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La validità degli atti del debitore in crisi nella procedura del concordato preventivo e la certezza

atti compiuti dal fallito successivamente alla sentenza dichiaratrice di fallimento

2.4 La validità degli atti del debitore in crisi nella procedura del concordato preventivo e la certezza

dei rapporti giuridici come ratio del mantenimento

della validità degli atti compiuti dal debitore in crisi

in caso di successivo fallimento.

In merito alla procedura concordataria preme rilevare come, a

differenza di quanto avviene per il fallito, gli atti compiuti dal

58 retrodatazione dalla omologa del tribunale, risultano efficaci e

validi57. Appare opportuno ricordare come i dettami di cui

all’art 42 L. Fall non sono richiamati in alcuna sede delle

prescrizioni normative relative al concordato preventivo; anzi,

in particolare, è proprio la specificità della procedura, vuoi

liquidatoria, vuoi in continuità che estranea il debitore dalla

figura del fallito58. Sarebbe invero paradossale che, ancorché,

anzi proprio in presenza di un soggetto atto al controllo degli

atti compiuti dal debitore, prima facie, il commissario giudiziale

ed eventualmente il liquidatore, che questi stessi atti, nella

fattispecie di natura processuale, fossero dichiarati ex ante

invalidi ed inefficaci.

Ad avvalorare quanto sopra esposto vale la pena ricordare

come, squisitamente nel concordato preventivo, la ratio della

norma sottenda ad un favor nei confronti dei terzi che entrano in

contatto col debitore; difatti, quest’ultimi sarebbero soddisfatti

in prededuzione nel caso in cui dovesse sopraggiungere il

fallimento59.

57 Per una disamina completa e puntuale si veda Cecchella, Diritto Fallimentare,

opera già citata.

58 Pajaridi, Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Hoepli, 2008 59 Panzani, Fallimento ed altre procedure concorsuali, Torino, 2009

59 Tale prescrizione normativa infatti contempera da una parte

interessi del debitore, volti al mantenimento e alla

continuazione della attività economica, dall’altra quelli dei terzi,

volti sì ad instaurare nuovi rapporti economici, altresì con

imprese in crisi, ma esclusivamente a fronte di un trattamento

satisfattivo più che privilegiato, in prededuzione.

Va da sé che a fronte della scure di una invalidità ed inefficacia

generale degli atti compiuti dal debitore, nessun terzo

stipulerebbe alcun contratto con il soggetto di cui sopra60.

Se, sul piano fisiologico, la regola generale appare essere la

validità degli atti e conseguente salvezza degli stessi verso i terzi

e a favore di questi, è appena il caso di approfondire la

fattispecie patologica susseguente alla revoca del concordato61.

Appare prodromico analizzare la fattispecie inerente la revoca

del concordato e gli eventuali sub-procedimenti successivi alla

stessa.

Prima facie, come la migliore dottrina sostiene, l’unico soggetto

legittimato ad informare tempestivamente il tribunale di un

60 Panzani, La riforma delle procedure concorsuali. Il secondo atto, in

www.fallimentonline.it

61 AA.vv, Trattato di diritto Fallimentare. Gli organi, gli effetti. La disciplina

60 qualsiasi atto passibile di revoca della procedura è il

commissario giudiziale, e non già il p.m od un qualsiasi

creditore di cui alla relazione ex art 160 l.f.62.

Dunque, è da capire se l’informativa del commissario possa o

meno essere seguente alla omologazione, e se possa essere tale

da sospendere od alterare in una qualche maniera il naturale

corso fisiologico della procedura ovvero se i due procedimenti

“proseguano indipendenti su due binari paralleli”. 63

In ordine al primo interrogativo postoci, alla lettera della legge

non v’è alcuna indicazione in merito ad una precisa collocazione

della informativa, essendo d’altro canto il controllo posto in

capo al commissario presente durante l’intero arco temporale

del concordato, ovvero dalla sua nomina alla estinzione dello

stesso, vuoi per via fisiologica, vuoi per via patologica.

62 Cecchella, Diritto Fallimentare, opera già citata.

63 In questo senso Galletti, La revoca, secondo cui, ancorché il primo comma faccia

riferimento alla preventiva segnalazione del commissario giudiziale, che peraltro può più agevolmente di altri accorgersi di eventuali alterazioni contabili (mentre per il terzo comma il tribunale può provvedere d’ufficio indipendentemente da detta segnalazione), una ricostruzione più armonica della norma consente di affermare che non vi sia “alcuna restrizione di fronte all’ipotesi che invece le circostanze vengano portate all’attenzione del Tribunale direttamente da un creditore, da un terzo interessato (ad es. un garante del debitore) oppure dal Pubblico Ministero”, senza differenza fra il primo e il terzo comma; cfr Censoni, Il concordato preventivo:

61 Viene dunque da chiedersi quali siano le conseguenze, a seguito

di una revoca con decreto ex art 15 l.f., sia sul piano processuale

strettamente inerenti alla sfera del debitore sia sul piano

procedurale del concordato stesso.

In caso di revoca e seguente istanza di fallimento, vuoi di un

creditore vuoi del p.m., non v’è dubbio alcuno che il debitore sia

legittimato a presentare reclamo avverso il decreto; in detta

ipotesi la sospensione del procedimento concordatario appare

inevitabile in attesa che il prodromico giudizio sub-

procedimentale inerente la revoca abbia esito.

Nel caso in cui, a seguito della revoca della procedura

concordataria, non sia presentata istanza di fallimento, il giudice

emette il decreto che dispone la suddetta revoca, precipuamente

denominato di “non luogo a provvedere”; il debitore, non potendo

per evidenti motivi, effettuare un reclamo avverso il decreto

nella modalità di cui sopra, potrà esperire come unico metodo di

impugnativa il ricorso straordinario in cassazione, qualora il

decreto abbia in sé le caratteristiche della decisorietà e

62 Ultima questione da analizzare in detta sede concerne gli effetti

della revoca stessa in ordine ad atti processuali invalidamente

compiuti ovvero compiuti violando i dettami prescritti nella

sezione di cui al concordato.

Soggiunge in aiuto una recente Sentenza della Corte di

Cassazione, n. 14552 del 26/06/2014, con la quale “si è pronunciata

in ordine alla rilevanza ed agli effetti sulla procedura concordataria degli atti fraudolenti di cui all'art. 173 L.F. nell'ipotesi in cui gli stessi siano stati portati a conoscenza del ceto creditorio, che abbia poi ugualmente espresso voto favorevole al concordato”64.

Per quanto interessa in detta sede, la Corte, ha evidenziato una

condotta passibile di revoca “…nell'aver definito un contenzioso

pendente con la propria committente Gamma mediante una transazione di contenuto pregiudizievole, in quanto era stata riconosciuta alla controparte una somma di denaro, per lavori non eseguiti e come penale per il ritardo, di molto superiore rispetto a quella che le sarebbe spettata […]”.

Rileva quindi la Corte che “la fraudolenza degli atti posti in essere

dal debitore, se implica, come già detto, una loro potenzialità decettiva

64 Nota di Luca Locanto in “Revoca del concordato preventivo ai sensi dell'art. 173

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nei riguardi dei creditori, non per questo assume rilievo, ai fini della revoca dell'ammissione al concordato, solo ove l'inganno dei creditori si sia effettivamente realizzato e si possa quindi dimostrare che, in concreto, i creditori medesimi hanno espresso il loro voto in base ad una falsa rappresentazione della realtà. Quel che rileva è il comportamento fraudolento del debitore, non l'effettiva consumazione della frode”

A guisa di quanto suesposto possiamo dunque compiutamente

affermare che il Legislatore attribuisce al Giudice la potestà di

revocare la procedura concordataria ed invalidare gli atti

compiuti dal debitore in violazione delle prescrizioni normative

sancite dalle Legge Fallimentare.

La posizione del curatore rispetto agli atti del fallito