Gli effetti della sentenza dichiaratrice di fallimento nella sfera del fallito.
2. Gli effetti degli atti compiuti dal fallito
2.1 La certezza del dies a quo per la connessione dell’art 43 e art
Ai sensi dell’art 43, terzo comma, della Legge Fallimentare,
“L’apertura del fallimento determina l’interruzione automatica del
processo”.
L’automaticità dell’effetto interruttivo, inserita dall’art 41 del
Decreto Legislativo 9 gennaio 2006 n.5, è volta ad evitare che, la
37 parte colpita dall’evento, ometta di dare notizia nel processo
dell’avvenuto fallimento.
Preme rilevare che, prima della riforma, l’effetto interruttivo si
verificava, ex art 300 e 305 cpc, con la dichiarazione in udienza
dell’avvenuto fallimento da parte del procuratore della parte
fallita.
La Corte Costituzionale con sentenza del 6 luglio 1971 n. 159 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art 305 “nella parte in
cui non dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell’art 299 dello stesso Codice, decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza”.
Ha dichiarato, inoltre, l’illegittimità del detto art 305 “nella parte
in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi del precedente art 300, comma terzo, decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza”.
L’odierna interruzione opera, invece, di diritto; decorre, difatti
dal deposito della sentenza di fallimento ed è compito del
38 Tale previsione garantisce che, il difensore, non possa effettuare
scelte discrezionali relativamente al momento di produzione
degli effetti dell’interruzione essendo questi necessariamente
coincidenti con la dichiarazione di fallimento.
La Corte Costituzionale, con sentenza del 21 gennaio 2010 n.17 e
con successiva sentenza del 21 luglio 2010 n. 261, ha precisato
che “il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre non
già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui tale evento sia venuto in forma legale a conoscenza della parte interessata alla riassunzione con la conseguenza che il relativo dies a quo può ben essere diverso per una parte rispetto all’altra”.35
Come stabilito dalla Corte i tre mesi previsti dall’art 305 cpc non
decorrono dall’evento interruttivo ma, piuttosto, dalla data in
cui il soggetto interessato alla riassunzione ha avuto conoscenza
legale dell’evento interruttivo.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 6 febbraio 2011 n. 978, ha
ritenuto che il fallito, nella persona del curatore, abbia
conoscenza legale dell’evento interruttivo al momento della
pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento.
35 Per una trattazione completa si veda Cass. sent. nn. 24857 e 20361 del 2008, n.
5348 del 2007, n. 974 del 2006, n. 16020 del 2004, n. 6654 del 2003 e n. 12706 del 2001
39 In tale prospettiva quindi, il dies a quo, non può decorrere dalla
data di apertura del fallimento ma dovrà principiare dalla data
in cui il curatore abbia avuto effettiva conoscenza
dell’interruzione.
Per quanto concerne la posizione dei terzi, preme rilevare che,
l’interruzione, decorre dal momento in cui essi siano venuti a
conoscenza in forma legale del fallimento.
La conoscenza effettiva e formale del fallimento si determina a
seguito delle comunicazioni previste ex art 92 della Legge
Fallimentare36, ovvero, a mezzo di posta elettronica certificata o
posta raccomandata da parte del curatore37.
Visione diversa era stata assunta dal Tribunale civile di Roma
con sentenza n. 139 del 1967.
Secondo il Tribunale, infatti, la conoscenza legale dell'apertura
del fallimento era individuata nella data di iscrizione della
sentenza dichiarativa del fallimento nel Registro delle imprese,
36 Art 92 L. Fallimentare “Il curatore, esaminate le scritture dell’imprenditore ed
altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, a mezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax o posta elettronica: che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo seguente; la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande; ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda. Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente”.
40 posto che, ai sensi del terzo comma dell'art.16 Legge
Fallimentare, “La sentenza produce i suoi effetti dalla data della
pubblicazione ai sensi dell’art 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’art 17 secondo comma”.
Di visione opposta è, invece, la posizione della Corte di
Cassazione che, con sentenza n. 19509 del 2010, ha sancito che
“si impone un attento bilanciamento tra le esigenze del soggetto che
intenda impugnare la decisione sfavorevole e quelle del soggetto protagonista di una vicenda modificatrice della capacità di stare in giudizio, dallo stesso voluta e non immediatamente percepibile sulla base degli atti del processo. Non appare da questo punto di vista ragionevole gravare la parte interessata all'impugnazione dell'onere di una permanente consultazione del registro delle imprese al solo fine di consentirle la semplice gestione del processo.”38
Secondo la Corte, l’onere posto in capo alle parti processuali di
consultare il Registro delle imprese, onde verificare il
sopraggiungere o meno di pronunce dichiarative del fallimento
38http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Document
i/Norme%20e%20Tributi/2010/09/cassazione-sentenza-19509.pdf?uuid=e07faa92- c034-11df-a542-5420bdacca78
41 della controparte, si pone in contrasto con l’art 111 della Cost, in
tema di giusto processo, e con l'esigenza di effettività e pienezza
del contraddittorio.
Tale visione, ripresa con sentenza n. 5650 del 2013, individua la
conoscenza legale dell'evento interruttivo in capo alla parte
interessata ad una possibile riassunzione non alla data di
iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese
ma alla data nella quale l'intervenuto fallimento sia stato portato
a conoscenza a mezzo di dichiarazione in udienza e notifica.
L’art 42 della Legge Fallimentare prescrive “La sentenza che
dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi. Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunciare ad acquisire i beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi”.
42 In base al dettato normativo la sentenza dichiaratrice di
fallimento produce, in capo al fallito, la perdita
dell’amministrazione e della disponibilità materiale dei beni
ricompresi nella massa fallimentare. A tal fine è necessario
precisare che i beni in oggetto sono pignorabili e suscettibili di
liquidazione in favore dei creditori. Da tale novero sono esclusi i
rapporti strettamente personali del fallito39.
L’articolo prevede poi una deroga all’art 2740 del codice civile
nella parte in cui prevede che “il debitore risponde dei suoi beni
presenti e futuri” infatti, l’art 42 prevede che gli acquisti
successivi alla dichiarazione di fallimento rientrano nel
patrimonio fallimentare.
L’art 44, composto di tre commi, della Legge Fallimentare
sancisce “Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui
eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
39 Guglielmucci, Diritto Fallimentare, Torino, Giappichelli, 2015; Scala, in
43
Sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma”.
In ordine a detto articolo, oggetto di approfondito studio nel
seguente paragrafo (v.infra 2.2) appare quanto mai opportuno
tratteggiare alcune sommarie linee guida; in merito al primo
comma preme osservare la statuizione dell’inefficacia di
qualsiasi atto e pagamento compiuto dal fallito posteriormente
alla sentenza di fallimento.
Ai successivi commi, secondo e terzo sono sanciti
rispettivamente la inefficacia dei pagamenti effettuati al fallito e
l’istituto della traslazione delle utilità di cui ai primi due commi
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