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Dolore e sofferenza: il vissuto emotivo

Parte 3: Il dolore

3.1 Dolore e sofferenza: il vissuto emotivo

La sofferenza morale è la componente affettiva del dolore. Non sempre il dolore fsico è anche dolore morale: esistono dei dolori che sono privi di componente affettiva o di implicazioni esistenziali, quando ad esempio li dominiamo, o quando sono leggeri e passeggeri, oppure quando portano con sé un grande signifcato personale, come è nel caso del dolore della partoriente, e – in un modo evidentemente diverso – nel caso del tatuaggio, oppure quando sono associati a piacere. Questi dolori non ci destabilizzano, non ci mettono in scacco, non intaccano la nostra vitalità, anzi a volte la aumentano.

A diverso titolo comunque, ogni dolore si rapporta al mondo dell’individuo e ne induce un cambiamento. Come scrive Le Breton489 solo la

lobotomia e l’ipnosi possono eliminare la componente affettiva del dolore. Nella lobotomia la persona prova il “fantasma sensoriale” del dolore, ma non ne vive “lo strappo”, perché quello che viviamo è un dolore soltanto “rappresentato”, ma non veramente vissuto: è un dolore sconnesso. Anche nell’ipnosi il dolore – nel senso del fusso sensoriale - si sconnette dalla risonanza soggettiva.

Il dolore è strettamente dipendente da una simbolica, da cui dipende poi la risonanza soggettiva. È ad esempio importante distinguere tra violenza e

488 Il “silenzio degli organi” è la definizione del concetto di salute del chirurgo René Leriche. 489 Le Breton, 2006.

sofferenza: ci sono sofferenze che non sono violenze e sofferenze che non portano a traumatismi. Questo lo vedremo meglio più avanti, quando parleremo di dolore e cultura e soprattutto quando parleremo del trauma.

La lingua francese distingue tradizionalmente il dolore (la douleur), che ha a che fare con la carne, dalla sofferenza (la souffrance), che ha a che fare con la psiche490. La sofferenza è l’intima risonanza di un dolore, è come l’uomo

gestisce, accoglie, rifuta, lotta contro un dolore. Il dolore ci impegna sempre in un lavoro di senso491, proprio perché il dolore non tocca solo un corpo, ma

tutto l’individuo492.

Se il dolore è un concetto che può essere circoscritto alla sfera medica493,

la sofferenza è invece qualcosa che abbraccia tutto l’essere-nel-mondo, su tutti i piani di esistenza. Scrive Le Breton494: “Il dolore implica la sofferenza.

Non esiste pena fsica che non comporti una ripercussione nella relazione dell’uomo al mondo. Il dolore non è del corpo, ma del soggetto. Esso non è limitato ad un organo o ad una funzione, ma è anche morale. Il mal di denti non è nel dente, è nella vita, altera tutte le attività dell’uomo, anche quelle che più ama”.

Fondamentalmente quindi il dolore è più sul versante fenomenologico, mentre la sofferenza è più sul versante esistenziale. Il dolore può essere o meno vissuto da un punto di vista esistenziale495. È il suo senso di mondo, o

490 Le Breton, 2006, p.224. “Una informazione dolorosa (sensory pain) implica una percezione personale (suffering pain)”. Le Breton, 2006, p.14. La fisiologia implica una simbologia.

491 Ivi, p.224: “La sofferenza […] è ciò che l’uomo fa del suo dolore». E ancora: “Essa non è mai un semplice prolungamento di una alterazione organica, ma è un’attività di senso per l’uomo che ne soffre”.

492 Ivi, p.224 : “Il dolore non schiaccia il corpo, schiaccia l’individuo”

493 Le Breton, 2010, p.21: “Se il dolore è un concetto medico, la sofferenza è il concetto del soggetto che la sente”.

494 Le Breton, 2002, p.93.

495 Ad esempio un banale incidente domestico, che causi poco danno fisico e poco dolore, non è generalmente vissuto da un punto di vista esistenziale.

della perdita di mondo, che conta: si situa qui la sua esistenzialità. Un discorso simile potremo farlo per gli agiti autolesionistici, dove il dolore non sempre è sentito, anzi cessa di svolgere qualsiasi ruolo di protezione, ma l’interesse passa alla vista del danno fsico, che fa spesso da “segnale”496.

Il dolore porta con sé molta più sofferenza se è imposto, mentre la misura soggettiva della sofferenza è di molto attenuata quando il dolore è sperimentato consapevolmente. Se la persona padroneggia la situazione la sofferenza può essere solo uno strumento di sperimentazione, come avviene negli sport estremi e nella body art, oppure diventare addirittura uno strumento di lotta simbolica contro un altro dolore più grande497. Il dolore

diviene quindi oltrepassamento di sé per esplorare i limiti della condizione umana498. Gli artisti della body art sono soliti dire che il dolore non è

importante, questo perché dalla loro esperienza è completamente assente l’aspetto del subire il dolore. Il dolore perde il carattere di insensatezza, di passività, in una parola di tragedia.

Il dolore attiva signifcati affettivi e coscienza morale, e paradossalmente lo fa proprio perché inchioda l’uomo alla fatticità irriducibile del suo corpo, lo vìola, “spezzando l’evidenza della relazione al mondo”499. Come ricorda Le

Breton500, il dolore (Schmertz) per Freud “è una reazione alla perdita di una

evidenza di esistere attraverso una spaccatura interiore: un lutto, una separazione o una rottura dell’unità corporea”. La componente emotiva del

496 Di allerta, di fine di un momento, di fine di un’epoca, etc.

497 Come una grave malattia. È il caso dell’artista di body art Bob Flanagan, che ha sempre dichiarato che la sua ricerca del dolore sulla scena era una lotta simbolica contro la sua malattia, la fibrosi cistica.

498 Le Breton, 2003. 499 Ivi.

dolore è fondamentale poiché un dolore che si prolunga nel tempo o che aumenta di intensità può facilmente ingenerare stati ansioso-depressivi501.

Come osserva Granger502, oggigiorno la lotta contro il dolore non è la lotta

contro la sofferenza e “questo riduzionismo farmacologico fa correre un doppio rischio, quello di vedere unicamente la sensazione dolorosa e di occultare la sua dimensione affettiva e cognitiva, e quello di lasciar intendere che ogni sofferenza sia evitabile o curabile”.

Esiste anche, naturalmente, la sofferenza senza dolore. Sono quelle sofferenze che fanno parte del percorso di ogni vita: gli abbandoni, i fallimenti, le perdite. Queste sofferenze “toccano” profondamente la nostra esistenzialità e si traducono in sensi di colpa, malessere diffuso, rimpianto, insoddisfazione: sono sensi di mondo che crollano.

Anche se queste sofferenze non sono a rigore dei dolori fsici, spesso si danno in forma di dolore quasi somatico. A parte la banale constatazione che il dolore morale ha mediazioni neurofsiologiche diverse, la differenza fondamentale sta nella esistenzialità del vissuto: il dolore morale può essere controllato, ci si può “distrarre”, mentre il dolore fsico non dà tregua alcuna ed è impossibile interromperlo. Il dolore puramente medico diviene esistenziale solo una volta che acquista un signifcato legato al tempo futuro503 oppure una volta che si intreccia saldamente con la nostra identità.

501 Granger in Granger, Charbonneau (a cura di), 2009, p.12.

502 Ivi, p.15.