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Un concetto di pericolosità sociale decontestualizzato e svuotato

IL CAMBIO DI PROSPETTIVA NELLA VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITA’

5.2 Un concetto di pericolosità sociale decontestualizzato e svuotato

I sostenitori della riformata materia, sostengono che l’intervento legislativo non incentivi una decontestualizzazione del giudizio di pericolosità, epurato degli aspetti sociali e territoriali, ma bensì sottragga dalla valutazione il peso di situazioni di abbandono nelle quali non di rado versano i soggetti rei infermi di mente. Spesso infatti fattori esterni e la mancanza di programmi terapeutici alternativi al ricovero hanno avuto un’influenza determinante sul giudizio di presenza o persistenza della pericolosità.

Tuttavia si deve osservare come la malattia di mente non possa esser considerata come uno stato permanente ed avulso da fattori esterni, ma bensì una realtà mutevole e sensibile a svariati e diversi fattori. Se si basasse l’analisi solo sulle caratteristiche endogene dell’individuo, prescindendo dalle sue relazioni con il contesto sociale nel quale esso è necessariamente inserito, si rivelerebbe sterile, poiché escluderebbe i dati che vanno maggiormente ad incidere sulla possibilità di recidiva. Proprio per questi motivi la riforma desta non poche perplessità, non essendo ancorata a fondamenti scientifici unanimemente accettati e riconosciuti163, e di fatto in contrasto con le riflessioni della scienza giuridica e psichiatrica, che da tempo evidenziano la necessità di garantire una base ampia al giudizio di pericolosità164. La pericolosità va dunque accertata in un’accezione situazionale, giacché il soggetto

163 MANNA A., La lunga e accidentata marcia verso l’abolizione degli OPG,

reperibile in www.antigone.it , fasc. 1/2015, pp. 11 e ss.

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non è una monade, ma va calato nel contesto sociale e familiare di riferimento165.

La legge n. 81, interviene in direzione opposta a tali indicazioni, innanzitutto lasciando intatta la nozione generale di pericolosità sociale, definita in termini molto ampi e generici, ma in deroga all’art. 203, secondo comma del c.p., in base al quale la pericolosità sociale si desume dalle circostanze indicate dall’ art. 133 del c.p., limita la base della valutazione, prevedendo di fatto una disciplina speciale per il giudizio prognostico in relazione a soggetti infermi o semi-infermi autori di reato. Da più parti si è richiesta la sostituzione della formula utilizzata dal legislatore nell’art. 203 c.p., troppo vaga e non ancorata a parametri scientifici verificabili e confrontabili, con un criterio che si ponga in sintonia con la Carta Costituzionale e che è stato individuato dalla dottrina nel “bisogno di terapia”166.

Si è denunciato il rischio di un poco gradito e anacronistico concetto di “pericolosità sociale decontestualizzata” in contrapposizione alla tanto sofferta ed infine affermata accezione situazionale, che valorizzava accanto al profilo psicologico e psichiatrico del folle reo anche il contesto sociale e familiare dal quale esso è condizionato, riecheggia una visione neopositivista ed una nozione biologica di pericolosità, che si pensava essere ormai un residuo di storia criminologica, basata unicamente sulle caratteristiche personali, psicologiche e psichiatriche del reo, che di fatto porta ad una prognosi riservata solamente alla

165 FORNARI U., Trattato di psichiatria forense, Torino, Utet, 2008, pag. 231.

166 PORCEDDU E., Accertamento della pericolosità sociale dell’infermo di mente e

del seminfermo di mente, ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza personale detentiva all’esame della Corte Costituzionale, in Cassazione Penale, fasc. 11/2015, pag. 4028.

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psichiatria la quale sottolinea da tempo l’impossibilità di prescindere dai fattori esogeni167.

Bisogna tener d’occhio il significato che la nuova disciplina può assumere alla luce dell’ingresso delle neuroscienze nel processo penale, e del conseguente peso che tali valutazioni peritali possono avere sui giudizi prognostici alla base della pena edittale.

Merita una breve trattazione l’argomento delle neuroscienze, che entrando nel processo penale, rischia di avvalorare la tesi di una pericolosità sociale più incentrata sulla malattia in sé che sul soggetto. Le tecniche di neuroimaging, vengono per la prima volta richiamate nella Sentenza del Tribunale di Como del 20.5.2011. La decisione del giudice venne supportata da accertamenti psichiatrici tradizionali e da analisi neuroscientifiche, che rivelarono la morfologia del cervello ed il patrimonio genetico dell’imputata, riconoscendo di fatto la validità prognostica delle tecniche neuroscientifiche168, seppur sottolineandone un prudente utilizzo, difatti l’ausilio delle neuroscienze può esser solo parziale, consentendo l’accertamento della presenza e dell’intensità del disturbo, ma non la verifica dell’altro elemento alla base del giudizio, ovvero il nesso eziologico tra il disturbo ed il reato.

Le tecniche di neuroimaging, permettono lo studio diretto dell’attività celebrale nel corso dell’esposizione ad una stimolazione emotiva o durante la risposta comportamentale in condizioni fisiologiche169, arrivando fino alla valutazione dei correlati neuronali della coscienza, determinanti per la pianificazione dell’atto-reato o il controllo degli

167 PELISSERO M., Ospedali psichiatrici in proroga, cit., pp. 922 e ss. 168 Gip di Como, 20.5.2011, reperibile in www.guidaaldiritto.it , nota di

MACIOCCHI, Gip di Como: le neuroscienze entrano e vincono in tribunale.

169 PIETRINI P.,ResponsabilMente: dai processi cerebrali al processo penale.

Prospettive e limiti dell’approccio neuroscientifico, in La prova scientifica nel processo penale,2007, CEDAM, pp. 324 e ss.

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impulsi. Elementi importanti per il giudice ed il perito, chiamati a pronunciarsi nel giudizio.

Si crea quindi un paradosso, mentre la giurisprudenza, la dottrina e la psichiatria maggioritarie, mettono in guardia su uno svuotamento dell’elemento sociale della pericolosità, una parte della psichiatria e dalla giurisprudenza avanzano la possibilità dell’utilizzo, nelle perizie psichiatriche ai fini del processo penale, di tecniche che valorizzano l’aspetto genetico del soggetto.

Si palesa uno scenario di ritorno ad “una pericolosità rigida, statica ed autoconservativa”, favorente un approccio monofattoriale e antiscientifico nella valutazione di comportamenti complessi alla base dei reati commessi da soggetti affetti da infermità psichica170.

Inoltre, in assenza di un apprezzamento della società di riferimento, che di fatto accoglie il soggetto da valutare, si creerebbe una tipologia di giudizio prognostico in contrasto con la ricerca del difficile equilibrio tra le esigenze di cura e custodia, e nei casi gravi di malattie difficilmente suscettibili di evidenti miglioramenti significativi, cristallizzato171, poiché la prognosi non potrebbe essere modificata in considerazione di un mutato contesto familiare, sociale, lavorativo e terapeutico.

L’art. 3 ter del Decreto Legge n. 52 del 2012, come riformato dalla legge n. 81, e che esclude che la “sola” mancanza di programmi terapeutici individuali possa determinare un giudizio di pericolosità sociale, ribadisce la decontestualizzazione dell’autore di reato.

L’idea alla base della norma è apprezzabile, impedire che carenze amministrative ed organizzative regionali si ripercuotano sul

170 BIANCHETTI R., Sollevata questione di legittimità, cit., pag. 8. 171 FIORENTIN F., Al vaglio di costituzionalità, cit., pp. 5 e 6.

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soggetto172, tuttavia lo si deve leggere legandolo al quarto comma dello stesso articolo, che prevede nel caso di cessazione della pericolosità dell’internato la dimissione e la presa in carico da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), la proroga della misura per assenza di programmi territoriali era spesso dovuta alla presa d’atto che l’applicazione della misura costituiva, fosse il male minore e costituisse l’unica via per garantire al soggetto una cura, anziché restare solo a causa di inefficienze sanitarie e obbligo di dimissione dall’OPG173. Per assurdo nella mancanza di programmi terapeutici individuali, la disciplina scritta in chiave garantista, si trova in contrasto con l’art. 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute.

5.3 Il sistema bifasico del doppio giudizio