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Parte Seconda Tra fondament

L A BIOPOLITICA E IL CORPO DELLA DONNA

2. Brevi cenni sulla nozione di biopolitica

Prenderemo le mosse dalla nozione di biopolitica non tanto come concetto descrittivo, che in prima approssimazione potrebbe indicare la ripercussione giuridico-normativa degli aspetti di etica medica legati alla vita biologica, quanto nel significato valutativo della prassi del biopotere, ossia del “potere che si afferma sulla vita biologica, ridotto ad oggetto della sua disponibilità”4. Tale af-

1 F.D’AGOSTINO, Bioetica e biopolitica. Ventuno voci fondamentali, Torino 2011, p. 52.

2 Per una ricostruzione dell’origine e del significato del termine si veda, a titolo di esempio, C.CASINI, voce Bio-

politica, in Enciclopedia di Bioetica e di Scienza giuridica, Napoli 2009, vol. II, pp. 240-269; G.AGAMBEN, Homo sa-

cer. Il potere sovrano e la nuda vita, Torino 1995; R.ESPOSITO, Bios. Biopolitica e filosofia, Torino 2004.

3 Fino all’estremo di considerare il corpo della donna come luogo pubblico, come ricostruisce per esempio Bar- bara DUDEN (Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Torino 2003, pp. 132).

4 L. PALAZZANI, Biopolitica. Introduzione al significato filosofico del termine, relazione presentata al VI Conve- gno FIBIP (Roma, Università Cattolica, 29-30 settembre 2008), pro manuscripto.

fermazione del potere sulla vita anziché per la (al servizio della) vita, consiste nel sostenere che la vita diviene un prodotto, anziché un presupposto della politica5. La vita biologica come prodotto del sistema politico, il corpo come ambito di disponibilità “politica” e da ultimo il potere come in- cidenza sul bios, sono concetti che risalgono al pensiero di Michel Foucault6 e possiedono in questo autore uno dei primari riferimenti teorici: nell’ottica foucaultiana, infatti, la sessualità e più in gene- rale la corporeità e la vita biologica sono considerate prodotto del potere pubblico; inoltre, secondo Foucault, già con la modernità “al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte”7.

Il progresso tecnoscientifico ha acuito tale processo, avvicinando in certo modo il ruolo della scienza (intesa come sapere “per potere”, orientato alla trasformazione della realtà) e quello del po- tere politico come controllo. Scrive a questo proposito Salvatore Amato8: “Se la prerogativa mini- ma e fondamentale del potere è stata sempre, in ogni epoca e in ogni forma, lo ‘ius vitae ac necis’, non c’è, credo, aspetto della scienza, dall’energia atomica al DNA, che non tocchi, alimenti o svi- luppi questa capacità di attribuire o negare la vita. La vita in quanto tale. Non ‘questa vita qui’ che lo Stato pretende di sopprimere attraverso la pena di morte, non ‘queste vite qui’ che lo Stato pre- tende di sacrificare attraverso la guerra, ma la vita nella sua dimensione di essenza, di potenzialità infinita, incontrollabile, incondizionata. Lo Stato può uccidere, ha il monopolio della forza e quindi degli strumenti per dare la morte. La scienza può intervenire sulla vita in quanto tale, ha il monopo- lio degli strumenti per cancellare definitivamente e irrimediabilmente ogni forma di vita”9.

Il controllo tecnoscientifico, che si manifesta in particolare attraverso la pervasività biotecno- logica, non è privo di conseguenze per la concezione stessa della corporeità umana: “il rischio è che la tecnologia, nel donarci una serie di tecniche di sostituzione, via via più raffinate, finisca col dis- solvere ogni confine, qualunque vecchia barriera: naturale-artificiale, mente-corpo, manufatto-

creato, cosa-rappresentazione, e poi ancora io-altro, uomo-essere vivente. Finisca dunque con il

produrre (li si può indicare in vari modi: post-umani, simbionti totali, macchine del corpo-mente,

cyborgs) in ogni caso dei s/oggetti, nei confronti dei quali proprio in quanto s/oggetti ogni azione

può considerarsi lecita”10. In questa prospettiva, la corporeità e il suo significato divengono in certo modo “artificiali”, conseguenza dell’azione e della decisione del potere politico; risultano essere esclusivo ambito del pubblico, a scapito della dimensione privata. In definitiva, è il potere politico a decidere del valore del corpo biologico: “La politica diviene potere (collettivo o individuale), che decide sul corpo, non riconoscendo limiti o vincoli di obbligatorietà nei confronti del corpo. Il pote- re si autoconferisce la possibilità di decidere e agire come vuole nei confronti del corpo e dei corpi ridotti a mera dimensione biologica”11. Potere e vita risultano dunque essere strettamente intreccia- ti: “alla nuda vita e ai suoi avatar nel moderno (la vita biologica, la sessualità ecc.), inerisce un’opacità che è impossibile chiarire senza prendere coscienza del loro carattere politico; inversa-

5 Così F.D’AGOSTINO: “La biopolitica è quel paradigma – tipicamente moderno – che ritiene l’humanitas non un presupposto, ma un prodotto della prassi” (Bioetica e biopolitica, cit., p. 52).

6 Cfr. in particolare Storia della sessualità I. La volontà di sapere, Milano 2001. 7 M.FOUCAULT, La volontà di sapere (1976), Milano 1978, p. 122.

8 Per il quale, la tematizzazione della biopolitica ha come punto nodale l’accostamento, seguendo Guardini, tra scienza e potere, più che tra potere e vita (cfr. il capitolo Biopolitica, in S. AMATO, Biogiurisprudenza. Dal mercato ge- netico al self-service normativo, Torino 2006).

9 S. AMATO, Biogiurisprudenza, cit., p. 43.

10 A.AMATO MANGIAMELI, Corpi docili corpi gloriosi, Torino 2007, p. 22. 11 L.PALAZZANI, Biopolitica: significato filosofico del termine, cit., p. 4.

mente, la politica moderna, una volta entrata in simbiosi con la nuda vita, perde l’intelligibilità che sembra per noi ancora caratterizzare l’edificio giuridico-politico della politica classica”12.

Quella che diviene oggetto del potere, perciò, è la “nuda vita”, la vita naturale, privata dei di- ritti legati alla soggettività che come tali appartengono al bios, espressione della vita personale che si esprime irriducibilmente nella corporeità. Il dominio (perché di dominio si tratta) del potere sulla vita, invece, porta a considerare il corpo solo come strumento13 e altera la dimensione simbolica dell’appartenenza14 del corpo al soggetto, che non riesce quindi a trovare spazio nella dimensione

pubblica. I corpi oggetto del potere, diventano – foucaultianamente – corpi docili: “In particolare, poi, nell’epoca della disciplina, prende forma un’anatomia politica che è insieme meccanica del po- tere. Attraverso tecniche minuziose e dettagliate di controllo e regolazione dei corpi, prende infatti forma una politica di coercizione e di manipolazione, una politica che percorrendo ogni parte del corpo se ne impadronisce e lo rende perpetuamente disponibile. Nascono così i corpi docili”15.

Va notato che l’ingerenza del potere sul bios non riguarda solo una concezione collettiva del potere (la c.d. statalizzazione del biologico) ma anche quella individualistica, del potere – da parte del soggetto – di decidere sul proprio corpo; si tratta allo stesso modo di un potere autoreferenziale che riveste un ruolo dominante nella rivendicazione biopolitica (si pensi per esempio al caso del presunto diritto ad abortire, oppure al riconoscimento giuridico del principio di autodeterminazione, completamente svincolato dal rispetto del bios).

L’esistenza di corpi umani senza soggettività è la premessa della disponibilità del corpo uma- no per un potere autoreferenziale, sia pubblico (come abbiamo visto) che privato/individuale (come sopra accennato, la volontà del soggetto, totalmente “dominatore” e “proprietario” del corpo), se- condo quanto sottolinea Palazzani: “il corpo ridotto a materia e macchina diviene un mezzo e una proprietà, della quale il soggetto è sovrano. È il soggetto che possiede il corpo/oggetto (ha il corpo), dunque ne dispone in modo anche autoreferenziale, arbitrario e insindacabile. […] Se il corpo è un oggetto disponibile dal soggetto, si pongono le premesse teoriche per legittimare il suo sfruttamen- to, rendendolo oggetto di sperimentazione, vendita, manipolazione, distruzione”16.

La destinazione finale della prassi biopolitica, infine, pare uno dei punti intercettati da una pa- rabola che termina addirittura oltre l’umano, mirando a trasferire funzioni proprie della corporeità al di fuori del corpo umano e in particolare alcune funzioni della corpo femminile: “La “statalizzazio- ne del biologico” (Foucault) segue proprio la logica della sua radicale individualizzazione, […] la rivendicazione del diritto a far nascere i figli come e quando vogliamo o del diritto di scegliere co- me e quando morire sembra configurarsi come un semplice stadio di passaggio sulla via rispettiva- mente di una sorta di ectogenesi artificiale, fuori dal corpo umano, e di una exit strategy, ugualmen-

12 G.AGAMBEN, Homo sacer, cit., pp. 132-133.

13 “Si assiste da un lato alla biologicizzazione del corpo (o desoggettivazione e depersonalizzazione) e dall’altro alla disincarnazione della persona. Il corpo è ridotto estrinsecamente a strumento della persona o soggetto: il corpo è inteso, materialisticamente e meccanicisticamente, come una mera materia organica estesa in movimento […]. La per- sona è definita, su basi stipulative, come il soggetto che (a prescindere dal corpo) è un individuo in gradi di essere co- sciente ed autocosciente, di autodeterminarsi” (L.PALAZZANI, Biopolitica: significato filosofico del termine, cit., p. 4).

14 L’appartenenza che in certo modo si rivela come una doppia appartenenza: da un lato il corpo come oggetto, come mio in quanto diverso da me; dall’altro il corpo permeato dalla soggettività, come mio in quanto me. Tale conce- zione risale alla fenomenologia del corpo e dell’identità personale (in particolare alle ricerche di E. Husserl e M. Mer- leau Ponty).

15 A.C.AMATO MANGIAMELI, Corpi docili Corpi gloriosi, Torino 2007, p. 79.

16 L.PALAZZANI, Corpo Umano e Diritto: Orientamenti e Prospettive Fondative, in Medic, 19 (giugno 2011), p. 28.

te artificiale, entrambe sotto rigoroso controllo statale e grazie alla quale risolvere qualsiasi proble- ma”17. In questa deformazione della corporeità che in ultima istanza rimanda al post-umano è in gioco il concetto di vita, che viene a dipendere esclusivamente dal riconoscimento costitutivo da parte della legge: “La distinzione tra vivente e non vivente viene ad acquistare nel contesto biopoli- tico moderno un unico fondamento, quello legale, da quando è alla legge e ad essa soltanto che è demandata l’individuazione dei criteri vincolanti per l’accertamento e della nascita e della morte”18. Tale decisione sulla vita e in particolare sul bios, inoltre, porta con sé l’alterazione dell’idea di per- sona. Nota a questo proposito D’Agostino: “I teorici del diritto avevano a loro modo anticipato l’implosione dell’idea di persona, creando la fictio della persona giuridica; tale implosione è stata definitivamente perfezionata da formalisti e normativisti, per i quali questa categoria – non posse- dendo come ogni altra categoria giuridica alcun radicamento naturalistico – andrebbe elaborata solo a partire da un esplicito fondamento legale (cioè biopolitico)”19.

3. La politica e il diritto nel corpo della donna: alcune questioni legate all’identità fem-