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1.2 La struttura giuridica dell’impresa cooperativa

1.2.3 Il capitale sociale

La cooperativa, come specificato dall’articolo 2511 del codice civile, si definisce co-me una societ`a a capitale variabile con scopo mutualistico. La variabilit`a del capitale `e un elemento attestato storicamente gi`a nei primi interventi normativi relativi alla coo-perazione134 e costituisce un tratto strutturale della cooperativa, corrispondente alla natura aperta di questo tipo di societ`a135. L’esonero dall’obbligo di indicare nell’atto costitutivo l’ammontare del capitale sociale136 sembra infatti rispondere alla necessit`a di garantire l’ingresso di nuovi soci e, quindi, assicurare effettivit`a al principio della porta aperta, come confermato anche dal disposto dell’articolo 2524 del codice civile.

Anche nella disciplina del capitale sociale emerge come la cooperativa sia una so-ciet`a di capitali che tuttavia si caratterizza per importanti elementi personalistici. Da un lato, l’impronta capitalistica emerge dall’autonomia patrimoniale perfetta prevista dall’articolo 2518 del codice civile: per le obbligazioni sociali risponde quindi esclusi-vamente la societ`a con il suo patrimonio. Tuttavia, alla protezione del socio rispetto ai debiti sociali corrisponde il divieto per i creditori particolari del socio di agire esecuti-vamente sulla quota o sulle azioni del socio, almeno finch´e dura la societ`a137. Questa previsione ribadisce l’importanza del socio personalmente inteso, come portatore di un

134Di cui si `e detto SUPRA 1.1.2.

135Per una ricostruzione del tema, pi`u ampia di quanto possibile nel presente lavoro, si veda Giustino Di Cecco, Variabilit`a e modificazioni del capitale sociale nelle cooperative, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012.

136Ex art. 2520 c.c.

interesse comune, corale, nella compagine sociale: il divieto di azione esecutiva sul-la quota del socio appare logicamente connesso alle ragioni tassative previste per il recesso, oltre che alla previsione di requisiti per l’iscrizione nel libro dei soci.

La disciplina in materia di capitale sociale insomma sembra porsi a presidio della struttura organizzativa e funzionalista della cooperativa. In particolare, i limiti previsti rispondono a due diverse esigenze: la tutela della democrazia interna attraverso la diffusione del potere decisionale, da un lato, e il perseguimento della funzione sociale e dello scopo mutualistico dall’altro.

Sotto il primo profilo si pongono i limiti alle concentrazioni capitalistiche, previsti dalla normativa codicistica. Oltre a prevedere la regola deliberativa una testa, un voto, la disciplina civilistica pone un tetto massimo sia al valore quantitativo dei conferimenti del singolo socio, la cui partecipazione non pu`o superare i centomila euro (limite che pu`o essere elevato dall’atto costitutivo delle cooperative con pi`u di cinquecento soci fino a un massimo del 2% del capitale sociale), sia al valore nominale della quota, per cui la norma civilistica prevede un minimo di venticinque euro e un massimo di cinque-cento138. Limiti al potere del capitale sono posti anche riguardo ai diritti, patrimoniali o amministrativi, dei possessori di strumenti finanziari eventualmente emessi in virt`u delle disposizioni contenute nell’atto costitutivo. In particolare, l’articolo 2526 del co-dice civile specifica che ai possessori di strumenti finanziari non pu`o essere attribuito pi`u di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci139.

Sotto il secondo profilo, ossia rispetto al perseguimento della funzione sociale e dello scopo mutualistico, si pone la peculiare disciplina in materia di riserve e ristorni. La disciplina sul bilancio di esercizio rappresenta una materia su cui si applicano le regole generali delle societ`a di capitali, salvo specifiche deroghe previste dall’ordina-mento cooperativo, in rapporto di specialit`a con il diritto comune. Il bilancio di una cooperativa, quindi, deve sia rappresentare “la situazione patrimoniale e finanziaria della societ`a e il risultato economico dell’esercizio140”, come previsto per le societ`a di capitali, sia indicare le modalit`a con cui sia stato perseguito lo scopo mutualistico, ele-mento qualificante della cooperativa. Il docuele-mento contabile deve quindi tener conto sia dell’economicit`a dell’impresa sia della mutualit`a della societ`a. La prima sar`a dimo-strata dal conto economico, mentre le informazioni sulle peculiarit`a della cooperativa, ossia relative al suo carattere aperto e alla mutualit`a, saranno rinvenibili nella relazione sulla gestione141e nella nota integrativa, che specifica il valore degli scambi economici tra societ`a e soci142.

138Ex 2525 c.c.

139Il limite di un terzo ricorre anche per la scelta di amministratori eventualmente assegnata alla categoria dei possessori di strumenti finanziari nella cooperativa, ex art. 2542 co. 4 c.c.

140Ex art. 2423 co. 2 c.c.

141In cui amministratori e sindaci, in virt`u dell’art. 2545 c.c., devono indicare specificamente i criteri

seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo mutualistico, oltre a dover dar conto delle

decisioni relative all’ammissione di nuovi soci, ex art. 2528 co. 5 c.c.

142Informazioni necessarie anche per la calcolare la prevalenza della mutualit`a e quindi accedere alle agevolazioni previste, come analizzato SUPRA 1.1.7.

Risultato individuale degli scambi sono i ristorni, che rappresentano la traduzione in termini monetari del vantaggio mutualistico143o, in altri termini, la remunerazione differita delle prestazioni attuative del rapporto mutualistico144.

Pur rappresentando, come i dividendi, un’erogazione di denaro (o di strumenti finanziari) dalla societ`a ai soci, la natura dei ristorni si distingue nettamente, sul piano teorico sistematico, dai dividendi, che si calcolano in ragione della partecipazione al capitale sociale e valorizzano la produttivit`a del capitale investito dal socio di societ`a lucrativa. Nella cooperativa invece il valore della partecipazione del socio `e slegato dal valore del capitale investito: il ristorno si calcola infatti in proporzione agli scambi mutualistici145.

I ristorni paiono insomma essere un indice di mutualit`a e, insieme, uno stimolo all’economicit`a dell’impresa cooperativa. L’erogazione differita rispetto all’attuazione dello scambio mutualistico permette infatti alla societ`a di garantire una gestione di servizio sostenibile sull’economia di mercato. Inoltre, il ristorno pu`o rappresentare un meccanismo di fidelizzazione del socio che, ottenendo erogazioni proporzionate alla quantit`a e qualit`a dei rapporti con la societ`a146, `e indotto a un maggior attivismo nei confronti della stessa147. Senza un sufficiente apporto da parte dei soci, infatti, `e esclusa la possibilit`a di ripartizione dei ristorni. Sia la giurisprudenza148, sia l’Agenzia delle Entrate149 hanno infatti precisato come i ristorni possano essere riconosciuti in chiusura dell’esercizio contabile solo in presenza di un avanzo di gestione derivante dalla sola attivit`a con i soci, cos`ı evitando che, sotto l’etichetta di ristorni, si celino dei dividendi derivanti da una gestione di resa del capitale.

Anche la disciplina sull’indivisibilit`a delle riserve risponde al carattere mutualisti-co della societ`a cooperativa, rappresentando un patrimonio intergenerazionale150 della societ`a. L’indivisibilit`a delle riserve, cui peraltro non corrisponde sempre l’indisponibi-lit`a delle stesse151, pone infatti il capitale nella disponibilit`a dell’impresa cooperativa, evitandone la traduzione in termini di lucro soggettivo.

L’indivisibilit`a delle riserve sembra porsi come uno degli indici di prevalenza del-la mutualit`a, tanto che la disciplina delle riserve indivisibili, comunque demandata alle determinazioni statutarie, trova tre vincoli nella normativa civilistica. In primo luogo, impedendo la modifica del regime legale delle riserve gi`a accumulate, in virt`u

143Francesco Galgano, Diritto commerciale. Le societ`a op. cit., 450.

144Vincenzo Buonocore, Diritto della cooperazione op. cit., 233.

145Amedeo Bassi, Dividendi e ristorni nelle societ`a cooperative, Giuffr`e, 1979.

146L’art. 2545-sexies c.c. attribuisce all’atto costitutivo il compito di determinare i criteri di ripartizione dei ristorni, ferma restando la proporzionalit`a quantitativa e qualitativa con gli scambi mutualistici.

147Stefano Zamagni, Per una teoria economico-civile dell’impresa cooperativa, AICCON Working Papers, 2005, 10, 9.

148Cass. civ., sez. prima, 9 settembre 1999, n. 9513. 149Circolare 18 giugno 2002, n. 53.

150Guido Bonfante, Riserve indivisibili, in Gastone Cottino, Guido Bonfante, Oreste Cagnasso, Paolo Montalenti (a cura di), Il nuovo diritto societario. Commentario, Zanichelli, 2004, III, 2608.

151Come osservato in Renato Santagata, Le riserve nelle nuove societ`a cooperative tra mutualit`a e mercato,

della cosiddetta irrevocabilit`a dell’indivisibilit`a patrimoniale152; poi, vietando tassati-vamente la distribuzione delle riserve tra i soci cooperatori per le societ`a a mutualit`a prevalente153; infine, prevedendo l’obbligo di imputare a riserva indivisibile l’attivo patrimoniale della societ`a che perda il carattere di mutualit`a prevalente154.

Per le cooperative a mutualit`a prevalente, peraltro, `e previsto l’obbligo di destina-re a riserva legale il 30% dell’utile netto annuale. La novit`a, introdotta dall’articolo 2545-quater del codice civile, innalza la quota minima dal 20% originario155, sembra corredata all’accresciuta possibilit`a di ricorso a capitale tramite l’emissione di strumenti finanziari156

Oltre che intergenerazionale, nella storia della singola societ`a cooperativa, il desti-no delle riserve si pone anche a presidio del movimento cooperativo complessivamente inteso, secondo i noti principi rochdaliani. In tal senso non emerge solo l’annuale devo-luzione del 3% dell’utile netto a fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, ma si attestano anche gli obblighi civilistici posti in caso di scioglimento o trasformazione della societ`a. In particolare, l’articolo 2545-undecies del codice civile prevede l’obbligo, in caso sia deliberata la trasformazione della cooperativa in societ`a lucrativa, di devolvere ai fondi mutualistici “il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti157”. Parimenti, deve essere devoluto ai fondi mutualistici il patrimonio residuo della cooperativa in caso di scioglimento della societ`a158.