nomica c quindi fiscale della società distinta dai soci. Il fatto nuovo che primo appariva consisteva nella « unione di capitali raccolti da uno o più imprenditori per ottenere uno scopo produttivo che una singola economia privata non avrebbe la forza di raggiungere a l trettanto bene ». Ma questo fatto nuovo non era il solo : se fosse stato il solo, avrebbe significato un mutamento di ordine quantitativo non qualitativo. E il Cablati lo riconosceva quando affermava : « La per sona fisica non interessa proprio nulla, alla società- commercia e
interessa il capitale)). t • i +
I l fatto qualitativo è cioè la dissociazione netta clie si determina tra il fondatore della Società e i dirigenti della società e gli altri soci.
I l fondatore e i dirigenti sono soci, ma sono soci di tipo parti colare : dominano la società, di cui in genere posseggono il « pac chetto di comando ». Gli altri soci — sia che siano fluttuanti, nel senso che vari personalmente la loro partecipazione attraverso la vendita dei titoli azionari, sia che rimangano fedeli al loro investi mento — sono dei semplici redditieri. Non sono cioè « imprenditori », ma soggetti economici il cui unico fine è investire un capitale per la trarne un reddito che meglio si può includere nella categoria del l’ interesse, anche se è variabile in base ai risultati economici delle società. Il reddito della società è cioè profitto, il reddito di impresa il reddito distribuito ai soci è interesse anche se variabile col variare del profitto. E se i soci sono anche « imprenditori » cioè dirigenti delle società, si distribuiscono com’ è noto due redditi e come soci e come imprenditori. Nella loro qualità di soci cercheranno di massi mizzare il loro reddito e nella valutazione iniziale dell’ apporto e nel tipo di azioni che si auto conferiscono e in tanti altri modi, e conte imprenditori cercheranno di massimizzare il loro reddito, distribuen dosi emolumenti vari che spettano ai consiglieri di Amministrazione e pescando nel vasto pozzo delle spese generali. Ma oltre al « pro
fitto » destinato al loro consumo, vi è il « profitto » destinato a ll’im presa, com’è noto, che serve cioè a ll’ ampliamento dell’impresa, alla sua crescente potenza e che è in parte costituito del reddito che do vrebbe andare e viene sottratto ai soci silenti.
Anche nell’ impresa individuale il profitto serve a questi due sco pi. ed è logico che la stessa cosa sia nella forma societaria. Ecco quindi una differenza qualitativa tra soci e tra redditi, tra il reddito che va agli azionisti e il reddito d'impresa. Non solo ; la dottrina economica moderna (si veda anche di Berle citato), confermando le geniali osservazioni che Marx compiè nel terzo volume del capitale e d successivo concetto di capitale finanziario e di direzione finanziaria dell’impresa, elaborato poi da Hilderding e Lenin, riconosce che vi è diversità nella direzione economica dell’impresa individuale dell’ epo ca di prevalente concorrenza e quella attuale basata sulla impresa societaria, sulla società di capitali. In questa ultima prevale in modo netto una direzione finanziaria, tendente cioè a raggiungere il
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simo profitto non con la sola ricerca della riduzione dei costi di pro duzione e della conquista del mercato, ma col raggiungimento di un dominio monopolistico 0 del settore, dominio che meglio si può ot tenere impadronendosi del capitale, cioè delle fonti di finanziamento ed estendendo la propria influenza su tutto l ’ambiente economico anche se estraneo direttamente al proprio processo produttivo, Oggi tale concetto è divenuto tanto popolare che perfino il cinematografo se ne impadronisce (4).
Le differenze qualitative insite nella forma societaria stanno alla base della attuale struttura monopolistica dell’ economia. Il Marshall in Industria e Commercio (51 aveva già realisticamente analizzato il sorgere dei grandi colossi che dominano oggi la vita economica e la funzione svolta dalla forma societaria e il Berle deve oggi confer marlo, anche andando contro il suo intento di compiere opera apolo getica in favore dei gruppi monopolistici. Più volte è stato dimo strato che la « democrazia » che sarebbe inerente alla forma socie taria è puramente illusione,
Non cioè la dottrina critica del marxismo, ma tutta la dottrina moderna deve riconoscere una concentrazione di potere economico, sorta sulla base della società di capitali e in seno alla società di capi tali, il concentrarsi del potere nelle mani e di un piccolo gruppo di capitale di comando che esprime il consiglio di amministrazione (6).
Praticamente le società le cui azioni sono diffuse nel pubblico, finiscono per essere dominate col 20 o 15% o anche meno (in alcune grandi società americane si scende al 0,75% ) del capitale, vuoi per l’ assenteismo degli azionisti, vuoi in seguito ad incetta di procure, vuoi in seguito alle combinazioni di società finanziarie o a sindacati azionari a ll’uopo corrispondente » (6).
I l fenomeno sia della concentrazione del potere in seno alla so cietà, sia della concentrazione monopolistica e del capitale finanziario nel sistema di produzione capitalistico, sono stati ampiamente rile vati dalle grandi inchieste compiute nel dopoguerra ed esposti in nu merose pubblicazioni (7).
(4) Il film americano : « Giganti che uccidono », se prevalentemente vuol essere una esaltazione delle cosidette « relazioni umane », è in realtà una pratica divulgazione del concetto di « direzione finanziaria dell’impresa » e della nuova tecnica direzionale.
(5) Voi. VII della nuova C olla n a d i e c o n o m is ti, U.T.E.T., Torino.
(6 ) V. Be r l e, pag. 29-36-37 (pag. 189) e si veda la chiara relazione d e l
Prof, Tu l l io Ascarelli, al Convegno del Mondo 12-13 marzo 1955, D isc ip lin a d e l le s o c i e tà p e r a z io n i e lo tta a n tim o n o p o lis tic a .
(7) P e r l’ I ta l i a vedi voi. I n d u s tr i a - C o m m is s io n e E c . p e r la C o s titu e n te ;
Radar, O r g a n iz z a z io n e d e l c a p ita le fin a n zia rio ita lia n o , Ed. Ital., 1949, Roma;
C.G.I.L., S tr u tt u r a d e i m o n o p o li in d u s tr ia li in Ita l i a , Ed. Progresso, 1950. Numerosi articoli di Critica Economica dal 1947 ad oggi hanno aggiornato i dati che indicano un continuo aumento della concentrazione.
P e r la G e r m a n ia il Ku c zyn sk i, S tu d ie n z u r G e s c h ic h h te d e s d eu ts c h en
I m p e r i a l i s m u s , 2 voll., Dietz Verlag, Berlin, 1948 e Pritzkoleit, M ä n n e r M ä c h te
* * *
Nessun dubbio pertanto cbe esista un reddito della società di capitali qualitativamente differente dal reddito distribuito ai soci e quindi base economica di una propria autonoma capacità contributiva delle società.
I l ragionamento che noi abbiamo fatto vale con evidenza per grandi società di capitale, che rappresentano la struttura fondamen tale della società capitalistica contemporanea. Noi a scopo di chia rezza abbiamo esaminato per primo il caso limite. M a esistono anche società il cui scopo prevalente non è tanto di raccogliere capitali, quanto di unire capacità personali, esistono Enti, cioè persone giu ridiche che agiscono nella vita economica con criteri e scopi a volte simili alle società di capitali vere e proprie, a volte differenti. Hanno anche queste società e persone giuridiche una propria capacità con tributiva? Senza dubbio esistono tra queste forme diverse di orga nizzazione economica qualche volta affinità, ma vi è sempre tra di esse qualche cosa di comune : la protezione giuridica che lo Stato, la legislazione ad esse offre.
Questo rapporto tra fatto economico e fatto giuridico presenta un particolare interesse ai fini fiscali. Infatti il Griziotti giustamente definisce il concetto di capacità contributiva il rapporto fra il fatto economico e il legame che questo ha con l ’ organizzazione sociale e giuridica di cui è parte.
Ma fatta questa considerazione di carattere generale, mi pare che sia necessario dire subito che sarebbe un errore fermarsi alla sola forma.
La forma giuridica comune ad enti diversi ha permesso il nascere di una confusione di idee a tutto vantaggio dei gruppi monopolistici dominanti e spesso a danno delle « piccole società » o di enti scoiali diversi. È necessario pertanto giungere ad una precisazione della sostanza economica delle varie forme sociali ed anche della stessa forma predominante della anonima, sia per non dimenticare r e s i stenza di rapporti economici diversi, sia perchè la forma predomi nante non abbia la convenienza a nascondersi dietro rapporti econo mici secondari, meno importanti.
In qualsiasi società economica, che è sempre qualcosa di vivo e di vivente, accanto alla forma predominante — per esempio capitali stica e nella capitalistica la societaria — coesistono residui del pas sato, forme precapitalistiche come le artigiane o la piccola proprietà
P e r la F r a n c ia si veda L a F r a n c e e t le s T r u s t s , numero speciale della
rivista « Economie et politique ».
P e r l’ I n g h ilte r r a ; Aaranovich, M o n o p o l y a s t u d y o f B ritish m o n o p o ly ca
p ita lis m .
P e r g li S ta ti U n iti, oltre ai rapporti della commissione sui monopoli si
veda Watkin g e St o r in g s, C a r te ls in A c t i o n , « American Economie Review », 1947-48 e Adelman, T h e m e a s u r e m e n t o f in d u s tr ia l. C o n c e n tr a tio n , « Review o f Economics and Statistics », 1951, 4.
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contadina, che pnr subendo le leggi economiche del sistema capitali stico dominante, presentano leggi e caratteristiche proprie (9).
Occorre pertanto sempre distinguere di fronte alla apparente uniformità, se si vuole veramente comprendere la realtà economica.
Ora nelle persone giuridiche occorre subito fare una netta distin zione prima di tutto tra quelli che si potrebbero chiamare Enti non capitalistici e le società.
Gli enti non capitalistici (Fondazioni - Enti morali) —< anche se gestiscono un patrimonio e subiscono quindi le leggi del mercato ca pitalistico —- non hanno nulla a che vedere con le società. Il fatto che essi abbiano una protezione, giuridica giustifica l ’ opinione che essi pure presentino una capacità contributiva, sia pure minima, e pos sano quindi essere sottoposti a tassazione autonoma.
Io sono dell’opinione che occorra esaminare i vari casi. Cioè anche negli Enti la forma giuridica può nascondere una diversa so stanza economica e il problema venne già in discussione quando si trattò di stabilire nel 1947 l ’imposta sul patrimonio (10).
È chiaro che esistono enti capitalistici. Una banca è sempre una banca, anche se è una fondazione ed Enti religiosi i quali — come le Opere Pie di Religione —, controllano industrie o compiono opera zioni di banca, agiscono come imprese capitalistiche. In tale senso possono catalogarsi anche gli istituti di istruzione, quando agiscano per ottenere un profitto. Ospedali, enti di consumo vari hanno invece altra natura ed altra funzione economica. Comunque si tratta di fe nomeni che hanno scarsa influenza ed importanza nel mondo capita listico e che devono essere considerati dal punto di vista fiscale in modo del tutto autonomo rispetto alla forma predominante della so cietà. Per l ’ analisi cioè della loro capacità contributiva, se esista o meno e in quale misura, occorre un diverso criterio di valutazione. Non intendo soffermarmi su questo esame, in quanto mi pare scarsamente rilevante. Mi pare che sia sufficiente l ’affermazione che esiste una generica capacità contributiva di questi Enti che agiscono nella vita economica. Questa capacità contributiva generica nasce dalla prote zione che la legislazione offre a tali Enti per la loro attività econo mica. Tale capacità deve venir specificata distinguendo in primo luogo gli enti di consumo e di distribuzione (in genere di beneficenza) che per uniformità sarebbe bene colpire minimamente, dagli enti di pro duzione e in questi, quelli del tutto simili dal punto di vista econo mico alle società da quelli dissimili.
I l problema che voglio invece trattare, perchè ha maggior
im-(9) Per esempio il limite della produzione capitalistica è il profitto, per l’artigianato è il guadagno per l ’esistenza. Nella terra la produzione capi talistica con dissociazione tra proprietà e conduzione, non avviene senza che si ottenga la categoria capitalistica della rendita, mentre nella piccola pro prietà contadina si continua la produzione anche se non si percepiscono ren dita e profitto capitalistico.
capacità contributiva delle società. In questo campo occorre compiere un esame per giungere ad una più esatta comprensione della realtà sociale e ad una più precisa determinazione della capacità contribu tiva, chiarendo comode confusioni.
Si è verificato infatti il fenomeno che anche la stessa torma giu ridica societaria è venuta a rappresentare realtà economiche diverse non solo per la loro ampiezza, cioè quantitativamente, ma per la loro
qualità. , . . . ,
Della forma nata per lo sviluppo capitalistico, principalmente quale strumento per la raccolta di capitali, hanno profittato altri elementi capitalistici minori e anche non capitalistici (artigiani), che usano lo strumento societario non tanto per la raccolta di capitali, ma prevalentemente per usufruire di altri vantaggi.
La protezione cioè che l ’ organizzazione giuridica, lo stato, ha dato alla forma societaria ha spinto tutti ad usarne. La protezione è stata data in primo luogo limitando la responsabilità di fronte ai terzi — r il che non era nella ditta individuale — , in secondo luogo nella commerciabilità delle quote sociali, infine per lunghissimo tem po e fino ad ieri nel nostro Paese, in vantaggi di ordine fiscale (11). Ed è chiaro che fosse così, in quanto il capitale dominante si presentava sotto forma societaria — e come tale, per quel fenomeno così chiaramente illustrato da Lenin nell’ Imperialismo e oggi uni versalmente riconosciuto, dominava lo stato e ne infirmava la poli tica (12) e la legislazione.
È evidente pertanto che tutte le società godono di una protezione sociale e usufruiscono di vantaggi accordati dallo stato. Di conse guenza tutte presentano una certa capacità contributiva.
Ma sarebbe un errore valutare questa capacità contributiva in
I
modo uniforme.Escludiamo pure il caso singolare delle società cooperative, che rappresentano un organismo di difesa di fronte allo sfruttamento ca pitalistico e non hanno perciò fini di lucro in senso capitalistico. Questo caso è facilmente risolvibile anche in senso concettuale — del resto è stato nella dottrina risolto per le altre imposte. Motivi di politica economica poi stabiliranno o l ’esenzione completa o un tra t tamento di favore.
(11) È noto che la società rispetto alla ditta individuale non solo per metteva di sfuggire all’imposta di successione e non era come tale sottoposta alla imposta complementare sul reddito complessivo, ma anche nella imposta di ricchezza mobile aveva un trattamento di favore. La tassazione in base a bilancio per le società permetteva di caricare nelle spese sociali detraibili, somme che costituivano invece reddito tassabile per le ditte individuali. In queste ultime non costituisce spesa detraibile il compenso dato entro il nucleo familiare, ma costituita la stessa ditta sotto forma sociale, emolumenti, sti pendi salari sono detraibili e l ’automibile di famiglia può essere intestata alla società.
(12) F en om en o n o to e che a nche il R o s s i h a illu stra to per l Italia nei suoi Padroni del vapore.
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Per limitarsi al solo campo capitalistico, la realtà ci invita a ri flettere su alcune sue manifestazioni.
1) La vera società di capitali è oggi quella dominante in senso