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L'espulsione prefettizia: presupposti ed esecuzione

3.2 L'espulsione amministrativa

3.2.1 L'espulsione prefettizia: presupposti ed esecuzione

L'espulsione amministrativa disposta dal Prefetto trova nel testo unico sull'immigrazione e nel suo regolamento di attuazione, decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999 n. 394, l'apparato normativo di riferimento. Il provvedimento in esame presenta le caratteristiche tipiche del provvedimento amministrativo, in quanto la sua adozione è vincolata a precisi presupposti individuati dalla legge13.

La natura fortemente sanzionatoria del decreto di espulsione, infatti, di per sé idoneo a comprimere i diritti fondamentali dell'uomo, primo fra tutti quello della libertà personale tutelato dall'art. 13 della nostra Costituzione, fa sì che il provvedimento espulsivo debba rispondere al generale principio di legalità, potendo pertanto essere disposto solo nei casi espressamente previsti dalla legge o da atti aventi forza di legge, qual è il decreto legislativo 286. Come si sa, l'effettivo rispetto del principio di legalità può aversi solo nel caso in cui sia data piena attuazione anche al suo diretto corollario, il principio di tassatività, il quale richiede che il legislatore individui con sufficiente determinatezza le fattispecie espulsive, affinché gli stranieri possano conoscere ex ante e con precisione la condotta vietata dalla legge. L'art. 13, comma 2 del testo unico individua tre diversi presupposti in presenza dei quali il Prefetto esercita legittimamente il potere espulsivo: ingresso irregolare, permanenza irregolare e pericolosità sociale. In presenza di uno dei suddetti presupposti l'atto deve obbligatoriamente essere adottato, configurandosi in questo modo quello che viene definito un “automatismo espulsivo”.

Dopo aver precisato, in ossequio ai principi del diritto internazionale vietanti la pratica delle espulsioni collettive, che il provvedimento debba essere disposto “caso per caso14”, la lettera a) dell'art. 13,

contempla il caso dello straniero “entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera” che non sia stato tempestivamente sottoposto a respingimento. È il caso molto frequente dello straniero sorpreso a soggiornare nel territorio dello Stato in mancanza dei requisiti originari per accedervi, mancanza che avrebbe legittimato la

13 Castellazzi, Sara. Allontanamento ed espulsione, ne Il diritto dell'immigrazione. Profili di diritto italiano, comunitario e internazionale, V quaderno de Il diritto dell'economia, a cura di Vittorio Gasparini Casari, Modena : Mucchi Editore, 2010.

14 L'inciso fu inserito dalla legge 129/2011 che, ricordiamo, recava disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.

polizia di frontiera o il Questore a disporre un provvedimento di respingimento ai sensi dell'art. 10, commi 1 e 2 del testo unico15. Dal

tenore letterale della fattispecie e dalla elaborazione della giurisprudenza di legittimità, la norma legittima il Prefetto a emanare il decreto di espulsione senza alcun margine di discrezionalità quando lo straniero non dimostri di essere entrato attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti. Per alcuni la disposizione rappresenterebbe una lacuna nella disciplina di prevenzione e repressione della clandestinità, poiché l'espulsione amministrativa in questi casi sarebbe fondata solo nel caso in cui si possa dimostrare una inadeguatezza dei controlli alle frontiere, prova di non facile attestazione specialmente nell'ipotesi dello straniero che non abbia né un visto di ingresso, né un documento valido per il soggiorno all'interno dell'area Schengen, e sia entrato in Italia attraversando i confini interni da un Paese di libera circolazione, e quindi in assenza dei controlli16.

La seconda ipotesi espulsiva, prevista dalla lett. b) dell'art. 13, comma 2, comprende in realtà una serie di situazioni diverse, accomunate tutte dal fatto di riguardare stranieri che, pur entrati regolarmente nel territorio dello Stato, si trovino a soggiornarvi senza un titolo valido. In particolare si fa riferimento allo straniero trattenutosi nel territorio nazionale: in assenza della comunicazione di cui all'art. 27, comma 1

bis17; in violazione dell'art. 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 15 Il respingimento avviene di norma ai valichi di frontiera ed è operato, ai sensi del primo comma dell'art. 10 del testo unico, dalla polizia di frontiera contro gli stranieri che si presentino senza avere i requisiti richiesti dal testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato. Tali requisiti sono elencati all'art. 4 del testo unico e comprendono il possesso di un passaporto valido o documento equipollente; il possesso di un visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione; il possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e per il ritorno nel Paese di provenienza. L'ingresso dello straniero non è consentito quando quest'ultimo sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi dell'area Schengen, e quando risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, per determinati reati considerati particolarmente gravi e indice di pericolosità sociale.

L'art. 10, comma 2 prevede che il respingimento con accompagnamento alla frontiera sia disposto dal Questore in due casi: nei confronti degli stranieri entrati nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera che siano fermati all'ingresso o subito dopo, lett. a), e nei confronti degli stranieri temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso, lett. b).

Ai sensi dell'art. 13, comma 13, lo straniero che trasgredisca al divieto, accessorio al provvedimento di espulsione, di rientrare nel territorio dello Stato, “è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera”.

16 Bonetti, Paolo. Italy, in Expulsion and detention of aliens in the European Union Countries, a cura di Bruno Nascimbene, Milano : Giuffrè Editore, 2001.

17 La comunicazione, presentata allo sportello unico della Prefettura ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, sostituisce, a favore dei lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti dai datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membri dell'Unione europea, il nulla osta al lavoro

6818; senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine

prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore; quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o rifiutato; quando il permesso di soggiorno sia scaduto da più di sessanta giorni e non ne sia stato richiesto il rinnovo.

Queste ultime tre ipotesi meritano un pur minimo approfondimento. Per quanto riguarda il caso dello straniero senza permesso di soggiorno, l'art. 5 del testo unico prevede, al comma 2, che il titolo debba essere richiesto, “secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, al Questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato”. Nel caso in cui il periodo di otto giorni trascorra senza che pervenga la domanda di rilascio del permesso, scatta l'automatismo espulsivo; una certa discrezionalità del Prefetto permane soltanto nella valutazione dell'elemento della forza maggiore quale fattore impeditivo del decorso del termine19.

In relazione all'ipotesi di espulsione dello straniero che abbia perso il permesso di soggiorno, presupposto indefettibile per l'emissione del decreto è sempre l'esistenza di un provvedimento amministrativo di annullamento o revoca20. L'art. 5, comma 5 del testo unico prevede che

il permesso di soggiorno o il suo rinnovo siano rifiutati e, se il

richiesto dall'art. 27.

18 L'articolo richiamato impone allo straniero che faccia ingresso in Italia per visite, affari, turismo e studio e per soggiorni non superiori a tre mesi, in sostituzione dell'obbligo di ottenere un permesso di soggiorno, di dichiarare, al momento dell'ingresso o, in caso di provenienza da Paesi dell'area Schengen, entro otto giorni dall'ingresso, la sua presenza, rispettivamente all'autorità di frontiera o al Questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno.

19 Una prima occasione per valutare la legittimità della configurazione, da parte della riforma Turco-Napolitano, di poteri vincolati in capo all’amministrazione, fu offerta dal Tribunale di Vicenza che sollevò la questione nei confronti dell’art. 13, comma 2 del testo unico nella parte in cui stabilisce che il Prefetto deve disporre automaticamente l’espulsione dello straniero, una volta accertati i presupposti previsti e non gli consente di prendere in considerazione situazioni che ne legittimerebbero la permanenza in Italia, come un'occupazione lavorativa, la disponibilità di un alloggio e l’esistenza di carichi familiari, ponendosi in contrasto con i principi di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, con il principio di eguaglianza e con il diritto al lavoro e alla retribuzione di cui all’art. 35 Costituzione. Il giudice a quo coglieva, cioè, nella mancata possibilità di una valutazione discrezionale della situazione complessiva del soggetto una “irragionevolezza” della disciplina nel suo complesso. La Corte giunse, però, con ordinanza del 3 maggio 2002, n. 146, a dichiarare la manifesta infondatezza della questione asserendo che quello che il giudice rimettente chiamava “automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l'intera disciplina dell'immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell'autorità amministrativa”.

permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, “quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”, sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili21. Il provvedimento avrà

natura di annullamento qualora il permesso di soggiorno sia stato erroneamente rilasciato in presenza di vizi che avrebbero dovuto comportarne il rifiuto; al contrario, assumerà la forma della revoca quando l'amministrazione, all'esito di una nuova valutazione, verifichi la mancanza dei presupposti necessari per ottenere il permesso alla luce di fatti sopravvenuti o per sopravvenuti motivi di interesse pubblico22. Nelle numerosissime ipotesi in cui lo straniero abbia

tempestivamente richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno ma la Questura competente l’abbia rigettato, all'interessato è dato avviso, nel provvedimento di rigetto, che la sua presenza in Italia non è più consentita e viene invitato alla partenza volontaria entro il termine di quindici giorni decorrente dalla notifica del rigetto, con l’avviso che, in difetto, si procederà alla sua espulsione ai sensi dell’art. 13 del testo unico. Tale procedura, cui l’amministrazione ha l’obbligo di attenersi, è prevista dall’art. 12 D.P.R. 394/1999.

L'ultimo caso considerato dalla lett. b) dell'art. 13, comma 2, è quello relativo alla scadenza del permesso di soggiorno. Il testo unico prescrive un doppio termine per il rinnovo dello stesso: il primo, di natura ordinatoria, è previsto dall'art. 5 comma 4, e corrisponde ad “almeno sessanta giorni prima della scadenza”; il secondo, questa volta di tipo perentorio, è fissato allo stesso art. 13, e consente di presentare la richiesta non oltre i sessanta giorni dalla scadenza del permesso. La normativa in esame è stata al centro di un contrasto giurisprudenziale

21 Con riferimento ai “nuovi elementi”, l'articolo introduce una deroga all'automatismo negatorio in funzione di “clausola di salvaguardia”, per assicurare tutela alle ipotesi in cui, in pendenza del procedimento di revoca del permesso di soggiorno, lo straniero interessato possa dimostrare la sopravvenienza di fatti idonei a legittimare una nuova richiesta di permesso di soggiorno. Per quanto riguarda invece le “irregolarità amministrative sanabili”, nel silenzio della legge, è demandato al Questore il compito di stabilire, di volta in volta e nel contemperamento degli interessi coinvolti, quali irregolarità possano essere sanate e quali invece siano gravi al punto da giustificare la revoca del permesso di soggiorno.

22 Nella prassi, i casi di revoca del titolo di soggiorno, e conseguente espulsione, sono abbastanza rari: è più frequente che il titolo di soggiorno venga rifiutato in sede di rinnovo, quando l’amministrazione verifica la sussistenza dei presupposti e, nell’occasione, scopra l’esistenza di cause ostative, tra le quali le più frequenti sono l’insufficienza dei redditi derivanti da fonte lecita e le condanne penali. Ancora meno numerosi sono i casi di annullamento d’ufficio del permesso di soggiorno e le espulsioni ad essi conseguenti, salve le conseguenze di procedimenti penali da cui risulti che i documenti prodotti per il rilascio del permesso di soggiorno erano falsi o contraffatti oppure che l’identità della persona sia stata sostituita.

che ha richiesto l'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite: con sentenza del 20 maggio 2003, n. 7892, la Corte ha provveduto a chiarire che, sulla base di quanto disposto dall'art. 5 del decreto 268, non è consentito “che il rinnovo del permesso possa essere rifiutato per la semplice tardiva proposizione della domanda in mancanza di una espressa sanzione di irricevibilità della domanda presentata fuori termine, sicché il ritardo non rileva quando, pur dopo decorso il termine di tolleranza, non siano venute meno le condizioni di legge per il soggiorno dello straniero”. Da ciò consegue che la spontanea presentazione della richiesta di rinnovo oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente l'espulsione automatica dello straniero, potendo quest'ultima essere adottata solo all'esito del rigetto della domanda di rinnovo per la mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti di legge23.

La lett. c) dell'art. 13, comma 2, prevede infine che l'espulsione sia disposta dal Prefetto quando lo straniero “appartiene a taluna delle categorie indicate negli articoli 1, 4 e 16, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”. A differenza delle precedenti ipotesi, in cui il provvedimento espulsivo interviene con funzione dichiarativa di una preesistente situazione di irregolarità del soggiorno, in questo caso l'espulsione riguarda lo straniero a prescindere dalla sua posizione amministrativa, in quanto ritenuto una minaccia per lo Stato; nell'ottica del bilanciamento degli interessi coinvolti, le esigenze di ordine pubblico prevalgono rispetto a quelle personali dello straniero.

Gli stranieri possibili destinatari del provvedimento espulsivo di cui all'art. 13, comma 2, lett. c), rientrano in una serie di soggetti che, per la condotta e il tenore di vita, l'attività lavorativa, le frequentazioni abituali, e sulla base di elementi di fatto tra cui i trascorsi giudiziari, sono ritenuti soggetti pericolosi ai sensi del c.d. “codice antimafia”24. 23 L'art. 14, comma 5 ter, autorizza il Questore a emanare un nuovo provvedimento di espulsione nei confronti dello straniero che, già raggiunto da un precedente atto espulsivo, abbia violato l'ordine di allontanamento di cui al comma 5 bis dello stesso articolo. Una disciplina di maggiore tolleranza è prevista dall'art. 5, commi 7, 7 bis, 7 ter e 7 quater, a favore degli stranieri muniti di permesso di soggiorno o documento equipollente rilasciati dall'autorità di uno Stato membri dell'Unione europea e validi per il soggiorno in Italia. L'espulsione in questi casi è ammessa soltanto nei confronti dello straniero che, trattenutosi nel territorio nazionale oltre i tre mesi dall'ingresso, abbia violato l'intimazione del Questore a recarsi immediatamente, e comunque non oltre sette giorni, nello Stato membro che ha rilasciato il permesso.

24 In particolare, l'art. 1 comprende: “a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, [...] che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”. L'art. 4 prevede l'applicazione della normativa antimafia: “a) agli

In questo caso il provvedimento espulsivo assume forma e funzione di una misura di prevenzione: si applica a prescindere da un previo accertamento della responsabilità penale del destinatario, e al fine di prevenire la commissione di un reato. La Corte di Cassazione, per evitare che l'ampia discrezionalità del Prefetto potesse di fatto sfuggire a un effettivo controllo giurisdizionale, con sentenza n. 12721 del 30 agosto 2002, è intervenuta a precisare i limiti concreti posti dalla legge all’autorità amministrativa nel valutare pericoloso il cittadino straniero, affermando che: “devono, in particolare, tenersi presenti i criteri: a) della necessità di un accertamento oggettivo e non meramente soggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; b) del requisito dell’attualità della pericolosità; c) della necessità di esaminare globalmente l’intera personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita”.

La misura espulsiva dello straniero pericoloso è, tra le ipotesi di espulsione amministrativa di competenza del Prefetto, quella che

indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis c.p.; b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; c) ai soggetti di cui all'articolo 1; d) a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270- sexies del codice penale; e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente; f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza; g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d); h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. E' finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati; i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive”.

appare più problematica dal punto di vista del rispetto dei diritti degli stranieri coinvolti, in quanto riconosce alla pubblica amministrazione una maggiore discrezionalità e può intervenire, come abbiamo visto, anche nei confronti di stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato25. Inoltre, a differenza delle ipotesi di cui alle lett. a) e b),

per le quali il divieto di reingresso opera per un periodo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, nel caso di espulsione disposta contro lo straniero pericoloso, può essere previsto un termine superiore a cinque anni, la cui durata è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso26. In tutti i casi in cui sia disposta,

conformemente agli obblighi assunti dall'Italia a livello internazionale, l'espulsione prefettizia comporta sempre la segnalazione al Sistema di Informazione Schengen, così come previsto dall'art. 13, comma 14 bis del testo unico27.

L’art. 13, comma 2 bis, individua delle limitazioni alla potestà espulsiva del Prefetto nel caso in cui lo straniero espellendo abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, ovvero del familiare ricongiunto. È infatti stabilito che “nell’adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2 lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto all’unità familiare, ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29, si tiene anche conto della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della