• Non ci sono risultati.

Breve storia delle modifcazioni corporee

Parte 1: Il metodo, il senso, il contesto

1.3. Defnizione e storia del concetto: patologia o espressione di se?

1.3.1 Autolesionismo e approvazione culturale

1.3.1.2. Breve storia delle modifcazioni corporee

Sia nell’autolesionismo clinicamente inteso, che nelle modifcazioni corporee “culturalmente approvate” scarifcazioni e bruciature sarebbero un modo simbolico di prendere possesso del proprio corpo203, un tentativo di

difendere la propria identità e di ristabilire i limiti corporei204, oppure di

gestire da soli quei momenti di passaggio, che un tempo erano invece codifcati dal gruppo di appartenenza. In molte società umane modifcazioni del corpo vengono eseguite in occasione di nascita, adolescenza, matrimonio, fliazione, morte di un caro, anche se queste pratiche vanno ben al di là dei riti di passaggio.

Ci fa notare Le Breton205 che nelle società tradizionali il corpo lega l’uomo

agli altri e al mondo, al cosmòs206. Nelle società occidentali invece, almeno dal

201 Rossi Monti, d’Agostino, 2009, p.48. 202 Le Breton, 2003, p.9.

203 Le Breton, 2002. 204 Jeanmet, 1995. 205 Le Breton, 2002, p.16.

206 Se abbiamo un corpo a immagine di un qualche Dio, come oseremmo cambiarlo? “[P]er il pensiero arcaico l'uomo è dunque fatto: non è lui a farsi da solo […], questo significa che per diventare effetivamente uomini bisogna rassomigliare a un modello mitico” (Eliade, 1980, p.10). Il corpo, nelle società tradizionali, era precisamente ciò che non ci distingueva dagli altri.

Rinascimento in poi, il corpo porta con sé il fatto che l’uomo sia separato dagli altri, da sé stesso (dualismo uomo- corpo proprio) e dalla natura. La natura non è più cosmo, ma semplice ambiente. Il cammino di senso non è più tracciato davanti a sé e quindi il confrontarsi col mondo passa attraverso l’invenzione di una sorta di riti personali, intimi, nascosti, che prendono il posto di riti collettivi e pubblici.

Le Breton207 prosegue confrontando il tatuaggio nelle società tradizionali,

che ripropone e ripete forme ancestrali, con i segni di identità contemporanei, che al contrario, hanno di mira prima di tutto l’individualizzazione e l’estetizzazione. Il mondo contemporaneo ha sradicato le antiche matrici di senso: non siamo più eredi di nessuno208. Se il marchio

tradizionale è volontà di dissolvere la differenza personale, nelle nostre società occidentali contemporanee esso al contrario mette in primo piano l’individualità e la differenza. Taglia con gli altri e con il mondo, è luogo di libertà e pronuncia una distanza rispetto allo spazio comune209.

Le modifcazioni corporee sono una delle prove più evidenti che non siamo consegnati alla biologia. I marchi corporei contemporanei sono numerosi. Cercheremo di elencare i più diffusi, con una breve descrizione.

Il più famoso è senza dubbio il tatuaggio che consiste nell’iniezione di materiale colorato nel derma. Anche il piercing è molto diffuso e altrettanto conosciuto: si tratta qui di bucare la pelle per immettervi un anello, un piccolo gioiello o una barretta di metallo. Quando il foro del piercing viene allargato per potervi inserire un oggetto più voluminoso, parliamo allora di stretching. Esiste poi la scarifcazione, che è una cicatrice lavorata perché rimanga tale, e quindi come un segno in rilievo (oppure scavato) a cui si può eventualmente aggiungere inchiostro, affnché sia più visibile. Un tipo

207 Le Breton, 2002. 208 Ivi.

particolare di scarifcazione è il cutting, generalmente eseguito con un taglierino e spesso riproducente fgure geometriche.

Il branding è un rilievo cicatriziale sulla pelle risultante dall’applicazione di un ferro rovente ed è molto affne alla scarifcazione. Questa pratica deriva da quella del marchio a fuoco di schiavi o prigionieri, persone da “stigmatizzare” ed è stato riportato in voga da alcune comunità afroamericane che volevano dichiarare sulla loro carne di appartenere a sé stessi. Questo è un chiarissimo esempio di come la cultura e la storia si intreccino con l’estetica e col vissuto del corpo. Dall’appartenenza a sé stessi il branding passa anche ad avere il signifcato di prova di forza e resistenza fsica, come vedremo meglio più avanti.

I l branding, come le altre pratiche che qui stiamo descrivendo, sono in molti paesi effettuate senza anestetici, a causa delle leggi che prescrivono che questi ultimi si possono usare solo in strutture sanitarie autorizzate.

Anche il burning è in qualche modo affne al branding e consiste nell’imprimere sulla pelle una bruciatura, generalmente evidenziata da pigmenti colorati. Ricordiamo che sia il burning, che il branding, sono effettuati procurando delle ustioni di terzo grado e quindi il rischio di complicanze mediche è sempre presente.

Una pratica forse meno diffusa sono gli impianti sottocutanei, ovvero delle forme – a rilievo - inserite sotto la pelle; si tratta in genere di pezzi di metallo, ma non manca chi si fa impiantare delle piccole ossa. Il peeling, infne, consiste nel togliere uno strato di pelle.

Secondo una interessante prospettiva etologica ed evoluzionistica presentata da Morris210, tutte le forme primitive di modifcazione corporea

sarebbero originate da condotte di pulizia personale elaborate poi per altri scopi. Morris porta ad esempio la rasatura e la foratura delle orecchie. Gli

stessi animali in stato di cattività spesso si puliscono e leccano fno a procurarsi ferite. Secondo lo zoologo, analoghe condizioni di stress o noia avrebbero portato alcuni uomini a lesionare la superfcie del loro corpo. Questa tendenza sarebbe stata poi sfruttata a fni estetici.

Le pratiche corporee di decorazione permanente che citavamo poc’anzi sono divenute un vero e proprio fenomeno culturale in Occidente negli anni Novanta, anche se la loro diffusione inizia nel XVIII secolo, durante le esplorazioni del Pacifco. Anche prima si apponevano segni sul corpo: pensiamo ad esempio agli schiavi. Il tatuaggio e in genere il marchio sul corpo rimanda infatti originariamente alla schiavitù, così pure il piercing rimanda all’anello che viene messo a certi animali per segnarne la proprietà e per meglio gestirli e richiama quindi indirettamente l’alienazione del corpo.

Come segnalano Drappo e Casonato211, i greci e i romani avevano un

termine per defnire le pratiche di marcatura del corpo, ed era il termine “stigma”. Oggi il termine ha sempre il signifcato di marchio o macchia, ma con accezione negativa, di biasimo.

Presso i Traci e i Persiani il tatuaggio aveva uno scopo estetico ed indicava lo status familiare e sociale, costume che in Grecia era considerato primitivo ed arretrato. Questa pratica si diffonde in Grecia nel VI secolo, allo scopo di marchiare i progionieri di guerra. Il tatuaggio è quindi punitivo e infamante, segnando il passaggio da uomo libero a uomo schiavo.

Presso i primi cristiani invece, il signifcato del marchio corporeo muta, divenendo un simbolo di impegno spirituale e di affliazione religiosa. Il tatuaggio, da segno di “dipendenza” da un altro uomo, diventa segno di “dipendenza” dalla divinità212. Inizia qui quella lunga tradizione della chiesa

cattolica che ha ammirato e incoraggiato la mortifcazione della corporeità e l’autolesione.

211 Drappo, Casonato, 2005. 212 Ivi.

Come dicevamo più sopra è però nell’incontro tra l’Europa e le culture del Pacifco che si registra una ripresa del tatuaggio, in sensi e declinazioni molto differenti. I primi a raggiungere le isole del Pacifco e a vedere gli indigeni tatuati sono stati i marinai, ed è proprio presso questa popolazione che il marchio sul corpo inizia a diventare tanto popolare da essere tratto distintivo. Naturalmente lo stile e il tipo di disegni mutano: da questo momento “il tatuaggio si diffonde tra la gente di mare con una tradizione iconografca autonoma fatta di iniziali, stemmi, bandiere, emblemi patriottici, cuori e crocifssi ben diversa dalle linee fuide e dai motivi astratti dei tatuaggi non europei incontrati durante i viaggi nel Nuovo Continente e nel Pacifco”213.

I marinai strappano alcuni nativi delle isole del Pacifco, per portarli in Europa, dove servono al divertimento del pubblico. È la curiosità per il diverso (diverso e lontano e tenuto lontano) che si mette in moto. Nelle esibizioni si mettono in mostra questi corpi esotici e tatuati, mostruosi in quanto tatuati. Nella mentalità europea questa è anche una prova dell’inferiorità di questi popoli e infatti il corpo degli indigeni verrà poi accostato a quello del “deviante”. Le manipolazioni corporee hanno via via più visibilità, in quanto emblema di “esotico”, ma vengono allo stesso tempo sempre più tenute al margine della società. Come fanno notare Drappo e Casonato214, “la cultura occidentale costruisce di fatto il suo apparato

identitario intorno a uno zoccolo duro di rimozione della differenza”. Come nel caso dei freak shows di fne ottocento, che abbiamo già citato, l’esposizione di questi nativi diventa “strument[o] di costruzione dell'alterità”215. È in questo periodo che nasce la fgura del “self-made freak”,

un professionista che manipola il proprio corpo attraverso tatuaggi e altri marchi corporei. Il soggetto si spettacolarizza e si autesibisce sulla scena “di

213 Marenko, 2002, p. 34. 214 Drappo, Casonato, 2005, p.33. 215 Ivi, p. 34.

un intero continente ancora alla ricerca di una sua stabile confgurazione di sé”216.

Altro punto di svolta fondamentale sono stati gli anni sessanta: “negli anni sessanta ebbero origine due movimenti che mettevano in primo piano il corpo e le sue metamorfosi: il movimento hippy, che proponeva una riappropriazione della sessualità; ma soprattutto la body art che considerava il corpo come vera e propria opera d’arte. Il termine body art nasce nel 1969”217, ma anche in passato ci sono state rappresentazioni del corpo ferito.

Un celebre “autoritratto ferito”218 è il celebre dipinto in cui Van Gogh si

riproduce privo di un orecchio.

Le modifcazioni corporee volontarie nella nostra epoca attuale sono state completamente sdoganate e non si contano: dal body building alla chirurgia estetica, alla corsa al dimagrimento, il corpo è sempre, prepotentemente in primo piano.