• Non ci sono risultati.

Parte Seconda Tra fondament

L’ ETICA DELLA CURA :

2. L’etica della cura: percorsi femminil

La fondatrice del pensiero femminile della cura è Carol Gilligan, autrice nel 1982 del volume

In a different voice2. L’autrice ha studiato lo sviluppo psicologico-morale dall’infanzia all’età adul- ta: dalla rilevazione empirica dei comportamenti femminili trae alcune considerazioni generali che, in contrapposizione agli studi psicologici tradizionali e agli studi di L. Kohlberg e J. Piaget (che af- fermavano che lo sviluppo femminile fosse inferiore allo sviluppo maschile), mostrano la diversità degli approcci morali o, dei modi di porsi di fronte a dilemmi morali, delle donne e degli uomini. Il tentativo di C. Gilligan è quello di limitarsi ad una descrizione senza valutazioni delineando la di- versità di approcci morali nel giudizio e nell’azione, senza indagarne l’origine o l’incidenza sociale, senza ordinarle gerarchicamente come migliori o peggiori, con particolare riferimento a situazioni di conflitto dove emerge la problematicità della scelta etica. L’autrice mette in evidenza come pro- prio nell’epoca in cui il diritto e la politica combattevano contro le discriminazioni sessuali, siano state le scienze sociali a riscoprire l’importanza di mettere a fuoco le differenze3. In questo senso, sia la rivendicazione di uguaglianza che la valorizzazione delle differenze, mostrano i pericoli della neutralità che nascondono il “peccato di unilateralità”4, ritenendo “normale vedere la vita con occhi maschili”5.

Partendo dalla rilevazione psicologica della differenza tra la costruzione dell’identità maschile caratterizzata dalla separazione e dalla individuazione della formazione dell’identità femminile strutturata nell’attaccamento6, l’autrice descrive la diversità degli approcci morali. L’“approccio morale maschile” è identificabile – a suo parere – nella individualità (intesa come isolamento aso- ciale) e nell’autonomia (nel senso di autoreferenzialità), in un atteggiamento di osservanza esteriore e rispetto formale delle regole, nel riconoscimento razionale della giustizia come criterio astratto, impersonale, imparziale (basato su principi universali di simmetria), in un approccio etico che fonda le scelte sulla gerarchia logico-sistematica di valori. L’“approccio morale femminile” è rintracciabi- le nella relazionalità e responsabilità, in un atteggiamento di coinvolgimento interiore e affettivo proiettato verso gli altri, nel riconoscimento intuitivo ed emotivo della cura come modalità esisten- ziale concreta, particolare, contestuale, di attenzione ai bisogni dell’altro, di ascolto e di comunica- zione, di empatia e di collaborazione nella comprensione e nella sollecitudine all’aiuto nei confronti di chi ha bisogno. La differenza tra i due approcci si incentra sulla contrapposizione tra “gerarchia” e “rete”: l’approccio maschile applica deduttivamente nelle scelte etiche la gerarchia di valori,

2 C.GILLIGAN,In a Different Voice: Psychological Theory and Women’s Development, Cambridge (MA) 1982 (trad. it., Con voce di donna, Milano 1987).

3 Ivi, p. 14. 4 Ibidem. 5 Ibidem.

6 Gilligan parte dall’analisi di un caso che esprime un conflitto etico: il conflitto di Heinz che doveva decidere se rubare un farmaco (che non aveva i soldi per comprare) che avrebbe salvato la vita alla moglie. Nella risposta al dilem- ma (proposto a due bambini di 11 anni), Jake ritiene che Heinz debba rubare la medicina ritenendo razionalmente e lo- gicamente prioritario, in un ordine gerarchico, il valore della vita sul diritto di proprietà; Amy ritiene che la soluzione sia rintracciabile nel dialogo tra Heinz e il farmacista, tenendo in considerazione le esigenze di entrambi, nella ricerca di modalità condivise per l’acquisto del farmaco (es. pagare a rate, chiedere un prestito). Gilligan sottolinea che per Jake i dilemmi morali sono come problemi di matematica con “gli esseri umani al posto dei numeri” (ivi, p. 35); Amy ricerca una soluzione per evitare il furto e la morte della moglie (ritenuti mali), mettendo da parte la logica, concentrandosi “sulla narrazione di rapporti che si protrarranno nel tempo” (ivi, p. 36): il valore della vita emerge nel contesto dei rap- porti.

l’approccio femminile si delinea nel “tessere pazientemente la rete dei rapporti”, in modo induttivo, mirando ad evitare lacerazioni e a rafforzare i legami7.

Va precisato che Gilligan riconosce esplicitamente che la differenza di approcci morali è indi- pendente dall’appartenenza sessuale o di genere maschile o femminile. La rilevazione sul piano empirico, psicologico, sociale della maggiore frequenza statistica dell’approccio maschile nell’uo- mo e dell’approccio femminile nella donna non costituisce e non deve costituire la base di una radi- calizzazione ontologica: esistono donne che pensano ed agiscono nelle modalità descritte nell’ap- proccio maschile e uomini che pensano ed agiscono secondo le modalità femminili. Lo dice in mo- do chiaro ed esplicito sin dall’inizio del suo lavoro l’autrice (su questo punto, spesso, fraintesa)8: “La voce che descrivo […] non si caratterizza per il sesso, ma per il tema”9; “il collegamento con la donna è frutto dell’osservazione empirica, in quanto è soprattutto nelle voci delle donne che ho rin- tracciato lo sviluppo di questo tema. Ma tale collegamento non ha un valore assoluto”10. In questo senso la voce differente non coincide con la “voce di donna” (come sembrerebbe trapelare, in modo equivoco, dalla traduzione italiana del titolo del volume): il fatto che la cura sia un modo di pensare ed agire moralmente emerso prevalentemente dalla riflessione e dall’azione delle donne e sia più diffuso e ripetuto nell’esperienza femminile non nega che anche l’uomo abbia o possa (se non an- che, debba) vivere secondo tale modo di agire etico “femminile”.

L’autrice intravede i pericoli dell’assolutizzazione unilaterale di entrambi gli approcci: dell’approccio maschile, quando si chiude in un individualismo arelazionale e, dell’approccio fem- minile, quando si disperde nella relazionalità acentrica. Nella contrapposizione tra gerarchia e rete, “ciascuna immagine indica come pericoloso il luogo che l’altra definisce sicuro”11, “nella misura in cui il vertice della gerarchia diviene il lembo estremo della rete” e “il centro della trama di connes- sioni diventa il gradino mediano di una progressione gerarchica”12. In questo senso Gilligan propo- ne di “abbracciare le esperienze di entrambi i sessi” per rendere più feconde le teorie13: l’esperienza maschile e femminile, nella misura in cui non si contrappongono e non si assolutizzano, si integrano e possono realizzare una proficua collaborazione.

L’autrice ritiene che la consapevolezza umana della comune interconnessione costituisca la base della possibile integrazione14. Le due visioni, maschile e femminile, sono apparentemente di- stanti, ma entrambe mostrano un rimando strutturale l’una all’altra: “il fatto che noi possiamo cono- scerci come individui separati soltanto nella misura in cui viviamo in connessione con gli altri, e che possiamo avere esperienza del rapporto soltanto nella misura in cui impariamo a differenziare l’altro da noi”15. La cura non è da intendersi come allontanamento dalla giustizia ma semmai inte- grazione della giustizia.

Gilligan ritiene che l’etica abbia bisogno di entrambi gli elementi, sia del richiamo maschile ai principi e alla giustizia che dell’approccio femminile alla virtù e alla consultazione dialogica. L’autrice ritiene che si debbano distinguere la “morale dei diritti” e la “morale della responsabili-

7 Ibidem.

8 C.GILLIGAN, Joining the Resistance, New York 2011. 9 ID., Con voce di donna, cit., p. 10.

10 Ibidem. 11 Ibidem. 12 Ibidem. 13 Ivi, p. 31. 14 Ivi, p. 65. 15 Ivi, p. 70.

tà”16 (come approcci maschile e femminile), ma ritiene anche che le due etiche non siano alternati- ve, ma debbano integrarsi e reciprocamente correggersi: “la morale dei diritti e della non ingerenza (può) apparire minacciosa per la donna per la sua potenziale giustificazione dell’indifferenza e del disimpegno”; “da un’ottica maschile, una morale della responsabilità (appare) inconcludente e di- spersiva, data la sua insistenza sul relativismo contestuale”17. L’approccio maschile universalistico può correggere il relativismo situazionale femminile; l’approccio femminile può controllare la ten- denza alla considerazione della libertà come valore univoco18. L’etica maschile contribuisce alla universalizzazione della cura; l’etica femminile, puntando l’attenzione più sugli obblighi che sui di- ritti (obblighi verso se stessi e gli altri, la famiglia e la società) contribuisce ad integrare la rivendi- cazione di diritti nella responsabilità di una aiuto solidale.

L’inevitabile tensione tra una “morale dei diritti”, che indebolisce e annulla i legami naturali a sostegno delle pretese individuali, e una “morale della responsabilità”, che intesse tali rivendicazioni in una trama di rapporti, rendendo più labile la distinzione tra sé e l’altro mediante la rappresentazione della loro interdipendenza”19, può essere superata nella misura in cui si coglie la duplice valenza della responsabilità, intesa non solo come “non fare il male agli altri”, ma anche ‘aiutare gli altri’20.

A parere dell’autrice i cambiamenti avvenuti in relazione ai diritti delle donne modificano i giudizi morali delle donne, “insaporendo” la compassione con “il sale della giustizia” e consentendo alle donne di considerare morale prendersi cura di se stesse oltre che degli altri”21. L’etica della re- sponsabilità può divenire il cardine, autonomamente scelto, dell’integrità e della forza personale22.

Nella “voce delle donne” è celata la verità di un’etica della cura responsabile, del legame tra rapporto e responsabilità. L’incapacità di udire la diversità della loro voce deriva in parte dal pre- supposto aprioristico che esista un’unica modalità di esperienza e di interpretazione dei rapporti. Ammettendo invece le due diverse modalità, si arriva a una più complessa rappresentazione del- l’esperienza umana, capace di scorgere la verità della separazione come dell’attaccamento nella vita della donna come in quella dell’uomo e di cogliere come queste verità siano sostenute e trasmesse da modalità di linguaggio e di pensiero diverse”23.

In questa prospettiva maschile e femminile divengono due modalità di esperienza non paralle- le ma convergenti: mentre l’etica giusnaturalistica parte dalla premessa dell’uguaglianza (tutti gli uomini sono uguali e vanno trattati allo stesso modo), l’etica della cura responsabile poggia sulla premessa della non violenza (a nessuno deve essere fatto del male). Le due prospettive convergono nel riconoscimento che: “come la diseguaglianza influisce negativamente su tutti e due i soggetti di un rapporto impari, così la violenza è distruttiva per entrambi”. Il dialogo tra equità e cura respon- sabile non solo permette di meglio comprendere le relazioni tra i sessi, ma dà luogo anche a “una rappresentazione più completa dei rapporti familiari e di lavoro della vita adulta24.

16 G.J.VREEKE, Gilligan on Justice and Care: Two Interpretations, in Journal of Moral Education, 1991, 20, 1, pp. 33-46; M.U. WALKER, What Does the Different Voice Say?: Gilligan’s Women and Moral Philosophy, in The Jour-

nal of Value Inquiry, 1989, 23, pp. 123-134.

17 C.GILLIGAN, Con voce di donna, cit., p. 30. 18 Ivi, p. 134. 19 Ivi, p. 136. 20 Ivi, p. 152. 21 Ivi, p. 152. 22 Ivi, p. 173. 23 Ivi, p. 176. 24 Ibidem.