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I documentari di propaganda della DC e del PC

VI.1 Le campagne elettoral

Le sezioni cinematografiche della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano realizzano documentari di propaganda in maniera costante dal 1948 al 1964. Tuttavia, la produzione aumenta sensibilmente in occasione delle campagne elettorali. Nel 1948, nel 1953, nel 1958 e nel 1963, anni delle elezioni politiche, ma anche in occasione delle competizioni elettorali per le amministrative, gli uffici cinematografici di propaganda producono diversi filmati, per combattere l’astensionismo, per convincere gli indecisi, per iniettare fiducia nei propri militanti, o semplicemente per spiegare come si vota. Non diversamente dagli altri materiali di propaganda, i documentari mirano a trasmettere con forza i messaggi dei partiti che li commissionano, aggiungendo un quid in più: la forza delle immagini, che nasce dal loro realismo o dall’impatto emotivo che generano negli spettatori. Nei documentari della propaganda elettorale compaiono i leader di partito o testimonial di successo, che si rivolgono direttamente agli elettori. Oppure, accompagnate da un commento parlato, sono le immagini a parlare, quelle belle, relative alle opere compiute per il Paese, o quelle brutte, che denunciano quanto in Italia non va. Realismo, fiction, denuncia e satira s’intrecciano in racconti diversi, tutti però accomunati dall’obiettivo di conquistare l’elettorato e di sottrarre quanti più voti possibile all’avversario.

Le elezioni del 1948, oltre che per l’essere state le prime politiche dell’Italia del dopoguerra, sono ricordate per la particolare forza dello scontro tra le parti. I principali partiti che si danno battaglia, la DC da una parte e il PCI ed il PSI, riuniti nel Fronte Popolare, dall’altra, impostano lo scontro su toni apocalittici e radicali, che nascono da una visione della realtà manichea. Ciascuno di loro, infatti, sa che la posta in gioco è alta: dall’esito del voto dipende il futuro dell’Italia, in quella fase ancora in bilico tra i due poli della guerra fredda in atto, USA ed URSS, di cui i due partiti sono gli emissari. I cattolici temono che con la vittoria dei comunisti il Paese passi nell’orbita di controllo sovietica e che l’assetto politico della giovane repubblica italiana si conformi al modello socialista. Viceversa, il Fronte sa che una vittoria dei democristiani significherebbe portare a compimento il processo, già iniziato, di posizionamento dell’Italia nella sfera di controllo americana, che si tradurrebbe per le sinistre in una loro totale estromissione dal governo del Paese. Un ruolo decisivo nella campagna elettorale è svolto dalla Chiesa, seriamente preoccupata di una possibile conquista del potere da parte dei comunisti, atei per ideologia. Le associazioni cattoliche scendono in prima linea per fare propaganda in favore della DC. Ma il ruolo principale è svolto dai Comitati Civici, il «braccio armato» della Chiesa nella campagna elettorale, che conducono una propaganda aggressiva e d’impatto. I loro messaggi fanno appello alle emozioni, la paura in particolare, quella dei pericolosi «rossi». Buona parte della campagna elettorale cattolica è impostata sull’emotività, come testimonia l’utilizzo della stessa religione per gli scopi della propaganda. L’esempio forse più celebre è quello della Madonna pellegrina, ovvero la statua della Vergine mandata in giro per l’Italia nel 1948 a fare

proseliti. La tradizione di questa Madonna che va dai suoi fedeli nasce in Francia, ma è esportata in Italia nel 1947 ed è qui che raggiunge il suo più grande successo. Diverse riproduzioni della statua girano per il Paese, col loro carico simbolico pregnante, favorito da un’attenzione particolare riposta nella cura degli aspetti scenografici della processione. La Madonna ha successo, raccoglie enormi schiere di fedeli e, si scopre, rappresenta un ottimo viatico per penetrare anche settori sociali generalmente più ostili alla religione, come i gruppi di militanti di sinistra. Il suo carico di dolcezza e fiducia materne fa breccia tra tanti che, nella fase difficile del dopoguerra, vivono di sofferenze e privazioni1. Facile immaginare, allora, come la Vergine sia messa al servizio anche della propaganda politica del ‘48. La sua effigie diviene baluardo nella lotta dei cattolici contro i «nemici di Dio». Della Madonna pellegrina si afferma così l’immagine di «una mamma politicamente schierata ma pronta all’accoglienza e al perdono, che in un paesaggio segnato da lutti e rovine andava alla ricerca dei figli perduti»2. In favore della Democrazia Cristiana sono impiegati non solo i simboli ed i riti della religione cattolica, ma gli stessi uomini di Chiesa. In molte città sono inviati a svolgere comizi per far votare la DC alcuni religiosi in borghese. Insomma, il voto, lungi dall’essere una mera scelta di campo politico, grazie al ruolo della Chiesa si traduce in una scelta pro o contro Cristo. Abile regista di questa massiccia campagna è Papa Pio XII, uomo illuminato e lungimirante. È lui che dà mandato a Luigi Gedda di costituire i Comitati Civici, che si informa e dà consigli sulle iniziative e gli strumenti di propaganda da utilizzare, che procura fondi per la campagna elettorale. È ancora Pio XII che suggerisce di ricorrere ad un testimonial d’eccezione da candidare nelle liste DC, il ciclista Gino Bartali, personaggio estremamente popolare e noto, oltre che per i suoi successi agonistici, per il forte spirito religioso, che gli aveva fatto guadagnare il soprannome di

«pedale di Dio»3. Il Pontefice non solo delega gli altri, ma interviene in prima persona

durante la campagna elettorale, con proclami ed esortazioni rivolti ai fedeli, affinché si schierino senza remore dalla parte dei cattolici nella battaglia di civiltà rappresentata dal voto. La campagna elettorale è massiccia, con lo schieramento di numerosi attivisti da ambo i fronti e l’impiego di abbondanti e diversificati materiali di propaganda. Anche il cinema è chiamato a fare la propria parte. In questo settore sono i Comitati Civici a distinguersi per l’impegno più di ogni altro, con la realizzazione di alcuni filmati

significativi. Strategia della menzogna (1948)4, realizzato quasi interamente con

immagini di repertorio, mette sotto accusa il Fronte Popolare attraverso il racconto di eventi tragici di cui il comunismo si è reso protagonista in Italia e nel mondo. Il filmato, così, presenta i tratti ricorrenti che contraddistinguono la comunicazione dei Comitati Civici, ovvero un anti-comunismo feroce e il far leva sulla paura. Nelle immagini scorrono le vicende della Spagna e della Jugoslavia, poi gli orrori della seconda guerra

1

Anna Bravo, La Madonna pellegrina, in Mario Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria. Simboli e miti

dell’Italia Unita, Roma-Bari, Editori Laterza, 1996, pp. 527-532.

Spiega, infatti, l’autrice del saggio: «Non è difficile immaginare quale presa potesse avere la cerimonia nell’Italia di quegli anni, ampiamente rurale, poco alfabetizzata, ancora dolorante per la guerra. Facendo leva sulla maternità e sui simboli di amore e dolore, protezione e indulgenza che le sono incorporati, Maria veniva presentata come la sola, potentissima intermediatrice offerta il mondo per riavvicinarsi a Dio: un messaggio nuovo non nella sostanza, ma nella diffusione capillare, nel carattere prolungato e corale, nel grande rilievo pubblico del viaggio, che spesso vedeva partecipare sindaci e amministratori e veniva immortalato con epigrafi sulle facciate dei municipi. Trasformata da ricorrenza a evento, la manifestazione si costituiva in una trama continua di riti che chiamava interi territori a mobilitarsi in difesa della famiglia e della fede.» Ivi, p. 529.

2

Ivi, p. 530.

3

Edoardo Novelli, La turbopolitica. Sessant’anni di comunicazione politica e di scena pubblica in Italia: 1945-2005, Bergamo, BUR, 2006, p. 25.

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mondiale, cui si alternano le rappresentazioni positive degli aiuti del Piano Marshall. Ancora, si vedono incidenti durante alcune manifestazioni politiche, in Italia e all’estero, e frammenti di comizi politici di Nenni, Togliatti e Di Vittorio, a testimoniare le azioni di disordine provocate dalle sinistre. Il cortometraggio si conclude con l’invito ad andare a votare, ponendo così in primo piano uno dei due assi portanti, assieme all’anti-comunismo, della propaganda dei Comitati Civici, ovvero la lotta all’astensionismo (fondata sul convincimento che ogni voto ad esso sottratto di certo non sarebbe andato alle sinistre). Si invita a votare, ma non si dice a chi. O almeno, non esplicitamente, giacché a suggerirlo è la gravità delle immagini. L’invito ad andare a

votare è riproposto anche in Considerazioni di Eduardo5, ma in una forma molto

diversa. Il cortometraggio ha un tono più leggero, quasi scanzonato, e si rivolge agli spettatori puntando sulla simpatia e sulla notorietà di un grande attore napoletano, Eduardo De Filippo. È questo uno dei primissimi esempi, se non il primo in assoluto, dell’utilizzo nei filmati di propaganda cattolica di personaggi popolari, provenienti dal mondo del teatro, del cinema o della musica. Si tratta di uno degli aspetti che contraddistingue la produzione audiovisiva della DC rispetto a quella del PCI, in cui i personaggi noti, quanto meno quelli popolari, non fanno mai capolino. Eduardo De Filippo nel cortometraggio reinterpreta il celebre colloquio al balcone di Questi

fantasmi col dirimpettaio. Ma il suo interlocutore non è mai inquadrato, perciò non lo si

vede, e l’attore rivolgendosi a lui guarda dritto nell’obiettivo della cinepresa. L’interlocutore vero, così, si rivela essere il pubblico, cui Eduardo, attraverso il pretesto di una spiegazione sul piacere del caffé, rivolge il chiaro messaggio ad andare a votare. «Votate per chi volete, ma votate», dice l’attore. In apparenza Eduardo non dà nessun suggerimento, né nomina partiti, però descrive il voto nei termini di una scelta di campo tra due opzioni, non meglio precisate, totalmente opposte: una è sinonimo di sicurezza e affidabilità, l’altra di rischio. È facilmente intuibile come la prima scelta s’identifichi con la DC, che in campagna elettorale si pone come il partito portatore di stabilità nella caotica realtà del dopoguerra. Viceversa, il PCI acquisisce «un ruolo di integrazione delle masse dei lavoratori nella nuova società sul terreno dell’opposizione legale ed organizzata al governo ed al potere costituito»6, ovvero un’immagine più legata alla mobilitazione, che nella lettura dei Comitati Civici si trasforma in pericolo e disordine. Nella battaglia elettorale del 1948 l’impegno dei Comitati Civici va oltre la semplice realizzazione dei filmati. Essi, infatti, si occupano anche della relativa distribuzione, che vogliono sia capillare. Oltre a farli proiettare nelle sale stabili, tra cui ovviamente quelle del circuito parrocchiale, i Comitati Civici organizzano proiezioni itineranti attraverso cinque carri-cinema, che raggiungono le realtà più piccole sprovviste di cinematografi, in particolare al Sud. L’operazione ha successo: le immagini in movimento, nuove per quelle piccole realtà, attraggono numerose persone, favorendo la diffusione a grandi

masse del messaggio politico in favore della DC7. Assieme ai documentari, sono

distribuiti brevi sketch contro l’astensionismo8. Decisamente minore per la campagna

5

Considerazioni di Eduardo (1948), produzione: Comitato Civico Nazionale, 3’, b/n, sonoro.

6

Andrea Ragusa, Profilo di storia della comunicazione politica in Italia, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, 2008, p. 157.

7

Ad esempio, all’indomani delle elezioni del 1948, il dirigente Spes Giorgio Tupini ricorda come «Una sera, in un paese della provincia di Cosenza, i frontisti tenevano un comizio. Era quasi buio. Nella piazza vicina i nostri operatori avevano disposto il telone ed iniziato lo spettacolo. Dopo qualche minuto l’oratore rimaneva senza uditorio perché tutti i paesani si erano riversati a vedere il cinema.» Giorgio Tupini, 18 Aprile 1948: metodo e azione della

propaganda DC, in Carlo Dané (a cura di), Parole e immagini della Democrazia Cristiana in quarant’anni di manifesti della SPES, Roma, b&b, 1985, p. 21.

8

elettorale del 1948 è, invece, la propaganda audiovisiva del PCI, che realizza solo tre brevi cortometraggi, tra cui Chi dorme non piglia pesci di Aldo Vergano, proiettati all’aperto attraverso autovetture attrezzate9.

L’esito delle elezioni non è quello sperato per il PCI: il Fronte col suo 31% dei consensi, a fronte del 48,5% della DC, subisce un’amara sconfitta, tanto più perché non

attesa10. Pochi mesi dopo il voto, accade un’altra drammatica vicenda che sconvolge il

partito e getta il Paese sull’orlo di una possibile guerra civile, l’attentato a Palmiro Togliatti. Il segretario del PCI il 14 luglio è gravemente ferito con arma da fuoco da un giovane militante di destra, Antonio Pallante. I vertici del partito e lo stesso Togliatti, prima di perdere i sensi dopo l’attentato, si affrettano ad invitare i militanti a mantenere la calma. Disordini, tuttavia, si sviluppano in più parti del Paese, ma la paventata rivoluzione dei rossi non accade. Il leader del PCI, dopo essere stato operato, si riprende e fa ben presto ritorno alla vita politica. Le vicende dell’attentato e del successivo ritorno alla politica sono rese oggetto di due documentari di mediometraggio, 14 luglio (1948)11 e Togliatti è ritornato (1948)12. Il primo, diretto da Glauco Pellegrini, già affermato regista di documentari, attraverso una trama di finzione, quella di due contadini che arrivano a Roma col desiderio di incontrare il segretario del PCI, racconta delle mobilitazioni che scoppiano in tutta Italia a seguito dell’attentato. I contadini giungono da un paese meridionale per raccontare a Togliatti della miseria e del disagio sociale in cui vivono. Così il documentario si sofferma dapprima sulla descrizione delle difficili condizioni di vita nel piccolo paese del Sud, poi percorre una sintesi della storia del PCI, che conduce fino al giorno stesso dell’attentato. Quindi, si rincorrono le immagini delle manifestazioni, degli scioperi, della diffusione dell’edizione straordinaria de «l’Unità» e di Togliatti nel letto d’ospedale, che rassicura i suoi militanti. Intanto, i contadini hanno fatto ritorno a casa e commentano i successi della grande mobilitazione che si è scatenata dopo l’attentato. A conclusione si vede Togliatti, ormai rimesso, che s’intrattiene in un giardino con altri dirigenti del PCI, tra cui Luigi Longo, Pietro Secchia e Edoardo D’Onofrio. Il documentario, che alterna finzione e immagini di repertorio e che è accompagnato da un commento denso di frasi retoriche e da musiche del genere politico, è stato considerato ispirato dai film di maniera del realismo socialista, di cui ricalca i toni celebrativi e l’incapacità di descrivere l’evento in modo efficace13. Togliatti è ritornato racconta, invece, della festa popolare del 26 settembre 1948, organizzata per celebrare il ritorno di Togliatti all’attività politica dopo la convalescenza. Il documentario è diretto da Basilio Franchina e Carlo Lizzani, due registi ed intellettuali militanti del PCI. Per Lizzani, regista molto attivo anche nel cinema a soggetto già in quegli anni, si tratta di uno dei primi di una serie di audiovisivi girati per il Partito Comunista. Togliatti è ritornato riprende il grande corteo che si

9

Del documentario di Vergano si parla in Mino Argentieri, The Italian Communist Party in propaganda film of the

early post-war period, in Luciano Cheles e Lucio Sponza (a cura di), The art of persuasion. Political communication in ltaly from 1945 to the 1990s, Manchester University Press, Manchester, 2001, cit. in E. Novelli, La turbopolitica,

op. cit., p. 76. Tuttavia, nelle mie ricerche non ho trovato il filmato in questione, né ulteriori notizie che lo riguardano.

10

Simona Colarizi, Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, Roma-Bari, Editori Laterza, 1994, p. 121.

11

14 luglio (1948), regia: Glauco Pellegrini, commento: Felice Chilanti, sceneggiatura: Antonio Meluschi, Felice Chilanti, Mario Socrate, aiuto regista: Rodolfo Sonego, Roberto Natale, fotografia: Peppino La Torre, organizzazione: Antonio Del Guercio, Aldo Rossi, assistente: Cino Di Giorgio, produzione: Sezione Cinematografica PCI, 32’, b/n, sonoro.

12

Togliatti è ritornato (1948), regia: Basilio Franchina, Carlo Lizzani, commento: Felice Chilanti, fotografia: Mario Bonicatti, organizzazione: Enzo Alfonsi, collaborazione: F. De Agostini, produzione: PCI, 37’, b/n, sonoro.

13

Ansano Giannarelli, Una lettura dei film del 1948, in Nicola Tranfaglia (a cura di), Il 1948 in Italia. La storia e i

svolse a Roma, per concludersi al Foro Italico, dove ebbe luogo il comizio finale del segretario del PCI e di altri dirigenti del partito. L’opera, divisa in due, dedica una parte

a ciascuno di questi momenti14. Il documentario, è stato notato, è realizzato per riempire

il presumibile vuoto di documentazione audiovisiva ufficiale dell’evento e inaugura un filone che caratterizza la produzione documentaristica del PCI, quello della ripresa degli

eventi di massa15. I toni del filmato, come il precedente accompagnato da un commento

parlato e da diverse musiche, sono celebrativi e di grande esultanza. Ampio spazio è concesso al discorso di Togliatti, che si può ascoltare così come è stato pronunciato dal leader del partito. Nel documentario si affiancano l’Italia popolare, rappresentata dai tanti militanti che partecipano alla manifestazione come ad una grande festa di paese, e quella istituzionale, incarnata dai vertici del PCI, con le loro compostezza e serietà. Già da questo breve campionario di opere del 1948 emergono alcune differenze sostanziali tra i documentari legati alla DC e quelli del PCI, che si riveleranno una costante. Come ad esempio, la scelta dei Comitati Civici di non firmare i propri audiovisivi e quella del PCI di affidarli ad autori affermati. Oppure il metraggio: i documentari dei Comitati Civici sono cortometraggi e, come tali, sono adatti anche alla proiezione nelle sale cinematografiche; viceversa, i filmati del PCI durano entrambi poco più di mezz’ora e perciò presuppongono già una distribuzione nel circuito alternativo, quello più legato ai luoghi della militanza. Inoltre, i filmati del 1948 dei due schieramenti offrono già un’immagine abbastanza definita e contrapposta dei partiti di riferimento. Negli audiovisivi dei Comitati Civici, anche se indirettamente, la DC è rappresentata come il partito che s’iscrive nel solco della tradizione e che di quella tradizione si fa garante, ponendosi in continuità col passato. È un’immagine decisamente rassicurante, cui si contrappone quella del PCI. Le immagini dei documentari comunisti, infatti, trasmettono il senso della mobilitazione e quindi presuppongono il concetto di lotta. Ne deriva che il partito è associato a un’idea rivoluzionaria e combattiva, che probabilmente ha spaventato molti Italiani nel dopoguerra, desiderosi di pace e certezze, e che, dunque, può spiegare i risultati elettorali deludenti per il Fronte nel 1948. Ma oltre le differenze, ci sono anche punti di contatto. Le diverse opere fin qui analizzate riflettono un’uguale concezione del popolo italiano: DC e PCI - e i documentari lo dimostrano - hanno una visione arretrata, tradizionale degli Italiani e, per certi aspetti, una sfiducia nelle loro capacità di giudizio, che richiede un intervento di guida da parte dei partiti. Perciò, «l’immagine dell’Italia che viene fuori dalla documentazione cinematografica di quegli anni mostra con insistenza i segni della inadeguatezza degli strumenti culturali di ambedue gli schieramenti politici contrapposti di cogliere, e interpretare, i mutamenti legati alla seconda guerra mondiale, alla grande crisi, al declino dell’Europa»16.

14

La censura non risparmiò tagli a questo documentario. Sul relativo visto sono riportate le seguenti prescrizioni: «a) vanno soppressi i seguenti passi delle didascalie: 1)- tutto un popolo che deciso di dimenticare l’altro stato, quello dei Questori e della Celere e di vivere tutte queste [...] il suo stato, quello della libertà; 2)- vi si annidano i sociali traditori e democristiani, giornali e agenti vari dell’imperialismo straniero: 3)- gli accenni ai pretesi martiri di persecuzione poliziesca in Sicilia. b)- vanno soppresse le seguenti scene di repertorio estranee al documentario ed intercalate nel discorso dell’On.le Togliatti: 1)- camionette della Celere che disperdono la folla; 2)- le figure del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Interno; 3)- la testata di tutti i quotidiani riportanti i titoli: Guerra - Il patto atlantico è concluso - Piombo per i comunisti - la bomba atomica su Mosca - l’Italia non può restare neutrale - Guerra». Il visto della censura è consultabile sul sito www.cinemadipropaganda.it. Il suo contenuto testuale, invece, è riportato su http://aamod.archivioluce.com.

15

A. Giannarelli, Una lettura dei film del 1948, op. cit., p. 56.

16

Nicola Tranfaglia, Il 1948 nella storia dell’Italia repubblicana e le fonti audiovisive, in id. (a cura di), Il 1948 in

Per le elezioni successive al 1948 l’impegno dei Comitati Civici, nel campo della produzione audiovisiva, resta notevole. Il tema centrale nei loro documentari si conferma la lotta all’astensionismo. Presumibilmente per le amministrative del 1951 è

girato Vota per questo vota per quello (1951)17, dove ancora una volta l’invito a quale

partito accordare la propria preferenza non è esplicitato, ma appare decisamente malcelato. Lo dimostra la contrapposizione tra le immagini che riguardano le elezioni a