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Il canone delle opere di Svevo e Pirandello all’interno dei manuali.

Il canone di inizio Novecento nei manuali scolastic

4.2 Una nuova etichetta critica per i manuali scolastici: il modernismo

4.3.5 Il canone delle opere di Svevo e Pirandello all’interno dei manuali.

Mi concentrerò ora sulla selezione delle opere di Svevo e Pirandello interna ai manuali: presentando i passi di un romanzo piuttosto che di una novella si dà un’idea diversa dell’autore stesso. Ma anche la scelta dei passi di una singola opera sono significativi.

Le opere maggiormente inserite, sia per frequenza sia per quantità di brani antologizzati, nei manuali continuano a essere La coscienza di Zeno e Il fu Mattia Pascal. In due dei manuali analizzati – Le parole le cose e I colori della letteratura – oltre a dedicare un capitolo ai due autori, ne viene dedicato uno esclusivo per ciascuna opera.Altri due manuali, invece, non sembrano attribuire maggiore importanza a questo romanzo di Pirandello rispetto agli altri. Chiare lettere antologizza un solo brano e Cuori intelligenti ne inserisce invece due, lo stesso numero di brani scelto per Uno, nessuno, centomila e per le

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novelle. La spiegazione che potrebbe essere nuovamente valida per le scelte di Di Sacco è la volontà dell’autore di rispondere alle Linee guida ministeriali, secondo le quali non è certamente necessario un maggiore approfondimento su una sola opera; Giunta invece dichiara che «nell’arco della sua carriera Pirandello ha scritto sette romanzi, molto diversi tra loro per impostazione e trama» e aggiunge che «si tratta di opere eterogenee, che è difficile considerare complessivamente, ma che vanno presentate ciascuna per sé – come faremo, concentrandoci su Il fu Matta Pascal e Uno, nessuno e centomila».336 La scelta di Giunta deriverebbe quindi dalla pari considerazione riconosciuta ai vari romanzi pirandelliani – almeno a Il fu Mattia Pascal e a Uno, nessuno centomila – e dalla conseguente necessità di presentare l’autore attraverso un confronto fra più opere. Giunta sembra mantenere questa posizione solo per Pirandello: infatti, vista l’importanza culturale della Coscienza di Zeno, il numero di brani antologizzati per quest’opera è superiore rispetto a quello degli altri romanzi, cioè cinque rispetto a uno per Una vita e Senilità.

Entrando nel merito dei brani scelti per Il fu Mattia Pascal, in quattro manuali su sei sono presenti gli stessi passi del romanzo ed è quindi importante segnalarli: Lo strappo nel

cielo di carta dal capitolo 12 e l’ultima pagina del romanzo intitolato in vari modi «Non saprei proprio dire ch’io mi sia», L’ultima pagina del romanzo: Pascal porta i fiori alla sua tomba, Il fu Mattia Pascal.

I manuali che presentano l’analisi dell’ultima pagina del romanzo sono Le parole le

cose, I classici nostri contemporanei e Fresca rosa novella; il brano è presente anche in I colori della letteratura ma come testo spunto per la preparazione all’esame di maturità.

Nelle rispettive analisi del brano sia Luperini sia Bologna-Rocchi mettono in risalto i luoghi tra cui si muove Mattia Pascal dopo il ritorno nel paese di origine: il letto dove sua madre è morta, una biblioteca abbandonata e la sua tomba. Tutti questi luoghi sono indicati come «zone soglia tra la vita e la morte» e sembrano richiamare metaforicamente alla condizione in cui il protagonista si trova.

Un altro elemento che hanno in comune le due analisi è il confronto tra l’inizio del romanzo, in cui il protagonista dichiara «io mi chiamo Mattia Pascal», e quest’ultima pagina del romanzo, in cui invece si legge «io sono il Fu Mattia Pascal». Si nota che mentre Luperini, attraverso questo confronto, mostra come il protagonista abbia raggiunto

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la consapevolezza del proprio «distacco dalla vita» e decida di negare qualunque valore all’identità sociale, per gli autori di Fresca rosa novella oltre a questa riflessione si può osservare come il topos del ritorno a casa dell’eroe viene in questo romanzo ribaltato: il momento che dovrebbe segnare «la realizzazione dell’identità umana e sociale del protagonista»337 in questo caso ne dichiara, infatti, il fallimento.

Un altro passaggio su cui si soffermano le analisi del testo è l’affermazione del bibliotecario Don Eligio: «che fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o triste che siano, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal non è possibile vivere». Mattia Pascal fa notare all’amico che lui non è rientrato né nella legge né nella sua vita precedente: sua moglie, infatti, è sposa di un altro e lui non può più dire chi è. Secondo Luperini con questo scambio di battute Pascal «ha intuito, infatti, che un’identità vera non esiste né d’altra parte può essere conferita da norme sociali false e inautentiche che riducono l’uomo a un nome e a una maschera».338 Secondo l’analisi di Baldi, invece, il protagonista di Il fu

Mattia Pascal non arriva a questa conclusione; Pascal «si limita a prendere atto della

perdita della propria individualità, a constatare di non sapere più chi egli sia, senza fare alcun passo successivo».339 Baldi, infatti, ritiene che sia un altro personaggio di Pirandello

a raggiungere la consapevolezza della falsità e dell’inutilità delle convenzioni sociali, cioè il protagonista di Uno, nessuno e centomila Vitangelo Moscarda. Secondo Baldi, Moscarda rinuncia «deliberatamente all’identità, sprofondando gioiosamente nel fluire della vita e fondendosi in ogni istante con le cose mutevoli».340

Soffermandoci sulle opere di Pirandello antologizzate nei manuali scolastici, si può sottolineare che Novelle per un anno è presente in tutte e sei le antologie, sempre con Il

treno ha fischiato, a volte affiancata anche da un’altra novella; i brani più analizzati di Uno, nessuno e centomila sono, invece, l’inizio e la fine: il primo capitolo del primo libro,

dove Moscarda si accorge dell’imperfezione del suo naso, e le pagine conclusive del quarto capitolo del libro ottavo, in cui Moscarda, dopo essersi rifugiato nell’ospizio fondato grazie alla sua donazione, non si preoccupa più di quello che gli altri possono pensare di lui e del suo aspetto fisico, non ritiene importante neanche il suo nome e non pensa più né al presente né al passato. Sono quattro i manuali che inseriscono un brano da Quaderni di

Serafino Gubbio operatore e tutti propongono gli stessi capitoli, il primo o il secondo dal

337 C. Bologna, P. Rocchi, Fresca rosa novella, cit., p. 980.

338 R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese, Le parole le cose, cit., p. 617. 339 G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, I classici nostri contemporanei, cit., p. 933. 340 Ibidem.

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primo libro: in questa prima parte del romanzo emerge chiara la critica del protagonista alla modernità e alla civiltà delle macchine. La scelta dei brani da antologizzare di Pirandello sembra, dunque, essere condivisa dagli autori, anche per le opere “minori”.

Anche per Svevo, nonostante il minor numero di brani proposti, sembra ci sia una linea comune nei nostri manuali. Nelle antologie analizzate, del primo romanzo di Svevo Una

vita è solitamente inserito un solo brano e, in tre casi, è presente l’episodio in cui Macario,

sulla barca a vela con Alfonso, riflette sulla diversa natura degli uomini, facendo un confronto con i gabbiani. Questi uccelli, pur essendo nati con poco cervello, hanno la capacità di guadagnarsi il cibo grazie alle loro ali; secondo Macario avviene lo stesso per gli uomini, ci sono quelli che nascono con le doti fisiche per poter vivere, altri che invece non le hanno. Macario crea così una differenza tra sé e il suo interlocutore, che invece di vivere nutre il suo cervello di cose inutili. Gli uomini che sono dotati di intelligenza spesso non riescono nei loro intenti e finiscono per essere degli inetti. Proprio la presentazione della figura dell’inetto e delle sue caratteristiche può aver indotto più di un autore a scegliere questo brano da antologizzare.

Per Senilità, invece, il brano più frequentemente scelto – anche in questo caso da tre manuali – è l’inizio del romanzo: l’incontro tra Emilio e Angiolina. Mentre Luperini e Carnero-Iannaccone introducono il brano invitando lo studente a concentrarsi sull’inettitudine e sulla “senilità” del protagonista,341 Giunta sottolinea, invece, l’influenza degli studi di psicoanalisi sulla produzione letteraria di Svevo. La tesi di Giunta sembra discutibile visto che il romanzo è stato pubblicato nel 1898 mentre L’interpretazione dei

sogni solo nel 1899. L’autore, però, sostiene che «tanto Emilio quanto Amalia soffrono di

una scissione che li rende incapaci di conciliare i loro desideri con la vita vera» e che «è probabile che Svevo conoscesse già» prima di scrivere Senilità «le ricerche sulle malattie mentali che erano condotte da medici all’epoca molto noti, come il francese Jean-Martin Charcot (1825-1893)».342

Passando all’analisi dei testi della Coscienza di Zeno, sono diversi i brani che si ripetono all’interno dei manuali: il capitolo sul vizio del fumo, l’episodio della morte del padre, il passo del funerale sbagliato e, infine, sono presenti in tutti i manuali le ultime

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Cfr. R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese, Le parole le cose, cit. 650; R.Carnero, G. Iannaccone, I colori della letteratura, cit., p. 517.

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pagine del romanzo. In queste ultime pagine viene ripresa l’apertura del romanzo dove è già palese il contrasto tra il protagonista e il dottor S., il suo analista. Zeno abbandona le cure della psicoanalisi perché si considera guarito grazie al commercio; con l’arrivo della guerra, infatti, si è creato un nuovo contesto di vita ed è proprio all’interno di questo nuovo scenario che il personaggio inetto è stato in grado di esprimere le sue qualità. Secondo Luperini, la nuova intraprendenza del protagonista non deriva proprio da una qualità, «appare evidente che tale successo è dovuto alla violenza che Zeno esercita sugli altri»: «il successo individuale dell’eroe del romanzo è dunque un successo tutto costruito dentro la dimensione sociale con le sue ingiustizie e le sue storture».343 Zeno conclude la sua riflessione dichiarando che tutta l’umanità è malata alle radici e che servirebbe quindi una catastrofe per farla guarire. Sempre secondo Luperini attraverso queste ultime parole Svevo vuole comunicare il suo punto di vista sulla vita: «l’uomo è malato senza speranza proprio perché per guarire, o per sentirsi guarito, deve affermare se stesso contro gli altri». Sia Luperini che Bologna Rocchi parlano quindi di uno spessore storico e morale del romanzo che ricontestualizza l’esperienza di Zeno all’interno di un preciso contesto sociale e politico, quello della Prima Guerra Mondiale.

4.4 In conclusione

In questa analisi sono quindi emersi elementi diversi. Per quanto riguarda il decadentismo – a parte posizioni eccezionali e nette come quella di Paolo Di Sacco – sembra che tutti gli autori siano d’accordo nel continuare a utilizzare questa etichetta, limitandola, però, all’Ottocento, e identificando come maggiori esponenti d’Annunzio, Pascoli e Fogazzaro.

L’etichetta di modernismo è adottata, invece, solo in due dei sei manuali analizzati, e solo Le parole le cose presenta una spiegazione strutturata di questa categoria critica. Come ho messo in luce, però, il tentativo di Luperini di portare maggiore chiarezza, adottando l’etichetta di modernismo, non è completamente riuscito perché all’interno del manuale permangono alcuni aspetti contraddittori nella definizione del rapporto tra modernismo e avanguardia. A questo proposito vista la condanna netta di Luperini all’etichetta di romanzo di avanguardia, utilizzata per Svevo in Il modernismo italiano

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esiste, e dato il confronto che ho potuto fare tra il manuale Le parole le cose (2016) e il

manuale precedente degli stessi autori Il nuovo la scrittura e l’interpretazione (2011), mi sbilancerei a dire che le contraddizioni interne al testo sembrerebbero date da una mancanza di revisione dei materiali, che gli autori hanno deciso di riutilizzare – senza aggiornarli – anche per le nuove edizioni dei manuali.

A mio parere sarebbe necessario che gli autori cerchino di essere coerenti nell’utilizzo delle etichette critiche, o meglio che trovino il modo di introdurre gli studenti nel complesso mondo della critica e, quindi, li abituino al fatto che la definizione e la periodizzazione scelte nascono, di volta in volta, dalla presa di posizione del singolo autore del manuale, all’interno di un dibattito più ampio e complesso. Così facendo, nella spiegazione del singolo scrittore o poeta sarebbe poi possibile far emergere sia le caratteristiche delle singole opere che sono in continuità con la categoria critica proposta sia quelle che da essa divergono.

A proposito del rapporto tra Pirandello e Svevo e i rappresentanti dei contesti culturali europei a loro coevi, dalla maggior parte dei manuali è emerso che quasi tutti gli autori concordano nel presentare i due maggiori scrittori italiani di inizio Novecento in relazione a Marcel Proust, James Joyce, Robert Musil, Franz Kafka, Thomas Mann, Joseph Conrad e Virginia Woolf. Fa eccezione solo la scelta di Baldi che, all’interno di I classici nostri

contemporanei, non crea nessun legame tra la letteratura italiana e quella europea di questo

periodo. Baldi, però, come è stato accennato, è l’autore dei manuali di letteratura più adottati in Italia, quindi, nonostante sia un’eccezione in questa rosa di testi analizzati condiziona in realtà l’insegnamento della letteratura nella maggior parte delle scuole del nostro paese.

Infine, si può constatare che al centro del canone narrativo di inizio Novecento mantengono la loro posizione Svevo e Pirandello, mentre per quanto riguarda tutti gli altri autori proposti non esiste una concordanza di opinioni né tra i manuali stessi né tra i manuali e le indicazioni ministeriali. Per quanto riguarda la scelta delle opere rappresentative di Svevo e Pirandello si confermano Il fu Mattia Pascal e La coscienza di

Zeno. Rimane solo da segnalare la proposta di Giunta che, invece, per la poetica di

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Conclusioni

La scelta dell’argomento di questa tesi nasce dal mio interesse per il mondo della scuola e da una domanda: in quale modo e attraverso quali strumenti il mondo della ricerca universitaria riesce a comunicare con l’insegnamento all’interno della scuola, una realtà distinta e separata, certo, ma con la quale dovrebbe essere in continuo scambio reciproco? Senza troppo dilungarmi sulla convinzione che il ruolo dell’aggiornamento attivo del personale docente sia un’attività necessaria del lavoro dell’insegnante ad ogni livello scolastico, ho poi orientato la mia ricerca sui manuali scolastici. Questi strumenti, infatti, sono pensati e creati da docenti universitari e sono poi utilizzati dagli insegnanti delle scuole secondarie superiori come sicuro riferimento per le loro spiegazioni. Il manuale scolastico, quindi, attraverso i frequenti aggiornamenti potrebbe riflettere i cambiamenti di prospettiva e i dibattiti della critica, in modo abbastanza aggiornato.

Questo interesse si è tradotto in questa tesi nell’analisi di sei manuali scolastici tra i più adottati nelle scuole secondarie di secondo grado italiane. Il mio studio si è poi concentrato sul modo di spiegare ed esporre agli studenti il canone narrativo italiano di inizio Novecento. La scelta di questo periodo storico si basa su due diversi fattori: da un lato – come è stato possibile vedere nel terzo capitolo – il dibattito della critica italiana sulla letteratura sviluppatasi in questo arco di tempo è molto vivo e mi ha spinto dunque a voler constatare se e come il dibattito accademico a riguardo ha influenzato questi manuali; dall’altro, il primo Novecento è sicuramente la parte del programma che di solito tutti gli insegnanti riescono ad affrontare a scuola, aspetto non scontato per il resto della letteratura del Novecento.

Nel primo capitolo ho scelto di approfondire il concetto di canone e di riflettere sulla sua formazione. Questo mi ha permesso di capire quanto sia fondamentale la scelta degli autori che vengono proposti anche all’interno della scuola, perché il canone letterario è un’istituzione influenzata dal contesto storico, sociale, culturale in cui nasce e in esso sono presenti le opere che rispecchiano i valori di una società che si sono sedimentati nel tempo.

Attraverso l’analisi di Il canone Occidentale di Harold Bloom, invece, è emerso un altro modo di concepire il canone; l’autore ha basato la sua selezione sul valore estetico delle opere mettendo al centro del suo canone Shakespeare. Questo volume è stato contestato da diverse minoranze che, invece, avanzavano canoni alternativi nei quali erano presenti

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scrittrici, autori omosessuali o scrittori neri. Da questi esempi emerge come il canone può quindi diventare anche uno strumento di diffusione dei valori, cosa che è evidente anche nella storia italiana. Alla nascita dello stato nazionale unitario la letteratura italiana diventa uno degli strumenti che hanno aiutato a diffondere il senso di appartenenza alla nuova patria. Il volume che ha maggiormente influenzato questo processo è La storia della

letteratura italiana di Francesco De Sanctis: è qui che prende forma il canone della nostra

letteratura fino al XIX secolo. Analizzando invece il canone del XX secolo è stato possibile osservare come l’istituzione-canone necessiti di tempo perché si sedimentino i valori di un determinato secolo e sia quindi possibile stabilire un insieme di opere che sia specchio della società.

Infine, ho rilevato come la maggiore integrazione tra gli stati europei e la volontà di creare una realtà politica, sociale ed economica sovranazionale abbia spinto a pensare a un canone non più solo nazionale, ma europeo. Alla fine del capitolo si discute sulla possibilità di studiare anche a scuola un canone europeo in prospettiva nazionale. Dall’analisi dei manuali è poi risultato che, anche se non si può parlare propriamente di canone europeo, nella maggior parte dei testi non è mai assente un confronto tra la letteratura italiana e la più ampia produzione letteraria europea.

Nel secondo capitolo ho invece cercato di capire l’orientamento ministeriale riguardo al canone che deve essere svolto a scuola. Come prima cosa è emersa la progressiva perdita di valore attribuita al canone letterario a scuola nel corso dei decenni; è palese la differenza di approccio tra la Commissione Brocca nel 1992 e la riforma Moratti nel 2010. Nonostante la Commissione Brocca non si fosse sbilanciata a proporre un canone per il Novecento, aveva però delineato in modo preciso gli autori dalle origini della nostra letteratura fino a Svevo e Pirandello e, soprattutto, il canone indicato era valido per tutti i tipi di scuola. La differenza fondamentale fra le due riforme sta proprio nel fatto che le

Linee guida per gli istituti professionali e tecnici e le Indicazioni ministeriali per i Licei

inquadrano due categorie di studenti: quella liceale, che deve ricevere una certa formazione e deve quindi avere nel suo bagaglio culturale anche la letteratura italiana dalle origini ai giorni nostri; quella degli studenti dei tecnici e dei professionali, che, essendo destinati al lavoro subito dopo le scuole secondarie di secondo grado, sembra che non debbano approfondire un preciso canone della nostra letteratura. L’insegnamento in questi tipi di scuole si deve orientare all’utilizzo della lingua soprattutto in ambiti relazionali e professionali. Il nuovo approccio è profondamente diverso, e anche il valore attribuito alla

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letteratura è cambiato: avere un bagaglio culturale comune non è più considerato un aspetto fondamentale per i cittadini italiani.

All’interno di questo capitolo l’analisi si è poi spostata sugli strumenti che il ministero utilizza per verificare la preparazione degli studenti e dei futuri insegnanti. Sono stati, infatti, presi in considerazione sia le analisi del testo della prima prova della maturità sia i programmi richiesti ai concorsi per docenti dal 1999 ad oggi. Questo confronto si è maggiormente concentrato sulla situazione della letteratura del Novecento, sia perché è quella più difficile da definire, sia perché le analisi dei testi sottoposti agli studenti erano prevalentemente di autori novecenteschi. Da questa analisi è emerso che non esiste in realtà una vera corrispondenza tra il canone che in teoria deve essere insegnato durante l’anno scolastico e i testi da analizzare sottoposti agli studenti negli esami di maturità. Per citare solo un caso, nel 2013 i maturandi dovevano analizzare un passo di Magris, autore che non è presente né nelle Indicazioni ministeriali né nei vari programmi dei concorsi per docenti.

Nel terzo capitolo ho messo a confronto due etichette letterarie che, in base alle diverse