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Il sistema fiscale in ToscanaIl sistema fiscale in Toscana

Un’altra ipotesi è che il luogo era anticamente chiamato San Cassiano ed il

7. Elaborazione dei dati Elaborazione dei dati Elaborazione dei dati Elaborazione dei dat

7.1 Uso del suolo

“L’agricoltura crea un equilibrio tra la natura selvaggia e i bisogni sociali dell’uomo. Restituisce alla terra ciò che l’uomo le sottrae; il campo arato, il frutteto potato, il vigneto, gli ortaggi, i cereali e i fiori sono tutti esempi di finalità disciplinata, di ordinata crescita e di bella forma. […] Si aggiunga che nell’agricoltura la continuità dell’occupazione apporta una serie di miglioramenti del paesaggio e un suo migliore adattamento alle necessità umane”.414

Tra l’inizio e la fine del periodo considerato la destinazione agricola del Monte Pisano ebbe fasi diverse, ma tutto sommato, la coltivazione dell’olivo e della vite, mantennero inalterato il carattere di colture dominanti.

Occorre tener presente che i dati relativi all’utilizzazione del suolo, si inquadrano in un periodo compreso in una più ampia fase di espansione caratterizzata dall’aumento della popolazione che ha richiesto un aumento della produzione. E’ praticamente totale la presenza di colture arboree: olivi, viti, ciliegi, castagni ecc…

Le descrizioni del paesaggio sono varie e spesso anche le stesse denominazioni sono molteplici ed intercambiabili, ma i loro significati univoci.

Le destinazioni colturali sono principalmente le seguenti: 1. terre seminative arborate (vitate e olivate)

2. selve

3. boschi e prati

4. altro (pini, gelsi, ciliegi…) Il castagno

Per la situazione geografica della zona, caratterizzata da pendii rocciosi e limitate aree da poter dedicare alla coltivazione dei cereali, la principale fonte di alimentazione per la popolazione locale era la farina di castagne.

Essa divenne, in questo periodo, un genere di largo consumo necessaria alla popolazione del Monte Pisano, in fase di crescita e sviluppo.

Inoltre, con un’accurata lavorazione del castagno, venivano costruiti cesti di differenti forme, utilizzati nelle epoche passate per il trasporto di vari prodotti e che sono tipici del Monte Pisano, in particolare di Buti.

Le autorità civili emanarono leggi e decreti volti alla tutela ed alla conservazione della pianta del castagno e cercarono di incrementarne la coltivazione.

“De’ castagni coltivati nel Monte Pisano molti sono domestici, detti altrimenti Marroni che sono migliori per mangiare; tuttavia si coltivano anche i Salvatici perché producono maggiore quantità di frutti e di rado falliscono. Il nome di salvatico significa non castagno che nasca da per se senza bisogno di coltura, ma

castagno non

innestato a Marrone e che produce il frutto meno dolce e più piccolo che il Marrone, giacché i marroni non vengano se non per via di nesto.

I castagni Salvatici, in tutta la Toscana si coltivano apposta, perché si caricano di frutti e senza coltura

non nascono

appunto perché non sono piante indigene. Benché i castagni provino bene in questi monti, quanto i pini salvatici, nientemeno non sono, a mio giudizio, indegni ed originari, ma vi sono stati piantati dagli uomini in luogo de pini per ricavarne maggior frutto”.415

Le principali forme di governo praticate nei boschi di castagno, sono il ceduo e il castagneto da frutto.

Nel ceduo sono presenti più fusti (polloni) riuniti nella cosi detta "ceppaia"; di norma questo tipo di bosco viene periodicamente utilizzato, con turni brevi (10 anni), consentendo la produzione di assortimenti legnosi.

Il tipico castagneto da frutto è costituito da grandi esemplari arborei, allevati in densità rada, in modo da ottenere un'abbondante fruttificazione.

Negli estimi analizzati emerge la differenza tra: “Terra castagnata” o “Piantonata” e “Selva”; le prime due individuano le terre in cui sono stati coltivate le piante giovani, mentre le Selve individuano le terre coltivate con castagni fruttiferi.

L’olivo

415 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit., pag. 314 Figura 49 Collina butesi con olivi, pini e gelsi.

“La Coltivazione degli ulivi e Manipolatura dell’olio, è la più importante faccenda degli abitatori del Monte Pisano e da essa ne ricavano considerabile guadagno. (Egli osserva) Nel Monte Pisano non si piantano ulivi nei campi da sementa, tra’ filari delle viti, ma si piantano fitti in forma di bosco e la distanza più regolare d’un pedale d’ulivo dall’altro, è di braccia cinque. Nel fare le coltivazioni non piantan Uovoli come nel fiorentino ma piantoni, cioè polloni bon grossi staccati dalle piante vecchie con una porzione di ceppaia e di radiche. Gli uliveti e i castagneti sono tutti quanti situati nelle pendici de’ monti, che prima erano vestite di piante”. 416 Notizie di terreni olivati sul Monte Pisano si hanno sin dal X secolo, essi infatti compaiono nominati in alcuni documenti anche medievali e, probabilmente, la coltivazione dell’olivo doveva essere sviluppata anche in epoca romana.417

L’olivo è sempre stato nell’area del Monte Pisano una delle risorse primarie e la sua coltivazione si è andata nei secoli estendendo con la riduzione a terrazzamento di ampie zone di territorio divenendo tra i maggiori luoghi di produzione del Granducato.

Le olive, giornalmente raccolte venivano portate nei terrazzamenti coperti, dei quali ciascuna fattoria o casa padronale era dotata.

Venivano poi stese nel solaio asciutto e ben ventilato per evitare che ammuffissero. Dal solaio le olive passavano al frantoio il quale era mosso ad acqua o a forza animale.

La prima operazione di frangitura era rappresentata dalla frantumazione delle olive a mezzo del “macello”, che era una macina di pietra verrucana di diametro e spessore variabili.

La macina applicata ad un asse verticale, ruotava con i due movimentino di rotazione e l’altro di rivoluzione, dentro una pila il cui fondo era anch’esso in pietra, questo per circa due ore. Ottenuta la giusta frantumazione, la pasta olearia passava dal “macello” alla pressa. La pasta pressata faceva grondare l’olio che veniva raccolto alla base.

L’olio di Calci, Buti, Vicopisano e S. Giuliano è sempre stato un olio molto pregiato per finezza, delicatezza e fragranza di gusto, la cui cura era regolamentata dalle leggi locali precedentemente analizzate.

I maggiori proprietari di terre olivate, risultano essere: Antonio di Donato da Buti, Antonio di Giovanni di Antonio, Antonio di Giuliano di Stefano, Badia di Sà Sovino, Bartolomeo di Vico di Nicholaio, Bastaiano di Menichino da Buti, Chiesa di San Micele in Castello, Chiesa di Santa Maria Apanicale, Domenico di Domenico Pardini

Francesco di Bernardo da Buti, Iacopo di Michele Acconci, Lorenzo di Bastiano di Nencio, Matteo di Daniello di Giovanni, Matteo di Parduccio Parducci, Nocco di Bartolomeo da Castello, Orsino d'Orsino di Pasquino, Pier Maria di Domenico di Carmignano, Pieve di San Giovanni di Buti, Rede di Mariano di Giovanni Pardini. Che possedevano ampi spazi di terra dedicata alla coltivazione dell’olivo, sparsa su tutto il territorio di Buti.

La vite

Anche la presenza della coltura della vite è ampiamente testimoniata dai documenti specie i contratti medievali, in cui spesso viene fatta menzione dell’ottimo vino prodotto lungo le pendici del Monte Pisano.

416 Ivi, pag. 323.

“La vite, che è di gran lunga il maggior prodotto della Toscana, se non dell'Italia, ha questi impieghi. L'uva si mangia, dal succo si fa il vino; con le potature si fanno fascinotti come i nostri di stoppie di Cambridge che vendono per due quattrini al pezzo per accendere il fuoco; infine coi semi nutrono i piccioni: dopo vendemmia li setacciano dall’uva secca e li vendono a 20 soldi lo staio.

Ci sono diverse specie d’uva, i nomi di quelle che mi ricordo sono: uva canaiola, adatta sia per il vino che per mangiare; passerina, di chicco piccolo di cui si cibano i passerotti, adatta solo per il vino; lo zibibbo viene seccato per la Quaresima; la moscatella ha un gusto come di muschio, non è adatta né da vino né da tavola, ma serve soltanto per esser messa in un gran recipiente di vino, a cui dà colore; la San Colombana e la rimaldesca son uve molto delicate , sia da vino che da tavola; la lugliola deriva il nome dal fatto che matura a luglio, ed è più adatta alla tavola che per il vino; infine la cerisina così detta perchè sa di ciliegia, è più da vino che da tavola”.418

“Intorno a San Giorgio, sino a Buti, è l’angusto piano della valle coltivato a vigne nelle quali le viti sono fittissime”.419

Anche la sua gestione di questa pianta era regolamentata dagli statuti locali. Queste tre categorie di piantagioni, hanno inoltre condizionato l’organizzazione sociale del paese, in quanto richiedevano le strutture dei mulini per poter lavorare il prodotto raccolto.

Alberi da frutto e orti

Le zone coltivate da orto e frutteto si trovavano principalmente nelle immediate vicinanze degli insediamenti abitati del Monte Pisano.

Troviamo infatti l’indicazione: “una casa con orto” ma anche: “un pezzo di terra ortata”.

“La loro accuratezza nel vangare, preparare, seminare, concimare e ripulire dalle erbacce il terreno, è tale che l’accuratezza degli Olandesi nelle loro coltivazioni non regge il confronto. Infine riguardo alla varietà dei prodotti che si ricavano, basterà raggrupparli in tre specie: frutta, erbaggi, granaglie. […] Nessuno di questi frutti dura più di due mesi eccetto l’uva, di cui una piccola quantità viene appesa al tetto del palco, per darne ai ricchi durante la Quaresima. Quanto ai più poveri, il loro cibo principale sono gli ortaggi per tutto l’anno. Nei mesi di agosto e settembre, quando matura l’uva, ne fanno festa continua, essendo l’unico cibo”.420 La denominazione di queste terre è “un pezzo di terra fruttata” o “un pezzo di terra ortata o ortiva”, anche se non sono specificati i frutti.

Talvolta compare il ciliegio che era coltivato per i suoi frutti ma anche perché il suo legno è adatto per la costruzione di mobili e lavorazioni al tornio.

Gelsi

Individua le terre su cui veniva coltivata questa pianta. Compare negli estimi come: “un gelseto”, “un pezzo di terra con gelsi” oppure, più spesso, “un pezzo di

418 R. Dallington, Descrizione dello stato del Granduca di Toscana, nell’anno di nostro Signore 1596, all’insegna del

Giglio, Firenze, 1983, pag. 53.

419 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit., pag. 319

terra gelsata”. Ilgelso bianco era utilizzato in passato, per l'allevamento del baco da seta alimentato con le foglie di quest'albero.421

Questa pianta veniva coltivata per diversi scopi: i frutti, more nere e more bianche sono commestibili; le foglie erano utilizzate in bachicoltura come alimento base per l'allevamento dei bachi da seta; come piante ornamentali e per ricavarne legname da lavoro, da ardere e per ricavarne pertiche flessibili e vimini per la fabbricazione di cesti.

Il legno, infatti, è duro e molto resistente alle alterazioni; veniva perciò impiegato per la costruzione di attrezzi che dovevano venire a contatto dell'acqua (mastelli, secchi, barili, doghe per botti) e per piccoli lavori da tornio e intarsio.

Campo

Per quanto riguarda le “terre campive”, esse erano quelle messe a coltivazione. In esse sono state considerate le terre individuate denominate: campive, aratie e lavorative.

Terra

Individua le zone che compaiono negli estimi come: “sodo” o “terre lavorative” rappresentavano le superfici dissodate, pronte per la semina.

Il bosco

Le terre “Boschive” erano coperte da alberi ad alto fusto e da taglio (bosco ceduo), mentre i terreni disboscati erano individuati con il termine “Stirpeto” cioè pieni di ceppi e alberi estirpati (nella normalizzazione, lo stirpeto viene chiamato “terra”). In questa categoria non fanno parte i pini e i castagni che sono analizzati separatamente.

Bosco ceduo

Era prevalentemente costituito dal leccio, dal frassino e dal corbezzolo.

Da esso si ricavava il carbone, che era prodotto bruciando appunto il legname proveniente da questi boschi. Questo legname era correntemente impiegato nell'edilizia, e nella realizzazione delle carpenterie dei tetti e le travature dei solai. Il bosco da taglio, chiamato tecnicamente “ceduo”, era creato col taglio degli alberi d’alto fusto a raso del terreno, lasciando ricrescere dal ceppo i germogli.

Pioppo o gaticcio

Il nome generico deriva da "arbor populi" e cioè Albero del popolo, termine usato dagli antichi romani per designare questa pianta. Probabilmente anche il termine di "Albero", usato in toscana per indicare il pioppo, ha la stessa radice.

Questo albero, comune anche in tutta Italia, è frequente lungo i corsi d’acqua, infatti lo ritroviamo sia lungo il fiume che lungo i fossi. Tradizionalmente usato molto in Toscana come sostegno delle viti, era spesso coltivato presso le case coloniche per la produzione di frasche.

421 A Pugnano è presente il padiglione della bigatteria, legato alle attività protoindustriali, in stile neogotico,

fatto costruire nel 1822 su progetto dell'architetto Alessandro Gherardesca, per ospitare un allevamento di bachi da seta.

Il legno del Pioppo nero veniva adoperato per la fabbricazione, mobili, attrezzi, lavori di tornio e ceste.

Terre pinate

Erano quelle che si caratterizzavano per la presenza del “pino marittimo”, per cui fu indetta la “Servitù dei Pini”, che garantiva, in modo perentorio, la tutela di quella pianta, impedendone ogni sfruttamento abusivo. Dal 1769 e, poi, con altre disposizioni successive, questa servitù fu abolita permettendo, dietro pagamento, l’affrancazione dei terreni coperti da pini, per potervi coltivare altri generi di piante. Il prato

Le terre prative, erano quelle adibite a pascolo. Sono individuate negli estimi come: “un pezzo di terra pratia”, “prativa” o “pratata”.

Altro

Le terre denominate “selciaie”, “grotte”, “montuose” erano invece terre inadatte a qualsiasi tipo di coltivazione, perché pieni di pietre o scoscesi e dirupati.

I dati degli estimi ci consentono di ricostruire l’estensione delle colture e individuare l’utilizzazione del suolo nelle due comunità prese in esame. Tra i secoli XVI e XVII.

Le tabelle ed i grafici mostrano la partizione della superficie agraria nei diversi tipi di coltura in base ai periodi presi in considerazione.

• Comunità di BUTI C Coollttuurree SSttiioorroo11556644 SSttiioorroo11558811 SSttiioorroo11662222 BBrraacccciiaa q quuaaddrree11881177 B Boossccoo 12867,5 8507,58 3404,25 50597 C Caammppoo 405 197,16 727,24 3763417 C Ciilliieeggii 4 1 0 0 F Frruuttttii 7 6 234,91 153029 G Geellssii 122,72 133,48 561,78 33064

156 O Olliivvii 1314,18 1503,56 3005,93 1801997 O Orrttoo 31,9 72,24 87,82 56805 P Piinnii 451 983 1485 3196968 P Piiooppppii 0 0 637 0 P Prraattoo 372,66 490 1663,5 776561 S Seellvvaa 6619,5 6791,75 19008,75 10412478 T Teerrrraa 1452,3 702,65 680,41 21647 V Viiggnnaa 748,89 781,4 2648,64 2686008 Totale 24.396,65 19.911,05 34.145,23 22.952.571 Totale mq. 12.808.485,2165 10.453.500,3605 17.926.587,2023 7.803.874,14 Totale ettari 1.280,85 1.045,35 1.792,65 780,39