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I documentari di propaganda della DC e del PC

VI.2 L’anti-comunismo cattolico nella guerra fredda

La propaganda dei cattolici contro il comunismo non è legata solo ai momenti elettorali, ma rappresenta una costante nel discorso pubblico della DC e, nel caso degli audiovisivi, può essere addirittura considerata il comune denominatore alla base di tutti i filmati cattolici prodotti negli anni della guerra fredda. L’anti-comunismo e l’anti- sovietismo hanno radici lontane in Italia, in virtù del ruolo svolto dalla Chiesa, ostile al comunismo, dichiaratamente ateo e demolitore delle libertà religiose nelle realtà in cui esso attecchisce. Attutiti, nella fase dell’immediato dopoguerra, nel clima di pace internazionale e di cooperazione nazionale per la rinascita del Paese, l’anti-comunismo e l’anti-sovietismo riesplodono nel 1947, l’anno dello scoppio effettivo della guerra fredda. Prima di allora, nonostante il Vaticano avesse manifestato continua ostilità verso

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Ieri, oggi, domani (1960), produzione: D.C. Spes, 12’, b/n, sonoro.

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La DC merita fiducia (1960), produzione: Spes, 22’, b/n, sonoro.

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Carrellate sul viterbese (post 1955), soggetto: Italo Aquilani, riprese: Domenico Castiglione Humani, Aldo Carbonetti, assistenza tecnica: Giuseppe Mancini, produzione: D.C. Spes, 26’35’’, b/n, sonoro.

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Un comune di montagna (1960), regia: Gian Giorobi, sceneggiatura: Gianni Romoli, commento: Gianni Romoli, fotografia: Rodolfo Isoardi, realizzato da: Rodolfo Isoardi, produzione: D.C. Spes, 17’, b/n, sonoro.

l’URSS, i democristiani, in particolare il loro leader De Gasperi, avevano manifestato aperture sia verso l’Unione Sovietica, sia verso il PCI. De Gasperi coglieva della potenza sovietica segnali di possibile evoluzione verso la democrazia e guardava con interesse ad un sistema economico che garantiva maggiore giustizia sociale. Soprattutto, il leader democristiano vedeva nell’URSS un solido baluardo contro il nazismo ed il

fascismo46. Grande moderazione esprimeva anche nel giudizio sul PCI, invitando a fare

le giuste distinzioni tra i comunisti sovietici e quelli italiani. De Gasperi voleva «cercare di separarli da un’influenza sovietica troppo condizionante e di inserirli nel disegno di una democrazia italiana fondata su valori cristiani, con la speranza di poterli poi

utilizzare come tramiti per stimolare il cambiamento nell’universo sovietico»47.

Insomma, il leader DC si mostrava aperto al dialogo ed alla collaborazione coi comunisti, ritenuti parte integrante del difficile processo di ricostruzione. L’atteggiamento, però, muta radicalmente nel 1947, l’anno in cui De Gasperi fa il suo viaggio in America e il PCI fuoriesce dal governo di coalizione. Lo scenario internazionale è segnato dall’acuirsi della guerra fredda e tra i cattolici italiani diventa evidente l’impossibilità d’inserire i comunisti all’interno di un disegno politico

cristiano48. Lo scontro si radicalizza, anche alla luce dei chiari posizionamenti dei due

partiti nello scacchiere internazionale diviso della guerra fredda. La Chiesa cattolica nel 1949 scomunica i comunisti. Insomma, la contrapposizione tra questi ultimi e i democristiani diventa insanabile.

Nella propaganda DC si addensano i motivi anti-comunisti, quasi sempre evidenziati attraverso immagini e parole forti, che evocano terrore. Anche i documentari fanno la loro parte. In essi l’anti-comunismo è declinato in racconti diversi, per tono e stile, ma pochi e ricorrenti sono i tratti negativi associati all’universo comunista. I Paesi di quella realtà politica sono descritti come regni del terrore, della mancanza di libertà, della miseria e della presenza asfissiante dello Stato. I racconti giocano tutti sulla la paura: la paura che una realtà del genere possa essere impiantata anche in Italia, qualora i comunisti prendessero il sopravvento. Gli esponenti del PCI, d’altro canto, sono perlopiù descritti come abili oratori, che fanno promesse mendaci di un mondo migliore, attraverso un linguaggio colto ed accattivante. Il paradiso in terra da loro propagandato, fatto di uguaglianza e giustizia sociale, però, si rivela nei fatti un inconsistente simulacro, dietro cui si cela ben altra realtà. L’invito continuo nella propaganda cattolica è, allora, a diffidare di loro, a tenere gli occhi aperti, di fronte all’indiscussa abilità dei rossi di irretire i più ingenui e di ingannare chi dà loro fiducia.

In Può capitare da noi (1949)49, ad esempio, è messo in luce il pericolo esistente che i

comunisti, non diversamente da quanto accaduto in altri Paesi dell’Est Europa, strumentalizzino il socialismo a loro favore. Il messaggio è fatto passare attraverso un racconto di finzione, dallo stile decisamente neorealistico (non a caso interpretato da attori non professionisti), che ha per protagonista Giovanni, un sindacalista comunista. Giunto a capo del Sindacato unionista dei fornai e panificatori, di là dalle buone promesse iniziali, Giovanni intraprende una politica aggressiva, di controllo e repressione dei produttori del pane, che si traduce addirittura in arresti di alcuni fra essi e chiusure forzate di attività. Il documentario, dunque, riproduce in vitro, nell’ambito di

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Agostino Giovagnoli, La cultura democristiana tra Chiesa cattolica e identità italiana, Roma-Bari, Editori Laterza, 1991, pp. 130-133. 47 Ivi, p. 136. 48 Ivi, p. 266-267. 49

una piccola realtà italiana, un futuro possibile nel caso in cui i comunisti prendano il sopravvento. Attraverso l’evidenza del regime di terrore si scoraggiano gli spettatori ad avere fiducia in loro e si fa capire come non sia tanto lontano il rischio di un dominio comunista. Quanto accaduto nell’Est Europa, suggerisce il filmato, non diversamente «può capitare da noi». Anche Accadde a Sopradisotto (1950)50 affida ad una storia di fiction il racconto di una pericolosa realtà possibile nel caso in cui i comunisti conquistino il potere. In realtà in questo filmato, ambientato in un non precisato futuro, si racconta della salita al governo, nell’immaginario paese di Sopradisotto, del PUP, il Partito Ultra Progressista. Ma non ci vuole molto a capire che questo fantomatico gruppo politico rappresenti metaforicamente il PCI. Esso è descritto come il partito dell’inefficienza amministrativa, del caos, del malcostume, che si traduce in disservizi per i cittadini. Lo mostrano, ad esempio, il tentativo, più volte fallito, di una coppia di contadini di registrare all’anagrafe la nascita della loro bambina, oppure il mancato miglioramento delle situazioni di malessere dei cittadini negli anni della consiliatura del PUP. Gli esponenti del partito sono descritti come violenti ed anti-democratici, oltre che come pessimi amministratori. Sul finire del filmato, per le tante malefatte commesse, il sindaco e il capo della sezione del partito sono arrestati, mentre una tabella mostra l’alta percentuale di sindaci, assessori e consiglieri comunali appartenenti al Partito Comunista condannati e denunciati per appropriazione indebita, falso e violenza carnale negli ultimi quattro anni. Da qui l’invito a votare per la Democrazia Cristiana, rappresentata, per contrasto, come il partito dell’ordine e dell’efficienza, della trasparenza e dell’affidabilità. Il tema delle false promesse, della contrapposizione tra il sogno e la realtà del comunismo è oggetto anche di Trent’anni dopo (1951)51, una fiction girata da Marcello Baldi per i Comitati Civici. Con un stile neorealistico, si racconta dell’umile vita in Italia di un operaio comunista, Giuseppe Santini. Poi, col pretesto di immaginare come Santini avrebbe vissuto in URSS, si fa un bilancio dei trent’anni dell’avvento del comunismo. Ne emerge che la vita in Italia, seppur misera, è comunque preferibile a quella che si vivrebbe nel regime sovietico, dove la povertà, il rigore e l’assenza di libertà la fanno da padrone. L’obiettivo del filmato, che non a caso è dedicato - si legge nei titoli di testa - «a tutte le vittime di una tragica favola», è evidenziare lo scarto esistente tra il sogno e la realtà della vita nei Paesi sovietici. Un conto sono le promesse allettanti che il comunismo fa, un altro è la realtà dei fatti, con cui nel filmato metaforicamente fa i conti l’operaio comunista.

La produzione di filmati di propaganda anti-comunista aumenta in maniera evidente nel 1956, epoca in cui letteralmente si scatena la furia ideologica contro i Paesi del socialismo realizzato. Il 1956 è, infatti, l’anno drammatico per il comunismo internazionale, a causa delle rivelazioni, durante il XX Congresso del PCUS, del rapporto Kruscev. Il neo segretario del partito comunista sovietico, denunciando i crimini di Stalin, fa conoscere al mondo il volto autentico della patria del socialismo. Kruscev, facendosi portavoce di un sentimento diffuso in parte del ceto dirigente sovietico, punta l’indice contro il culto della personalità e il regime totalitario, di violenza e di terrore, impiantati da Stalin negli anni precedenti, con l’obiettivo di favorire un rinnovamento nel sistema di potere. Ma le sue rivelazioni, assieme alla drammatica invasione dell’Ungheria in rivolta da parte dell’URSS pochi mesi dopo, scatenano disillusioni e polemiche, mettendo in serie difficoltà i partiti comunisti europei, costretti da quel momento a lottare con una pesante eredità, che lede la loro

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Accadde a Sopradisotto (1950), produzione: Ufficio Cinematografico D.C., 13’, b/n, sonoro.

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credibilità. In Italia il 1956 segna fratture ed abbandoni all’interno del PCI. Gli accadimenti nefasti per il comunismo si traducono in un’occasione propizia per la propaganda avversa. Numerosissimi e taglienti sono i filmati realizzati dai cattolici. L’accesa polemica dei Comitati Civici colpisce prima di tutto Stalin. In Idolo infranto (1956)52 si racconta della fine del suo mito, ripercorrendone la storia con alcune immagini di repertorio, accompagnate da un commento pungente. Si vedono fotogrammi dell’Unione Sovietica quando Stalin era ancora in vita, poi si mostrano scene di commemorazione dei militanti comunisti alla sua morte. L’obiettivo è denunciare il vero volto del leader sovietico, il suo potere criminale e il sostegno incondizionato che a lui hanno dato i comunisti italiani. Molto simile nei contenuti è Da

Stalin a Kruscev (1956)53, prodotto dalla Spes. Il filmato, con immagini di repertorio accompagnate dal commento esplicativo dello speaker, racconta alcune vicende storiche internazionali per far luce sulla violenza del regime staliniano. Torna, anche in questo caso, la contrapposizione tra quello che si immaginava fosse Stalin, il suo mito, e quello che realmente il suo potere ha rappresentato in Unione Sovietica e nei Paesi assoggettati ad essa. Analogamente si dice in un altro cortometraggio della Spes, Tre anni dopo (1956)54, che, a tre anni di distanza dalla morte di Stalin, riflette sulla sua figura ambigua, denunciando il culto della personalità che lo ha riguardato ed il regime di violenza che ha costituito. Con immagini di repertorio, dapprima si ripercorre la storia della nascita del comunismo sovietico, poi si giunge al racconto della lotta sanguinaria di Stalin contro i suoi avversari per conquistare il potere assoluto. Se ne mette in luce il falso pacifismo, spiegando che, dopo la guerra, nonostante gli accordi internazionali assunti, «pretese espansionistiche e mire egemoniche dello Stato sovietico» hanno minato la pace. Le sequenze successive mostrano, quindi, le invasioni sovietiche in vari Paesi dell’orbita comunista, a conferma dello spirito aggressivo che domina l’URSS e del falso pacifismo del suo leader. Alla falsità del mito di Stalin di affianca quella degli

esponenti del Partito Comunista Italiano, che ne Gli acrobati della menzogna (1956)55

sono definiti degli abili bugiardi, capaci di cadere sempre in piedi col loro eloquio ingannevole. Nei primi fotogrammi del filmato si vedono dei veri acrobati, quindi le immagini mostrano alcuni esponenti di spicco del PCI, come Scoccimarro e Pajetta. Nel commento, i vertici comunisti sono descritti come falsi propagandisti, assoggettati ad uno schema di potere rigido, che costringe loro stessi a credere in quanto gli viene imposto dall’alto. Le successive immagini di repertorio testimoniano le contraddizioni in cui incappano i comunisti e la mancanza di libertà di pensiero che li attanaglia, ma si sottolinea la loro capacità di camuffare sempre questi aspetti dietro una retorica efficace. Da qui l’invito, nemmeno tanto sottinteso, a diffidare di loro.

Diversi documentari spingono l’obiettivo della cinepresa molto lontano dal contesto nazionale, per descrivere le difficili condizioni di vita e la mancanza di libertà che stringono in una morsa i Paesi dell’Europa dell’Est e dell’Oriente, assoggettati al potere

comunista. Ne L’ora della verità (1956)56, attraverso veri documenti e testimonianze, si

racconta delle drammatiche condizioni in cui si vive in Paesi come il Vietnam e la Cina. Si vedono profughi vietnamiti che scappano su povere imbarcazioni dalla zona occupata dai comunisti. Il racconto di quanto accade in Cina, invece, è trasmesso attraverso la

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Idolo infranto (1956), produzione: Comitati Civici Nazionali, 14’, b/n, sonoro.

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Da Stalin a Kruscev (1956), produzione: D.C. Spes, 25’5’’, b/n, sonoro.

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Tre anni dopo (1956), produzione: D.C. Spes,10’, b/n, sonoro.

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Gli acrobati della menzogna (1956), produzione: D.C. Spes, 10’, b/n, sonoro.

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vicenda di un medico italiano scampato alla tirannia comunista, dopo essere stato arrestato dal regime, e a quella di cinque ufficiali cinesi che hanno scelto la libertà in Italia. Infine, le immagini mostrano l’accoglienza amorevole sul territorio italiano di

alcuni clandestini fuggiti dalla tirannia comunista. In Lunedì di Pasqua (1956)57, invece,

lo sguardo è rivolto alla Germania dell’Est. Il filmato è basato su una sapiente contrapposizione di immagini, che esplicita le differenze in termini di libertà tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Est. Il pretesto narrativo per veicolare questo messaggio è offerto dal lunedì di Pasqua citato nel titolo, un giorno - si spiega nel filmato - dedicato in ogni Paese europeo alle gite fuori porta. Così si susseguono immagini, più simili a quelle di un documentario turistico, che illustrano le varie forme di svago prescelte in ogni Stato, con le relative tradizioni culinarie. Il senso della libertà è trasmesso attraverso le molteplici opzioni presentate, tra cui ciascuno può scegliere senza condizionamenti, ma solo in base al proprio gusto. Nella Germania comunista, invece, si vedono persone che assistono ad adunanze politiche e partecipano a marce. In quel Paese, spiega lo speaker, la gioventù è irreggimentata e la libertà di esprimersi o di decidere liberamente non esiste. Il contrasto è rappresentato al meglio attraverso la giustapposizione di immagini del cammino libero degli occidentali nella giornata di festa e quelle delle schematiche parate militari dell’Est. Alla Germania comunista è dedicato nello stesso anno anche Berlino 17 giugno - Resoconto dell’insurrezione

operaia per la libertà (1956)58, che ripercorre le drammatiche ore della ribellione dei Tedeschi assoggettati al regime comunista e la successiva, sanguinosa, repressione del potere. Gli eventi fanno riferimento al 1953, quando alcuni operai di quella città chiedono un aumento dello stipendio. La loro richiesta si trasforma presto in una protesta sindacale, a sua volta tramutatasi in rivolta sociale. Tutta Berlino Est è invasa dalla mobilitazione e dalla violenza, scatenata dai cittadini ribelli, in protesta contro l’asfissiante potere comunista. Le immagini del documentario, commentate da uno speaker, rivelano il dramma dei Paesi dell’Est e quello della Germania, divisa in due tra

Oriente ed Occidente. Anche in Una storia da ricordare (1958)59 le sequenze

raccontano delle numerose ribellioni dei Paesi comunisti represse nel sangue dall’Armata rossa. Il filmato mette a confronto le immagini della lenta, ma proficua, ricostruzione dell’Italia nel dopoguerra e quelle dell’edificazione del regime di terrore in URSS nello stesso periodo. Paurosi fotogrammi ritraggono l’Ungheria in rivolta, i carri armati sovietici e poi ancora l’insurrezione operaia di Poznan, in Polonia. Ad esse sono contrapposte quelle della rinascita italiana, che raccontano di un Paese pacificato e dinamico nel cambiamento. Le facce tristi di anziani e donne sovietici concretizzano le sofferenze di quel popolo, che subisce un regime non voluto, mentre l’operosità degli Italiani manifesta il loro benessere. Neppure la morte di Stalin pone fine a tutto questo. Lo speaker commenta come nulla sia cambiato dall’avvento al potere di Kruscev, nonostante la denuncia dei crimini del suo predecessore. Il clima di omertà e rigore si respira anche nel PCI, al punto che non manca chi abbandona il partito o ne è espulso.

La propaganda contro il comunismo non è veicolata solo attraverso filmati dal tono serio e drammatico. A quelli sinora descritti, caratterizzati da immagini di repertorio e commenti austeri, si affiancano opere dal carattere più disimpegnato e dal tono satirico. A partire dal 1958 diversi sono gli audiovisivi di questo tipo realizzati dai cattolici. Uno

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Lunedì di Pasqua (1956), produzione: D.C. Spes, 10’49’’, b/n, sonoro.

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Berlino 17 giugno - Resoconto dell’insurrezione operaia per la libertà (1956), produzione: D.C. Spes, 10’35’’, b/n, sonoro.

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tra essi presenta la forma, nuova per questo genere di filmati, del cartone animato. Si tratta del vivace e divertente Belle ma false (1958)60, che ha per protagonista un personaggio tarchiato e dall’inconfondibile accento russo, di nome Palmiro. È il leader del PCI, rappresentato come uno strenuo difensore delle opere e degli uomini di potere sovietici, a fronte di una realtà ben diversa da quella da lui raccontata. Di Palmiro lo speaker del cartone racconta che non vuole riconoscere la realtà dei fatti in Italia e che, perciò, nega ai suoi militanti le tante realizzazioni del governo democristiano. Così, si coglie l’occasione per fornire alcuni dati del lavoro della DC: si illustrano i numeri, tutti indice di crescita, della riforma agraria, del Piano Fanfani per gli alloggi e della Cassa per il Mezzogiorno. Alla fine, sconfessato nelle sue bugie, l’ometto è costretto a scappar via. Dello stesso anno e, come il precedente, prodotto dalla Spes, è il pungente Il

compagno Gnocco Allocco (1958)61, che racconta degli ingenui che si lasciano ingannare dalla propaganda comunista. Li rappresenta il protagonista della fiction, Gnocco Allocco, un omone dall’aspetto poco intelligente, il quale dopo aver ascoltato un comizio si lascia irretire dalle belle parole di un politico comunista. Il cortometraggio, assai ironico, utilizza la metafora del pesce che abbocca per descrivere la condizione di Gnocco Allocco e di quelli che, come lui, si lasciano ingannare dalle menzogne e dalle promesse raccontate dai comunisti. Le metafore sagaci si rincorrono numerose nelle immagini e nel commento ironico dello speaker. Il messaggio esplicitato chiaramente è che i comunisti approfittano dei più ingenui, che considerano poco intelligenti, e che mettono loro nella condizione di agire acriticamente una volta che sono diventati attivisti del partito. Perciò, tali uomini rappresentano una risorsa per il PCI, «l’asso nella manica del comunismo», di cui esso si serve per i propri malevoli scopi.

Nei filmati di propaganda democristiana i comunisti sono rappresentati prevalentemente come venditori di promesse false ed abili retori che ingannano l’elettorato. Viceversa, nei documentari del PCI si mette in luce, soprattutto dalla seconda metà degli anni cinquanta, la corruzione che alberga nel partito cattolico. C’è però un filmato di propaganda della DC, realizzato per le elezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana del giugno 1959, in cui si allude insolitamente alla corruzione del Partito Comunista. In realtà l’audiovisivo fa riferimento ad una circostanza politica del tutto particolare, ovvero al governo regionale siciliano del democristiano Silvio Milazzo, che un anno prima era stato eletto presidente della giunta regionale con i voti dei partiti di estrema destra e sinistra. Il filmato, intitolato Cinegiornale siciliano (1959)62, ha un tono molto polemico, volto a dimostrare il legame losco che unisce nell’alleanza politica pro Milazzo partiti ideologicamente così lontani tra loro, come PCI e MSI. Scopo del documentario è perciò convincere l’elettorato siciliano a diffidare di essa alla prossima chiamata al voto. Immagini documentaristiche e brani di finzione raccontano, in vari servizi separati, della scalata al potere di Milazzo, dei suoi presunti affari sporchi, sottolineati da un commento ironico e da alcuni brani musicali da circo. Le accuse di corruzione, mostrate in scene di fiction che simboleggiano l’occupazione degli spazi del potere e gli affari fatti in danno della popolazione siciliana, s’intessono con i tradizionali motivi dell’anti-comunismo. Si parla di un temibile «asse Palermo- Mosca» e dunque di un’influenza oscura sul governo siciliano del diktat sovietico. Insomma, pare che l’anti-comunismo, pur nell’ambito di un filmato incentrato sulla

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Belle ma false (1958), produzione: D.C. Spes, 5’, colore, sonoro.

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Il compagno Gnocco Allocco (1958), organizzazione: Fulvio Lucisano, produzione: D.C. Spes, 12’, b/n, sonoro.

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figura ambigua di Milazzo, sia prioritario. Lo dimostra lo slogan finale del filmato, che indicando ai siciliani a chi dare la propria fiducia alle elezioni, recita: «Difendiamo la