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Nel caso esaminato dalla Commissione centrale nella pronuncia a Sezioni unite che si annota, l’Ufficio aveva eccepito, in via principale,

la nullità della decisione impugnata sull’assunto che trattavasi di do- risultava dedotto, invece, nel giudizio di appello, che soggetto passivo manda nuova formulata per la prima volta in appello. Ma dal ricorrente del tributo accertato dall’Ufficio doveva ritenersi una società della quale il ricorrente medesimo assumeva essere amministratore unico, mentre erasi proceduto ad accertamento in proprio. Trattavasi, quindi, sub specie non di una domanda nuova ma di una eccezione nuova non pre­ clusa giacché, se è vero che nel processo tributario non possono, in grado di appello, proporsi domande nuove non proposte in prima sede (8), è pur vero che le eccezioni nuove non possono ritenersi precluse (9) giac­ ché, in via generale e di principio, non può ritenersi costituire eccezione nuova, improponibile in appello, la semplice argomentazione difensiva volta a segnalare al giudice di secondo grado il difetto di un presuppo­ sto giuridico della domanda (10) come pure non può ritenersi eccezione nuova, improponibile in appello, quella che, essendo logicamente con­ nessa con altra precedentemente formulata, non importa una indagine diversa da quella già espletata (11).

rore di apprezzamento, non può, in appello, chiedersene l’annullamento per insufficienza di calcolo, a ciò ostando il divieto di proposizione di domande nuove nel giudizio di secondo grado (Cass. 14 luglio 1942, n. 2009, Giur. imp.

reg. e negoz. 1942, n. 77, col. 283) ; v. in ordine a riferimenti giurisprudenziali

sulla esistenza o meno di « domande nuove » : B. Oociveea, Guida alle imposte dirette, III ediz., Torino, 1956, pag. 96 e note nn. 4-9.

(8) Comm. centi'. 24 novembre 1950, n. 17792, Riv. legislaz. fise. 1951, 171. (9) Le nuove eccezioni — rileva B. Cociveka — (op. cit. toc. cit.) pos­ sono essere proposte in qualunque termine e modo, anche in occasione della audizione personale del contribuente, mediante inoposizione verbale, alla pre­ senza del rappresentante della Finanza.

(10) Cass. 23 gennaio 1953, n. 202, Mass. Giur. it., 1953, 51. Avverte A. D. Gia n n in i (op. cit., pag. 201), che la commissione di secondo grado ha tutti i poteri che competono al giudice di appello nel processo ordinario ed essa, quindi, non solo può riesaminare le questioni discusse in primo grado, anche sulla base dei nuovi elementi che le siano offerti o delle nuove indagini che istitutisca, avvalendosi delle facoltà che le spettano al pari che alle com­ missioni distrettuali, ma può prendere pure in considerazione ogni altra que­ stione proposta dalle parti, e che non esorbiti dall’oggetto della contestazione quale risulta dall’accertamento amministrativo.

(11) Cass. 27 marzo 1953, n. 795, Mass. Giur. it. 1953, 195; v. pure Cass. 18 ottobre 1956, n. 3704, ibid. 1956, 774; 27 ottobre 1956, n. 4000, Giust. eiv. 1956, I, 1998. Non concreta domanda nuova e non rende improcedibile l’ap­ pello l’attività dell’appellante che, insistendo nell’accoglimento del proposto gravame, abbandoni gli originari motivi e altri ne prospetti che inducano a

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rare. In tal modo il contribuente non fece altro che aggiungere un nuovo motivo a quelli giti dedotti in 1° grado al fine di resistere all’ accertamento promosso nei suoi confronti dall’Amministrazione finanziaria.

Orbene, nel processo tributario, i motivi di resistenza alla pretesa del­ l’Amministrazione finanziaria costituiscono eccezioni e non già domande e, quindi, è ad essi inapplicabile il divieto di cui all’art. 345 c.p.c. (Omissis).

Pertanto, nella situazione esaminata dalla Commissione centrale nella pronuncia suddetta, risultando chiesto in prima istanza l ’annulla­ mento di un determinato tributo e proposta la medesima richiesta in grado di appello, pur con la deduzione — in detto giudizio che, ove mai fosse stato realizzato un qualsiasi profitto, questo sarebbe stato realizzato da una società nei confronti della quale si sarebbe dovuto ac­ certare, sembra evidente esulare nella detta situazione proposizione di domanda nuova, esistendo, invece, semplicemente addizione di altro mo­ tivo a quanto sostenuto nel giudizio di primo grado per avere — m so­ stanza — il ricorrente resistito puramente e semplicemente con la proposizione del detto motivo aggiunto — all’accertamento perchè ese­ guito nei suoi confronti in proprio e non nella dedotta qualità di ammi­

nistratore unico di una società. . . .

Perfettamente chiaro e pienamente fondato appare, quindi, il prin­ cipio enunciato dalla Commissione centrale che nel processo tributario ì motivi di resistenza alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria co­ stituiscono eccezioni e non domande nuove, con la conseguente inappli­ cabilità ai motivi predetti del divieto contenuto nell’art. 345 c.p.c. (12).

Giuseppe Gkeco

Avvocato in Rossano

uguale soluzione giuridica della controversia, trattandosi — corne e stato esat­ tamente rilevato dalla Corte di appello di Napoli - di nuove ragioni difensive o nuove ragioni non precluse ili appello a norma dell art. 345 c.p.c. (App. Napoli, 10 aprile 1956, Giust. civ. Mass. App. Napoli, 19o6, 109).

(12) V in ordine alla possibilità di dedurre nuove ragioni ed eccezioni nel giudizio'di appello dinanzi alle commissioni tributarie : G. ìngrosso, jDi­ ritto finanziario, Napoli, 1954, pag. 527 ; v. m ordine ai limiti della, conte- stazione nel giudizio di appello: G. Buzzurri, Orientamenti ^ ^ p r u d e n z ia li

in tema di processo tributario, Arch. finanz., voi. I, Padova, 1950, pag. 423, ibid voi III, Padova, 1953, pag. 315 ; v. inoltre, in ordine alla impropom-

bilità della eccezione sollevata per la prima volta con postilla al ricorso m appello relativamente alla classificazione di ricchezza mobile in diversa ca­ tegoria anziché nella categoria, originariamente accertata senza opposizione a detto accertamento, da parte del ricorrente: Comm. centr. 4 lugho W55, n 73803 Riv. legislaz. fise. 1955, 1597 e in ordine alla ammissibilità di pro­ posizione in qualunque grado del giudizio amminstrativo e anche di fronte all’autorità giudiziaria della eccezione di nullità per mancata indicazione dei motivi in base ai quali sia stato abbandonato dall’Uflicio il metodo anali­ tico trattandosi di questione di diritto concernente l’inesistenza puridica dei­ ratto di a c ^ Comm. centr. 27 giugno 1954, n. 26164, Gmr. i m p r e g

e neaoz 1953 190 ; v. infine, sulla ammissibilità di nuove eccezioni nel giudi­

zio di appello e in generale: Comm. centr. 19 ottobre 1955, n 75051, Riv.

COMMISSIONE CENTRALE, Sez. VII, 28 gennaio 1957, n. 88955.

I.G.E. - Ricorso alle Commissioni - Rapporto dell’Ufficio a margine - Vali­ dità - Mancato invio del rapporto della P.T.I. - Nullità della decisione. (Art. 23, R.D. 8 luglio 1937, n. 1516; R.D.L. 3 gennaio 1926, n. 63; 15, D.L.C.P.S. 27 dicembre 1916, n. 469).

La omessa trasmissione alle Commissioni di merito di tutti gli atti rela­ tivi alla vertenza ed in particolare del rapporto della P.T.I. ( ove fili uffici ritengano di avvalersi della stessa), è causa di. nullità della decisione (1).

Il rapporto dell’ Ufficio può essere rappresentato anche da semplici note a margine (2).

Fatto. — Con atto notificato a Velati Gaetano, esercente un negozio di

ottica in Gallarate, l ’Ufficio del registro comunicò di avere eccertato una

(1-2) Natura ed effetti delle note informative della Guardia di Finanza, ai fini del ricorso alle Commissioni per l’I.G.E. in abbonamento. 1. — La decisione che commentiamo trascende il limitato campo dispositivo ed involve alcune più generali e rilevanti questioni, quali sono: quella della facoltà e del potere di accertamento degli Uffici del Registro in tema di imposta generale sull’entrata che si corrisponde mediante canoni ragguagliati al volume degli affari; quella ancora dei poteri della Guardia di Finanza e dell’efficacia delle sue note infor­ mative, allorché ad essa gli Uffici Finanziari in genere si rivolgono per l’acquisizione di determinati elementi utili alla elaborazione delle entrate imponibili; quella, infine, attinente alla natura e tenore degli « atti di ufficio » che l’art. 23 della legge 8 luglio 1937, n. 1516 impone di trasmettere in Commissione a corredo del ricorso di parte avverso l’accertamento di imposta.

Per quanto si riferisce all’IGE, all’infuori della decisione che la stessa Commissione richiama (n. 67053 del 10 gennaio 1955), tra l’altro inedita, non ci risulta che la giurisprudenza si sia occupata della que­ stione.

Ma il problema, in via generale, venne preso in esame sia dalla stessa Commissione Centrale e sia dalla Corte di Cassazione. La Com­ missione Centrale con decisione del 6 marzo 1940, n. 23403 (in Giurispru­ denza Imp. Dir., 1941, pag. 308) ebbe ad affermare che l ’ufficio non è te­ nuto a produrre in giudizio le informazioni ottenute dalla Polizia tri­ butaria, in quanto queste sono atti interni dell’Ufficio. La Corte di Cas­ sazione (Sez. Un. 5 maggio 1936, in Giur. Imp. Dir., 1936, pag. I li ) statuì che il modo impiegato dall’Amministrazione per ottenere le informa­ zioni rappresenta attività interna di ufficio del tutto discrezionale e riservata.

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entrata lorda, ai fini dell’IGE per l ’anno 1948, di L. 4.193.000; ridotte a L. 3.000.000 dalla Commissione Distrettuale, cui il contribuente aveva recla­ mato.

Proposero appello sia l ’Ufficio, sia il contribuente e la Commissione Pro­ vinciale determinò l ’entrata in L. 3.S00.000 con la decisione sopraindicata; che il Velati impugna con ricorso a questo collegio centrale.

Dibitto. — Col primo motivo il ricorrente si duole che, in violazione dell’ art. 23 del R.D. 8 luglio 1937, n. 1516, l ’ufficio non trasmise alla Com­ missione Distrettuale tutti gli atti relativi alla controversia; nè li corredò di un proprio rapporto.

Imposte Dirette con circolare del 2 febbraio 1957, n. 300310. In questa, essa ha precisato che gli Uffici possono allegare ai fascicoli inviati pei le vertenze alle competenti Commissioni le note informative della F.T. quando esse contengano dati ed elementi di fatto, trattenendo, pei con­ tro, quelle che esprimono giudizi non connessi ad alcun elemento certo. Scarsa, invece, sull’argomento stesso, sia in via generale che par­ ticolare, la dottrina.

Ultimamente il Gazzerro, in questa Rivista (1957, parte I, n. 2, pag. 187) ha esaminato con ampiezza il problema. A salvaguardia del principio del contraddittorio questo Autore ritiene che l’Amministra­ zione Finanziaria è tenuta ad allegare agli atti della contestazione da trasmettere in Commissione il rapporto della P.T. quando sia stato assunto a base dell’accertamento dell’Ufficio. Secondo il Gazzerro in­ vero fra gli « atti di Ufficio » rientra il materiale che l ’ufficio stesso ha raccolto durante la elaborazione dell’accertamento e durante l’istrut­ toria. Il Gazzerro osserva altresì che non sussiste alcuna differenza tra una stima tecnica ed una nota informativa della Guardia di Finanza e a tal proposito si appella all’autorità della stessa Commissione Cen­ trale die con decisione del 21 marzo 1939, n. 14409 ebbe ad affermare che la perizia di uno stabilimento industriale disposta da una Commissione Provinciale costituisce un atto processuale appartenente al contraddit­ torio.

Ci sembra da rilevare che esiste una evidente differenza tra stime tecniche redatte dagli Uffici Erariali e le note informative della Guar­ dia di Finanza. Basta ricordare l’art. 27 del R.D. 8 luglio 1937, n. 1516, che stabilisce espressamente come le stime ed i sopraluoghi debbono essere eseguiti previo avviso al contribuente ; dal che si desume il loro carattere processuale.

2 . __ Secondo la tesi del contribuente — che viene ora accolta dalla Commissione Centrale — gli Uffici del Registro, allorché si avvalgono degli organi della Polizia Tributaria, sono obbligati a trasmettere le relative informazioni alle Commissioni Tributarie. Bisogna osservare però che nel testo della decisione non si definisce con precisione il si­ gnificato dell’ambiguo termine « avvalersi ». Questa locuzione potrebbe essere intesa in un senso ampio: ogni qualvolta gli Uffici richiedono

La doglianza, per quanto concerne il rapporto, è infondata, in quanto a margine del ricorso del contribuente alla Commissione Distrettuale il pro­ curatore dell’Ufficio del registro scrisse le proprie conclusioni, consistenti nella richiesta di conferma dell’accertamento, aggiungendo che l ’imponibile determinato corrisponde alle effettive entrate del contribuente. E non v’è dub­ bio che la annotazione medesima equivale al rapporto stabilito dalla legge, la quale prescrive nè forma speciale, nè esclude che esso possa essere scritto a margine del reclamo del contribuente.

Merita accoglimento, invece, il ricorso per quanto attiene alla omessa trasmissione alle commissioni di merito di tutti gli atti relativi alla vertenza * 3

elementi di giudizio alla Guardia di Finanza, allora, sorgerebbe l’ob­ bligo di cui trattasi per il solo fatto di averli richiesti, indipendente­ mente dall’accoglimento o meno delle notizie comunicate nell’accerta­ mento. Oppure si può intendere il termine «avvalersi» in senso stretto: allora l ’obbligo in questione sorgerebbe solo allorché l ’Ufficio aceerta- tore abbia usufruito, in tutto od in parte, degli elementi ad esso par­ tecipati. Sembrerebbe che la Commissione Centrale abbia inteso usare l’espressione nel primo più ampio senso, giacché essa afferma che la «polizia tributaria, a termini del R.D.L. 3 gennaio 1926, n. 63 e del Regolamento approvato con D.M. 16 luglio 1926, compie atti che si in­ seriscono normalmente nel procedimento amministrativo ». Ciò però, per quanto attiene alla funzione di accertamento che è propria degli Uffici, non appare conforme a legge.

Comunque per un costruttivo esame della decisione della Centrale, limitandoci al campo del particolare tributo di cui essa si occupa, è opportuno esaminare, in primo luogo, i limiti del potere di accerta­ mento dell’Ufficio per l’IGE in abbonamento.

3. -— La legge del 27 dicembre 1946, n. 469, istitutiva del regime di abbonamento per l’IGE, stabilisce espressamente all’art. 15 che l’en­ trata denunziata dal contribuente è soggetta a controllo da parte degli organi della Finanza. Ma con tale espressione, la legge non intende attribuire alla Guardia di Finanza ogni funzione connessa al controllo, nè farla monopolista di ogni attività di controllo.

L’opera della Finanza ha carattere preliminare a quella dell’Ufficio. Dall’attività « di controllo » della Finanza, dai risultati che da essa possono scaturire, gli Uffici, a loro volta, potranno trarre gli elementi per effettuare un accertamento per una nuova o maggior entrata im­ ponibile eccedente quella dichiarata a suo tempo dalla parte. L’attività della Finanza, in tutto ciò, non può estrinsecarsi che nella raccolta di dati ed elementi di giudizio: questi dati ed elementi si oggettiviz- zano solamente nella funzione di accertamento dell’Ufficio che — sulla base di questi e di altri elementi come la conoscenza dell’andamento economico e delle caratteristiche del settore a cui appartiene il con­ tribuente — provvede, dopo una congrua elaborazione degli elementi stessi, a formulare l ’atto di accertamento e poi ne notifica regolare

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ed in particolare — come lo stesso Ufficio pone in rilievo — del rapporto della polizia tributaria investigativa.

La relativa questione si è già presentata: e questa stessa Commissione Centrale, con decisione n. 67053 del 10 gennaio 1955, pronunciata su ricorso di Gatta Giuseppina (n. 2711-1952 Reg. Gen.), ha stabilito che, allorquando gli uffici del registro ritengono di avvalersi degli organi della P.T.I., sono tenuti ad allegarne i rapporti agli atti da trasmettere alle commissioni tri­ butarie.

Non è il caso di riprodurre tutte le diffuse argomentazioni di ordine giuridico esposte da questa Commissione Centrale nella decisione ora indicata.

avviso. Le note informative della Guardia di Finanza assumono, quindi, un carattere limitato. Esse costituiscono solo una premessa a quella opera di elaborazione di dati e di elementi di giudizio, in cui si con­ creta l’accertamento, del quale è responsabile l ’Ufficio. Che le cose stiano così è dimostrato anche dal disposto dello stesso art. 15 che impone all’Ufficio, che trasmette il ricorso del contribuente alla Commissione, di « illustrare con una esauriente relazione la fondatezza dell’accer­ tamento». Ciò non sarebbe possibile all’Ufficio, se l’elaborazione delle note, informazioni ed elementi nell’atto di accertamento non fosse avve­ nuta ad opera di esso medesimo. È l’Ufficio che, avendo elaborato l ’ac­ certamento, è in grado di dare credito ai dati che lo meritano e di di­ sconoscere quegli altri che non ritiene rilevanti.

Per conseguenza le note informative della Guardia di Finanza — della cui utilità certo non si discute — pur senza avere un carattere riservato, hanno una veste interna e tale da non costituire vero « atto di Ufficio». Se così non fosse, invero, gli Uffici non potrebbero fare a meno di queste note informative. Per contro, in alcuni casi e per i più vari motivi, essi ne prescindono. Ciò può accadere o perchè gli Uffici possono non riconoscere fondate le notizie comunicate dalla Finanza o perchè, ad esempio, essi possono ritenere, a volte, più utili i risultati conseguibili con l ’esame delle sole scritture contabili esibite dalla parte.

Peraltro giova ancora precisare che, a norma dell’art. 48 della legge organica IGE, tra gli organi competenti all’accertamento delle viola­ zioni in materia, vi sono non solo i militari della Guardia di Finanza, ma anche i funzionari civili dell’Amministrazione Finanziaria muniti di speciale tessera ed, ancora, tra l ’altro, gli incaricati dei Comuni e gli appaltatori delle riscossioni delle imposte di consumo sulle carni. In alcuni casi, infine, la stessa Amministrazione ha riconosciuto agli Uffici la facoltà di prescindere da ogni indagine e controllo, dando luogo ad accertamenti tipo, dopo aver sentito solamente le associazioni sinda­ cali, così come è avvenuto per Artigiani ed Ambulanti (1). L ’attività di « controllo » della Finanza non è dunque l’unica, ai fini dell’IGE in abbonamento.

(1) Circolari Ministeriali 15 marzo 1947 n. 61705; 15 aprile 1947 n. 62522; 15 giugno 1949 n. 62769; 18 marzo 1950 n. 61250 ; 5 settembre 1950 n. 61016.

Basti solo qui rilevare — per assolvere adeguatamente all’obbligo della mo­ tivazione — che la polizia tributaria, a termini del R.D.L. 3 gennaio 1926, n. 63 e del regolamento approvato con D.M. 16 luglio 1926, compie atti che si inseriscono normalmente nel procedimento amministrativo tributario e che pertanto — in difetto di qualsiasi disposizione che attribuisca ad essi carat­ tere riservato — vanno inseriti nei fascicoli destinati alle commissioni per le imposte, secondo il generale precetto contenuto nell’art. 23 del R.D. 8 luglio 1937, n. 1516, ribadito, quanto all’I.G.E. nell’art. 15, comma secondo, del D.L.C.P.S. 27 dicembre 1946, n. 469.

Ya rilevata ancora la inesistenza, sul nostro diritto tributario, di un

prin-4. — Il secondo comma dell’art. 1 del D.M. 16 luglio 1926, che la Commissione richiama e che riguarda il Regolamento per la Polizia Tributaria Investigativa, afferma chiaramente che « gli organi della Polizia Tributaria non si sostituiscono nell’azione agli Uffici Finan­ ziari, ma procedono di accordo con essi e ad essi comunicano, p(r l’ulteriore impiego e sviluppo, l’esito e le risultanze delle proprie in­ dagini ». È chiaro anche da ciò che le note informative della Guardia di Finanza, lungi dal rappresentare « atti di Ufficio che si inseriscono normalmente nel procedimento amministrativo», costituiscono solo una messe di dati più o meno adeguata che serve a preparare la base ela- borativa delle entrate imponibili, in una fase che precede il rapporto giuridico tra Amministrazione Finanziaria e Contribuente.

Come la stessa Commissione Centrale ha riconosciuto (2), Memento fondamentale del procedimento di cui si discute è il rapporto dell’U f­ ficio che accompagna il ricorso del contribuente e che deve contenere l’indicazione degli elementi che l’Ufficio ha tenuto presente nel suo ope­ rato. L ’Amministrazione, che accerta il debito di imposta, è il solo or­ gano amministrativo tenuto a dare contezza al contribuente degli ele­ menti e dati di fatto sui quali ha basato il proprio accertamento (3), elementi e dati di fatto della cui veridicità assume la responsabilità allorché vi poggia la propria «relazione».

5. — La Commissione Centrale richiama l’art. 23 del R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 (« i reclami presentati sono trasmessi alle Commissioni corredati da un rapporto relativo ai termini della controversia, degli atti di Ufficio e di tutti i documenti prodotti dal contribuente ») ed, inoltre, per quanto attiene alla IGE, l’art. 15 del D.L.P. 27 dicembre 1946, n. 469, che il predetto disposto della legge n. 1516 sostanzialmente riproduce, per dedurne che il rapporto della Polizia Tributaria, in quan- 2 3

(2) Comm. Centr. Sez. VI, 3 dicembre 1949 n. 7854, in questa Riv. 1952, 2», pag. 242 con nota di Aster Rotondi sulla « Natura della relazione

dell’Uf-ficlo finanziario ».

(3) Comm. Centr. Sez. IV, 21 marzo 1950 n. 1154. in questa Riv. 1952, 2°, pag. 328 con nota di Raggi,

cipìo attribuente agli uffici finanziari il potere discrezionale di far conoscere ovvero di occultare alle commissioni (chiamate a statuire sulle controversie in base a tutti gli accertamenti fatti ed a tutti gli atti acquisiti) un impor­ tante atto del procedimento amministrativo col non ingiustificato e generale sospetto che la relativa facoltà discrezionale potrebbe essere esercitata a van­ taggio esclusivo del fisco e non già per la migliore attuazione della giustizia, cui debbono tendere anche, anzi sopratutto, gli stessi uffici tributari. Questi, per la dignità ed austerità della loro funzione, debbono restare al di sopra di ogni sospetto di malizia e di slealtà, e tanto meno per quanto concerne il loro comportamento nel procedimento giudiziale.

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to atto di ufficio, deve essere trasmesso obbligatoriamente all’organo giudicante. Abbiamo già detto che all’accoglimento di tale argomento della Commissione osta il fatto che l’accertamento dell’Ufficio non è vincolato a basarsi sulle note informative della Guardia di Finanza e può anzi prescinderne. La nota informativa della Guardia di Finanza non è « conditio sine qua non » alla legittimità dell’accertamento del­ l ’imposta in esame.

Ora ci preme dimostrare che le note in questione non sono un