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La (in)capacità del fallito in qualità di soggetto coattivamente sostituito

La posizione del curatore rispetto agli atti del fallito e sua legittimazione come sostituto coattivamente

1. La (in)capacità del fallito in qualità di soggetto coattivamente sostituito

Il dettato normativo dell’art 43 della Legge Fallimentare sancisce

che, una volta dichiarato il fallimento, il fallito perde la capacità

processuale in favore del curatore65, cui è attribuita la

legittimazione a sostituirsi in giudizio allo stesso fino alla

chiusura del fallimento.66

Prima facie preme osservare come l’intervento “ad adiuvandum”

spiegato dal curatore nel processo instaurato dal fallito, non

escluda la legittimazione suppletiva del fallito stesso in casi di

inerzia o disinteresse degli organi della procedura nel far valere

diritti compresi nel fallimento67.

Risulta essenziale rilevare che, il dettato normativo suesposto,

individua il dies di modifica soggettiva della legittimazione a

stare in giudizio al momento della dichiarazione di fallimento.68

65 In tal senso Ferro, Commentario teorico-pratico, Cedam, 2014

66 Apice, Gli effetti del fallimento per il fallito, in Trattato delle procedure

concorsuali, Torino, 2010, I vol.

67 Azzolina, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1992

68 Torrepadula, Degli effetti del fallimento per il fallito, in Jorio A, diretto da, Il nuovo

65 A tal proposito si è pronunciata la Cassazione, con sentenza n.

1396 del 2003, precisando che “La perdita della capacità processuale

del fallito non si determina automaticamente per effetto della dichiarazione di fallimento ma solo a seguito del concreto esercizio, da parte del curatore, del potere di “stare in giudizio” nelle controversie contemplate nell’art 43L. Fall. È quindi evidente che, prima di tale momento, gli atti compiuti dal fallito o posti in essere nei suoi confronti non subiscono l’effetto della nullità ma sono inopponibili alla massa dei creditori, in quanto l’eventuale definizione del processo, pur non potendo in alcun modo vincolare tali soggetti, rimasti estranei al suo svolgimento, è invece pienamente efficace nei confronti del fallito tornato in bonis”.

In merito all’intervento del curatore preme valutare con

maggior rigore i casi di disinteresse e inerzia previsti dalla

legge69.

Alla luce di ciò la Cassazione con sentenza 6458 del 1982 aveva

precisato che “...la capacità o legittimazione processuale del fallito,

per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, può

69 Celdria, Pajardi, Commentario alla legge fallimentare, Milano, 1993; Ferro, La

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eccezionalmente riconoscersi soltanto nel caso di disinteresse o inerzia degli organi preposti al fallimento, e non anche nel caso in cui tali organi si siano concretamente attivati ed abbiano ritenuto non conveniente la prosecuzione della controversia…”.

Le due condotte negative poc’anzi citate riconducibili agli

organi fallimentari assumono ruolo preponderante se

immaginiamo per un attimo che tali condotte siano poste in

essere dal curatore. Il disinteresse di tale organo potrebbe,

difatti, depauperare il patrimonio del fallito, che invece ha, da

un lato l’obbligo a non distrarre il patrimonio riconducibile ad

essere inventariato, dall’altro ha un proprio diritto ed interesse a

che il patrimonio non venga diminuito, vuoi per non incorrere

in una possibile incriminazione di uno dei reati fallimentari

previsti dall’ultimo capo della legge fallimentare, vuoi per una

eventuale proposta concordataria70, è appena il caso di

ricordare, in armonia con quanto appena esposto che la

proposta concordataria, segnatamente nella fattispecie

endofallimentare, può essere esercitata non prima di un anno

dalla sentenza dichiaratrice di fallimento e non oltre due anni

67 dalla esecutività dello stato passivo; va da sé che la integrità del

patrimonio sia condizione prodromica per una proposta

concordataria in linea coi dettami del Regio Decreto 267/1942.

Alla luce di ciò è opportuno distinguere due situazioni.

In primis qualora il curatore abbia dimostrato il suo interesse

per il rapporto in lite, promuovendo il giudizio o

intervenendovi “…il difetto di legittimazione processuale del fallito

assume carattere assoluto, ed è perciò opponibile da chiunque e rilevabile anche d’ufficio”71

Disciplina diversa sembra essere riconducibile alle ipotesi ove il

curatore risulti disinteressato72.

A tal proposito la Cassazione con sentenza n.23435 del 2004 ha

stabilito che il fallito giova di “…eccezione legittimazione

processuale suppletiva in caso di inerzia o disinteresse degli organi fallimentari poiché, la negativa valutazione di questi ultimi circa la convenienza della controversia è sufficiente ad escludere detta legittimazione, allorquando venga espressa con riguardo ad una

71 Per una trattazione completa si rimanda a Cass n.8990/2007 72 Bonatti, Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2007

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controversia della quale il fallimento sia stato parte, mentre non lo è, allorquando si tratti di una controversia alla quale il fallimento sia rimasto del tutto estraneo ed in particolare quando alla negativa valutazione si accompagni l’espresso riconoscimento della facoltà del fallito di provvedere in proprio e con suo onere”.

L’inerzia del curatore, che può disinteressarsi di determinati

rapporti patrimoniali senza che ciò precluda la facoltà di

interessarsene in un momento successivo73, non sembra possa

fondare una legittimazione processuale del fallito; configurabile,

invece, quando il disinteresse sia correlato all’esclusione ovvero

alla estinzione ex lege del diritto dal fallimento o ad una scelta

definitiva del curatore.

Quando invece l’inerzia del curatore è riconducibile ad una sua

valutazione contingente e il bene o diritto rimane compreso nel

fallimento non sembra potersi configurare una ipotesi di

legittimazione processuale in capo al fallito.

Quindi, non è il disinteresse del curatore ma solo la definitiva

esclusione del bene od estinzione del diritto dal patrimonio

69 fallimentare a fondare la legittimazione sostanziale e

processuale del fallito.

A completamento risulta idoneo, a parere di chi scrive, collegare

la disciplina del suesposto art 43 a quella dell’art 46 L. Fall.

Il combinato disposto dei due articoli permette di rilevare che, il

fallito, non perde la legittimazione processuale nei giudizi

relativi a rapporti personali o inerenti quei beni esclusi dallo

spossessamento ai sensi dell’art 46. Ove però in questi giudizi

potessero derivare effetti, a valenza economica, inerenti il

fallimento, si potrebbe discutere circa l’attribuzione della

legittimazione processuale al fallito o al curatore o ad

entrambi.74

Infine, a completamento di quanto sopra esposto, preme

precisare che la legittimazione del curatore nelle controversie

relative a beni e diritti compresi nel fallimento ha carattere

esclusivo ed al fallito è riconosciuto il diritto di intervento, salvo

i casi suesposti, per le questioni dalle quali può dipendere

un’imputazione per bancarotta.

74 A tal proposito si veda Vassalli, Luiso, Gabrielli; Gli Effetti del Fallimento, opera già

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2. Il curatore come terzo e come parte. Il ruolo del