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L A SCRITTURA FEMMINILE

2. Pioniere del pacifismo

Bertha von Suttner, nata a Praga nel 1843 nel seno di una tradizione aristocratica e militare, è la prima che denuncia in modo esplicito il militarismo legato ai valori maschili. La storia celebra le gesta degli uomini mentre tace le conseguenze dell’abbrutimento, dell’impoverimento e della dege- nerazione morale e fisica che producono. Nella sua famosa opera Die Waffen nieder! descrive con grande realismo le sofferenze che produce la guerra. Ammirata anche da un altro grande scrittore pacifista, Lev Tolstoj, quest’opera, grazie alla quale von Suttner sarebbe diventata la prima donna premiata con il Nobel per la pace – un premio che lei stessa contribuì a creare attraverso la sua ami- cizia con Alfred Nobel, di cui fu segretaria –, è tutto un inno di opposizione alla guerra e di promo- zione della pace. È sicuramente il racconto più letto della sua epoca, insieme all’opera di Harriet Beecher Stowe, Uncle Tom’s Cabin, opera antischiavista, tanto quanto quella di Bertha von Suttner era antimilitarista5.

La scrittrice rivendica, tra le altre misure necessarie alla pace, la necessità di creare organiz- zazioni pacifiste forti, tribunali internazionali per l’arbitraggio; inoltre, la negoziazione come meto- do di risoluzione dei conflitti e la creazione di istituzioni sovranazionali che garantiscano la pace di fronte alla dialettica degli Stati nazionali.

Al termine di una vita dedicata alla causa della pace, fu sorpresa dalla morte proprio nel 1914, l’anno di inizio della prima guerra mondiale che tanto cercò di evitare.

La prima guerra mondiale è il momento decisivo per il risveglio della coscienza della donna e segna le coordinate del ruolo che andrà assumendo nella società. La Grande Guerra inizia il proces- so di una decisiva rivoluzione culturale per le donne poiché, in quel momento, si rende urgente che esse si uniscano ai lavori nella retroguardia dovuti alle esigenze di mano d’opera, disponendosi a compiere funzioni fino ad allora impensabili. La responsabilità femminile raggiunge dimensioni in- sperate e gli uomini per la prima volta nella storia sono letteralmente nelle mani delle donne. La prima guerra mondiale si chiuse con un inutile sacrificio di massa, ma per le donne significò la più grande resurrezione storica, nonostante il dolore per la perdita di tante vite umane. Questa situazio- ne produsse una certa misoginia e perciò è frequente che nella narrazione letteraria ci si rivolga più alle madri che alle spose o compagne. In questo senso, è stato evidenziato che nel dopoguerra trova uno spazio poetico solo la figura della madre6. In questo modo, per il movimento femminista è stato possibile vedere la guerra come catastrofe ma anche come opportunità, come una chiamata ad un futuro diverso. In un mondo distrutto può sorgere la speranza di ricostruzione di una nuova cultura femminile in cui si cominci ad intravedere la nascita di nuovi valori. È possibile cambiare i signifi- cati culturali per cercare di trovare l’espressione più adatta alla propria esperienza. Proprio a questo scopo si sviluppano vari generi letterari – saggi, novelle, lettere, poemi – e molti racconti di guerra celebrano nuove prospettive culturali, anche se resta comunque significativo il corpus di testi in cui si piangono amaramente i feriti e i morti, vale a dire, l’orrore di tanto sacrificio. A partire da questo momento, si produce una crescita esponenziale della produzione culturale e dell’attività pubblica femminile.

Rilevare che gli eventi bellici contribuirono a rendere la donna più cosciente delle proprie ca- pacità e del suo ruolo nella vita sociale e nello spazio pubblico non significa sostenere che le donne

5 B. PORQUERES, Bertha von Suttner: escribir por la paz, in Filosofia de la paz, a cura di F. Fernández Buey, J. Mir e E. Prat, Barcelona 2010, pp. 97-111.

6 A. USANDIZAGA, La mujer y la Primera Guerra Mundial, in Sobre la guerra y la violencia en el discurso

promuovessero o giustificassero la guerra, ma piuttosto che, al contrario, questo periodo storico comportò l’aumento dell’impegno delle donne a favore della pace e del legame tra scrittura femmi- nile e rivendicazione pacifista.

Bisogna sottolineare, anche solo brevemente, che nel Regno Unito durante questo periodo le sostenitrici moderate del suffragio mantennero una posizione più coerentemente pacifista rispetto a sostenitrici del suffragio di stampo più radicale, anche se, successivamente, si produssero divisioni interne in entrambe le tendenze e le due correnti confluirono in una dottrina della non violenza, che avrebbe influito su Gandhi. La differenza fondamentale tra le due tendenze è che, per le più radicali, la forza era intesa come potere, mentre il ramo moderato sosteneva che andasse cambiato il potere ottenuto con la forza. Le prime pensavano che avrebbero dovuto difendere il loro paese, poiché il patriottismo e la partecipazione alla lotta bellica erano considerate la via politica più percorribile per giungere ad ottenere il suffragio femminile nel dopoguerra. Ad ogni modo, la fine della guerra segnò l’inizio del riconoscimento del voto femminile negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altri paesi.

Nel 1915, nel pieno della guerra, si celebrò il Primo Congresso Internazionale delle Donne per la Pace, all’Aja, presieduto da Jane Addams. Durante il Congresso, i rappresentanti di 12 paesi belligeranti e neutrali chiesero la fine della guerra e la partecipazione delle donne agli accordi di pa- ce. Il Secondo Congresso si riunì nel 1919 a Zurigo e propose di togliere il blocco ai paesi sconfitti e di prendere misure di aiuto umanitario. Sorse la Lega internazionale delle donne per la pace e per la libertà (Wilpf) con la pretesa di unire il movimento femminista con quello pacifista e per inco- raggiare la partecipazione piena delle donne.

Jane Addams (Illinois, 1860 – Chicago, 1935) fu la principale promotrice di questa nuova sensibilità, accompagnata da un impegno che le fece meritare il premio Nobel per la Pace nel 1931. Lungo la sua opera insiste sul fatto che intende “tradurre la propria etica teorica in azione quotidia- na”. A suo parere, il tema della pace è strettamente relazionato ad altre questioni in cui lei stessa si impegnò completamente, come per esempio la difesa della giustizia sociale e la valorizzazione della diversità in un’ottica antidogmatica. Per pace non intende assenza di conflitti, ma “il dispiegamento di tutta una serie di processi costruttivi e vitali che si rivolgano alla realizzazione di uno sviluppo comune”, ovvero, la pace si colloca nella cornice della costruzione di una società più giusta e rispet- tosa dei diritti umani. La definizione del cittadino leale come “colui che è pronto a versare il suo sangue per la patria, è diventata inadeguata ed obsoleta, sostituita da quella di un/una cittadino/a protagonista di processi sociali costruttivi”. Jane Addams utilizza l’immagine dell’“entusiasta socia- le”, la persona attiva socialmente e politicamente e con una coscienza individuale autonoma. La sua è una filosofia che comincia dall’esperienza e che “ha come fondamento la solidarietà entro gli es- seri umani”. Lavorare a favore della vita e della pace significa accogliere le complessità e le diffe- renze invece che cercare di eliminarle7.

Tra le scrittrici dell’epoca, dobbiamo citare Edith Wharton (New York 1862 – Saint-Brice- sous-Forêt 1937), che fu cronista della Grande Guerra grazie ai suoi viaggi in motocicletta lungo i fronti francesi. Le sue spedizioni nel cuore dei combattimenti sono riportate nelle sue opere Figh-

ting France. From Dunkerque to Belfort8 e A Son at the Front9. Nella prima descrive la nozione di

irrealtà che impera nei prolegomeni bellici quando ancora non è nemmeno immaginabile l’orrore

7 G. PROVIDENTI, La scelta d’amore di Jane Addams, in Amore ed Empatia, a cura di F. Brezzi, Milano 2003, pp. 65-74.

8 E. WHARTON, Da fronti opposti. Diario di guerra (1914-1915), trad. it., Roma 2011, pp. 31-114. 9 EAD., A Son at the Front, Chicago 1995.

che si avvicina. Successivamente considera i diversi risvolti psicologici che si vanno diffondendo, dall’incertezza e dal terrore fino al coraggio. È curiosa la sua riflessione sulle modifiche che causa la guerra sulla vita delle donne nubili, un gruppo sociale che fino a quel momento era stato inutile. Parla di tía Audrey, che diviene Colonnello dell’esercito e responsabile dell’organizzazione di tutti i rifugiati di guerra, e che attualmente “ha molte cose a cui pensare e non c’è pericolo che alcuno si dimentichi di lei” (The Refugees)10. Edith Wharton vinse il premio Pulitzer nel 1921 per la sua no- vella più celebre, The Age of Innocence11.

Un’altra scrittrice che racconta la sua esperienza durante la prima guerra mondiale è l’inglese Vera Brittain (Newcastle-under-Lyme 1893 – Wimbledon 1970), che interruppe i suoi studi di lette- ratura inglese presso l’Università di Oxford (a cui aveva avuto accesso dopo una lunga lotta per un’educazione che non discriminasse in base al sesso) per lavorare come infermiera volontaria, poi- ché lamentava che le donne soffrissero l’orrore della guerra senza provarne di persona le emozioni più forti. Tuttavia, la perdita di un fratello, del fidanzato e di diversi degli amici – con cui si scam- biò una fitta corrispondenza raccolta nel suo libro Letters from a Lost Generation12 –, e le terribili

privazioni e sofferenze che conobbe negli ospedali inglesi e francesi che visitò, la portarono ad aborrire la guerra e ad impegnarsi nella causa pacifista. Nella sua opera autobiografica Testament of

Youth13 descrive le terribili sofferenze che provoca la guerra a tutti i livelli, ma anche l’esperienza di riflessione e maturazione individuale e collettiva per resistere alla disperazione, e il cammino aperto ad una cultura della “sorellanza”.

Terminata la prima guerra mondiale, Vera Brittain lavora con decisione alla promozione della pace, collaborando con la Peace Pledge Union e altre organizzazioni pacifiste, a seguito di una vit- toria di cui rifiuta i termini e di cui non può gioire pensando a tutto ciò che aveva perso. Durante la seconda guerra mondiale, questo impegno a favore della pace la conduce a pronunciarsi contro i bombardamenti aerei sulle città tedesche, e a motivo di questo fu biasimata dai suoi e giudicata un’antipatriota, anche se poi, quando fu scoperto che figurava nella lista nera dei nazisti, fu riabilita- ta all’interno della società inglese.