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Fra le molte riflessioni che ciascuno di noi dovrebbe fare, oltre alla casualità della propria esistenza, vi è il problema dell’attuale impatto della nostra specie sul mondo della Natura e del suo futuro.

Questi sono problemi che i naturalisti antropologici si devono porre e devono porre all’attenzione dei colleghi umanisti ed agli economisti seri.

Con la scomparsa dei nostri cugini Neandertaliani, che a mio avviso potrebbe es- sere stata causata da una epidemia prionica (morbo di Creutzfeldt) perché carnivori e molto probabilmente anche cannibali, ma dotati di grande spiritualità (avevano sacra- lizzato il concetto di morte), l’Eurasia e l’intero Globo viene invaso dall’Homo sapiens sapiens (quello cosiddetto anatomicamente moderno, cioè noi) (Chiarelli 2004).

La storia demografica di questa nostra specie è ora ricostruita con molti dettagli dal punto di vista numerico, migratorio, genetico, adattativo e culturale. Essa com- pare intorno a 300 mila anni fa nella Rift Valley africana (il crogiolo di molte specie animali e anche umane) e immediatamente tende a diffondersi con susseguenti on- date migratorie. È possibile presumere che essa abbia avuto contatti e scambi genetici con popolazioni umane precedentemente stanziate in regioni diverse. Anche con le popolazioni di Neandertaliani questi scambi sono stati a più riprese evocati, ma mai provati. Più che le differenze fisiche probabilmente hanno giocato importanti ruoli le differenze culturali e le differenti abitudini alimentari.

Comunque, l’impatto demografico, incentrato su un’economia di caccia e raccolta fu relativamente lento fino al Neolitico, quando intorno a 10.000-8.000 anni fa con la introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento esso diviene esponenziale tanto che in meno di 8.000 anni (350 generazioni) passa da 50 milioni a 300 milioni (all’epoca di Cristo, A.D.) (Tabella 1).

L’incremento numerico delle popolazioni umane tuttavia rimane relativamente lento durante tutto il Medioevo anche per le molte epidemie che costantemente colpivano le po- polazioni urbanizzate (14 secoli, 70 generazioni). Infatti, all’epoca dei grandi viaggi e della scoperta dell’America, la popolazione mondiale non doveva superare i 500 milioni.

È con l’inizio della rivoluzione industriale e le migliorate condizioni igienico sa- nitarie, a cominciare dalla metà del XVII secolo, che si ha una decisa accelerazione dell’incremento della popolazione mondiale. Nel 1835 (dopo sole 15 generazioni) l’umanità raggiunge un miliardo di individui, due miliardi nel 1925 (90 anni dopo, in 4-5 generazioni) e si incrementa a sei e più miliardi nel 2000 con una triplicazione in soli 75 anni (2-3 generazioni) (Chiarelli 2003).



B. Chiarelli

Durante gli ultimi due secoli (dal 1800 al 2000) all’aumento demografico contri- buiscono in modo determinante anche l’aumento della speranza di vita alla nascita, per l’accumulo delle risorse e il controllo che l’Uomo riesce ad attuare sull’ambiente.

Gli ultimi 50 anni devono infatti, essere considerati come un periodo a se stante non solo per l’enorme aumento del tasso di incremento demografico annuo, ma anche per il fatto che esso è principalmente a carico di alcune zone geografiche. L’aumento della popolazione riguarda, infatti, principalmente i continenti africano, asiatico e sudamericano, mentre in Europa i tassi di incremento tendono a rimanere costanti ed anzi anche a diminuire.

I tempi di raddoppio della popolazione, che solo pochi secoli fa era di migliaia di anni, è ora dell’ordine della decina di anni.

Secondo le previsioni dell’ONU e della World Bank, le attuali tendenze sono de- stinate a continuare ancora per diversi decenni. La popolazione mondiale dovrebbe raggiungere otto miliardi di persone fra il 2020 e il 2025. Anche se il tasso di fecon- dità si stabilizzasse rapidamente intorno ai 2,1 figli per donna (il livello di rimpiazzo fra generazioni), la popolazione mondiale raggiungerà comunque dieci miliardi di individui entro il 2050 a causa dell’intervento della durata della vita.

La situazione è tuttavia anche più allarmante per il fatto, che mentre il tasso di fecondità dovrebbe tendere a ridursi, la speranza di vita alla nascita tende ad aumen- tare, soprattutto in quelle nazioni che più stanno contribuendo all’aumento della po- polazione. Secondo le proiezioni dell’ONU, infatti, fino al 2025 il 70% del previsto aumento di popolazione si avrà in sole 20 nazioni in via di sviluppo: India, Cina,

Tabella 1. Popolazione mondiale dal Paleolitico Inferiore a oggi

Cronologia La popolazione mondialeIn milioni di persone Indice di accrescimento della popolazione

Pleistocene Inferiore 0,8 0,00007 Pleistocene Medio 1,2 0,0054 Pleistocene Superiore 6,0 0,0100 Pleistocene Finale 9,0 0,0033 Neolitico 50,0 0,085 A.D. 300,0 0,046 1300 400,0 0,022 1650 553,0 0,371 1750 800,0 0,44 1800 1000,0 0,52 1850 1300,0 0,54 1900 1700,0 0,80 1950 2500,0 1,74 1977 4300,0 2,01 2000 6100,0 3,02

Nigeria, Pakistan, Bangladesh, Brasile, Indonesia, Etiopia, Iran, Zaire, Messico, Tan- zania, Kenya, Vietnam, Filippine, Egitto, Uganda, Sudan, Turchia e Repubblica Su- dafricana.

Qual è il numero complessivo di persone che la Terra è capace di sostenere? Esisto- no fattori o dati che permettono di determinare questo limite?

Ognuno di noi pesa sull’ecosistema Terra in media 2000 calorie al giorno fra ali- menti, controllo della temperatura ambientale ed energia per facilitare i movimenti (Chiarelli 2003). Da questo calcolo, è facile rendersi conto degli eventi disastrosi che la nostra specie sta provocando sugli ecosistemi terrestri e che questa situazione è al livello di collisione senza ritorno, a meno che non si proceda ad un innovativo con- trollo delle risorse alimentari, con profonde innovazioni biotecnologiche (per esempio Organismi Geneticamente Modificati, OGM) e con innovativi metodi di produzione di energia (idrogeno) (Chiarelli & Rivola 2005).

Questo nuovo fare impone nuove norme etiche che meglio rispondano alla rela- zione con gli altri esseri che con noi condividono la loro esistenza su questo Pianeta. In qualche modo, una codificazione di norme che includa non solo l’interazione fra individui umani, ma anche l’intero ecosistema terrestre come quelli proposti dalla Bioetica Globale che l’Internations Institute for the Study of Man ha elaborato su ispira- zione di A. Leopold (Chiarelli 2005).

L’Umanità ha tempi molto stretti per pianificare in modo responsabile l’incremen- to demografico e il suo conseguente impatto sulla biosfera, ed è bene che vi rifletta rapidamente.

Scienziati, politici, religiosi ed economisti devono ora responsabilmente rivedere le loro posizioni sui problemi dell’interazione della nostra specie con l’ambiente e sui limiti per uno sviluppo demografico sostenibile.

L’Uomo deve ora riconsiderare e ripensare il concetto di Natura. L’Etica deve tro- vare una dimensione biologica allargando i concetti etici al Mondo Naturale, al fine di liberarlo dal predominio e dallo sfruttamento ad opera dell’Uomo. Il fine è quello di favorirne la nostra sopravvivenza su questo Pianeta.