• Non ci sono risultati.

2. Pisa e il suo contado Pisa e il suo contado Pisa e il suo contado Pisa e il suo contado Il Monte Pisano

2.2 Calci Calci Calci Calc

2.2

2.2

2.2 CalciCalciCalciCalci

“C’è un minuscolo, operoso e ricco paese: là, fin da tempi antichissimi, si macinano i grani e là si producono farine da pane, talmente buone da rendere il nome della piccola contrada, celebre anche in terre lontane da noi…”. 171

Calci è un comune della provincia di Pisa, situato sul Monte Pisano a 10 km dalla città capoluogo, e a meno di 20 km da Lucca; nella parte bassa è inserito fra terrazzamenti di olivo e circondato da essi, mentre la parte alta è dominata dal Monte Serra di 918 m.

“La parte maggiore di questa vallata si dice la Valle di Calci, la minore la Valle di Montemagno da un castello che vi è nel mezzo, quasi alla metà della pendice e che nel 1374 fu combattuto e preso”.172

Non è possibile accertare l’origine di Calci attraverso lo studio della documentazione relativa, dal momento che essa manca. Le prime attestazioni scritte della sua esistenza appartengono solo ai secoli VIII-IX.

Il più antico documento, che si conserva dell'Archivio di Stato di Pisa, è datato al 30 aprile 780, ed è un atto di donazione: “ si trova memoria di Calci sino dall’anno 780, in cui la Corte e Chiesa di San Michele in Calci, fu donata alla Badia di San Savino”.173

Seguono altri due documenti datati al marzo 823 e al gennaio 847; in entrambi si parla dell'affitto da parte del vescovo di Pisa di case con terreni; ambedue questi atti furono stipulati a Calci.

L’origine del nome, secondo Silvio Pieri nella sua “Toponomastica della valle dell'Arno”, deriva da “calce” e, più precisamente, dall'equivalente latino “calx, calcis”, largamente presente nelle cave di pietra poste lungo la costa del lungomonte. Questa stessa origine è data anche dal Toscanelli. Pure Francesco Bonaini accetta e rafforza la stessa derivazione del nome di Calci da “calce”.174 Altre ipotesi fanno invece derivare il nome da “calceus, calcei” che significa calzare, ipotizzando l'esistenza in quella zona di una fabbricazione di calzari per i legionari romani;175 ma, riguardo a questo, non esiste alcuna documentazione; “Questa ipotesi calzaturiera spiegherebbe però la presenza dei tre calzari, che costituiscono, fin dall'epoca medievale, l'emblema della Comunità calcesana e sono appunto tre “coturni”, i tipici calzari di foggia romana”.176

Tale stemma si trovava sul pulpito (demolito) della Pieve ed era scolpito nel rivestimento di pietra del torrione della porta calcesana delle mura di Pisa.

Altri ancora attribuiscono l'origine del nome, alla posizione topografica del paese dove “calceum” starebbe per piede o tallone del monte.

Locus Calcis, è l’espressione più antica con cui viene chiamata la vallata; essa è stata rilevata anche in alcuni atti notarili e documenti risalenti al X e XI secolo; infatti, alla già citata documentazione risalente all'VIII secolo, seguono le testimonianze posteriori all'anno 1000 di alcuni atti di vendita di terreni e beni, in cui viene utilizzato questo toponimo.

171 A. Chini, Il molino dei Gangalandi, Pisa, Pacini editore, 2003, pag. 13. 172 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit., pag. 374.

173 Ivi, pag. 389.

174 E. Valdiserra, Memorie di Buti, op. cit., pag. 113. 175 M. E. Martini, La storia di Calci, op. cit., pag. 10. 176 E. Valdiserra, Memorie di Buti, op. cit., pag. 10.

Calci è un insieme di borghi, che nel tempo si sono moltiplicati, ma dei quali, oggi, restano solo le più antiche frazioni. Questi aggregati cominciarono a svilupparsi all’epoca della repubblica pisana (XII-XIV secolo), distribuendosi lungo il corso del torrente principale, lo Zambra, che attraversa tutta “la Valle Graziosa”, da cui si attingeva acqua per l'attività conciaria e per l'alimentazione delle ruote idrauliche per i mulini e i magli.

“Il Monte Pisano forma qui uno scavo teatrale, maggiore di qualunque altro e diramato in più recessi secondarj a misura che le sue pendici sono corrose da’ torrenti. Questa vallata ha una vasta apertura ed esposta al mezzogiorno non da per tutto chiusa dai monti come quella di Buti. L’acque, che scolano dalle sue spaziose pendici, si raccolgono in varj torrenti, e questi in due più grossi, detti uno la Zambra di Calci, e l’altro la Zambra di Montemagno, ed assidue, finalmente raccolti in un sol’alveo, al principio della pianura si scaricano in Arno, rasente al castello di Caprona”.177

Questo complesso sistema idrico si snoda attraverso un territorio, che passa dai 25 metri della foce ai 350 metri della sorgente ed è quindi facile intuire come questo torrente, grazie alla presenza di cadute e dei dislivelli del suo alveo, costituisse l’approvvigionamento ideale per uno sfruttamento delle acque, finalizzato all’alimentazione delle ruote idriche.

Nei pressi della piazza principale del Comune, si trovano alcune macine di antichi mulini, che stanno a testimoniare un passato a cui il popolo di Calci è molto legato. A testimonianza di questo sta il folcloristico “Gioco del Mulino”178 che si svolge a

Calci la seconda domenica di maggio, “questa tradizione affonda le proprie radici nel vissuto storico della Val Graziosa, la cui economia, dal medioevo fino agli inizi

del XX secolo, era basata proprio sull’attività dei mulini”.179 Passando ora ad analizzare gli edifici pubblici, c’è da evidenziare che, tra i più importanti vi era un castello o rocca di difesa, detto “Castello Maggiore”.

Esso era detto “Maggiore” ad evidenziare l'importanza sociale che rivestiva. 180 La documentazione riguardo a questa rocca è molto scarsa; non è conosciuta la data di edificazione e esso compare nei documenti soltanto a partire dal XIII secolo.181

Non è rimasta alcuna traccia della struttura originaria di esso, che serviva da rifugio per la popolazione durante le guerre. Da questo castello ha preso probabilmente ilnome l'agglomerato insediativo di Castelmaggiore, che si trova in una posizione più elevata rispetto all’abitato di Calci, ma difficilmente difendibile. La sua antica esistenza è stata identificata in vari documenti, tra cui anche in una carta del 1600 conservata nell'Archivio di Stato di Pisa.182 “…disegnata a corredo

alle suppliche inoltrate al magistrato dell'Ufficio dei Fossi per la lite fra i confinanti proprietari di mulini. Nel disegno i due mulini sono sovrastati dal Castello Maggiore

177 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit., pag. 373.

178 Questo gioco è nato recentemente (1982) e cerca di far rivivere il passato di Calci: al termine di un corteo

storico, otto squadre, che rappresentano gli otto rioni in cui è suddivisa la comunità di Calci, si contendono il palio davanti alla riproduzione di un’antica macina fatta girare con la forza delle braccia dei partecipanti.

179 T. Panduri, Como acqua de mola, Pisa, ed. PLUS, 2001, pag. 13.

180 F. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa, Vieusseux, Firenze, 1854, vol. I, pag. 170: è riportata la

trascrizione dello statuto di detto castello con data 1286.

181 E. Valdiserra, Memorie di Buti, op. cit., pag. 420. 182 ASPi, Fiumi Fossi, n. 163, c. 1142. (Appendice pag. 46.)

posto sulla cima di un colle con cortina muraria merlata rinforzata sul fronte principale da due barbacani, agli angoli si innalzano due torri con scarpa e merlatura, dal fronte opposto emerge una torre”.183

Per quanto riguarda gli altri edifici presenti nel territorio, sin dall'alto medioevo cominciarono a sorgere, imposte dalla necessità di difesa, torri e castelli.

La fortezza della Verruca è uno di questi castelli ed è la più importante e documentata.

Essa è un’ antica e cadente fortificazione eretta dalla Repubblica di Pisa sui suoi monti, collocata sul punto più alto della montagna, a 537 metri sul livello del mare e in una posizione tale da dominare tutta la piana pisana e la valle dell'Arno sottostante.

Sin dai tempi più antichi, in quel punto della montagna, era stata presente un’ opera costruita: “è quasi certo che Giove, qui ebbe, un tempo, la sua dimora, per tempio o rocca che fosse. La testimonianza ci verrebbe da un frammento lapideo scoperto nel XIX secolo”.184

Ed altre testimonianze documentano che prima dell'anno Mille esisteva sulla Verruca una rocca o castello.185

Quindi il sito era già occupato da un’opera di fortificazione sin dall’età più antica, ma la rocca vera e propria fu costruita solo nel XII secolo.

Su una lapide conservata a Pisa vi è la data della costruzione: 12 giugno 1103 ed essa è sopravvissuta come struttura militare attiva fino alla definitiva caduta di Pisa nel 1503.186

183 G. R. Fascetti, Il Monte pisano, op. cit., pag. 114, ASPi, Fiumi Fossi, n. 163, c. 1142. (Appendice pag. 46). 184 Ivi, pag. 405.

185 A. Acinelli (a cura di), I comuni della provincia di Pisa, op. cit., pag. 43. 186 C. Caciagli, Pisa, op. cit., pag. 453.

Teatro di cruente battaglie tra Pisani e Fiorentini, fu ripetutamente roccaforte dei primi; dopo la caduta della Repubblica pisana la fortezza fu dismessa, venendo a mancare la sua posizione di frontiera e quindi la sua utilità difensiva.

“Sabato 13 Ottobre, partii da Montemagno, ed andai a vedere la famosa Verrucola di Pisa. Resta questa in cima d’un monte scosceso, che si dirama da quello di Montemagno, per la parte di Mezzogiorno. Passati gli uliveti entrai in castagneti, per i quali feci la maggior parte della gita, sino alla sommità dove sono Pinete: le pietre sono le medesime di quelle della valle di Buti. Sopra la Verruca, che sembra un mucchio di torri è situata la Fortezza, la quale domina tutta quanta la pianura, e le colline ancora, e perciò dalla repubblica pisana era guardata con somma gelosia. Ella è di figura quadrata, con due torrioni tondi nelle cantonate, che guardano il monte, e due angusti bastioni nelle due opposte. L’ingresso è difficilissimo e bisogna arrampicarsi per una ripidissima scala, cavata sulle punte dei massi. Dentro alla fortezza è una mediocre piazza d’arme; i quartieri de’ soldati, ma rovinati, una chiesa di pietre quadrate di verso la fine del XI secolo e sotto la piazza d’arme sono le cisterne, ed i magazzini in volta”.187

La fortezza è a forma quadrata. Sul lato orientale vi erano due torrioni rotondi e tra i due vi era il portone d'ingresso. Sul lato di ponente vi erano due bastioni squadrati. All'interno, nella piazza d'armi, si levava il maschio ora completamente distrutto. Sempre all'interno sono rimasti i muri perimetrali della cappella del castello a navata unica, in origine coperta da un tetto a capanna e con ingresso laterale. Nel sottosuolo vi è una costruzione a volta che costituiva la cisterna. Tuttora è possibile constatare quanto difficilmente fosse raggiungibile la fortificazione, a cui si poteva accendere solo utilizzando un impervio ed accidentato sentiero.

“Nella fortezza era costantemente mantenuto un presidio, col compito di effettuare il servizio di vedetta. Da quella posizione si domina tutta la sottostante pianura pisana lo sguardo si spinge fino nella parte superiore del Valdarno, nella Valdera, sulla costa ligure e sul Tirreno”.188

Nella secolare contesa fra Pisa e Firenze, la conquista della Verruca fu al centro della strategia fiorentina e perciò qui furono combattute accanite e sanguinose battaglie.

Gli uomini addetti al presidio erano in gran parte calcesani, butesi e vicaresi.

Data l'importanza strategica della fortezza della Verruca, i pisani si industriarono il più possibile per rendere ben guarnita e protetta la rocca. Ma, nonostante i loro sforzi, la fortezza e la Repubblica caddero definitivamente durante l'ennesima guerra contro i fiorentini.

Oggigiorno essa versa in stato di abbandono. I bastioni e le fondamenta, che si aggrappano direttamente alla roccia sottostante, sono ancora saldi, ma le sovrastrutture sono crollate quasi interamente.

La pietra che compone lo sperone del Monte Verruca, presente peraltro in tutto il resto del Monte Pisano, viene chiamata pietra verrucana, ed è stata usata in molte costruzioni sia pisane che livornesi.

Nell'alto medioevo Calci fu un operoso borgo agricolo e industriale, dominato dal castello del Vescovo pisano, maggior feudatario della valle.

187 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit., pag. 376. 188 M. E. Martini, La storia di Calci, op. cit., pag. 408.

“Per quanto sia supponibile che fosse della consorteria de conti della Gherardesca quel Guido il quale nell’ottobre del 1120 donò alla mensa di Pisa una porzione dei beni che possedeva nei castelli e distretti di S. Casciano, di Cenaja, di Calci…”.189 Infatti, grazie a cospicui lasciti e donazioni, la massima parte del territorio della valle calcesana era di proprietà della chiesa pisana, ed anche i monasteri e le chiese locali erano riccamente dotati di beni costituiti da terreni e fabbricati.

Da documenti datati tra l’834 ed il 958, si hanno notizie dell'esistenza in Calci di una residenza del Vescovo di Pisa, che sorgeva nelle immediate vicinanze del borgo medievale in una posizione dominante ed era detto “Castello Minore” per distinguerlo dal “Maggiore”. Nel 1287 esso fu occupato dai calcesani, che erano in contrasto con l'allora Arcivescovo Ruggeri. Dell'antica costruzione non è rimasta alcuna traccia visibile, ed al suo posto fu eretta la villa del Seminario (le cui strutture si trovanoinglobate nell’attuale edificio che ospita l’Oasi del Sacro Cuore di proprietà del Seminario di Pisa).190

E’ possibile ricavare notizie importanti per la conoscenza delle strutture religiose, che rappresentano una componente determinante per il tessuto insediativo medievale, dai documenti relativi ai secoli XII e XIII, in cui si trovano molte notizie relative ad una chiesa molto importante per il territorio di Calci: Santa Maria a Willarda, la cui titolazione spesso è modificata in Guillarda, Willarda o Guigliarda ed altro ancora. Il nome, di origine longobarda, è presente in numerosi documenti ed atti, di cui il più antico è datato 768. La chiesa, in stile romanico-pisano, fu il baricentro attorno a cui si formò l'aggregato urbano più importante, che divenne la frazione capoluogo.

189 E. Repetti, Dizionario corografico della Toscana, ad vocem “San Casciano a Settimo”, Firenze, Giunti-

Marzocco, 1977, pag. 1306.

190 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit., pag. 416.

Figura 21 Tratto da: Mario E. Martini,

La storia di Calci, cit. pag. 336.

Disegno relativo alla collocazione della chiesa di Santa Maria a Willarda rispetto all’antica Calci e alle chiese di Sant’Andrea e San Nicola e al Castello dell’Arcivescovo.

Essa era situata lungo la strada che risaliva il fiume Zambra, che era caratterizzata dalla presenza di molti opifici e mulini.

“Oggi di questo edificio, non esiste più alcuna traccia, ma attraverso un’accurata ricerca, abbiamo potuto stabilire, con assoluta certezza, che esso sorgeva nei pressi dell’antico borgo di Calci (il Pontegrande) sul poggio a sinistra del torrente Zambra, attualmente occupato dal giardino della Villa Cardella, che in origine costituiva l'alloggio dei preti e dei servi”.191

Essa era ben dotata patrimonialmente; possedeva, infatti, molti terreni, orti, vigne, oliveti, castagneti e boschi, molini e case e, oltre ad essere il centro della vita religiosa, lo era anche di quella civica della comunità calcesana.

Nella seconda metà dell’XI secolo venne eretta la Pieve e, col definitivo affermarsi di questa nel XV secolo, la chiesa di Willarda perse la sua funzione, passando sotto il patronato del convento di San Matteo in Pisa, sotto cui rimase fino alla soppressione di questo, nella seconda metà del XVIII secolo.

La presenza di questa chiesa nel territorio calcesano, è ampiamente documentata nel tempo, da una serie di atti e certificati, fino al 1881 quando, per volere dell’allora proprietario dell’attuale Villa Cardella, Cav. Perugia, con il consenso dell’allora Arcivescovo Micallef, fu demolita.

Oltre a questa vi erano comunque molte altre chiese sparse nella vallata.

Nella seconda metà dell'XI secolo (1080), sotto il Vescovo Daiberto, venne eretta la grande Pieve in stile romanico-pisano, “si può ritenere per certo che alla data del 1111 la pieve fosse ultimata ed aperta al culto”.192

La Pieve era sorta in una zona allora assai decentrata e periferica rispetto all'antico centro abitato di Calci. La chiesa di Santa Maria in Willarda restava la più comoda per la popolazione e per i preti, per cui continuò a rappresentare, nonostante l'esistenza della pieve, il centro dell'attività religiosa e civica di Calci.

La situazione cambiò nella seconda metà del XIV secolo, quando iniziò a configurarsi in modo più netto, l'importanza della Pieve nell'esercizio sia del culto che della vita comunitaria, a seguito dello sviluppo urbanistico e demografico della zona circostante ad essa. La Pieve, a pianta rettangolare, fu costruita secondo uno schema basilicale a tre navate, con colonne monolitiche di granito, sormontate da capitelli in pietra in stile ionico e corinzio.

191 E. Valdiserra, Memorie di Buti, pag. 335. 192 M. E. Martini, Storia di Calci, op. cit., pag. 236.

Figura 22Collocazione delle chiese e oratori nella zona di Calci.

“La chiesa principale, detta la Pieve di Calci, è grande, ha tre navate e fu fabbricata forse nel secolo XI. Ella è tutta di pietre quadrate, e si conosce che per di dentro è stata intonacata modernamente”.193

Il luogo in cui sorgeva la

pieve era stato

precedentemente occupato da una cappella vescovile denominata S. Maria “ad Curtem” e tutta l’area occupata dalla chiesa e dagli edifici annessi come il chiostro, il campanile, il ricovero ed il cimitero, era di proprietà vescovile.194

La facciata rappresenta un esempio interessante di Pieve romanica per la sua policromia (bianco marmoreo e grigio lavagnino) e per la presenza delle tarsie d'ornamento. Lungo il corpo della navata centrale è possibile vedere le monofore, che illuminavano la chiesa (alcune di esse sono ora tamponate). Altre due monofore sono collocate nella parte absidale, in corrispondenza delle navate laterali, mentre tre bifore erano aperte sulla facciata.

La Pieve ha subito nei secoli varie modifiche fino ad arrivare all'attuale aspetto. Il campanile, quadrangolare, venne costruito staccato dal corpo della chiesa ed è rimasto incompiuto.

Al centro della vallata, non molto lontano dal paese, si trova la Certosa di Calci, la cui costruzione è risalente al XIV secolo, e questo grazie ad un cospicuo ed apposito lascito del 1365 da

parte di un ricco mercante pisano.

La costruzione fu iniziata il 30 maggio del 1366, con l’approvazione dell’allora Arcivescovo Moricotti, ed i

lavori procedettero

speditamente, visto che già nel 1374 fu nominato il primo Priore della Certosa.195

Il Vescovo specificò che la Certosa sarebbe sorta “…in Valle di Calci, in loco olim dict

193 Ivi, pag. 393.

194 T. Panduri, Como acqua de mola, op. cit., pag. 25. 195 A. Acinelli (a cura di), I comuni, op. cit., pag. 47.

Figura 23 Pieve di Calci

Valle Buia nunc vero Vallis Gratiosa”. 196

La Certosa in breve tempo divenne il monastero più importante della zona, crebbe in prestigio, ricchezza e grandezza, accumulando velocemente un immenso patrimonio immobiliare dislocato in diverse aree del territorio pisano, e la sua presenza influenzò notevolmente la vita della piccola comunità di Calci. Essa fu oggetto anche di molte donazioni e lasciti che avevano lo scopo di ampliarne ed arricchirne la struttura. Furono molti anche personaggi importanti e i Santi, che la visitarono e vi soggiornarono.

Il Monastero era un vero e proprio cantiere di lavoro, con il molino, il frantoio, il frullino, la falegnameria, i fabbri ferrai, la cantina vinaria, la farmacia, l’agricoltura e l’edilizia. Tanta attività si svolgeva anche all’esterno delle mura del convento, con bonifiche di terre incolte e palustri e messa a coltura di queste.

“La manodopera impegnata, ne faceva il più grande datore di lavoro della zona. In questo modo la Certosa, non solo fu un fattore primario dell’economia calcesana, ma inquadrata nel più vasto campo economico dello Stato granducale, ebbe aspetti di rilevante entità se si pensa alle grandi opere straordinarie intraprese dai Certosini, quali la bonifica del padule di Bientina o l’arginamento dell’Arno”.197 La Certosa assunse anche una notevole importanza politica, in particolare dopo

l'annessione ad essa dell'antico monastero benedettino dell'isola di Gorgona, avvenuta nel 1425.

Sin dal XVII secolo furono apportati ampliamenti e modifiche; nel 1606 venne costruita una nuova foresteria ed un secondo chiostro,198 nel 1636 fu effettuato un radicale rinnovamento con la ricostruzione delle celle “…l'opera colossale, con le sue 68 arcate, posanti su 56 colonne intere e 24 mezze, sostenute da un basamento continuo, tutto fu realizzato con marmi di Carrara, trasportati, via acqua fino a Caprona”.199 Nel 1672 fu aperto il nuovo ingresso.

Nel XVIII secolo Padre Maggi, priore della Certosa dal 1764, provvide all'ampliamento ed al miglioramento di tutti gli elementi costitutivi dell'imponente