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3.3 La detenzione degli stranieri nei CIE

3.3.1 Breve ricostruzione del sistema dei Cie

Come anticipato, nell’ordinamento italiano la previsione di Centri di identificazione ed espulsione degli immigrati in condizione d’irregolarità risale alla seconda metà degli anni novanta e si affaccia in ritardo rispetto a quanto nel frattempo avveniva in altre parti d’Europa. Forme analoghe di Centri per il trattenimento temporaneo di stranieri in attesa di espulsione erano già previste nell’ordinamento di altri paesi dell’Unione europea, come in Francia, Spagna, Regno Unito, e Germania70. Tale innovazione, ormai normalizzata da quasi

quindici anni e avallata anche dal diritto dell'Unione, è stata al centro di numerosi dibattiti nell'ambito della società civile e del mondo giudiziario, che ne hanno contestato nel corso degli anni la grave inadeguatezza nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali della persona.

Istituiti dalla legge 40 del 1998 e previsti all’articolo 14 del testo unico sull’immigrazione, come modificato dall’articolo 13 della legge 189 del 2009, i Cie, anteriormente denominati Centri di permanenza temporanea e assistenza, Cpta o più brevemente Cpt, si distinguono dalle strutture adibite all’accoglienza e al trattenimento degli immigrati per la loro finalità, in quanto sono stati creati per trattenere gli stranieri senza titolo di soggiorno e in attesa di espulsione, nei casi in cui non sia possibile l’esecuzione immediata della misura71. Il trattenimento

presso i Cie, pur non configurandosi come misura detentiva finalizzata all’espiazione di una pena, incide sulla libertà personale, tutelata dalla nostra Carta costituzionale in quanto diritto fondamentale della persona, riconosciuto anche nei confronti di chi non sia cittadino italiano, che sia in condizione di regolarità o meno; “né potrebbe dirsi che le garanzie dell'art. 13 della Costituzione subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti. Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito

70 Cordini, Giovanni (a cura di). Il diritto dell'immigrazione. Profili di diritto comparato, V quaderno de Il diritto dell'economia, Modena : Mucchi Editore, 2010.

71 Il nostro ordinamento contempla infatti altre tipologie di Centri destinati all'accoglienza dei migranti. Dal sito ufficiale del Ministero dell'Interno, risultano, oltre ai Cie, i Centri di primo soccorso e accoglienza, Cpsa; i Centri di accoglienza, Cda; e i Centri di accoglienza per richiedenti asilo, Cara.

il carattere universale della libertà personale che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto essere umani72”. Per tale ragione, la limitazione della libertà personale

deve essere convalidata dall’autorità giudiziaria analogamente a quanto previsto per il fermo e per l’arresto.

Nel 2002 intervenne la prima legge di modifica del testo unico, la legge 189, che determinò un generale peggioramento della condizione dei migranti, estendendo il periodo di trattenimento nei Cie a un massimo di sessanta giorni e introducendo varie disposizioni in un'ottica repressiva e di criminalizzazione dell'immigrazione irregolare. Nel 2007, per volere dell'allora Ministro dell’interno Amato, fu istituita la Commissione De Mistura, al fine di effettuare un'indagine complessiva sui Cpt ed elaborare nuove strategie per la gestione dei Centri. Nel rapporto si evidenziava l'inefficacia del sistema della detenzione amministrativa, che non rispondeva alle “complesse problematiche del fenomeno” migratorio e che comportava gravi disagi e costi elevatissimi. Nelle considerazioni finali, la Commissione formulava alcune proposte finalizzate a superare i Cpt “attraverso un processo di svuotamento di tutte le categorie di persone per le quali non c’è esigenza di trattenimento”. L'invito della Commissione De Mistura non si tradusse tuttavia in successiva riforma e nell’agosto 2008 il Governo, con la legge 125, prorogò il termine massimo di permanenza degli stranieri nei Cie da sessanta a centottanta giorni complessivi. Tale provvedimento, il primo di una lunga serie di interventi ispirati a logiche di sicurezza e rigore, suscitò critiche in ambito giuridico poiché, triplicando i termini massimi della detenzione amministrativa, esso stravolgeva la funzione originaria del trattenimento, circoscritto nel breve periodo ed esclusivamente finalizzato ad attuare l’allontanamento, per “ridurlo ad una dimensione sanzionatoria e punitiva” attraverso la privazione della libertà personale, con aspetti di dubbia costituzionalità73. Con il decreto legge

del 23 giugno 2011, n. 89, convertito in legge n. 129/2011, a ultimazione del terzo “pacchetto sicurezza”, la durata massima del

72 Corte Costituzionale, sentenza 105/2001

73 “Non solo la proroga viene concessa o negata senza contraddittorio fra le parti, ma al giudice non è neppure concesso di modulare la durata del trattenimento prorogato in base alle effettive necessità documentate dalla Questura [...]. Ed allora, pare evidente il contrasto con due parametri costituzionali: il diritto di difesa e la riserva di giurisdizione in materia di libertà personale, che già erano prospettabili quando il trattenimento era consentito nel limite di trenta giorni, prorogabili di altri trenta, ma che ora emergono con forza in ragione della triplicazione della durata della permanenza nei C.I.E. e della genericità dei presupposti legittimanti le proroghe”. Savio, Guido. La disciplina dell’espulsione e del trattenimento nei CIE. La condizione giuridica dello straniero dopo le recenti riforme della normativa in materia di immigrazione, Seminario ASGI– MD, Settembre 2009.

trattenimento è stata poi ulteriormente prorogata fino a un massimo di diciotto mesi. Il provvedimento legislativo citato interveniva a seguito della nota sentenza El Dridi, in cui la Corte di Giustizia aveva giudicato incompatibile con il diritto dell'Unione l'art. 14, comma 5 ter del testo unico, laddove prevedeva la pena dell'arresto da sei mesi a un anno contro lo straniero inottemperante all'ordine di allontanamento disposto dal Questore ai sensi del precedente comma 5 bis. Il legislatore italiano, dopo aver modificato l'articolo censurato conformemente a quanto richiesto dalla Corte, nell'estendere il periodo di trattenimento fino al massimo di diciotto mesi, aveva provveduto a dare attuazione alla direttiva 2008/115/CE, sebbene quest'ultima, come sottolineato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato nel Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia del febbraio 2012, evidenziasse il carattere residuale della detenzione amministrativa. “Infatti, solo in casi specifici, e quando misure meno coercitive risultano insufficienti, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un Paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio. Il trattenimento è disposto per iscritto dalle autorità amministrative o giudiziarie e deve essere regolarmente sottoposto a un riesame. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile e non può superare i sei mesi. Inoltre viene sottolineato che solamente in particolari circostanze, quando l’allontanamento di un cittadino di un Paese terzo rischia di protrarsi oltre il periodo stabilito, gli Stati membri possono prolungare il trattenimento per un periodo non superiore ad altri dodici mesi”. Contrariamente allo spirito della direttiva rimpatri, la legge 129 comportò nei fatti un sensibile inasprimento della disciplina. Sebbene fosse stato formalmente introdotto il rimpatrio volontario come via prioritaria per l’allontanamento dell’immigrato in condizione d’irregolarità e fossero stati previsti l’istituto del rimpatrio volontario assistito nonché alcune misure limitative della libertà personale alternative al trattenimento nei Cie, la legge sembrava piuttosto sfruttare tutti i margini consentiti dalla direttiva, limitando al massimo il trattamento più favorevole allo straniero74.

74 Campesi, Giuseppe. La detenzione amministrativa degli stranieri in Italia: storia, diritto, politica, Università di Bari “Aldo Moro”, 2011, disponibile all'indirizzo: https://www.academia.edu/555393/La_detenzione_amministrativa_degli_stranieri _in_Italia_storia_diritto_politica. Il rimpatrio assistito è previsto all'art. 14 ter del testo unico e consiste nella possibilità di ritorno offerta ai migranti che non possono o non vogliono restare nel Paese ospitante e che desiderano, in modo volontario e spontaneo, ritornare nel proprio Paese d´origine. La misura del Rimpatrio Volontario Assistito, RVA, è attuata dal Governo italiano in favore dei cittadini extracomunitari da oltre un decennio, attraverso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, OIM. La realizzazione dei programmi di rimpatrio volontario prevede vari momenti: la segnalazione e la valutazione del

Ad aprile del 2011 il Ministro dell’interno Maroni emanò la circolare n. 1305, che proibiva l’accesso ai Cie e ai Cara da parte dei mezzi di informazione, delle organizzazioni indipendenti, tranne alcune menzionate nella stessa, e di esponenti della società civile75. Tale

provvedimento, motivato dall’esigenza di “non intralciare le attività” rivolte a far fronte al “massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa”, rende l'idea del clima di pressione che si respirava in quel momento e provocò una decisa mobilitazione di settori dell’associazionismo e della stampa che reclamavano il diritto di essere informati e di informare sulle condizioni delle migliaia di persone presenti nei centri per gli immigrati76.

Nel 2014, con la citata legge 163, il legislatore ha compiuto una svolta radicale, riducendo da diciotto a tre mesi, o addirittura trenta giorni nel caso in cui l'espellendo avesse già trascorso almeno tre mesi in carcere, il termine massimo di detenzione nei Cie, e riportando dunque l'istituto del trattenimento alla sua originaria funzione di strumento finalizzato a consentire l'espulsione degli stranieri. Questa importante riforma è stata il segno di un cambiamento netto di prospettiva e si è imposta come necessaria nel tentativo di risolvere indirettamente il problema sempre più increscioso delle condizioni dei nostri Cie77.

A conferma della inefficienza del sistema di detenzione amministrativa e della necessità di porre rimedio a problematiche centrali nella politica europea e nazionale in tema di rimpatrio di cittadini in posizione irregolare, in data 17 febbraio 2017 è stato emanato il decreto legge n. 13, c.d “decreto Minniti”, recante “Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione

caso, l´elaborazione di un progetto individuale che tenga conto delle capacità e delle aspettative del migrante, il sostegno alla realizzazione di questo piano nel Paese di origine. I programmi di Ritorno Volontario Assistito vengono realizzati su base individuale e sono sempre in risposta a una richiesta volontaria del migrante. Dal programma sono esclusi i cittadini comunitari, i titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, gli stranieri che abbiano già beneficiato dei programmi di ritorno volontario e gli stranieri che hanno ricevuto un decreto di espulsione.

75 La circolare permetteva espressamente l'ingresso a: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), Croce Rossa Italiana (CRI), Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children, Caritas, e tutte le associazioni che avevano in corso con il Ministero dell’Interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con i fondi nazionali ed europei. La circolare fu dichiarata illegittima con sentenza 4518/2012 del TAR Lazio.

76 Campagna “LasciateCIEntrare”, disponibile all'indirizzo: www.lasciatecientrare.it, che ottenne l’abrogazione della circolare e oggi si batte per la chiusura dei Cie, l’abolizione della detenzione amministrativa e la revisione delle politiche sull’immigrazione.

77 Masera, Luca. Ridotto da 18 a 3 mesi il periodo massimo di trattenimento in un CIE: la libertà dei migranti irregolari non è più una bagattella?, in Diritto Penale Contemporaneo, 10 novembre 2014.

internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale”. Con tale provvedimento, il Governo ha introdotto modifiche strutturali sia nell'ambito del sistema di protezione internazionale italiano, sia in materia di contrasto all'immigrazione irregolare, mediante uno strumento, quello della legislazione di urgenza, che non pare affatto idoneo a disciplinare profili di così estrema delicatezza e a salvaguardare i principi costituzionali e internazionali in gioco.78.

In relazione alle novità in tema di prima identificazione e di rimpatrio degli stranieri irregolari, sembrerebbe persistere una prevalente ottica repressiva del fenomeno, con l’accentuazione degli strumenti di rimpatrio forzoso, attraverso alcune modifiche di dettaglio della disciplina del rimpatrio, come la previsione del trattenimento anche per gli stranieri non espulsi ma respinti, o l’allungamento del termine di trattenimento per coloro che hanno già scontato un periodo di detenzione in carcere, ma, soprattutto, con la decisione di dare inizio all’apertura di numerosi nuovi Centri di detenzione amministrativa in attesa del rimpatrio, ora rinominati Centri di permanenza per i rimpatri, in sostituzione dei Cie79. Da anni risulta chiaro come un sistema

efficiente di rimpatri non possa basarsi solo sull’esecuzione coattiva degli stessi, ma debba, in primo luogo, riformare le norme in materia di ingresso e soggiorno, aprendo canali di ingresso regolare diversi da quello, ora quasi unico, della protezione internazionale, così dando maggiore stabilità ai soggiorni, oggi resi precari da disposizioni eccessivamente rigide, riducendo così il ricorso all'allontanamento per ipotesi limitate e comunque incentivando i rimpatri volontari, con strumenti normativi e finanziari specifici. Appare quindi necessaria una più ampia e organica revisione delle strategie di governo dei flussi migratori, con la rivisitazione delle norme del testo unico sull'immigrazione che impediscono un ordinato programma di regolarizzazione e inserimento controllato dei migranti, prendendo atto

78 ASGI. Il D.L. 13/2017: le principali ragioni di illegittimità. Una nota con i principali, sia pure non esaustivi, profili di illegittimità costituzionale del d.l. 17.02.2017, n. 13, 7 marzo 2017, disponibile all'indirizzo: http://www.asgi.it, in cui si evidenzia tra l'altro il difetto del necessario presupposto dell’urgenza, trattandosi di disposizioni che non sono di immediata attuazione, applicandosi alcune di esse addirittura trascorsi centottanta giorni dall’emanazione del decreto, ma che sono finalizzate a ridisegnare completamente la tutela giurisdizionale nella materia della protezione internazionale. Riguardo a quest'ultimo aspetto, si rinvia al parere reso avanti le Commissioni Affari costituzionali e Giustizia il 7 marzo 2017, presentato da Antonello Cosentino, Consigliere della Corte di Cassazione e Presidente della Sezione Cassazione dell’Associazione nazionale magistrati, disponibile all'indirizzo: http://www.asgi.it.

79 Art. 19, decreto legge 13/2017. Secondo quanto affermato dal Ministro dell'interno Minniti, “I vecchi Cie non ci saranno più, diventeranno Centri di permanenza per il rimpatrio che saranno una cosa totalmente diversa, uno per regione, per complessivi 1.600 posti” e sorgeranno fuori dei centri abitati ma vicino a hub di comunicazione stradale.

del fallimento, sotto il profilo dell’effettività e della sostenibilità economica, di un approccio esclusivamente orientato all’allontanamento forzoso di soggetti le cui precarie condizioni sociali e civili interpellano peraltro il tema della garanzia dei diritti fondamentali80.

Allo stato attuale, secondo il predetto rapporto della Commissione del Senato, i Cie funzionanti sono quelli di Brindisi, Caltanissetta, Roma e Torino, con 574 posti disponibili di cui effettivi 359. Al 30 dicembre 2016 risultavano trattenute 288 persone. Il Cie di Bari e quello di Crotone non sono attualmente agibili, mentre il Cie di Trapani, attivo fino al 31 dicembre 2015, dal giorno successivo è stato convertito in

hotspot81. Dalle visite svolte nei Centri e dai dati a disposizione della

Commissione emerge una “forte eterogeneità e promiscuità delle persone presenti all'interno dei centri di identificazione ed espulsione”, elemento che determina il verificarsi di situazioni di tensione altissima. Tra gli “ospiti” vi sono donne e uomini, adulti, che non hanno mai avuto un documento regolare per la permanenza in Italia, ovvero che ne erano in possesso e non sono riuscite a rinnovarlo, c.d. overstayer; nati in Italia o giunti minorenni, che a diciotto anni non hanno potuto rinnovare il documento; apolidi che non hanno fatto richiesta di riconoscimento del proprio status, o richiedenti asilo che non hanno presentato la domanda al momento dell'arrivo in Italia; ex-detenuti che, scontata la pena, sono stati poi trasferiti nei Cie in attesa di identificazione o di rimpatrio82. Questa composizione dipende da un 80 ASGI. Il D.L. 13/2017: le principali ragioni di illegittimità. Una nota con i principali, sia pure non esaustivi, profili di illegittimità costituzionale del d.l. 17.02.2017, n. 13, cit.

81 Il Cie di Crotone è stato chiuso ad agosto 2013 dopo la morte di un giovane migrante e la successiva rivolta dei trattenuti per le condizioni terribili in cui versava. È stato riaperto il primo settembre 2015 per poi essere chiuso nuovamente a marzo 2016. La struttura, ubicata a Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, era stata al centro di una vicenda giudiziaria conclusasi con l'assoluzione di tre cittadini stranieri i quali, nell'ottobre 2012, avevano protestato per più giorni contro la restrizione della propria libertà personale attraverso un digiuno prolungato e manifestazioni violente, come lancio di oggetti dal tetto e distruzione di arredi. Il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 1410 del 12 dicembre 2012, ha ravvisato proprio nella situazione “al limite della decenza” del Cie, una causa di giustificazione delle condotte violente contestate ai tre stranieri trattenuti che, secondo il giudice, hanno agito in modo proporzionato in difesa dei propri diritti fondamentali, lesi dalle condizioni degradanti del trattenimento. 82 Nel rapporto della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei

diritti umani si legge che “La popolazione che transita all'interno dei Cie è composta per la maggior parte da persone che provengono dal carcere”. Va ricordato che secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia, i detenuti stranieri presenti nelle carceri italiane al 28 febbraio 2017 sono 18.971, su un totale di 55.929. Finito di scontare la pena, uomini e donne che hanno ricevuto provvedimenti di espulsione amministrativi e/o giudiziari, vengono portati nei Centri per essere identificati ed espulsi. Ciò vuol dire che durante la detenzione

lato dalla scarsa regolamentazione e progettualità propria dell’intero sistema dei Centri e, dall’altro, dalla rigidità della normativa italiana in materia di immigrazione, per cui è sufficiente che uno straniero perda il lavoro o non gli venga rinnovato il permesso di soggiorno per più di dodici mesi per diventare irregolare. In ogni caso, è più difficile trovare all'interno di un Cie stranieri che siano stati destinatari di un decreto di espulsione perché ritenuti pericolosi, per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato o per motivi di prevenzione del terrorismo. Soprattutto nelle ultime due ipotesi infatti, le motivazioni alla base del provvedimento espulsivo fanno sì che il rimpatrio dei soggetti interessati avvenga in tempi rapidissimi, anche grazie alla facilità di identificazione degli stessi in quanto spesso già da tempo segnalati e controllati dalle autorità83.

non è stato possibile procedere all'identificazione. All'interno del Centro, poi, il meccanismo molto spesso si inceppa a causa della mancata o scarsa collaborazione del consolato del Paese di provenienza dello straniero. Per l'identificazione ai fini dell'espulsione, infatti, è necessario il riconoscimento dello straniero da parte del console e successivamente il rilascio del documento di viaggio necessario per effettuare il rimpatrio.

83 Alcuni casi recenti tuttavia dimostrano che non sempre è così: il 13 gennaio 2017 è stato espulso per motivi di sicurezza dello Stato un 32enne tunisino, dimorante ad Ancona, già segnalato per la sua significativa propensione alla violenza e denunciato nel marzo 2015 per i reati di rapina e lesioni personali aggravate. Dalle indagini svolte dai servizi di sicurezza e di prevenzione, anche internazionali, e dall'analisi della sua pagina Facebook, era emerso uno stretto contatto con l'autoproclamato Stato Islamico, che aveva giustificato l'arresto e il trasferimento nel Cie di Torino in data 24 dicembre 2016, dove è rimasto per venti giorni, prima di essere rimpatriato dalla frontiera aerea di Malpensa con volo diretto a Tunisi. In un altro caso, si è eseguita l'espulsione di un cittadino tunisino, 53enne, in posizione irregolare sul territorio nazionale, senza fissa dimora e arrestato per reati di violenza privata aggravata dalla finalità di terrorismo e istigazione a delinquere. Il 29 dicembre 2016, l'autorità giudiziaria ne aveva convalidato l'arresto e il cittadino tunisino era stato trasferito presso il Cie di Caltanissetta, per essere rimpatriato in data 19 gennaio 2017 dalla frontiera aerea di Palermo verso Tunisi.