contenuto di questi ritrovamenti.

15 ASG, Notai Antichi, 591, n. 172. Si rimanda alla fine del capitolo per la trascrizione del documento. 16 Cfr. ZURLA 2015, pp. 37-53: 39-40. Come qui si legge, da comunicazione orale intrattenuta tra le

studiose, dello stesso avviso pare essere anche Maria Falcone.

17 A fare eccezione è l’ultimo atto noto recante il nome di Giovanni di Andrea, reperito da Michela Zurla

tra le carte di Martino Brignole e datato 14 luglio 1484 (ASG, Notai antichi, 1245, n. 350; citato in ZURLA 2015,

pp. 39 nota 157; 346), che, sebbene rogato a Genova, ribadisce tuttavia la condizione di residenza dell’artefice in Carrara, già nota dal documento del 1482, senza aggiungere informazioni rilevanti alla parentesi genovese dell’autore, a quel tempo conclusa da diversi anni.

18 Vedi nota 12.

19 Per il documento ASG, Notai antichi, 1028, n. 572, in ZURLA 2015, pp. 39, 346 (17 giugno 1482). 20 Lo stesso d’altronde succede per il caso di Filippo Solari e Andrea da Carona, per i quali se comune è il

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famigliare. Ciò avvenne col supporto di una errata lettura dei documenti: come si è illustrato, ma si tratta di una possibilità che, tuttavia, in assenza di ulteriori prove pendenti nel l’uno o nell’altro senso, si ritiene lecito tenere in considerazione, almeno come ipotesi di lavoro, dal momento che non inficia il giudizio critico sull’operato dello scultore21.

Nonostante l’arbitrario accorpamento, e a prescindere dalla non accertabile discendenza gaginiana, le opere di scultura ancora esaminabili riferite al cosiddetto ‘Giovanni Gagini’ sono tutte riconducibili, sulla base documentaria, alla mano di Giovanni di Andrea da Bissone, e ciò avvalora la legittimità della sua scissione dall’omonimo ed effettivo figlio di Beltrame Gagini.

È al più anziano Giovanni di Andrea da Bissone, cui il presente contributo monografico è dedicato, che si rivolge il doge Campofregoso per l’acquisto dei marmi per la cappella del Precursore nel 1448; sempre a lui sono ascrivibili le sculture documentate del portale di piazza San Matteo eseguite per il palazzo di Giorgio Doria (1457), con gli stipiti intagliati e la targa sovrapporta raffigurante l’episodio di San Giorgio che uccide il drago; e così quelle per la tomba pensile del cardinale Giorgio Fieschi, concepite insieme all’edificazione della cappella omonima, in cattedrale (1465).

Con queste opere sicure si costruisce un contenuto, ma ricco, repertorio di forme e modelli che ha permesso di allargare nel tempo il catalogo dello scultore, come si vedrà, grazie alla comparazione stilistica e alla metodologia attributiva.

Per quanto concerne le sue frequentazioni carraresi, si tratta non di una parentesi ma di un rapporto costante, come si è anticipato, che rivela un altrettanto costante interesse verso un mondo, e più precisamente un mercato, quello del marmo, capace di assicurare grandi guadagni.

Il primo contatto imprenditoriale diretto con l’ambiente carrarese a noi noto risale al 1455, come detto, da cui si apprende che Giovanni è fideiussore di Antonello de Maffiolo da Carrara: un ruolo che lascia supporre un suo più o meno lungo trascorso presso le cave, capace di conferirgli il grado di fiducia necessario a questo genere di incarichi. Due testimonianze precedenti d’altronde attestano la presenza di Giovanni tra Carrara e Pietrasanta per due questioni: una, ben nota, per la scelta dei marmi destinati alla cattedrale genovese; l’altra, purtroppo irreperibile, si desume dal contratto che nel 145222 Giovanni stipula con il

21 Non è dello stesso parere Michela Zurla (2015, p. 39), che legge nell’assenza documentaria una certezza

del mancato legame parentale, dal momento che in altre circostanze il grado di parentela viene formalmente espresso negli atti, come per il caso tra Domenico Gagini e il nipote Elia. Per i documenti circa la relazione tra i due artefici cfr. paragrafo 1.4.2. e Appendice documentaria.

22 Il documento venne rogato dal notaio Nicolò Iofredi nell’agosto 1451, forse in occasione di qualche

visita di Giovanni in zona, per l’approvvigionamento presso le cave, e purtroppo non è più rintracciabile presso il fondo notarile pietrasantino, oggi all’Archivio di Stato di Firenze (ZURLA 2015, p. 122, nota 15). La

menzione dell’atto nel documento per il subappalto a Leonardo Riccomanni del portale della sagrestia in Santa Maria di Castello del 3 gennaio1452 (ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, pp. 145-147 nota 1; CERVETTO 1903, p. 250, doc. X), è funzionale a sottoscrivere la sostituzione dello stesso in virtù del nuovo accordo tra i due magistri, il che ha lasciato presupporre all’Alizeri che le opere riferite al primo contratto «non punto distinte

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pietrasantino Leonardo Riccomanni, in cui si fa allusione a un atto firmato dai due a Pietrasanta l’anno precedente (agosto 1451) per la «fattura di cose parecchie»23, da realizzarsi per mano del

toscano. Per quanto concerne famiglia Maffioli24 Giovanni sarà in relazione, nei primi mesi del

1476, con Jacopo di Antonio, del quale risulta prima socio, insieme a Nicola di Cristello, per la gestione di una cava25, secondo usi tipici per il mercato del marmo26, e poi procuratore27. Ancora,

per volontà degli eredi di un Giovanni Pietro Maffioli, il 14 maggio 1478 a Giovanni di Andrea da Bissone viene affidata in locazione per un anno una cava a Torano28; in questo caso egli viene

addirittura preferito ad altri due concorrenti, entrambi appartenenti alla famiglia Maffioli: un vero e proprio privilegio, che denota l’abilità di Giovanni nel guadagnare la stima e la fiducia di una delle più influenti famiglie carraresi attive nel commercio del marmo. Un successo che dovette essere determinante per il suo trasferimento permanente a Carrara, ormai all’apice del successo, come indica il documento rogato in città nel gennaio 1481, da cui si ricava che Giovanni è ormai habitatores carrarie, e dispone di una propria autonoma bottega29.

Procedendo nel vaglio documentario, è possibile poi epurare il suo catalogo dalle realizzazioni pertinenti il più giovane Giovanni di Beltrame Gagini. Questi è infatti il documentato autore delle perdute sculture per l’arredo della cappella de Fornari nella chiesa di Santa Maria delle Vigne (1488) e di quella presso la chiesa di Nostra Signora della Consolazione, per cui riceve un pagamento nel 1491, simili nell’aspetto alla cancellata marmorea realizzata nel 1495 per la sede dei Disciplinati di Nostra Signora di Caprafico, a Nervi30. Dopo queste

commesse scultoree, tutti i documenti riguardanti il giovane Gagini, a partire dallo scadere degli

nella scritta del Fazio , ma troppo facili a credersi fra quelle molte che notammo in Castello» fossero da rintracciare in quelle eseguite per il complesso domenicano (ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, pp. 145).

23 Ibidem.

24 Cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, ad indicem.

25 ASM, Notarile Carrara, busta 1, c. 48v. (27 gennaio 1476); citato in KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 196-197

nota 148; ZURLA 2015, pp. 46 nota 194; 346.

26 Su questi aspetti si veda KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 155-218.

27 Nello specifico Jacopo di Antonio Maffioli nomina Giovanni di Andrea da Bissone come suo

procuratore per risolvere una lite con i monaci della Certosa di Pavia, cfr. ASM, Notarile Carrara, busta 1, c. 98 (25 maggio 1476), citato in KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 168-169 nota 52; ZURLA 2015, pp. 39, nota 157;

346. Interessante notare inoltre che Jacopo Maffioli (di Antonino) è lo stesso imprenditore che, insieme a un Jacopo Guidi da Torano fornisce dieci carrate di marmo a Giovanni d’Aria nel 1482 (ASM, Notarile Carrara, busta 2, filza 1, c. 113v.; KLAPISCH-ZUBER 1973, p. 391-392, doc. 16), che Michela Zurla ipotizza essere quelli

destinati al monumento di committenza roveresca in esecuzione presso la Cappella Sistina di Savona (ZURLA

2015, pp. 58, nota 243; 247, nota 121; 351). Su quest’opera cfr. paragrafo 1.4.3.

28 Cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, p. 386, doc. 11; ZURLA 2015, pp. 46, nota 194; 346.

29 Il documento informa che Zanetto di Castellino da Gragnana entra come apprendista nella bottega di

Giovanni di Andrea da Bissone, residente a Carrara (2 gennaio 1481, cfr. KLAPISCH-ZUBER 1973, pp. 389- 390, doc. 14; ZURLA 2015, p. 39 nota 157).

30 Per i documenti, si consultino rispettivamente ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, pp. 175-176; CERVETTO

1903, pp. 254-255, doc. XVI (17 settembre 1488); ALIZERI 1870-1880, IV, 1876, p. 180 nota 1; CERVETTO

1903, p. 255, doc. XVII (11 marzo 1491); ASG, Notai antichi, 915bis, n. 16 (26 gennaio 1495); citato in ALIZERI

1870-1880, IV, 1876, p. 181 e in CERVETTO 1903, pp. 65-66. Sulle opere dello scultore e sulla sua attività di

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anni Ottanta in poi, si articolano in procure, compravendite di pietre e marmi, lavorati o meno (soprattutto colonne), contratti di apprendistato, obblighi assolti verso i Padri del Comune e la Corporazione dei magistri antelami31. Le ultime attestazioni dello scultore omonimo del nostro si

riscontrano nelle terre d’origine, dove, felicemente rimpatriato con la moglie, il magister consuma i frutti maturati grazie all’esperienza imprenditoriale genovese.

Una serie di notizie documentate inerenti un “Giovanni da Bissone” si riscontrano infine per la realizzazione di manufatti per i quali non è possibile stabilire con certezza l’assegnazione all’una o all’altra personalità. Tra queste si collocano ad esempio i sovrapporta commissionati dal Banco di San Giorgio negli anni Ottanta del secolo (1487-88), per cui un “Johannes de Bisono” riceve copiosi pagamenti, ma dei quali purtroppo non è rimasta traccia visibile e valutabile dal punto di vista stilistico. Nonostante Giovanni da Bissone sia avvezzo a questo genere di produzioni, non è impossibile che ad occuparsene sia stato il più giovane omonimo, d’altronde ormai artefice autonomo e apprezzato a quell’altezza cronologica.

È tuttavia lecito provare a ipotizzare un legame tra Giovanni da Bissone e la Corsica, dal momento che a Bonifacio, presso la chiesa di Santa Maria Maggiore, è presente un tabernacolo (FIG. 321), datato al 146532, che mostra uno stile assai vicino a quello dello scultore lombardo,

che si propone in questa sede di assegnargli. Se l’attribuzione venisse accolta, andrebbero a