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Il ruolo delle organizzazioni sindacali nella gestione della crisi

1.5 Oltre l’agnosticismo: prospettive cooperative

2.1.3 Il ruolo delle organizzazioni sindacali nella gestione della crisi

Il conflitto tra capitale e lavoro, latente ma comunque alla base della vita dell’impresa, vede nelle vicende relative al trasferimento d’azienda e al recesso da una pluralit`a di rapporti di lavoro una netta prevalenza delle ragioni imprenditoriali. Tale squilibrio ca-pitalista sembra mitigato dalla previsione di obblighi di informazione, consultazione e comunicazione alle rappresentanze sindacali, previsti in caso di licenziamenti collettivi o nell’ambito delle procedure relative ai trasferimenti d’azienda.

In caso di trasferimento d’azienda o di ramo, l’ordinamento prevede tutele indivi-duali per i lavoratori ceduti. In particolare, in virt`u dell’articolo 2112 del codice civile, si ha l’automatica continuazione dei rapporti di lavoro con il cessionario e la conser-vazione dei diritti relativi al contratto di lavoro stesso e al contratto collettivo vigente alla data del trasferimento, nonch´e la responsabilit`a in solido di cessionario e cedente circa i crediti del lavoratore al momento della cessione. Il trasferimento non costituisce

47Ex art. 2 L. 29 maggio 1982, n. 297.

di per s`e motivo di licenziamento49, ma resta ferma la possibilit`a per il cessionario di recedere rispettando la normativa in materia di licenziamenti.

Nell’ambito della procedura, l’intervento sindacale risponde a due contrapposte esi-genze. Se la funzione sindacale resta l’autotutela dei lavoratori attraverso la sintesi dei loro interessi, non si esclude tuttavia che essa risieda anche nell’elaborazione di accordi negoziati con le rappresentanze collettive in deroga alle tutele previste in caso di trasferimento di azienda o di ramo, cos`ı da un lato salvaguardando l’occupazione, dall’altro tuttavia riducendo il costo del lavoro per il cessionario. Questa funzione, specie nell’ambito della crisi d’impresa, ha ottenuto l’attenzione del legislatore della riforma50 e, prima ancora, da parte della giurisprudenza della Corte di giustizia UE51. L’articolo 5 della Direttiva 2001/23/CE sui trasferimenti d’azienda prevede infatti la deroga dei diritti dei lavoratori previsti dagli articoli 3 e 4 della direttiva stessa qualora il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga, comunque funzionale alla liquidazione dei beni del cedente, sotto il controllo di un’autorit`a pubblica52. La previsione di obblighi di informazione, consultazione e co-municazione alle organizzazioni sindacali in caso di trasferimento d’impresa risponde quindi alla necessit`a di tutela dei lavoratori ma soddisfa in parte anche l’interesse del cessionario, qualora il trasferimento consegua a una situazione di crisi e liquidazione.

La procedura, di cui all’articolo 47 della legge 428 del 1990, prevede la comuni-cazione per iscritto, entro venticinque giorni dal perfezionamento dell’atto di trasferi-mento, alle rappresentanza sindacali unitarie (o alle rappresentanze sindacali azien-dali) delle unit`a produttive interessate dall’operazione e ai sindacati di categoria che abbiano stipulato il contratto collettivo applicato alle imprese interessate dal trasferi-mento53. Tale obbligo di comunicazione spetta al cedente e al cessionario. Su questo punto, il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza contiene una semplificazione pro-cedurale, con l’introduzione del comma 1-bis al citato articolo 47. La norma dispone che la comunicazione relativa all’intenzione di trasferimento possa provenire anche soltanto da “chi intenda proporre offerta d’acquisto o proposta di concordato preventi-vo concorrente con quella dell’imprenditore”, prevedendo che l’efficacia degli accordi di salvaguardia occupazionale stipulati nel corso dell’esame congiunto possa essere subordinata alla “successiva attribuzione dell’azienda ai terzi offerenti o proponenti”.

La comunicazione deve contenere la data (anche se solo proposta) del trasferi-mento, i motivi dell’operazione programmata, le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e le eventuali misure previste per i lavoratori. Si tratta di

49Ex art. 2112, co. 4, c.c.

50Come osservato in Ilario Alvino, Continuit`a aziendale, trasferimento d’azienda e tutela dell’occupazione nel nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in RIDL, 2019, IV, 431 ss.

51Si vedano in particolare CGUE, 16 maggio 2019, 509/17, Plesser e CGUE, 22 giugno 2017, C-126/16, Federatie Nederlandse Vakverenigi.

52La figura del curatore rientra in tale ipotesi, in quanto autorizzato dal giudice delegato.

53In assenza delle rappresentanze aziendali, l’obbligo pu`o essere assolto con comunicazione ai sindacati di categoria comparativamente pi`u rappresentativi anche per il tramite dell’associazione sindacale a cui cedente e cessionario aderiscono o a cui conferiscono mandato.

una comunicazione paragonabile a quella prevista nell’ambito della procedura per i licenziamenti collettivi54, che parimenti deve essere preventiva e per iscritto alle or-ganizzazioni sindacali e deve contenere informazioni utili per la fase di consultazione ed esame congiunto (dunque i motivi che determinano la situazione di eccedenza; i motivi tecnici, organizzativi e produttivi in base ai quali si ritiene di non poter evitare il licenziamento collettivo; il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale, con indicazione dei profili del personale eccedente; i tempi di attuazio-ne del programma e le eventuali misure programmate per mitigare le conseguenze dei licenziamenti sul piano sociale).

Si procede quindi, su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali, sia nel caso di trasferimento d’azienda o di ramo, sia nel caso di procedura per la dichiarazione di mobilit`a, all’esame congiunto55. Per l’operazione di trasferimento, la consultazione si intende esaurita quando non si sia raggiunto un accordo decorsi dieci giorni dall’inizio del confronto; la procedura per la dichiarazione di mobilit`a deve invece esaurirsi entro quarantacinque giorni56.

La disciplina sul trasferimento d’azienda `e chiara nel prevedere che il mancato ri-spetto di tali obblighi di informazione e consultazione costituisce condotta antisindaca-le, contro cui le rappresentanze sindacali possono agire in giudizio ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, chiedendone quindi la cessazione e la rimozione degli effetti. Sembra invece potersi affermare la validit`a dell’operazione negoziale di trasferi-mento: sebbene parte della dottrina ne ravvisi la nullit`a57, l’orientamento maggioritario considera la violazione degli obblighi ininfluente sulla cessione, potendo avere effetti solo sulla titolarit`a dei rapporti di lavoro58, dal momento che l’oggetto delle procedure sindacali non riguarda il trasferimento in s´e, quanto le sue conseguenze sull’organizza-zione del personale. `E stato inoltre osservato come l’inadempimento degli obblighi di informazione e consultazione violi s`ı una posizione meritevole di tutela, che non risie-derebbe tuttavia nell’interesse individuale dei lavoratori coinvolti, quanto piuttosto nel solo interesse collettivo delle organizzazioni sindacali, uniche coinvolte nella procedu-ra consultiva e a cui peprocedu-raltro spetterebbe la legittimazione ad agire in caso di mancato rispetto di tali obblighi59.

La sanzione per il mancato rispetto della procedura di mobilit`a `e invece prevista dall’articolo 5 della legge 223 del 1991 con riferimento al terzo periodo del settimo comma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cos`ı come novellato con la

cosid-54Ex art. 4, L. 23 luglio 1991, n. 223.

55Il termine `e in entrambi i casi piuttosto breve: per il trasferimento si ha un termine duplice (sette giorni per la richiesta delle rappresentanze sindacali, altri sette giorni per l’avviamento dell’esame da parte di cedente e cessionario), mentre nel caso di mobilit`a il termine `e unico e fissato in sette giorni.

56I termini previsti dall’art. 4 L. 223/1991 sono dimezzati qualora il numero di lavoratori interessati dalla procedura di licenziamento collettivo sia inferiore a dieci.

57Adalberto Perulli, I rinvii all’autonomia collettiva: mercato del lavoro e trasferimento di azienda, in

DLRI, 1992, 547.

58Ex multis Cass. civ., 4 gennaio 2000, n. 23.

59In senso contrario, ipotizzando la tutela dei singoli dipendenti secondo le norme generali di responsabilit`a civile, Luisa Galantino, Diritto del lavoro, Giappichelli, 2005, 658.

detta riforma Fornero60. Per i lavoratori licenziati nell’ambito di una procedura collet-tiva, la tutela contro il recesso illegittimo finisce cos`ı per essere, nella maggior parte dei casi, risarcitoria: con la riforma del 2012, infatti, la reintegrazione nell’ambito dei licenziamenti collettivi `e un regime sanzionatorio applicato soltanto qualora sia-no privi di forma scritta o in violazione dei criteri di scelta (con la previsione di un tetto massimo dell’indennit`a risarcitoria a dodici mensilit`a). Qualora invece il vizio sia procedurale, dunque la mancata informazione e consultazione delle rappresentan-ze sindacali all’apertura della mobilit`a, la reintegrazione dei lavoratori `e esclusa ed `e prevista un’indennit`a a titolo risarcitorio compresa tra dodici e ventiquattro mensilit`a.

La disciplina dei licenziamenti collettivi, pur tuttora regolata dalla legge 223 del 1991, ha visto un’ulteriore riforma con il cosiddetto Jobs act che, attraverso l’introdu-zione del nuovo contratto a tutele crescenti61, ha previsto per i lavoratori assunti dopo il 6 marzo 2015 illegittimamente licenziati nell’ambito di una procedura collettiva, con violazione degli obblighi di informazione e consultazione, ma anche in caso di violazio-ne dei criteri di scelta, la sola corresponsioviolazio-ne di un’indennit`a pari a due mensilit`a per ogni anno di anzianit`a aziendale del lavoratore, comunque compresa tra un minimo di sei e un massimo di trentasei mensilit`a di retribuzione62. Tale normativa pone evidenti problemi di tutela oltre che di disparit`a di trattamento, dal momento che una stessa procedura di riduzione del personale pu`o coinvolgere sia lavoratori assunti prima del 6 marzo 2015, cui si applica un regime di tutela generale, sia lavoratori con un contratto a tutele crescenti, a cui, di fronte a un medesimo atto illecito, spetter`a una diversa tutela giurisdizionale. Al netto degli interventi della giurisprudenza63, l’analisi delle riforme succedutesi in materia consente di concludere come, tra i regimi sanzionato-ri del licenziamento illegittimo, la violazione delle procedure nell’ambito dei licenzia-menti collettivi sia una condotta relativamente poco censurata, con una corrispondente tutela ridotta per i lavoratori espulsi dalla realt`a produttiva senza l’informazione e la consultazione delle rappresentanze sindacali.

Senza soffermarsi ulteriormente sulla disciplina, si ritiene che la scarna panoramica sul trasferimento di azienda e sulle procedure di mobilit`a e di licenziamenti collettivi fin qui proposta possa bastare per le considerazioni che seguono, sul ruolo sindacale nelle imprese lucrative e, pi`u in generale, sul tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa. Sembra infatti potersi concludere come, nell’ordinamento ita-liano, il compito delle rappresentanze sindacali si riduca a due funzioni essenziali: da un lato, la contrattazione per la definizione dei trattamenti economici e normativi per

60L. 28 giugno 2012, n. 92, recante Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una

prospettiva di crescita.

61D. Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo

indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

62Tali tetti minimo e massimo sono stati fissati con il cosiddetto Decreto dignit`a (D.L. 12 luglio 2018, n.

87, conv. L. 9 agosto 2018, n. 96); il testo originario del D. Lgs. 23/2015 prevedeva l’indennit`a risarcitoria quantificabile tra quattro e ventiquattro mensilit`a.

63Basti pensare all’impatto della sentenza della Corte Costituzionale 194/2018, cui `e seguita C. Cost 150/2019, che pure non riguardano le norme in materia di licenziamenti collettivi.

le diverse categorie o nei diversi ambiti territoriali e aziendali (comunque, giova ricor-darlo, senza efficacia obbligatoria); dall’altro, l’intervento nella gestione dell’impresa si limita alla consultazione, che pure non vincola l’impresa a una effettiva negoziazione e che non sembra assistita da sanzioni particolarmente deterrenti qualora elusa, in fasi problematiche della storia aziendale e comunque con un ruolo delle rappresentanze sindacali tendenzialmente difensivo.

Sembra insomma mancare un profilo propositivo e attivo per l’intervento dei la-voratori, o dei loro rappresentanti sindacali, alla gestione aziendale, nonostante tale partecipazione sia ipotizzata fin dal dettato costituzionale.