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Candidato “di successo” alla Cina: Agostino Cappelli

Capitolo 3. La destinazione orientale

3.3. Candidati alle Indie orientali: Sarti, Berlendis e Gori

3.4.1. Candidato “di successo” alla Cina: Agostino Cappelli

Non furono molti gli indipeti italiani che ottennero la licenza per l’Impero cinese durante i generalati di González e Tamburini (1687-1730). Vi vennero infatti inviati soltanto una trentina di gesuiti appartenenti all’Assistentia Italiae, alcuni dei quali peraltro non vi giunsero mai perché morirono durante il viaggio oppure vennero riassegnati ad altre missioni asiatiche. La quasi totalità di questi missionari, comunque, aveva in precedenza redatto una o più litterae indipetae . 105

Uno dei fortunati che riuscì a essere destinato alla missione oltremare fu, all’inizio del Settecento, Agostino Cappelli. Nato nel 1679 ad Ascoli, entrò nella Compagnia di Gesù nel 1695 a sedici anni d’età, e nel corso della sua vita inoltrò a

Alla fine degli anni Trenta Gori addirittura sospettò di essere stato denunciato al Santo Uffizio e, per

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mettersi al riparo da eventuali conseguenze, scappò a Trieste (appartenente alla Provincia austriaca); solo quando fu convinto che non sarebbero stati avviati procedimenti di indagine nei suoi confronti tornò a Roma (ibid.).

I gesuiti italiani del periodo giunsero tutti in Cina durante il regno di Kangxi (1662-1723);

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successivamente, all’epoca di Yongcheng (1723-1736), vi furono destinati soltanto i membri delle Assistenze portoghese e francese. In ordine cronologico, furono inviati nell’Impero cinese: nel 1687 Filippo Felice Carrocci (autore di sedici indipetae); nel 1690 Giuseppe Bressanelli (due indipetae), Giovanni Battista Pallavicini (una indipeta) e Carlo Giuseppe Pluro (una indipeta); nel 1691 Isidoro Lucci (nessuna indipeta); nel 1692 Pietro Belmonte (nessuna indipeta) e Francesco Capacci (tre

indipetae); nel 1693 Alessandro Ceaglio (nessuna indipeta); nel 1694 Luca Adorno (otto indipetae), Carlo

Amiani (due indipetae), Giuseppe Baudino (tre indipetae), Antonio Faglia (due indipetae), Cristoforo Fiori (nessuna indipeta) e Gianpaolo Gozani (tre indipetae); nel 1695 Antonio Provana (due indipetae); nel 1697 Giandomenico Paramino (cinque indipetae); nel 1698 Agostino Barelli (quattro indipetae) e Giovanni Laureati (due indipetae); nel 1699 Giuseppe Candone (tre candidature); nel 1701 Girolamo Franchi (due indipetae); nel 1706 Agostino Cappelli (cinque indipetae; proprio su di lui verteranno le prossime pagine); nel 1707 Ludovico Gonzaga (quattro indipetae); nel 1709 Annibale Marchetti (nessuna

indipeta); nel 1715 Giuseppe Castiglione (nessuna indipeta), Giovanni Giuseppe Costa (nessuna indipeta)

e Niccolò Giampriamo (una indipeta); nel 1718 Antonio Trigona (tre indipetae); nel 1719 Filippo Simonelli (una indipeta); nel 1720 Antonio Morabito (tre indipetae); nel 1721 Francesco Folleri (nessuna

indipeta), Ferdinando Moggi (una indipeta) e Gianbattista Sanna (tre indipetae). I nomi dei missionari

cinesi sono quelli elencati in DEHERGNE, Joseph SJ, Répertoire des Jésuites de Chine de 1552 à 1800, Roma-Paris 1973, p. 403, divisi per epoca e Assistenza di appartenenza. Per verificare la presenza di candidature per le Indie scritte dai gesuiti inviati nell’Impero si è consultato il dattiloscritto Indipetae

(732-759) presente in ARSI, che però riporta solo le petizioni conservate nel Fondo Gesuitico; l’assenza

Roma cinque litterae indipetae prima di avere in sorte l’invio in Oriente. Nel 1696 si 106

trovava presso la Casa di probazione romana, aveva una complessione “melancholica” e i ministeri in cui avrebbe esercitato i suoi talenti erano “ad studia” . 107

La sua prima indipeta, piuttosto sobria e concisa, risale al marzo del 1699: il gesuita raccontava che da novembre dell’anno precedente Dio gli aveva “ispirato di dedicarsi alle Missioni dell’India” . Gli sembrava di ricevere continue chiamate e si dichiarava 108

“pronto a qualunque missione” sembrasse adatta al Generale. Non si preoccupava di “tutti i travagli del Viaggio e delle staggioni, quantunque mi dovessero riuscire mortali; poiché almeno goderò d’havere corrisposto alla sua Voce divina”. Sottolineava però una particolare esigenza, e cioè quella di essere inviato “quanto prima sia possibile”: anche per lui, più della destinazione, sembrava importante una partenza immediata.

Nel 1700 Cappelli si trovava nel Collegio di Viterbo , studiava retorica e filosofia e 109

insegnava grammatica. Ingegno, giudizio, prudenza e profitto nelle lettere erano buoni, mentre l’esperienza delle cose soltanto sufficiente. La sua complessione veniva in questa sede definita “flegmatica” e si credeva fosse adatto “ad docendas humaniores literas”.

Nel 1704 Cappelli scrisse la sua seconda richiesta per le Indie, ricordando come fossero passati cinque anni dalla precedente. Il suo “desiderio” non solo si era mantenuto, ma anzi “talmente accresciuto che haverrei fatta di nuovo più volte l’istessa supplica, se non mi havessero consigliato altrimenti i miei Padri spirituali” . 110

Relativamente alla meta, sperava soltanto si trattasse della “Missione più ardua e più fatigosa”. Pochi mesi dopo si sentiva costretto a scrivere una terza indipeta , perché 111

alla missione indiana in quanto Dio “per sua Infinita Bontà non cessa ogni dì più […]

ARSI, Rom. 66, f. 28 (dell’anno 1696) per il Primus e anche il Secundus.

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In casi come questo troviamo conferma di come i membri recentemente entrati nell’ordine fossero

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descritti in modo quasi totalmente standardizzato, dal momento che tutti i compagni novizi di Cappelli avevano tra le attività per il futuro più prossimo proprio lo studio.

ARSI, FG 750, f. 68, Viterbo 3 marzo 1699.

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ARSI, Rom. 67, f. 87 per il Primus e anche il Secundus.

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ARSI, FG 750, f. 169, Roma 16 aprile 1704.

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ARSI, FG 750, f. 179, Roma 30 agosto 1704.

con frequenti inspirazioni”. Garantiva al Generale che si sarebbe fatto trovare “sempre pronto ad’ogni suo cenno a correre da per tutto, ma specialmente ove pare mi voglia Iddio messo”, senza quindi specificare neppure in questa occasione una meta in particolare.


Sempre nello stesso anno Cappelli scrisse al Generale (da lui definito in fondo alla lettera “Vero Interprete del Volere divino”) una quarta richiesta, per “testificargli l’ardente brama […] di spargere (Grazia sopra ogni mio merito) tutti i sudori, il sangue e la Vita per chi è morto in Croce per me” . 112

Per la prima volta accennava a una preferenza di destinazione: ciò era dovuto al passaggio del Procuratore Kaspar Kastner che stava per partire per la Cina. Questa 113

circostanza lo rendeva “ardito” nell’implorare il Generale di essere affidato a lui come “compagno nel viaggio”. Le opzioni erano due: “o mi mandi alle Missioni della Cina ove Egli torna, o pure ad altre dell’Indie”; gli era indifferente a patto che fossero “le più fatigose e le più bisognose d’Operarii”.

Qualche mese dopo (nel 1705) Cappelli, con la spedizione di Kastner ancora non salpata, avvertiva una palpabile ansia di ribadire al Generale un’ultima volta che cosa bramasse . Ogni giorno che passava gli sembrava “più lungo per il gran desiderio che 114

ho di ricevere la felice nuova d’essere anch’Io destinato al fortunato viaggio per L’Indie”; evidentemente molti dei suoi compagni stavano ricevendo l’agognata licenza e Cappelli temeva di rimanere escluso.

I superiori della Provincia Romana sembravano a parer suo non volerne la partenza (“il Padre Provinciale non ha inclinazione a mandarmi, benché più volte glien’habbia fatte efficacissime instanze”). Cappelli lamentava la loro reticenza a lasciarlo partire: “mi vergogno che questa Provincia faccia tante difficoltà per un soggetto Vilissimo e da nulla, mentre Molte altre Provincie si contentano di perderne tanti, e tanti

ARSI, FG 750, f. 194, Roma 21 dicembre 1704.

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Kaspar/Gasparo Castner/Kastner, nato a Monaco nel 1665, si imbarcò nel 1696 per Macao, dove

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giunse lo stesso anno. Inviato a Roma come Procuratore da Canton nel 1702, tornò in Cina nel 1706 e, arrivato a Pechino nel 1707, fu nominato Presidente del Tribunale dei Matematici e tutore del principe. Morì nella capitale cinese nel 1709 (DEHERGNE, Répertoire des Jésuites de Chine, p. 49). Sul ruolo dei Procuratori nell’incitare la compilazione di indipetae cfr. cap. 4.1..

incomparabilmente più qualificati”. Da persona informata meticolosamente sulle spedizioni, Cappelli ricordava che Ferdinando Calini e Ludovico Gonzaga erano stati 115

già accontentati e partivano allegramente dalla Provincia Veneta. La situazione generale però non era del tutto a suo sfavore perché, se da una parte il superiore avrebbe preferito tenerlo “più volentieri in questa Provincia”, dall’altra c’erano il segretario, il rettore del Collegio Romano e il suo rettore che invece ne avrebbero appoggiata la partenza.

Cappelli auspicava la “Consolazione desideratissima di destinarmi per il Tunchino [Vietnam], Compagno del Padre Castner da Lisbona all’Indie, e del Padre Gonzaga da Roma in Portogallo”. Benché fosse solo al secondo anno di teologia si era preparato già per il terzo, cosicché eventualmente avrebbe potuto “farne anche l’esame prima di partire o in Roma o in Lisbona”. Per dichiarazione dello stesso Cappelli, poi, l’epistola venne interamente scritta col sangue . 116

Non è possibile sapere se sia stata questa la chiave di volta per sbloccare lo stallo in cui si trovava Cappelli, ma è certo che questa lettera convinse definitivamente il Generale a farlo partire. Nel 1706 infatti Cappelli si imbarcò, con la 129esima spedizione del Padroado portoghese, teoricamente per il Giappone , ma arrivò in Cina e si spostò 117

dopo alcuni anni nel Malabar (sulla stessa nave viaggiavano anche Kastner e Ludovico Gonzaga) . 118

Gonzaga fu proprio uno dei compagni di viaggio di Cappelli ma, come si noterà, i due ebbero visioni

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molto discordi sulla questione dei riti e nelle loro lettere a Roma si accusarono vicendevolmente di tradire la causa gesuita. Di Calini, che morì prima di arrivare a destinazione, scrisse nel dettaglio lo stesso Gonzaga in una sua lettera dal Portogallo (ARSI, Jap-Sin. 169, ff. 79, 79v, 80, 80v, Lisbona 21 marzo 1706).

Il desiderio di spargere il proprio sangue, manifestato da alcuni indipeti anche nella struttura materiale

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della candidatura, è stato esaminato nel capitolo 2.3.. WICKI, Liste der Jesuiten-Indienfahrer, p. 315.

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Dehergne specifica che, benché partito per il Giappone, Cappelli venne destinato alla Cina meridionale

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in un primo tempo e in seguito spostato al Malabar perché il patriarca Tournon non voleva che entrasse in Cina (“puisque le Patriarche [de TOURNON] ne veut pas qu’il entre en Chine”, DEHERGNE, Répertoire

des Jésuites de Chine, p. 43). Dalle lettere dello stesso Cappelli al Generale (senza specifiche al riguardo,

perché probabilmente si trattava di un passaggio difficilmente giustificabile) sembra che in effetti fu Tournon a proporgli di recarsi in Malabar, dopo vari anni passati in Cina e a Macao.