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Gestione Gestione Gestione Gestione del territorio del territorio del territorio del territorio

(Val di Vico).

I calcesani chiesero successivamente ed ottennero, dal governo di Vittorio Emanuele II, la separazione dalla comunità di Pisa e la possibilità di erigersi in comune autonomo.

Lungo la strada, che conduce alla Certosa e prosegue verso il monte, si trova Montemagno, borgo di antiche origini posto a 198 metri di altezza, collocato in mezzo a uliveti e castagni. L’attuale chiesa è intitolata a santa Maria della Neve, “ma in un documento del IX secolo è rammentata una chiesa intitolata a San Gregorio”.211

Lungo le rive dello Zambra, si trova poi Castelmaggiore, antico e importante castello con borgo, che fu luogo di una dogana di frontiera con Lucca.

La frazione di Tre Colli è posta a 259 m di altitudine e chiude nella zona più a monte il nucleo abitativo di Calci.

Si distingueva per la prestanza di un castello, e costituì obiettivo ambìto di tante battaglie feudali e comunali a causa dei molti mulini azionati dalle acque dello Zambra.

Il castello, con la sua torre, fu abbattuto dai pisani nel 1288, ma la torre venne ricostruita e utilizzata come campanile, visto che, nel XIII secolo, al posto del castello venne edificato un santuario intitolato alla Madonna delle Grazie.

Superato Tre Colli, la strada si dirige verso il monte Serra, la cima più alta del Monte Pisano; verso i 300 m. di altitudine, si trova il Romitorio di San Bernardo alle Coste d’Acqua, uno dei tre romitori del Monte Pisano, nei pressi di una delle sorgenti dello Zambra: una piccola chiesetta in stile romanico con campanile a vela dell'XI secolo e con annesso edificio monastico completamente modificato. Continuando a salire, s'incontra la strada che proviene da Buti.

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Con la fine del controllo degli ultimi Medici sul Granducato di Toscana, subentrò la dinastia lorenese, che avviò un’intensa attività politica riformistica.

Fra le leggi che interessano direttamente il Monte Pisano vi sono: - Le leggi relative alle riforme delle comunità;

- La legge sulla soppressione dei conventi e luoghi pii; - L’abolizione della tassa sul macinato;

- L’unificazione di pesi e misure.

Nella Toscana lorenese (e quindi anche a Pisa), le riforme dell’ordinamento comunale furono ben quattro (datate rispettivamente al 1776,1816,1849,1853). Fino al 1776, la città di Pisa era ancora governata da istituti e da disposizioni risalenti agli inizi dell’età medicea.

Al tempo di Pietro Leopoldo, dopo quella dell’Ufficio dei Fossi del 1775, Ia prima grande riforma amministrativa importante per Pisa fu quella delle comunità, pubblicata il 17 giugno 1776.

Il regolamento, dopo aver ridisegnato la rete comunitativa dell’intera provincia, stabiliva che ogni nuova comunità era rappresentata da una magistratura formata

da gonfalonieri e priori, in numero diverso, ma tutti con voto eguale e da un consiglio generale composto da un numero variabile di membri residenti, tutti nominati per mezzo di tratta (estrazione).

Il 16 settembre 1816 venne emanato un nuovo regolamento generale comunitativo volto a limitare le autonomie locali, con un maggiore controllo del potere centrale sull’amministrazione periferica. Il Gonfaloniere non era più estratto a sorte, ma nominato dal Granduca su proposta del soprasindaco o soprintendente generale delle comunità fra i soggetti compresi nella borsa dei gonfalonieri e principalmente fra i “possidenti più distinti per buona reputazione, per moralità e zelo patrio”. l 5 priori e i 10 consiglieri continuavano invece ad essere estratti a sorte.

Con Leopoldo II, nel 1847-48, si tornò più volte a parlare di una riforma municipale che sostituisse il vecchio regolamento ferdinandeo del 1816, ampiamente criticato per il suo eccessivo accentramento. Fu nominata un'apposita commissione per lo studio della riforma comunale e nel settembre 1848 fu rimesso dal sovrano all’esame delle assemblee legislative un progetto di legge municipale: il 20 novembre 1849 la nuova legge municipale fu emanata.

Da allora ogni comune era rappresentato da un consiglio comunale e da un Gonfaloniere assistito dal collegio dei priori e aveva la libera amministrazione di tutte le proprie entrate.

Il consiglio rimaneva in carica quattro anni, il collegio dei priori, che assisteva il Gonfaloniere, doveva essere nominato dal consiglio comunale. Il Gonfaloniere, cui spettava di mettere in esecuzione le decisioni del consiglio, era nominato dal Granduca.

Nel 1853 si tornò al vecchio sistema della tratta da imborsazione. Il Gonfaloniere restava in carica quattro anni ed era di nomina granducale.212

Per quanto riguarda Buti, durante la dominazione fiorentina, esso fu un “comunello” compreso nella Podesteria e Vicariato di Vicopisano; dal momento che risiedeva il Cancelliere ed aveva proprie magistrature e convenzioni particolari, godeva però di una notevole autonomia nei confronti dell’amministrazione podestarile. Nel 1776, quando fu costituita la comunità di Vicopisano, Buti ne entrò a far parte anche se è possibile leggere tra le carte dell’Archivio di Stato di Firenze, che la comunità in questione cercò di mantenere la propria autonomia.213

Durante la dominazione francese fu soggetta alla giurisdizione della Giudicatura di pace di Vicopisano. Divenne comune autonomo con il regio decreto del 9 settembre 1867.

Calci, dapprima dipendente dal vicariato di Vicopisano, con la prima riforma del 17 giugno 1776, fu inserito tra i comuni e luoghi della comunità di Pisa, nella sua cancelleria, con l’eccezione della frazione di Montemagno annessa alla comunità e cancelleria di Vicopisano. Durante il governo francese (1808-1814), con l’istituzione del dipartimento del Mediterraneo, Calci fu compreso nel circondario della sottoprefettura di Pisa. Fu istituito come comune autonomo il 14 luglio 1866. La zona del Monte Pisano è sempre stata legata alla città di Pisa, ma le comunità che vi si trovano si sono caratterizzate sempre per una gestione piuttosto autonoma della loro popolazione e del loro territorio. Esse erano comunque soggette al controllo del potere centrale della città di Pisa e successivamente anche di Firenze.

212 R. P. Coppini- A. Tosi, Sovrani nel giardino d’Europa, op. cit., pag. 95.

Agli inizi dell’Ottocento, si afferma in Toscana la figura dell’ingegnere pubblico, che era addetto alla gestione del territorio e della città: “superata una fase di rodaggio in cui si definiscono con maggiore precisione sia la connotazione culturale e disciplinare dei nuovi funzionari, sia il loro rapporto con il potere politico, la voce tecnica si avvia a diventare una componente fondamentale nelle scelte di politica urbana”.214

Vennero ripristinate le Camere di Soprintendenza Comunitativa e gli uffici governativi per il controllo economico delle comunità, che andarono a soppiantare le precedenti istituzioni francesi. “…le comunità dal canto loro, recuperata l’autonomia dei sistemi di gestione, tornavano ad istituire alle proprie dirette dipendenze il posto di perito delle fabbriche comunitative, per i lastrici, strade, ponti e fogne della città…”.215

Accanto ai periti (che si occupavano delle strade comunitative di campagna) della magistratura pisana, operavano sullo stesso territorio gli ingegneri dell’Ufficio dei Fossi che si occupavano delle numerose e complesse risorse idriche e amministravano il sistema fiscale e le proprietà della zona.

Sin dal principato mediceo, infatti, e poi anche in epoca lorenese, il corso dell’Arno e dei suoi affluenti è stato costantemente controllato dalle due magistrature dell’Ufficio dei Capitanati di Parte Guelfa di Firenze e dell’Ufficio dei Fiumi e Fossi di Pisa.

Entrambi avevano il compito di regolamentare lo scorrimento delle acque, impedire gli straripamenti con la costruzione e manutenzione degli argini e risanare le aree paludose. I Capitanati di Parte Guelfa216 estendevano la loro competenza fino a Castelfranco di Sotto, da lì fino al mare era invece competenza dell’Ufficio Fiumi e Fossi di Pisa.

Il primo riparo dalle esondazioni dei fiumi furono gli argini degli stessi e al loro consolidamento e tutela, nei secoli, si rivolsero le attenzioni delle autorità.

Soprattutto all’inizio della stagione autunnale, era necessario preparare il deflusso delle acque tenendo puliti i fossi e rii.

In particolare, nella zona del pisano, dalla pianura ai monti, era evidente l’effettiva necessità di enti preposti alla tutela e gestione di tutte quelle risorse idriche, di cui la zona è ricca.

Le popolazioni rurali, specialmente gli agricoltori, garantivano ovunque la minuta manutenzione del capillare sistema microidraulico costituito, in pianura, dalla fittissima rete di fosse di scolo campestri e piccoli corsi d’acqua, e in collina e in montagna da coltivazione di alberi: castagni e boschi, di regola ben sistemati sul piano idrogeologico, grazie alla diffusa presenza di sistemi drenanti (fogne e acquidocci) e alle sistemazioni orizzontali (terrazzi e ciglioni) a sostegno dei terreni declivi.

Questo ufficio rimase a gestire il territorio pisano fino al giugno 1775, quando il Granduca Pietro Leopoldo ordinò che fosse soppressa la Magistratura de Fossi. L’Ufficio dei Fiumi e Fossi fu indubbiamente una leva di potere locale, soprattutto per le competenze giurisdizionali ad esso inerenti e fu quindi oggetto di vivace interesse da parte dei cittadini pisani; ma, come visto, fu anche spesso oggetto di

214 L. Nuti, Pisa progetto e città 1814-1865, Pisa, Pacini editore, 1986, pag. 5. 215 Ivi, pag. 9.

216 L’Ufficio dei Capitanati di Parte Guelfa era sorto nel 1250 per la gestione dei beni e degli interessi della parte

Guelfa. Nel 1549, Cosimo I rivoluzionò completamente le funzioni di questo Ufficio adattandolo ai lavori relativi ad acque e strade.

riforme e miglioramenti da parte del governo centrale fiorentino, sempre attento a detenerne il controllo, spesso anche diretto, vista l’importanza delle competenze a cui l’Ufficio era preposto.

Sicuramente esso era visto in modo diverso da coloro che direttamente e materialmente ne subivano l’autorità, come la forza-lavoro a cui faceva ricorso: il lavoro coatto e quasi gratuito dei contadini residenti nelle zone interessate.

“Sull’entità di questo lavoro contadino coatto mancano dati precisi: ma esso non poteva essere senza rapporto con l’impressionante ampiezza delle evasioni agli obblighi e delle disubbidienze penalmente perseguite. […] Le informazioni e gli atti civili dell’Ufficio attestano ampiamente la sorda lotta condotta non senza inevitabili compromessi contro la tenace resistenza contadina alle corvées dello Stato”.217 Inoltre, sempre a questo ufficio, era demandato il compito di accordare l’autorizzazione al taglio di legnami posti lungo le pendici del Monte Pisano; “le piante sono di giurisdizione privativa, e riservata dell’Ufizio de’ fossi di Pisa, assegnateli dal Granduca Ferdinando I per il mantenimento delle Fonti di Pisa ne si possono tagliare senza la licenza dell’Ufizio. Per intendere quanto moltiplicati siano da poco tempo in qua gli Uliveti nel Monte Pisano, serva il sapere che oggigiorno l’Ufizio de’ Fossi difficilmente accorda la licenza di tagliar piante per piantare ulivi, sul timore, che possano mancare i pini per i lavori necessarij all’Ufizio ed all’arsenale”.218

“Vi era in Pisa l’Uffzio detto dei Fossi e coltivazioni, composto di un magistrato di cinque persone, un cancelliere, un sotto cancelliere, ministri di cancelleria, un assessore e ministri criminali, di un provveditore, un sotto provveditore, un cassiere, computisti, scrivani, ingegneri, guardie, caporali di argini in tutte le comunità. Questo dipartimento aveva, ma in un grado superiore, tutti i difetti medesimi che aveva il magistrate dei Nove in Firenze, con di più che il magistrato era sempre composto di gente inetta, che non faceva nulla, che i provveditori erano sempre persone forestiere ed inette, affinché si facesse tutto dal cancelliere ed ingegneri, i quali non vi è sorta di mangeria che non facessero, anche autorizzati dal sistema. La direzione dei lastrici e fogne della città era di privativa dell’uffizio, come anche la pulizia delle strade che dall’uffizio si dava in appalto. Il mantenimento delle fonti era di sua privativa, quello delle strade comunitative, traverse e fino i strabelli. I lavori da farsi agli argini e fiumi erano di privativa dell’uffizio unitamente agli argini stessi, come anche tutti i fossi, e nessuno poteva ripulirli né tagliar erbe senza licenza dell’uffizio, il che fu abolito con editto del 28 ottobre 1767, essendo stato montato quest’uffizio sopra un nuovo piede. Vi era la servitù dei pini a favore dell’uffizio. Tutte le macchie di pini appartenevano al medesimo e dovunque nascessero o il vento gli trasportasse, diventavano proprietà dell’uffizio anche in terreni di particolari. Questa servitù fu abolita con editto del 3 marzo 1769. Tutti i terreni lungo le strade o dentro gli argini erano di proprietà dell’Uffizio, che gli dava in affitto per un anno o due”.219

217 AA.VV. Livorno e Pisa, op. cit., pag. 46.

218 G. Targioni Tozzetti, Relazioni, op. cit. pag. 323.

219 A. Salvestrini (a cura di), Pietro Leopoldo, Relazione, op. cit. pag. 70. ASPi, Fiumi e fossi 7 bandi dal 1574 al 1649,

n. 57 c. 42r. - 42v. (Appendice pag. 6), n. 149 c. 101v. (Appendice pag. 8), n. 184 c. 121r. (Appendice pag. 9), n. 193 c. 126v. (Appendice pag. 9), n. 450 c. sparse (Appendice pag. 35), n. 454 c. 17 v. (Appendice pag. 35), n. 450 c. sparse (Appendice pp. 35-40), Notificazione (Appendice pag. 41), ASFi, Inserto di rapporti degli ingegneri ispettori e sotto ispettori 1839 sulle strade regie c. sparse (Appendice pag. 50) e ASPi, Piante de terreni posti nel comune di Calci nei quali sono stati trovati pini salvatici in quest’anno 1776 n. 457 c. sparse, (Appendice pag. 31).

Già dagli anni della prima sottomissione fiorentina, il contado pisano era suddiviso in numerosissime “potesterie”, che non erano sotto la giurisdizione della città; tutte queste “potesterie” subirono nel tempo una drastica riduzione numerica; già al momento della visita di Pompeo Neri (1740) il Contado pisano era suddiviso in soli sette governi.

Dunque, durante il dominio fiorentino, il contado pisano ebbe un ordinamento amministrativo razionale e sistematico, migliore di quello precedente.

Si verificò una stretta relazione non tanto tra Firenze e Pisa con il suo contado, quanto tra Firenze e le singole comunità di esso.220 Ne è testimonianza anche la

rapida fioritura di statuti locali, che lo stato centrale promosse: “negli stessi capitoli di sottomissione ne erano state poste le premesse, mediante il riconoscimento generale a tutte le comunità del diritto di redigere propri statuta et ordinamenta, e, una volta ottenutane l’approvazione a Firenze, reggersi secondo questi”.221

La compilazione ed il moltiplicarsi di statuti locali che, nel loro grande numero e diversità, inducono a considerare un più ampio frazionamento, costituirono però un primo passo per l’unificazione civile delle varie comunità.222

Gli statuti rappresentano dunque un’importante fonte documentale per questo periodo storico.

Dopo la sottomissione a Firenze, oltre alle poche comunità come Buti e Calci, che già sotto la dominazione pisana godevano di tale privilegio,223 molte altre presentarono alla signoria fiorentina i propri statuti perchè fossero approvati.

L’evoluzione sociale, ma anche gli interventi governativi, indussero ad apportare miglioramenti in funzione di una maggiore efficienza.

Essendo l'agricoltura l’attività economica preminente, le vaste proprietà terriere si consolidarono; le ville nelle campagne esibivano la potenza del loro proprietari con architetture sontuose, parchi lussuosi e fastose decorazioni. Attorno ad esse si svilupparono nuclei abitati ed urbanistici, insieme a cappelle, scuderie, cantine, frantoi e fattorie, che costituiscono tutt’oggi una documentazione architettonica ed urbanistica di notevole rilevanza.

“Nella maggior parte dei casi il tempo, la naturale evoluzione sociale, più che le provvidenze governative hanno indotto ad apportare miglioramenti e assestamenti urbanistici, dipendenti prevalentemente da motivi d'ordine funzionale. Si tratta di opere di consolidamento, rettificazione, di strade, di acquedotti, di piazze che pratiche esigenze e la comune convivenza imponevano”.224

In questo periodo si assistette anche ad un incremento dell'architettura religiosa: chiese, monasteri, oratori e certose tornarono ad arricchire i borghi e le campagne in diretto rapporto con una ripresa delle concezioni mistiche ed ascetiche rimesse in auge dalla controriforma.

220 ASFi, Capitoli della Repubblica, n. 58. In cui è notevole il numero delle capitolazioni strette tra il 1405-1406 tra

Firenze e le comunità del contado pisano.

221 AA.VV. Ricerche di storia moderna, op. cit., pag. 6. 222 G. Caciagli, Pisa, op. cit., pag. 209.

223 F. Bonaini (a cura di), Statuti inediti della Città di Pisa, op. cit., pag. 110. 224 G. Caciagli, Pisa, op. cit., pag. 229.