Parte 2: Il corpo: il “perno del mondo”
2.2 Sono ciò che sento: sensazione, emozione, percezione
2.2.1 Il patico e i sentimenti corporei
"Ma a noi non è dato in nessun luogo posare, dileguano, cadono, soffrendo gli uomini alla cieca, da un'ora nell'altra,
come acqua da scoglio a scoglio gettata per anni nell'incerto giù322".
Il piano emozionale è il patico. La condivisione patica è quell’ambito su cui ogni spazio antropologico e, attraverso di esso, psicologico, è centrato323.
Scrive Callieri324: “La differenza fondamentale tra il tipo di signifcato che
inerisce ai sentimenti e quello che inerisce alle percezioni e alle intuizioni sta nel fatto che i sentimenti si pongono (in senso logico) prima di ogni esperienza vissuta nella pratica quotidiana; si danno come esistenti al di là di ogni possibile giudizio di realtà; si inseriscono nella coscienza dell'io e non nella coscienza della realtà; sono, anzi, la forma primordiale della coscienza dell'io e si pongono alla radice di ogni processo di comprensione di sé: appartengono cioè a due ambiti diversi di esperienza psichica”.
Solo nel patico si esiste325 o, come direbbe Calvi, nel fremito della carne. Il
patico è l’evento che si è sensorializzato e, nella maggior parte dei casi, noi
321 Merleau-Ponty, 1964. 322 Hoelderlin.
323 Charbonneau, 2012. 324 Callieri, 2001, p.311. 325 Aldo Masullo.
siamo agiti dalle emozioni. Una persona “congelata” in senso emotivo326 ha
perso la inter-corporeità vissuta e la dimensione patica. Secondo Maldiney la dimensione patica è la pura continuità di noi stessi, la pura passività che scaturisce dalla gioia e dalla sofferenza327.
Il patico puro di Maldiney è pura recettività e dà il tono di base, l’accordo l’affettivo e la qualità della nostra relazione al mondo, mentre invece l’atto di riconoscimento è narratologico, di riappropriazione di sé. Sulla questione del tono di base si può portare ad esempio il lavoro di Jonckheere328 laddove
dice: “Le Ideen e Sein und Zeit hanno ispirato le nostre ricerche nel campo delle psicodermatosi e soprattutto quelle sulla psoriasi. La psoriasi ci è parsa essere legata all'esperienza precoce, ante-storica, della pericolosità del mondo”.
La fenomenologia, direbbe Masullo, è una fenomenopatia. Il senso del sé affonda le sue radici nell'area della sensazione e soprattutto della gratifcazione329. Il piacere motiva, ma piacere non vuol dire tout court
qualcosa di positivo. Esiste un’interfaccia dolore-piacere, esistono ad esempio autolesionisti che provano “piacere”, mentre il paranoico prova piacere nel costruire la sua architettura. Quando vi è una debolezza del carattere motivante del piacere: parliamo di anedònia. Il delirio stesso è una questione più di emozione che di pensiero330, ma i deliri non sono in realtà
né un disturbo del pensiero né del corpo, bensì sono un modo di essere nel mondo. Il delirio è una forma di essere, incarnata nelle emozioni. È la stessa
326 Un frozen patient.
327 La nostra continuità, in questo senso, non è configurante, ma è un’esperienza dell’ordine del patico. Al contrario dell’ego trascendentale hegeliano che confgura ontologicamente e che appartiene invece alla tradizione dell’azione. Il concetto di passione, per come lo intendiamo qui ora, nasce invece con Pascal.
328 Jonckheere, 2009 a, p.35. Corsivo mio. 329 Norvolk.
cosa per i disturbi del comportamento alimentare: sono un modo particolare di essere nel mondo331.
Il patico costruisce la nostra memoria corporea, nel senso non cognitivo del termine, la memoria incarnata332. L’ “epistemosomatica”333 contiene in sé
il termine di verità, ma si tratta di verità fsiche “La loro realtà rientra nell’ambito di una costituzione non ontica, ma patica; esse hanno una verità del sentire”334. Ma, si chiede Straus, “dove risiede, in defnitiva, la funzione o
il ‘senso’ del sentire? Il suo senso, risponderà Straus è quello di metterci al mondo”335.
Le cose si danno a noi tramite la sfera patica (o affettiva), cioè attraverso emozioni, e le emozioni non possono essere disincarnate336. I sentimenti sono
corporei, hanno una forma di iscrizione nel corpo337, perché il corpo è
espressivo e non rappresentativo.
La fenomenologia della sensazione indaga la condizione di possibilità del darsi di una cosa come un oggetto nella sfera patica.
Abbiamo detto più sopra che le emozioni sono ciò che ci muove, ciò a partire da cui noi ci muoviamo. Secondo Husserl c'è profonda analogia tra il concetto di emozione ed il concetto di intenzionalità: le emozioni sono intenzionalità incarnata. Se diciamo che intenzionalità ed emozione sono ciò che ci orienta, che ci dirige su qualcosa del mondo, possiamo anche dire che
331 Si presentano infatti in alcuni mondi piuttosto che in altri, ad esempio tra gli ebrei ortodossi non ci sono tanti disturbi del comportamento alimentare, perché mangiare è un evento rituale, strettamente collegato col modo di essere.
332 Bessoles, 2008.
333 “Epistémosomatique” (Marty, 1980 ; Dawson, 1993) 334 Gennart, 2011, p. 40.
335 Ivi, p.59. 336 James, 1884.
337 È interessante la situazione dello schizofrenico o dell’ossessivo grave, che di fronte all'apparire di qualcosa tendono a sterilizzarne la corporeità, per filtrare l’oggetto della loro percezione solo attraverso la cognizione.
senza emozioni non saremmo diretti verso alcuna direzione. Se non esistesse una modalità di essere al mondo priva di emozioni, questa sarebbe priva di una direzionalità nei confronti del mondo e vivrebbe secondo una modalità di scollamento rispetto al mondo.
Le emozioni, una volta date, ci danno una direzione rispetto alle cose del mondo in maniera tale che esse ci appaiano in una certa prospettiva: le emozioni selezionano il modo di apparire di una cosa.
Stanghellini338 distingue tra emozioni che hanno un chiaro oggetto
intenzionale ed altre che non lo hanno. Sono due fenomeni diversi e lo psichiatra forentino defnisce l’uno “affetto” e l’altro “umore”. Entrambi sono emozioni, ma l’affetto è un’emozione con un preciso oggetto intenzionale339 e ha un grado superiore di mentalizzazione rispetto all’umore
che invece non ha oggetto intenzionale evidente. La rabbia è un esempio di affetto, mentre la disforia lo è di umore. L’umore è antecedente alle cognizioni e mi fa pre-sentire cose che non sono ancora nel mio campo mentale. Il patico viene molto prima della razionalità: la posizione della coscienza è in fondo la posizione della distanza.
Scrive Stanghellini: “laddove un umore è una sensazione globale riguardo al mondo che si manifesta senza che io mi accorga di ciò che ha generato questa sensazione, l’affetto si sviluppa come risposta a qualche evento che lo ha suscitato. Un umore non ha un oggetto intenzionale , un affetto sì.340” E
più avanti: “L’ansia, come la malinconia, dischiude la mia sensazione del Tutto, cioè di me stesso e del mondo in cui mi trovo situato. In questo senso, gli umori (ma non gli effetti) costituiscono modi potenziali per rivelare il mio proprio modo di essere nel mondo”341.
338 Stanghellini, in Stanghellini, Rossi Monti, 2009.
339 Ogni sentimento è un sentimento di qualcosa: amare, provare rabbia o felicità sono sentimenti indirizzati verso qualcosa. Cfr. Plessner, 1970. Scheler, 1970 (1913).
340 Stanghellini, 2006, p. 41. Cfr. Smith, 1986; Scheler, 1913. 341 Ivi, p. 44.
Il pathos è l’esistenza vissuta, signifcante, carica affettivamente, diretta verso qualcosa. Il dolore è dell’ambito del patico e sappiamo bene come la relazione al dolore sia specifca dei comportament di autolesionismo : vi è una negazione a volte assoluta del dolore, oppure del suo vissuto affettivo. Sull’altro versante di questa posizione di (apparente) distacco abbiamo invece la sovra-rappresentazione isterica e fobica dei sentimenti corporei342. Perché
questa enorme diversità nel vissuto affettivo del corpo? Perché i sentimenti corporei danno il “tono” al nostro essre nel mondo, sia da un punto di vista affettivo che psicomotorio. Possiamo andare incontro al mondo, con fducia e apertura, oppure possiamo “patirlo” e subirlo in tutta la sua pesantezza. Il corpo ha un suo modo di abitare il mondo343, ha un suo tempo che non è
quello del calendario o dell’orologio, ha un suo spazio che non è quello della geometria, ha un suo ritmo: è nel Umwelt, nel mondo-ambiente, che esso ritrova il suo senso e la sua identità.
I sentimenti sono così tanto la radice del nostro essere, che è impensabile non provarne e anche se si “perdono” rimane il penosissimo sentimento di non avere sentimenti. È tipico del paziente melanconico il paradosso del sentimento della mancanza di sentimento: egli prova e vive su di sé una penosa incapacità a sentire, si sente colpevole di incapacità a provare emozioni. Se l’emozione, lo abbiamo detto, è un dispositivo radicato nel nostro corpo vissuto che ci prescrive un movimento, quando le emozioni non mi toccano, io non sono mosso da queste: abbiamo un arresto del tempo vissuto, la persona rimane in una immobilità fssata. Si parla di congelamento emotivo, di “cadaverizzazione”, oppure possiamo provare emozioni, ma essere incapaci di esprimerle, come nell’alessitimia.
Le emozioni hanno sede e vita nel corpo, emozioni ed affetti disincarnati propriamente parlando non esistono, ma io posso avere una esperienza
342 Esistono sentimenti che non sono corporei? La domanda rimane al momento aperta. Forse ci sono sentimenti più legati al corpo di altri, ma è possibile ipotizzare un sentimento non corporeo?
diretta-cenestesica del corpo oppure una esperienza mediata, come è il caso ad esempio di alcune persone con schizofrenia oppure con disturbi del comportamento alimentare. Ad ogni emozione corrisponde un movimento e una coreografa della persona e del suo mondo, e senza di esse la persona perde i punti di riferimento nella realtà. Come scrive Stanghellini344 “[s]enza
contatto emotivo il mondo perde la sua realtà”. Sempre lo psichatra forentino riporta le parole di un suo paziente con diagnosi di schizofrenia: “ mi sono accorto che per stare attaccato alla realtà occorrono le emozioni. Se non ci sono emozioni, si può modifcare la realtà come si vuole”345. L’io non
impatta il mondo e il mondo non impatta l’io: io e mondo si “mancano”. Il soggetto non si “sente sentire”346, la psiche vacilla perché mancano le basi
incarnate della soggettività.
Il provare qualcosa è il primo “evento” per la persona. L’autoaffezione è l’esperienza primaria affettiva della nostra relazione al mondo. Essa è, secondo Michel henry, “pura impressionabilità, quella autoaffezione radicalmente immanente che non è nient'altro che la nostra carne”. Il sentimento stesso è facoltà cognitiva. L’empatia è pathos, è quella dimensione emotiva grazia alla quale entro in relazione con l’altro a livello pre-razionale. La percezione chiarisce tutte le altre esperienze, è l’esperienza privilegiata, perché il corpo percepisce il mondo dall’interno. Il ricordo stesso si fssa con le emozioni.
Il corpo riceve “comunicazioni” dal mondo e ne invia a sua volta, in uno stretto intreccio dialogico. Le nostre emozioni vengono comunicate attraverso il corpo, attraverso le sue modifcazioni fsiologiche quali il rossore sul viso oppure attraverso automatismi quali il toccarsi i capelli per rassicurarsi. È ipotizzabile che un disagio leggero incida poco sul corpo,
344 Stanghellini, 2006, p. 17. 345 Stanghellini, 2006, p. 12.
mentre un disagio più profondo incida più pesantemente. L’autolesionismo potrebbe essere nella sua essenza questo: un disagio che si incide letteralmente sul nostro corpo-mondo-essere.