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NASCITA E SVILUPPO DELL’OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO

2.1 Prima dell’OPG

2.1.2 Breve iter legislativo

Diversi progetti di legge si susseguiranno tra la metà dell'800 e i primi anni del ‘900, alcuni dei quali faranno esplicito riferimento anche ai manicomi criminali, ad esempio il “Progetto Nicotera” del 1877, prevedeva sezioni speciali presenti in ciascun manicomio, tra cui una sezione per alienati criminali inviati in manicomio in osservazione, benché si introducessero sezioni criminali all'interno dei manicomi civili non si contemplava il ricovero in queste strutture anche dei prosciolti folli38.

Va segnalato altresì, nel 1881, il progetto di legge manicomiale presentato, dall’allora Ministro dell’Interno Agostino De Pretis, dal quale emerge chiaramente anche dal titolo, “Sugli alienati e sui

36 VANNI D., OPG: un inquadramento storico, in Atti della Fondazione Giorgio

Ronchi, 59, 2004, 4, pp. 567 e ss.

37 BORZACCHIELLO A., I luoghi della follia. L'invenzione del manicomio criminale,

reperibile in www.museocriminologico.it, pag. 10.

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manicomi pubblici, privati e criminali”, l’intento di istituire dei manicomi criminali. Istituti destinati alla contenzione di coloro che fossero impazziti durante la detenzione ed anche ai folli rei. Questi ultimi avrebbero potuto esservi ricoverati solamente con ordine del tribunale e dopo la perizia di almeno due alienisti dalle quali risultasse la pericolosità sociale39.

Il progetto benché non discusso in sede parlamentare ed anzi ostacolato, fu ben accolto dai positivisti, lo stesso Lombroso manifestò il suo favore nei confronti di un proposta ritenuta di “buonsenso”40. L’iter parlamentare del progetto De Pretis, si rivelò difficoltosa perché concomitante all’imminente approvazione del nuovo codice Penale, il Codice Zanardelli del 1889, che rinviò di fatto la discussione sui manicomi criminali alla stessa sede.

Proprio nel codice in questione si affronta il tema dell’imputabilità penale, presupposto dell’istituto manicomiale per gli autori di reato infermi o semi-infermi.

Inizialmente sembrarono prevalere le istanze Positiviste, soprattutto tramite l'art. 46, voluto dallo stesso Zanardelli, che prevedeva la possibilità per il giudice penale di ordinare il ricovero nei manicomi, civili o giudiziari già istituiti, per chi fosse stato giudicato non punibile per una "deficienza od una morbosa alterazione della mente", ma con la discussione alla Camera dei Deputati e la bocciatura della norma in questione, risultò subito chiara la prevalenza della visione della Scuola classica, chiare le parole del deputato Pellegrini in aula :”Non è istituto

39 COLAO F., Un'«esistenza mezza legale e mezza no». Il manicomio giudiziario

nell'Italia liberale, in COLAO F., Perpetue appendici e codicilli alle leggi italiane, Macerata, EUM, 2011, pag. 445.

40 LOMBROSO C., La proposta di legge sui manicomi criminali, in Archivio di

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per uomini di toga sentenziare sulla patologia dei loro contemporanei. Questo è ufficio dell'arte sanitaria"41.

Non si riconosce quindi alla modernità positivista la possibilità di mutare il ruolo del giudice e la natura del suo giudizio.

La vittoria della Scuola classica sarà però solo parziale, infatti, anche se l'art. 46, del nuovo codice al primo comma ribadisce la concezione classica dell'imputabilità affermando che: "non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di mente de togliergli la coscienza dei propri atti"; il secondo comma genericamente statuisce che il giudice può ordinare con il proscioglimento la "consegna all'autorità competente per i provvedimenti di legge" nel caso in cui ritenesse il non imputabile pericoloso.

Se dunque il codice prevedeva un sistema sanzionatorio di tipo monistico retributivo ponendo il non imputabile al di fuori del circuito carcerario, lo destinava tuttavia ad un sistema di neutralizzazione ed incapacitazione più afflittivo di quello penale42.

Per i soggetti semi imputabili (minori e semi infermi), l’art. 47 prevedeva che il giudice potesse far scontare la pena in un apposito istituto: la casa di custodia, quindi, una particolare modalità di espiazione della pena detentiva. Il ricovero doveva essere determinato nella durata massima ed alla decorrenza del termine il soggetto avrebbe riacquistato la libertà "quand'anche perdurerà il pericolo inerente alla sua infermità mentale"43.

41 CANOSA R., cit., pag. 144.

42 PELISSERO M., Pericolosità sociale e doppio binario, cit., pag. 83.

43 CRIVELLARI, Il codice Penale, vol. III, in MUSCO E., La misura di sicurezza

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Riepilogando il codice Zanardelli prevedeva per i prosciolti o folli rei, non imputabili per vizio di mente, la remissione in libertà o il ricovero in un manicomio provinciale per l’osservazione provvisoria, in vista del provvedimento del Tribunale che ne disponesse o la liberazione o il ricovero definitivi, quest’ultimo revocabile dalla medesima autorità. La pena si trasforma per il soggetto assolto per vizio di mente in un trattamento neutralizzativo, e non avrà limiti legislativamente prestabiliti, anche conseguenzialmente al clima culturale dell'epoca che aveva stabilito una naturale equazione tra malattia mentale e pericolosità44.

Per i rei folli, che manifestavano squilibri psichiatrici durante la detenzione, il regime era ancor più duro, essi restavano in carcere in regime di stretta sorveglianza.

Opportuno citare l’intervento legislativo emanante il nuovo Regolamento per gli stabilimenti carcerari, tramite Regio Decreto n. 260 del 1891, in breve gli artt. 469 e 480 stabilivano: per gli alienati criminali condannati a pene superiori ad un anno, già detenuti, il ricovero in manicomio criminale su previsione del medico dell’istituto e per i condannati detenuti con pene inferiori ad un anno, colpiti da alienazione mentale o altri disturbi, che non presentassero elementi di pericolosità comportamentale, la continuazione della pena presso lo stabilimento carcerario ordinario; per gli accusati o imputati prosciolti, per i quali il Tribunale avesse previsto il ricovero definitivo in manicomio, il trasferimento nelle Sezioni separate dei manicomi giudiziari, definiti così dal 1890 fino a quando la Riforma penitenziaria del 1975 cambierà la definizione in OPG.

44 GAROFALO R., Alienazione mentale voce in Enciclopedia Giuridica Italiana, vol.

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La direzione dei manicomi giudiziari era affidata a medici chirurghi alienisti con il titolo di Direttori sanitari, alle dipendenze dei Direttori carcerari, le relazioni tra le cariche verranno definite da regolamenti interni45.

L’apertura dei manicomi giudiziari non risultò una soluzione definitiva per il problema dei rei folli, lo dimostra il fatto che nel 1904, a trent’anni dall’apertura della Sezione per maniaci di Aversa, la situazione era molto critica, lo si evince chiaramente dalle affermazioni di Filippo Saporito:” […] i manicomi criminali erano pessime carceri […] una specie di casa di rigore elevata alla massima potenza […]”46. Il Direttore generale delle carceri Alessandro Doria, cerca di correre ai ripari, affidando la direzione autonoma dei manicomi giudiziari ai medici alienisti (Regio Decreto n. 5 del 1904), iniziando così un percorso di diversificazione tra direzione medica e direzione carceraria.

Il 1904 è un anno decisivo per l’assetto legislativo manicomiale, viene emanata la Legge n. 36 del 1904 (legge sui manicomi e gli alienati), cosiddetta legge Giolitti, la quale si compone di solo 8 articoli, definendo all’art. 1 le condizioni per le quali si dispone l'internamento in manicomio: la ormai consolidata categoria della pericolosità sociale ed il suo precipitato moralistico, di costume: il pubblico scandalo. La morale diviene imperativo giuridico. Categorie inverificabili in alcun giudizio sebbene, anche in questo caso, la competenza relativa alla decisione definitiva sull'internamento viene affidata al Tribunale in camera di consiglio su istanza del Pubblico Ministero (art. 2).

45 BORZACCHIELLO A., I luoghi della follia, cit., pp. 12-13.

46 SAPORITO F., il manicomio criminale e i suoi inquilini, in Rivista di discipline

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Nonostante le dure critiche, anche in sede di discussione parlamentare, la legge venne celermente approvata, divenendo la prima legge regolatrice dei manicomi in Italia47.

Per far fronte all’esiguità della legge, che ne aveva permesso una rapida approvazione, cinque anni dopo, verrà promulgato un regolamento di esecuzione di 93 articoli redatto interamente da tecnici. L'impianto complessivo inequivocabilmente privilegerà le esigenze di custodia a quelle di cura.

Ultimo e definitivo passo importante, prima degli interventi degli anni ’70 del XX secolo, è senza dubbio la legislazione del Codice Rocco del 1930, caratterizzato dal sistema del doppio binario48.

Viene esteso il principio di presunzione di pericolosità dell’art. 222 c.p. ai soggetti non imputabili per infermità di mente e viene introdotto il ricovero in manicomio giudiziario tra le misure di sicurezza comminabili. Destinatari delle misure di sicurezza sono i soggetti imputabili, semi imputabili e non imputabili.

Nello specifico per la categoria degli infermi di mente viene previsto, in via obbligatoria ed automatica, la misura di sicurezza del ricovero a tempo indeterminato in manicomio giudiziario, mentre per i semi- infermi l’assegnazione in casa di cura e custodia. Entrambe misure che si affiancano alla pena applicata, in aggiunta o sostituzione.

Proprio il presupposto della pericolosità viene utilizzato per giustificare l’applicazione delle nuove misure di sicurezza “amministrative”, definite tali proprio dal Codice per poterle così sganciare dalla colpevolezza e legarle esclusivamente al requisito della

47 CANOSA R., cit., pag. 116. 48 Vedi infra par. 1.2.1 cap. II.

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pericolosità del soggetto49, in ossequio alla loro natura special- preventiva.

Fino alle svolte epocali degli anni ’70 del XX secolo, la normativa resta sostanzialmente invariata. Si possono citare norme del Codice Civile del 1942, che prevedevano l’applicazione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione anche per l’infermo di mente e nello specifico l’art. 420 c.c., per i ricoverati in manicomio, che statuiva la nomina di un tutore per l’internato, con il medesimo provvedimento con il quale si stabiliva il ricovero50. Si aggiunga quanto previsto dall’art.3 del D.P.R n. 223 del 1967, ovvero la sospensione del diritto di voto per il ricoverato in istituto psichiatrico, tutto ciò fissava quasi un automatismo tra internamento ed interdizione.

2.1.3 Critica delle istituzioni totali – Goffman e