• Non ci sono risultati.

Corpo e mondo: l’intenzionalità, ovvero la coscienza incarnata

Parte 2: Il corpo: il “perno del mondo”

2.3 Corpo e mondo: l’intenzionalità, ovvero la coscienza incarnata

Scheler347 scriveva: “l’uomo non è una cosa che può essere scoperta, l’uomo è

qualcuno che fa, che produce, che esegue”.

La coscienza dell’uomo è coscienza intenzionale, è “essere consapevoli delle cose nel mondo e congiuntamente della propria presenza nel mondo”348. Ciò signifca che io sono cosciente del mondo e nello stesso

tempo percepisco questa mia coscienza del mondo. Faccio esperienza del mondo dall’interno349. “Questo è possibile a partire dal carattere incarnato

della coscienza: il fondamento della coscienza è la carne in quanto materia impressionabile, che riceve dal contatto con il mondo il sentimento della propria presenza al mondo”350. La soggettività e la base della nostra

possibilità di fare esperienza si basa sui contatti elementari con il mondo e con noi stessi. “In prima appossimazione, la funzione generale del cervello è quella di essere informato su ciò che avviene nel cervello stesso, e sull'ambiente che circonda l'organismo, in modo che tra organismo e ambiente si possa raggiungere un adattamento adeguato e propizio alla sopravvivenza”351.

347 Scheler, 1921.

348 Stanghellini, in Bertani, Gallese, Mistura, Zamperini (a cura di), 2006.

349 Quando l’uomo percepisce qualcosa genera risposte interne, che possono essere di tipo somatosensoriale, uditivo, visivo, etc. Il neurofisiologo Antonio Damasio suppone che queste stesse risposte interne all’ambiente esterno siano la base della mente.

350 Stanghellini, in Bertani, Gallese, Mistura, Zamperini (a cura di), 2006. 351 Calvi, 2007, p.141.

Prima c’è l’esperienza, il contatto col mondo e poi arriva il senso. Scrive Galimberti352: “Il corpo non esiste nella realtà come qualsiasi altro oggetto; il

corpo è al mondo come quella apertura originaria in cui sono possibili sensi e signifcati, e chiamiamo questa apertura originaria che precede ogni distinzione fra soggetto e oggetto, tra interiorità e esteriorità, tra conscio e incoscio: presenza”.

Il senso del corpo è l’essere condizione a priori per essere al mondo353. La

tesi di Merleau-Ponty è che il corpo umano condivida la stessa stoffa sensibile del mondo. “Acquistiamo la consapevolezza della nostra esistenza attraverso l'attività pratica»354 - scrive Binswanger – ovvero agendo sul mondo

e nel mondo, attraverso il desiderio, attraverso il senso.

Per Strauss355 il corpo è la simbolica universale del mondo. Il mio corpo

istituisce il tempo, infatti per sospendere il tempo bisognerebbe sospendere la corporeità. Ma il mio corpo è anche l’apertura del luogo dentro cui stanno tutti gli altri corpi. Il mio corpo istituisce lo spazio: è un assoluto, è spazio assoluto356. Come scrive Gennart in Corporeité et presence357, lo spazio si forma

in rapporto al modo in cui il proprio corpo organizza la sua spazialità. L’intreccio della sensazione (sensorialità arcaica) e del movimento dà la nostra presenza: l’integrazione corporea è il riconoscersi nel movimento,

352 Galimberti, 1983, p. 6.

353 In adolescenza il corpo può essere estraneo, nel borderline parlare di un violento movimento espulsivo. 354 Binswanger 2001 (1945), p. 67.

355 Straus, 2000 (1935).

356 Noi diamo senso all’abitare il corpo attraverso una posizione spaziale, e ogni senso dell’esistere, ivi compreso quello patologico, è espressione di una posizione spaziale. L’inconscio spaziale caratterizza una certa posizione di esistenza, una situazione esistenziale; sovradeterminiamo in permanenza una direzione di senso. Direzione di senso e inconscio spaziale sono esplorati, oltre che da Szondi, anche da Bachelard, che converte spazio e tempo nelle nozioni di possibilità e impossibilità: l’alto è il davanti e il possibile; il basso è il dietro e l’impossibile. Sulle direzioni di senso e l’inconscio spaziale cfr. Chamond (sous la direction de), 2004. Basti qui accennare che la spazialità vissuta vede ad esempio l’alto come la perdita nelle altezze, il vissuto di superiorità, di rivelazione, di sublime, tanto da staccarsi dal consorzio umano. Secondo questa lettura espressioni patologiche di questa sproporzione verso l’ “alto” sono ad esempio la mania e alcuni deliri. La malinconia viene letta come un essere “dietro di sé”, la mania invece come essere “davanti a sé”.

movimento attraverso il quale il nostro corpo ci mostra i nostri limiti358. La

corporeità è “corporealtà”. Il muoversì è il modo per costituire se stessi come forme di vita spazio-temporali: è anch’esso luogo di nascita dell'identità. Il primato va quindi alla percezione e al movimento.

Siamo in un paesaggio, direbbe Merleau-Ponty, non in una geografa. Sempre Merleau-Ponty scrive che l'unica differenza tra l'uomo sano e l'allucinato è la struttura dello spazio: quando la struttura dello spazio cambia, cambiano anche le percezioni. La psicosi è essenzialmente una dislocazione degli accordi fondamentali con il mondo. La capacità di stabilire un rapporto di “fducia” col mondo cade nell’estraneazione. Manca l’evidenza, lo sappiamo da Blankenburg359, ma che cos’è l’evidenza se non il

lasciare essere le cose? Stiamo parlando della possibilità che le cose possano semplicemente andare le une con le altre. Dobbiamo presupporre dei legami. Senza tutto questo la Anne Rau di Blankenburg si suicida.

Legami di senso, intenzionalità, contatti col mondo partecipano tutti alla genesi della realtà e tutto ciò anteriormente al linguaggio. È la sensorialità, in sintesi, la base di accesso al mondo. Quando le capacità corporee sono alterate, tutta la relazione corpo-ambiente ne risente. “L'organismo cosituito dalla associazione corpo-cervello interagisce con l'ambiente come un tutt'uno: l'interazione non è del solo corpo né del solo cervello.”360

Il corpo vissuto è un occupante spazio, e non la struttura anatomica, ed è soprattutto un corpo intenzionale, un corpo diretto verso qualcosa o qualcuno. Come scrive Gennart361, “Appena apriamo gli occhi, tendiamo un

orecchio, abbozziamo un movimento della mano o del piede, noi oltrepassiamo i limiti del nostro corpo e della nostra vita psichica […]

358 Il nostro corpo è anche un corpo per la morte. 359 Blankenburg, 1998 (1971).

360 Calvi, 2007, p.139. 361 Gennart, 2011, p.30.

Realizziamo un atto di trascendenza originale e permanente”. Il possibile, scriveva Hoelderlin, è “l'essere-non-ancora-lì”.

Quando mi porgo verso un oggetto e lo prendo sta già operando un sistema di conoscenza. La coscienza, la conoscenza e la corporeità sono strettamente interdipendenti. Il corpo, lo abbiamo visto, assicura la coscienza del suo soggetto, ma è anche un medium tra l'Io e il mondo. “Il corpo è nello spazio, ma ne è anche all’origine”362.

Se noi consideriamo che la coscienza è sempre coscienza incarnata363, già

da sempre presso le cose e “inseparabile dall'oggetto dell'attenzione cosciente”364 capiamo anche l’affermazione di Sartre365 che dice che un’azione

è in via di principio intenzionale. È in virtù di questo che Sims366, nella sua

Introduzione alla psicopatologia descrittiva, può dire che “[i]l punto di partenza logico per lo studio dei sintomi dal punto di vista soggettivo è ciò che permette alla soggettività di esistere: la coscienza”. È grazie alla coscienza se “[l]'uomo è essenzialmente, secondo l'immagine dell'arché di Anassimandro, apertura, ferita, progetto”367.

Possiamo aprirci al mondo solo se abbiamo questo sentimento immediato di sé, che non scaturisce da una modalità di cognizione, ma è un’esperienza di appartenenza primordiale di me a me stesso. “Questo è il vero agire che stabilisce la realtà – una sorta di impulso, un atto vitale che mi fa sentire uno di loro”368. Se “manchiamo” di questa esperienza originaria e fondante

362 Merleau-Ponty.

363 A causa del concetto di intenzionalità, questo andare verso della coscienza, Husserl è stato tacciato di idealismo, perché l’intenzionalità è stata immaginata come disincarnata. L’intenzionalità di Husserl è incarnata. La stessa Edith Stein, che ha trascritto alcune sue lezioni, ha trovato poi il fulcro di questa incarnazione nell'empatia.

364 Sims, 2004 (2003), p. 51. 365 Sartre, 1943.

366 Sims, 2004 (2003), p.47. 367 Jonckheere, 2009 a, p.10.

proviamo la derealizzazione: “rimane un mondo che manca del proprio momento di realtà”369.

Scrive Stanghellini: “[n]on poche delle “patologie emergenti” del nostro tempo rappresentano una variante, cioè una metamorfosi culturalmente mediata, della fondamentale mutazione del campo di coscienza. Alludo in primis ai disturbi del comportamento alimentare (o per meglio dire ai disturbi dell’immagine corporea), ai disturbi del controllo degli impulsi in genere, alle tossicoflie, a certe confgurazioni dette borderline. Tutte queste “patologie emergenti”, a mio avviso, almeno in certe loro declinazioni, rimandano al medesimo organizzatore di senso che in questi studi è indicato come perdita della coscienza sensoriale di sé. […] Molte di queste patologie, al di sotto della crosta comportamentale, manifestano anomalie simili alla vulnerabilità schizofrenica; i comportameni abnormi da cui discende la loro caratterizzazione nosografca altro non sono, a mio avviso, che mascheramenti reattivi […] rispetto allo stesso disturbo generatore.370

Vediamo quindi ancora una volta come la coscienza sensoriale di sé sia elemento imprescindibile, un elemento che al centro degli agiti autolesionistici.