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Il catasto geometrico particellare Il catasto geometrico particellare Il catasto geometrico particellare Il catasto geometrico particellare

Il sistema fiscale in ToscanaIl sistema fiscale in Toscana

4.2 Il catasto geometrico particellare Il catasto geometrico particellare Il catasto geometrico particellare Il catasto geometrico particellare

4.2

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4.2 Il catasto geometrico particellareIl catasto geometrico particellareIl catasto geometrico particellareIl catasto geometrico particellare

I catasti ottocenteschi rappresentarono una vera rivoluzione cartografica nella Toscana preunitaria. Per le loro caratteristiche geometrico-particellari di estrema precisione costituiscono, ancora oggi, uno strumento fondamentale per lo studio e la descrizione dell'assetto territoriale della Toscana prima delle grandi trasformazioni, avvenute a partire dalla fine del XIX secolo.

L’idea di catasto, per come lo concepiamo oggi, si accompagna a principi di eguaglianza tributaria; ma non è sempre stato così. Esso poteva anche indicare diversi tipi di contribuzione: “imposte che toccavano contemporaneamente la proprietà fondiaria (urbana e rurale) e la forma mobiliare, o anche le persone per il semplice fatto di esistere, come il catasto fiorentino del 1427…”.269

Elementi di modernità, quali il metodo di rilevazione dei dati (le informazioni dovevano essere rilevate e classificate in base a disposizioni impartite dal governo centrale e quindi erano valide per tutto il territorio preso in esame) e le nuove procedure tecniche (l’applicazione del metodo geometrico-particellare, grazie a cui la misura e descrizione dei beni era accompagnata da una rappresentazione geometrica mediante mappe), furono le principali caratteristiche che contraddistinsero la formazione del catasto all’inizio del 1700.270

269 G. Biagioli, L’agricoltura e la popolazione in Toscana, op. cit., pag. 4.

270 Il ‘700 è stato il secolo dei catasti, perché proprio in tale periodo tutta l’Italia era accesa di dibattiti

sull’opportunità della loro introduzione e sulle modalità esecutive. Lorenzi Riccardo, Semproni Mario Paolo (a cura di), La tutela del paesaggio tra economia e storia, convegno di studi Pisa 25-26 febbraio 2005. Pisa, La pieve poligrafica srl, 2006, pag. 205.

Il Catasto dimostra di essere stato, oltre che uno strumento di tipo fiscale, anche uno strumento di affermazione del diritto borghese sulla nobiltà e sul clero, attraverso la definizione delle entità delle esazioni e l’abolizione delle esenzioni e dei privilegi di quei ceti sociali.

Queste nuove tecniche permisero una omogeneizzazione tributaria maggiore rispetto a quella consentita dai catasti descrittivi.

Se in Toscana tentativi di riforma dell’estimo di questo tipo furono compiuti dopo l’ascesa al potere della dinastia lorenese, il rifacimento del catasto fu comunque un’operazione lunga, che si trascinò con fasi alterne durante quasi tutto il regno di Pietro Leopoldo.

Egli, nel 1769, commissionò a diversi funzionari, tra i quali Pagnini e Nelli, un piano di riforma catastale.

Non vi fu però, in quell’occasione, un’uniformità di vedute: Nelli dava la preferenza ad un catasto di tipo geometrico-particellare (come quello sperimentato a Milano); Pagnini, invece, continuava a confidare nel vecchio sistema delle portate dei proprietari, poiché l’altro tipo di catasto comportava ingenti spese.

“L’interesse che si dimostrava proprio in questi anni allo stato dei catasti era dovuto alla volontà di collegare una riforma tributaria alla prevista riforma comunitativa”271, la quale però, fu varata a partire dal 1772 senza esser

accompagnata dal piano del nuovo catasto.

Gli unici interventi in questa prima fase, furono dunque quelli che portarono ad una semplificazione ed unificazione di alcune forme tributarie.

Nel 1778, però, il Granduca nominò una nuova Commissione per il rifacimento degli estimi, nella quale prevalsero le tesi di un nuovo catasto realizzato con criteri di uniformità in tutto il territorio e sotto il diretto controllo del governo centrale: “il sistema doveva essere quello geometrico, con compilazione di mappe di eguale scala per tutta la comunità Toscana”272; per una stima equa e onesta, venne proposta, anziché le portate dei possessori, la verifica effettiva da parte di funzionari alle dirette dipendente del governo centrale.

Gli stimatori avrebbero dovuto calcolare la rendita dell’appezzamento, a seconda della coltura e della produttività.

L’esecuzione dell’estimo generale iniziò nel 1780; fu esclusa da questa operazione il territorio pisano, poiché i suoi estimi (del 1622) non furono contestati. Con la nuova Deputazione, eletta nel luglio del 1782, i lavori di estimo, ordinati dalla commissione del 1778, furono però sospesi.273

Con l’avvento dei francesi al governo della regione, fu poi ripresa la stesura del catasto: “in Francia, già nel 1790 si era riconfermata in sede legislativa la volontà di compiere un nuovo estimo generale...”274; ma solo nel 1802 ne fu iniziata la parziale esecuzione in alcune comunità. Tra il 1807 ed il 1808 furono promulgate le leggi che stabilivano l’organizzazione di questa impresa, i metodi di stima e la copertura finanziaria.

Andreini, funzionario del governo francese, stese una relazione di carattere tecnico sul metodo delle operazioni sia di misura, sia di stima e, per far questo, prese a modello l’estimo pisano del 1622, ritenuto il migliore.

271 Ivi, pag. 9.

272 Ibidem.

273 Della nuova commissione facevano parte Serristori come presidente, Mormorai, Neri e Pagnini, i quali

facevano parte anche della prima commissione e che cercarono di portare avanti il progetto del nuovo estimo ed infine Gianni che invece si oppose in tutti i modi a questo progetto e che riuscì a farlo sospendere.

Egli divideva i vari tipi di estimi compilati in due categorie: la prima era quella degli estimi descrittivi, basati essenzialmente sulle denunce (le portate) dei possessori senza diretta misurazione del terreno; la seconda quella degli estimi eseguiti tramite misura e stima perimetrale, di cui l’estimo pisano rappresentava il principale esempio.

“Ma al momento di passare alla fase esecutiva dei lavori, sorsero difficoltà impreviste. La semplice applicazione dei modi decisi dalla Francia si rivelò impossibile a causa delle difficoltà nella divisione amministrativa del paese”.275 Al momento della caduta dell’Impero, le operazioni di misura erano state intraprese in circa 40 comunità su un totale di circa 245; i procedimenti tecnici seguiti sono poco noti, “sembra che la rilevazione topografica fosse generalmente poco accurata, salvo che in alcune comunità del pisano, ove operò personale di maggiore talento”.276 Il personale impiegato nelle operazioni di misura si componeva di tre ingegneri verificatori, con geometri e misuratori che li aiutavano. I lavori eseguiti nel periodo napoleonico fornirono comunque lo schema di impianto del catasto ripreso dopo la Restaurazione sotto Ferdinando III. Insieme ad esso fu iniziato anche tutto il lavoro materiale, come le mappe già eseguite a seguito delle disposizioni volute da Parigi: “la misurazione ex-novo di quasi 200.000 ettari di superficie, completa di mappe e registri di possessori per 24 comunità…”,277 a cui furono apportate solo alcune correzioni, come i nomi dei possessori e il frazionamento delle particelle.

I tre consiglieri di Ferdinando III, Fossombroni, Neri Corsini e Frullani, presentarono al Granduca, il 6 ottobre 1817, la prima stesura del Motuproprio, che avrebbe sancito la formazione del nuovo catasto. Una volta scelti i membri della Deputazione, che comprendeva tutte personalità di cultura, fu fatta la prima riunione l’8 gennaio 1818, a cui ne seguirono molte altre, in cui fu raccolta tutta la documentazione necessaria.

Il parallelo sviluppo delle tecniche geometriche e degli strumenti disponibili trasformò sempre più gli ingegneri da artisti e pittori di una realtà spesso abbellita dal loro libero estro, in tecnici specializzati preoccupati soltanto di ottenere una fedele ed oggettiva rappresentazione, con esatti calcoli numerici.

Vennero quindi definiti i criteri per la stima e la misurazione dei terreni. Per quanto riguarda la misurazione, essa doveva essere di tipo geometrico-particellare, eseguita con gli stessi criteri di mappe, scale e documenti di corredo, come già previsto dai francesi. L’unità di misura sarebbe stata il braccio fiorentino e le operazioni furono affidate a Giovanni Inghirami con l’aiuto di tre ispettori che eseguivano direttamente i rilievi con il metodo trigonometrico e della triangolazione.278

“L’opera di misura non fu facile […] il Granducato non aveva mappe moderne delle comunità, o di tutto il territorio, che servissero di base sicura per il catasto. Gli

275 Ivi, pag. 19.

276 Ivi, pag. 23. 277 Ivi, pag. 33.

278 R. P. Coppini – A. Tosi, Sovrani nel giardino d’Europa, op. cit., pag. 54: “Le operazioni di misura del catasto

avevano al vertice l’appoggio dell’astronomo Giovanni Inghirami , che compì la triangolazione di primo grado del Granducato. I triangoli della sua rete geodetica primaria servirono da basi per le triangolazioni di secondo grado, destinate a coprire la superficie delle singole comunità. In questo campo, il catasto toscano fu più avanzato di altri precedenti contemporanei, mancanti in assoluto di una triangolazione di primo grado”.

estimi compiuti in periodo Leopoldino, oltre che compilati con criteri discordanti, mancavano anche del sostegno di buone carte geografiche del Granducato”.279

Le operazioni di misura si svolsero comunque dal 1819 al 1825, furono corrette le mappe francesi e fatte le nuove misurazioni. Nel frattempo i geometri compilavano sul terreno la misura reale di ogni appezzamento e di ogni sezione, in cui ciascuna comunità (in tutto 242) era stata divisa; i risultati venivano poi trasferiti sia su mappe, sia su Quaderni indicativi delle proprietà e qualità del suolo, le une e gli altri classificati sezione per sezione.

Tutti questi dati furono utilizzati per la costruzione di una carta geografica generale del Granducato, ultimata nel 1829 su scala 1:200.000.280

Per quanto riguarda le operazione e i criteri di stima, la situazione era più delicata, vennero abbandonati i criteri precedenti ritenuti “…vaghi e indeterminanti…” in quanto riguardavano la capacità produttiva del suolo “…non somministrano alcun dato preciso, su cui possa un calcolo qualunque appoggiarsi…”; perciò il calcolo di stima fu eseguito “…sull’effettiva rendita di ciascun fondo considerato nello stato di coltura, in cui trovasi di presente”.281

Le stime furono eseguite dai periti con l’aiuto degli impiegati dell’ufficio del catasto e non particella per particella, ma riunendo più particelle contigue dello stesso proprietario in “masse di coltura”.

Vennero poi definite le categorie di utilizzazione del suolo; i Giornali di campagna affidati ai periti, dovevano riportare, dopo le indicazioni di riferimento al numero progressivo della particella ed alla sua misura, ripresa dal Quaderno indicativo del geometra, la specie di produzione di esso: sodo, boschereccio, prato, lavorativo, seminativo, vitato, pioppato, ulivato, ecc… .

Una volta stabilito come classificare le varie particelle, si passava ad indicare i criteri per la determinazione del loro reddito, che derivava dal valore dei suoi prodotti calcolato in base ai prezzi minimi, detratte le spese di coltivazione e di mantenimento delle stesse.

Per valutare meglio le stime, fra il 1819 ed il 1823 fu eseguita un’inchiesta agraria tramite una circolare inviata a tutti i gonfalonieri per conoscere i prodotti principali del suolo, i loro prezzi e gli usi agrari; le notizie sarebbero state di aiuto agli stimatori nel loro lavoro.

Essi, dopo il sopralluogo eseguito in presenza dei proprietari, stendevano i Rapporti di stima, in cui illustravano le caratteristiche del suolo della comunità loro assegnata.

I Giornali di campagna, compilati fra il 1820 ed il 1830 dai 78 periti, furono consegnati alla Deputazione insieme ai Rapporti di stima ed al Campione per i calcoli di stima scritto dai periti per ognuna delle comunità analizzate, in cui venivano riassunti i criteri che essi avevano seguito nelle loro operazioni.

Tali Calcoli vennero tradotti nei volumi delle Tavole di stima, le quali vennero inviate alle Magistrature comunitative.

Dall’operazione emergeva la divisione del territorio toscano fra varie colture e la rendita complessiva di ciascuna di esse; questi dati permettevano una forma di controllo più rigoroso del territorio.

Nonostante le rigide regole sui criteri di stima, vi furono, però, in alcuni casi polemiche sulle valutazioni effettuate.

279 G. Biagioli, L’agricoltura e la popolazione in Toscana, op. cit., pag. 50. 280 Ivi, pag. 53.

I documenti del catasto toscano sono in generale divisibili in due gruppi. Del primo fanno parte gli atti preparatori, che comprendono le mappe e i quaderni indicativi dei geometri per quanto riguarda la misura, più i vari documenti elaborati per la stima: rapporti, giornali, campioni e tavole di stima.

“Ciascuna comunità ricevette la mappa delle sue varie sezioni ed il quadro d’insieme, una copia di queste fu fornita anche alle varie Deputazioni di fiumi e fossi (ASPi Fiumi e Fossi, inv. 18). I risultati finali del restante materiale preparatorio furono riassunti nei Campioni delle comunità, nelle Tavole indicative dei proprietari e nei Repertori alfabetici degli stessi”.282

Campioni, Tavole e Repertori, che rappresentano il secondo gruppo, furono pronti al momento dell’attivazione del catasto nel 1832 e servirono, per oltre un secolo, ad ognuna delle cancellerie comunitative per la ripartizione dell’imposta fondiaria. Per lo studio e l’analisi del territorio di Buti e Calci tra il 1700 ed il 1800 ho utilizzato i dati estratti dalle Tavole indicative dei proprietari di queste due comunità.

Tali Tavole sono una per ogni comunità; vi figurano le sezioni catastali disposte in ordine alfabetico; esse descrivono le particelle di ogni sezione, che vi compaiono in ordine progressivo e servono a collegare tali particelle e le mappe al Campione in cui sono censiti i proprietari.

Nelle Tavole indicative ogni particella è classificata secondo diverse informazioni: numero che essa ha sulla mappa, articolo di stima di cui fa parte, pagina del Campione in cui compare. Segue poi il nome di chi la possiede, il tipo di proprietà, con l’eventuale indicazione della coltura e l’estensione in braccia quadre.

I registri di Campioni delle comunità comprendono, in ordine alfabetico, i nomi dei proprietari; essi forniscono le medesime informazioni delle Tavole indicative (proprietario, lettera della sezione catastale, numero di appezzamento di stima, destinazione colturale, misura) ed in più riportano la “rendita da imporsi” espressa in lire e fiorini.

Tutta questa documentazione offre una ricchezza di materiale d’analisi, che dà l’opportunità di indagare la storia di un territorio. Le informazioni riportate ci danno un quadro della ripartizione ed utilizzazione del suolo al momento della rilevazione catastale. I dati sulla struttura agraria sono integrabili con quelli derivanti dalle mappe correlate.

Tramite la compilazione di una banca dati è possibile indagare sull’uso del suolo e del territorio nel tempo e quindi fare una ricostruzione della zona presa in esame, mettendo in pratica una visione dinamica della realtà locale.

In particolare ho trascritto i dati presenti nella tavola indicativa dei proprietari, che mi forniva le informazioni che mi servivano:

Calci: tavola indicativa dei proprietari n. 543 del 1817 Buti: tavola indicativa dei proprietari n. 1067 del 1817. Entrambe sono conservate nell’Archivio di Stato di Pisa.

Il progetto CA.STO.RE., che ho utilizzato nella mia ricerca, fu promosso dalla Regione Toscana e fu realizzato, in collaborazione con gli Archivi di Stato toscani, nel luglio 2004. Esso riguarda la riproduzione digitale delle mappe catastali ottocentesche (oltre 12000), conservate negli Archivi della regione, che sono state

anche schedate.

282 Ivi, pag. 75.

La possibilità di poter consultare questi documenti su internet permette l’uso e la diffusione di un patrimonio di grande interesse e valore storico.

Nelle mappe sono rappresentati i limiti delle particelle catastali in inchiostro nero o rosso, i confini con gli altri fogli e le Sezioni confinanti sono in verde e rosso, mentre il disegno dell'idrografia è eseguito in azzurro, la viabilità con un doppio tratto nero riempito in marrone chiaro sfumato e gli insediamenti in rosso. In verde sono gli appezzamenti destinati ad orto.

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